jdjd
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Piccola
shot sulla coppia Jack/Joseph del telefilm Kings. Non credo che molti
conoscano questo telefilm, ma lo consiglio perché è davvero bello e prende
parecchio =)
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Non
ho lasciato spoiler su come va a finire la story line tra J&J, ma
probabilmente ne arriverà un'altra di shot che spoilerà. Sappiate solo che ho
pianto per un’ora buona!
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Per
chi lo conosce, invece…beh, spero sia di vostro gradimento!
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Visto
che fantastico parecchio ho immaginato cosa poteva essere successo nei momenti
bui del telefilm =)
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Buona
lettura!
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Quando le luci si riaccendono
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La
sua ragione, quella povera parte del suo essere che lui aveva ignorato così
tante volte, gli aveva detto effettivamente
che forse avrebbe fatto meglio a tornarsene a casa, dopo quel breve incontro
con Jack in quel locale.
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Il
principe non lo voleva, era chiaro come il sole. Non era neanche la prima
volta che Jack gli diceva no, quando era Joseph a proporre un incontro, quindi
poteva dirsi abituato, ma c’era stato qualcosa nello sguardo che gli aveva
lanciato, che lo aveva terrorizzato realmente.
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Non
era superficialità, né preoccupazione a causa degli occhi della stampa e di
suo padre puntati addosso, no. Era più che altro paura. Paura pura, genuina.
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Non
aveva mai visto quello sguardo negli occhi di Jack, anche se sapeva benissimo
che quello che provava maggiormente, quando era con lui, era proprio la paura
cieca che qualcuno avesse potuto vederli insieme. Ma il fatto che, per
continuare a frequentarlo, Jack facesse ogni giorno i conti con questa paura,
non potevano che far capire a Joseph quanto in realtà il principe lo
amasse.
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Avrebbe
potuto facilmente lasciarlo e ridurlo al silenzio, evitare quella vita fatta
di paure e menzogne e vivere infelice, ma tranquillo.
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Ed
era quella la paura che aveva scatenato in lui, quel solo, unico sguardo che
non sarebbe neanche stato in grado di descrivere a parole. Per questo motivo,
ancora una volta, aveva deciso di ignorare la sua ragione e seguire quello che
gli diceva il cuore.
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Lo
aveva seguito.
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Lo
aveva visto mentre posava un braccio sulla spalla di David, il ragazzo che gli
aveva salvato la vita in guerra, e dirigersi verso un nuovo locale. Aveva
letto ogni intervista, e visto ogni video di lui su internet e in tv. Anche
lui, probabilmente, doveva la vita a quel ragazzo di campagna, che aveva
salvato la vita del suo principe, e del suo amante.
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Lo
aveva osservato, da un angolo nascosto del locale mentre parlava con una
ragazza mora, in modo intimo, e come sempre quando assisteva a quelle scene,
non poté fare a meno di sognare di essere una di loro.
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Perché
doveva essere così semplice, per loro, e invece lui doveva soffrire così tanto
per stare con la persona che amava?
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Quello
che più lo mandava su tutte le furie era che né il Re né il Reverendo Samuels
erano contro l’omosessualità. Nella città di Shiloh e in tutta la Gilboa le
persone come lui potevano vivere tranquillamente. Tutti…ma non il figlio del
Re.
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Sapeva
già cosa ne pensava la Regina: la famiglia reale doveva essere un simbolo ed
un esempio. Che Jack fosse omosessuale, era inaccettabile.
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E
allora arrivava a chiedersi del perché, con tutti i ragazzi che vivevano a
Shiloh, doveva scegliere proprio lui. Perché proprio Il Principe.
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Ricordava
benissimo la sera in cui lo aveva visto per la prima volta: era un sabato sera
come un altro. Aveva degli amici, allora, ed era abituato ad andare in qualche
locale per ballare e divertirsi un po’ dopo una settimana di
lavoro.
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E
quel sabato, c’era anche il Principe. Tutti se n’erano accorti, ma nessuno ci
faceva caso più di tanto: il figlio del Re era ben conosciuto per le sue notti
brave, le sue donne e l’esagerazione in generale.
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Era
la prima volta che lo vedeva così da vicino, e dal vivo, ed era più bello di quanto
sembrasse in televisione. Ed i suoi occhi poi…era ovvio che tutte le ragazze
della città avrebbero fatto qualsiasi cosa per attirare la sua attenzione ed
entrare nelle sue grazie.
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Forse,
da quel divanetto su cui era seduto, lo aveva fissato un po’ troppo perché il
Principe, in tutto quel caos…se n’era accorto, e quando incontrò i suoi occhi
il suo cuore prese a battere come un tamburo impazzito.
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Ricordava
che il suo primo sguardo fu quasi di disgusto, e questo lo portò a distogliere
lo sguardo, imbarazzato. Si era accorto che il suo di sguardo non era né di
curiosità, né di ammirazione o invidia: era lussuria. Joseph era attratto da
lui come da un metallo da una calamita, e doveva andarsene immediatamente,
prima di mettersi nei guai.
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Si
era alzato ed aveva salutato i suoi amici, dirigendosi poi verso l’uscita dal
locale, ma mentre stava per varcare la soglia, una mano lo afferrò per
l’avambraccio, e quando si girò per vedere chi fosse stato a bloccarlo non
poté credere ai suoi occhi.
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Il
principe Jack era davanti a lui e lo guardava con i suoi occhi blu, spogli di
ogni espressione o sentimento. Era nei guai?
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Dove vai così di fretta? – chiese con tono profondo ed un sorriso
apatico.
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Poteva
un sorriso…essere apatico? I suoi occhi erano spenti, stanchi.
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Io…s-stavo tornando a casa. – Dio, stava balbettando.
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Il
principe lasciò la presa e affondò le mani nelle tasche dei jeans neri che gli
fasciavano le gambe – Oh, ma la notte è ancora giovane. Torna dentro, ti offro
da bere, avanti. –
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Non
poteva credere alle sue orecchie: il principe gli stava offrendo da bere.
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Perché? – non poté fare a meno di chiedere.
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Il
ragazzo sembrò un po’ sorpreso da quella risposta, infatti sollevò le
sopracciglia.
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Ogni persona in questo locale… – disse, allungando un braccio per indicare
l’interno
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darebbero qualsiasi cosa per una proposta del genere e tu…mi chiedi perché? –
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Joseph
rimase per un attimo in silenzio: forse era vero. Forse qualcun altro, al suo
posto, non avrebbe perso tempo a chiedere perché, ma le cose non gli
quadravano.
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Ma…perché mai il figlio del Re dovrebbe offrire da bere…a me? – chiese,
sottovoce, insicuro.
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Jack
sollevò un angolo della bocca in un leggero sorriso – È questo il bello di
essere il principe ed erede al trono: non devo mai dare spiegazioni per quello
che faccio. –
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E
il suo discorso non faceva una piega. Come avrebbe potuto
rispondere?
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Ma
il principe allungò una mano – Jack Benjamin. E io con chi ho il piacere di
parlare? –
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Ci
mise qualche attimo a stringere la sua mano, perché era ancora confuso da
quanto stava succedendo, ma alla fine riuscì a rispondere - Joseph Lasile, il
piacere è tutto mio Principe. – disse, serioso.
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Oh, chiamami Jack, per favore. Abbiamo la stessa età in fondo. Allora…lo vuoi
questo drink? –
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Tutto
era iniziato così. Quella sera stessa erano andati via insieme e avevano
passato la notte a casa sua.
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Era
stata probabilmente la notte di sesso più bella della sua vita. Che dire, Jack
ci sapeva fare, su quello non c’erano dubbi.
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Ma
da un incontro occasionale, erano passati a due, poi tre, cinque. Prima una o
due al mese, poi sempre più spesso, quando gli impegni di Jack permettevano.
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Aveva
imparato a riconoscere i momenti in cui per Jack era più facile venir via
senza attirare l’attenzione di nessuno, ed ora che la scena era tutta occupata
dalla guerra e dalla figura dell’eroe biondo, era sicuro di averlo un po’ per
se.
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Ma
a quanto pare si sbagliava.
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Tutto
quello gli era scappato di mano, ad entrambi, e ci erano rimasti
dentro.
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Jack
era parte di lui, le sue radici erano affondate nel suo cuore, e non c’era
modo di sradicarle via. Non voleva farlo.
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Per
quello lo aveva seguito, lo aveva osservato e quando era rimasto solo, lassù
da solo a giocare con quel maledetto occhio di bue, lo aveva
raggiunto.
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Jack…parlami. –
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A
quelle parole il ragazzo si era girato velocemente verso di lui, ma appena lo
aveva visto, aveva abbassato lo sguardo.
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Non può più essere come prima, Joseph. Non posso. –
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Quello
che aveva temuto si stava realizzando. Sapeva che prima o poi quel momento
sarebbe arrivato. Voleva solo sapere il perché!
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Io non riesco a capire. Cos’è successo? – si era avvicinato a lui ma Jack si
ostinava a dargli le spalle.
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Stammi lontano. –
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Ma io ti amo…- aveva allungato la mano, per cercare di toccarlo ma Jack in un
secondo si era rivoltato contro di lui, afferrandolo per la giacca, con il
volto contratto e gli occhi lucidi. Si era calmato subito dopo però,
respirando profondamente e Joseph era rimasto a guardarlo senza più parole,
solo un dolore profondo nel petto.
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Qualche problema, principe? – una voce gli raggiunse e si girò per vedere di
chi si trattava: c’erano due bodyguard dietro di loro.
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Jack
si allontanò da lui – Accompagnatelo alla porta, per favore. –
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Joseph
non poté credere alle sue parole e lo guardò sconvolto. – Jack. Jack, no. –
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Il
principe però non volle incontrare i suoi occhi, né mai li alzò da terra
mentre i due uomini prendevano Joseph per le braccia e lo “accompagnavano”
fuori dal locale.
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Jack, per favore. Non farmi trattare in questo modo! -
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Joseph
tentò di liberarsi dalla presa che i bodyguard esercitavano su di lui, ma non
c’era storia, loro erano più forti di lui. Quindi lo presero e lo portarono
all’uscita senza troppo sforzo, e anche lui alle fine, aveva smesso di
divincolarsi.
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Non
era riuscito ad incontrare i suoi occhi se non quando i due uomini lo avevano
gettato sull’asfalto. Si sentiva umiliato e mentre guardava Jack che lo
osservava in modo enigmatico da dentro il locale, sentì i suoi occhi
inumidirsi, ma non cedette.
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Quella
era la fine.
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°°°
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Per
settimane non lo rivide, né lui si fece sentire. Era stata davvero la fine e
lui se n’era fatta una ragione. Si era detto che non poteva passare la sua
vita ad aspettare che il Principe Jack Benjamin si accorgesse di quanto
importante fosse per lui, e che non poteva vivere senza Joseph. Doveva andare
avanti, per il suo bene.
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Poi
arrivò la notte del black out.
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Quando
si spensero le luci lui era alla finestra del suo appartamento e, in un
secondo, fu fuori dal suo palazzo, con gli occhi rivolti al cielo: era
meraviglioso.
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Da
molto, da quando le grandi luci di Shiloh si era accese, non vedeva le stelle
in quel modo, chiare e distinte nel cielo buio. Era una meraviglia e, come non
succedeva da giorni, si sentiva bene. In pace con il mondo e con se
stesso.
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Aveva
cominciato a camminare per le strade buie della città, ma non era solo, perché
moltissime altre persone avevano avuto la stessa idea, e andavano in giro
parlottando tra loro a bassa voce, perché non volevano disturbare la
tranquillità e la bellezza di quella notte.
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Persone
sedute sui gradini delle loro case, con una birra in mano e gli occhi rivolti
al cielo. E tra quelle persone c’era anche il Principe
Jack.
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Come
gli aveva detto quella donna, con le luci spente lui era una persona come
un'altra, e poteva essere chi voleva.
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Quando
sentì quelle parole una porta, nel suo cuore, che aveva chiuso a chiave si
aprì come sfondata dalla forza di un uragano. Li, in quella stanza, aveva
nascosto tutto di Joseph, tutti i ricordi che riguardavano lui. Tutti i
momenti veri e felici della sua vita.
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Lo
aveva dovuto fare perché nei primi giorni dopo quello che era successo la sera
del balletto, l’immagine di Joseph scaraventato a terra da quei bodyguard, e
il suo sguardo, gli davano il tormento.
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Non
sapeva perché aveva permesso che lo trattassero in quel modo, sapeva solo che
se non fosse riuscito a mandarlo via, lo avrebbe abbracciato e baciato li,
davanti a tutti, davanti anche ai fotografi che aveva chiamato lui stesso, per
cogliere con le mani nel sacco David Shepherd con una delle sue amichette.
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Si
alzò da quello scalino, mentre sentiva Lucinda chiamarlo a gran voce,
cercandolo con una torcia elettrica alla mano, e i suoi scarpe ticchettanti
sull’asfalto.
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Camminò
nel buio, dirigendosi verso casa di Joseph, ma la fortuna, o il destino, volle
che, tra le buie strade di Shiloh, riuscì a vederlo, fermo con il naso volto
all’insù.
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Attraversò
la strada, cercando di mantenere la calma – Joseph! – lo
chiamò.
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Il
ragazzo riconobbe immediatamente la sua voce, probabilmente l’avrebbe
riconosciuta tra mille, e la prima cosa che fece fu scattare e salire sul
primo scalino dietro di lui, mentre Jack si
avvicinava.
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Non voglio problemi! – c’era panico nella sua voce.
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Ma
Jack sembrava tranquillo, sembrava il Jack che aveva conosciuto, e di cui si
era innamorato. Per questo motivo, guardandolo in viso, scese dallo scalino, e
il principe gli mise una mano sulla spalla,
avvicinandosi.
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Ancora
una volta la sua testa gli disse di allontanarlo da sé, rifiutarlo, fargliela
pagare per quello che gli aveva fatto passare, ma il suo cuore…non era
d’accordo.
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Gli
diceva di lasciarsi baciare, perché non voleva altro al
momento.
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Al
resto…si sarebbe pensato dopo.
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Quindi
aveva chiuso gli occhi, mentre Jack posava leggermente le labbra sulle sue.
Erano esattamente come le ricordava.
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Poi
Jack si allontanò e quello che Joseph vide sul suo viso, era un leggero
sorriso. Sembrava sollevato.
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Le luci sono spente. – gli disse.
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Camminarono
verso casa di Joseph, ripercorrendo la strada all’indietro, e quando il
principe gli prese la mano, sentì il suo cuore riempirsi di gioia.
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Stava
davvero succedendo?
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Avrebbe
voluto dirgli qualcosa, durante il tragitto, e anche Jack sapeva che questa
volta non sarebbe riuscito ad evitare il confronto, ma nessuno dei due voleva
rovinare quel momento perfetto.
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Niente
luci artificiali, nessun occhio di bue puntato addosso, nessuna paura di
essere visti e scoperti: tutto era magico, tranquillo, pulito da ogni tipo di
corruzione.
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Tutto
sembrava possibile, quella notte, persino
l’impossibile.
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Quando
entrarono nel piccolo appartamento, mentre Joseph posava le chiavi in una
coppetta apposita, poggiata su un mobile in legno scuro, Jack gli arrivò alle
spalle e gli strinse la vita, appoggiando il viso alla sua schiena.
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Mi dispiace. – sussurrò, contro il tessuto della sua maglietta.
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Joseph
posò le mani sulle sue, strette intorno alla sua
pancia.
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Non avresti dovuto lasciare che mi trattassero in quel modo. Il fatto che io
sia innamorato di te, e che tu sia il Principe, non ti autorizza a trattarmi
così. – rispose. Il suo tono non era arrabbiato, non più, né amareggiato.
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Era
solo quello che pensava, e quello che gli aveva sempre
detto.
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Una
sera, quando Jack era andato a trovarlo a notte fonda, ubriaco fradicio,
avevano litigato e Joseph gliel’aveva detto. Gli aveva detto che quando era
insieme a lui, lui non era il Principe, era solo Jack. E Joseph meritava di essere
trattato come un suo pari.
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Lo so. Lo so. Devi perdonarmi. Io ero…sono terrorizzato. –
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Il
ragazzo si girò tra le sue braccia e gli prese il viso tra le mani,
guardandolo in quei suoi occhi meravigliosi – Anche io lo sono. Jack…questi
sono stati nel contempo i tre anni più belli e più brutti della mia vita.
Brutti perché mi sono innamorata della persona più inaccessibile che potessi
trovare, e belli perché, nonostante tutto, non cambierei i miei ricordi per
nulla al mondo. Ti ho conosciuto per la persona che sei, e nessuno ti conosce
come me, e questo lo sai anche tu. E ti amo anche per questo.
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Ma comunque so che prima o poi finirà, perché quando deciderai tra me e tuo
padre, io avrò la peggio. Probabilmente questa sarà l’ultima notte.- fece un
piccolo sorriso. – Lo leggo nei tuoi occhi. Non c’è più bisogno che tu dica
niente. Non c’è bisogno che tu mi dica di amarmi, perché lo so già.
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Mentre
Joseph parlava, gli occhi di Jack si erano via via inumiditi e faticava a
trattenere le lacrime. – Avanti, amore mio, non piangere. – Joseph gli baciò
le palpebre, poi le guance, per arrivare infine alle labbra e baciarle con
forza.
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Era
la loro ultima notte e non l’avrebbe spesa a parlare di quanto il destino, e
Dio, fosse stato crudele con loro.
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Gli
tolse la giacca elegante che indossava e la lasciò cadere sul pavimento, a
Jack non importò, e la stessa fine fece anche il panciotto e la cravatta.
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Il
principe non rimase con le mani in mano, perché sfilò il maglione nero che il
ragazzo indossava, e quando venne a contatto con la maglietta di cotone che
portava sotto di esso, lo strinse forte, affondando il viso nel suo collo e
aspirando a pieni polmoni il suo odore. Gli era mancato così tanto, e gli
sarebbe mancato come l’aria.
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Joseph
gli accarezzò i capelli per qualche secondo, ma poi lo prese per mano,
conducendolo verso il letto. Lo fece stendere e poi lo sovrastò con il suo
corpo.
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Jack
era così remissivo quella sera, al contrario di come era stato in quegli anni.
Era sempre lui che prendeva il sopravvento, e Joseph lo lasciava fare, perché
quando erano tra le coperte era dolce e attento.
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Fecero
l’amore lentamente, quella notte, e poi lo fecero ancora e Jack tornò quello
di una volta, prendendolo con forza, baciandolo con passione, mordendogli le
labbra.
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Mentre
era sopra di lui, spingendo in lui, vide un luccichio nei suoi occhi.
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Erano
lacrime, quelle?
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Lo
rallentò, prendendolo per le spalle e lo guardò in viso, mentre Jack cercava
di nascondere il viso nel suo collo e si rifiutò di fermarsi. Sarebbe
significato crollare, probabilmente. Ma quella fu una risposta alla sua
domanda, perché sentì le lacrime sulla pelle
sensibile.
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Lo
strinse forte, ma non disse una parola. Non c’erano parole giusto da dire.
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Anche
lui stava per crollare, ma non poteva farlo. Era il turno di Jack di essere
insicuro e spaventato, e lui doveva solo fargli sentire la sua presenza, per
quel poco tempo che avevano a disposizione, ormai.
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Quando
stava per addormentarsi sul petto di Jack, l’ultimo desiderio che espresse fu
che quella notte non finisse mai, che il tempo si
fermasse.
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Sentì
Jack stringerlo e, mentre gli diceva sottovoce, con le labbra affondate nei
suoi capelli, di dormire, capì che lui non ci sarebbe riuscito.
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Si
chiese se avesse vissuto abbastanza intensamente quegli attimi. Si chiese se
avrebbe avuto la forza di andare avanti, quando la luce sarebbe tornata. Si
chiese come sarebbe stato non avere Jack.
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La
risposta che riuscì a darsi, fu una soltanto.
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Non
ce l’avrebbe fatta.
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