SUMMER OF '69
Questa è una storia inventata...quasi. Ogni riferimento a fatti
realmente accaduti o persone realmente esistenti è puramente
casuale...più o meno.
SUMMER OF '69(1)
L'aria era tiepida, il sole primaverile era alto nel cielo terso e la
temperatura era di circa vetidue gradi centigradi, cioè la
temperatura ideale per Rachele; anzi la primavera le piaceva
così tanto che più di una volta aveva pensato di
trasferirsi in qualche isola tropicale. Poi, inevitabilemente, arrivava
l'inverno e lei si rendeva conto che stare a letto, al caldo sotto il suo
piumone colorato mentre fuori pioveva o, meglio ancora, nevicava, le
piaceva ancora di più della primavera, per cui, nonostante
il suo lavoro glielo avesse permesso senza troppi problemi, lei si
convinceva che l'isola tropicale avrebbe dovuto aspettare e che Bologna sarebbe rimasta la sua città ancora per
molto tempo.
Già il suo lavoro. Che strazio! Fare la scrittrice aveva i suoi
vantaggi: poteva lavorare a casa seguendo i ritmi che preferiva, se
voleva scrivere di notte e dormire di giorno lo poteva benissimo fare,
l'importante era fornire a Giorgio, il suo editore, un libro
best-seller come aveva fatto negli ultimi quattro anni. Il problema,
però, di recente era proprio quello: scrivere un
best-seller.
Rachele aveva cominciato a scrivere a quindici anni, ma non seriamente,
lo faceva per sfogare tutte le sue frustrazioni. Non essendo mai stata
brava con le persone, non aveva molti amici...anzi non ne aveva per
niente, l'unico
modo per comunicare con il mondo esterno, per lei era scrivere, anche
se il destinatario di tutti i suoi pensieri sarebbe stato sempre e
soltanto il suo computer. Scrivere non le era mai stato difficile; le
bastava inventare dei personaggi e far vivere a loro quello che avrebbe
voluto capitasse a lei; doveva solo sguinzagliare i suoi desideri e
la sua immaginazione per farsi catapultare nel Suo Mondo, quello in cui
tutto può succedere e niente è impossibile.
Poi un bel giorno, quando Rachele aveva circa ventun anni, sua madre
aveva trovato alcune delle sue storie e aveva deciso di inviarne una ad un
editore senza dirle niente. Il problema di vivere a Bologna è
che Bologna non è una
città abbastanza grande per essere definita metropoli, ma non
è, contemporaneamente, troppo piccola per non ospitare una
succursale di una delle più grandi case editrici d'Italia:
L'Idea. Siccome Lucia, la mamma di Rachele, quando fa una cosa la
fa in grande, in quell'occasione aveva spedito un'e-mail con una delle storie della figlia
al capo della sede di Bologna de L'Idea, appunto. Quando glielo aveva detto
Rachele per poco non ci era rimasta secca, in fondo lei scriveva per
sè stessa, e non aveva mai pensato di far leggere le sue storie
a qualcuno, anzi si vergognava così tanto di quello che scriveva
che aveva protetto con una password che lei pensava inattaccabile il
suo computer. A quanto pareva però, o questa password non era
poi così inattaccabile come lei pensava o sua madre era
più
intelligente di quello che lei credeva. Comunque fosse, Rachele aveva
tolto la parola ed il saluto alla madre per un'intera settimana,
cioè fino a quando non era arrivata la risposta dall'editore, che, sorprendentemente,
era rimasto entusiasta di una storia così fresca e semplice ma
che rifletteva i desideri e i pensieri dei giovani. A quel punto,
dopo qualche modifica, il suo primo romanzo era andato in stampa con
uno pseudonimo (piuttosto che usare il suo vero nome Rachele si sarebbe
fatta sparare un colpo in testa), e, piano piano, aveva scalato le
classifiche di vendita...complice anche l'avvicinarsi del Natale.
Ora, cinque anni dopo il primo, Rachele, ora era al suo quinto romanzo.
No,
scusate, avrebbe dovuto essere al suo quinto romanzo, perchè di
esso, in effetti, l'unica cosa che c'era era una spaventosa, minacciosa
e terrificante pagina bianca sullo schermo del computer; erano
settimane (dodici per la precisione) che fissava tutti i santi giorni
quel dannato schermo sempre bianco. Una volta, presa dalla rabbia, lo
aveva addirittura rimproverato perchè non si scriveva da solo.
Rachele sapeva che, prima o poi, il blocco dello scrittore sarebbe
arrivato, solo sperava che arrivasse il più possibile vicino
all'età pensionabile. Giorgio, al contrario, non era preoccupato
per niente. In fondo il suo quarto libro era appena uscito, quindi,
secondo lui, Rachele avrebbe avuto tutto il tempo per inventarsi
qualcosa. Il problema era che tutte le idee che le venivano in mente le
sembrava
che fossero già state raccontate, da lei o da qualcun'altro. Le
aveva provate tutte, perfino cercare l'ispirazione nella sua nutrita
collezione di dvd di telefilm. Rachele era una grande appassionata di
serie tv. Il suo preferito, nonchè primo amore, era e
sarebbe sempre rimasto "X-Files", ma si era appassionata subito anche a
"Fringe", "Firefly", "Dexter" e "Bones", solo per dirne alcuni. Ok, le
storie le
piacevano, ma ne approffittava anche per "farsi" le storie d'amore
degli altri, perchè, dovendo essere sinceri fino in fondo, la
desertificazione non si era fermata solo alla sua creatività di
scrittrice. Va bene, seguiva assiduamente anche "Supernatural": insomma
lei era pur sempre fatta di carne, come poteva farsi sfuggire le
vicende di due fratelli giovani e carini che combattevano demoni e
vampiri...no, ma lei "Supernatural" lo seguiva solo per la trama....
Siccome ormai non aveva più senso stare a
spremersi le meningi, cosa che se si faceva senza ottenere nessun
risultato era anche maledettamente frustrante, quella mattina di fine aprile Rachele aveva
deciso di dedicarla al relax; ragione per cui non aveva neanche acceso il
computer, ma era direttamente andata dal suo cavallo. Sì,
perchè se Rachele non
era brava con le persone, riscuoteva un notevole successo con gli
animali ed il
suo cavallo, l'enorme e tutto muscoli puledro di sei anni di nome Just Dance with Me, era praticamente il suo migliore
amico. Una bella e lunga passeggiata a cavallo, godendosi la musica
nelle orecchie e la primavera intorno a sè con il suo
tripudio di profumi, colori e fiori era di sicuro la soluzione
migliore per liberare la mente da tutto, che fosse il suo lavoro o la
solitudine del suo appartamento nel quale non c'era mai nessuno ad
aspettarla.
Era sull'argine del fiume Reno a gironzolare fra alberi e fagiani senza meta da circa
un'ora quando, attraverso l'iPod, arrivò alle orecchie di
Rachele la voce rauca di Bryan Adams che cantava "Summer of '69". Il
suo cuore accellerò improvvisamente i battiti. Quella canzone le
ricordava la sua estate più bella. Per la verità si
trattava di una serie di estati, cominciata nel 1984, a Cattolica
quando aveva conosciuto quelli che sarebbero rimasti i suoi unici
amici. Respirando profondamente l'aria pulita del parco intorno a
sè, Rachele rivisse tutti quei momenti, dall'inizio un po' traumatico fino
all'inevitabile fine. Perchè, tristemente, ce n'è sempre una, quando si
parla di amici conosciuti durante le vacanze.
CATTOLICA, giugno 1984 - Bagni N. 84 "Franco"
Sotto l'ombrellone N. 35 della terza fila dei bagni "Franco" sulla
spiaggia di Cattolica, una mamma stava pacificamente leggendo un libro,
mentre la figlia, Rachele di cinque anni, se ne stava seduta sulla sabbia a giocare con alcune
formine. Cioè, per la verità stava facendo finta di
giocare con le formine, perchè tutta la sua attenzione era catalizzata da due
bambini, più o meno della sua età, che giocavano con le
biglie a pochi metri da lei su una pista bellissima; la bambina era
stata letteralmente rapita da quella superficie così liscia e
larga sulla quale le biglie con le foto dei ciclisti all'interno
rotolavano spinte dalle piccole dita dei due bambini; e poi era piena
buche e ponti e ponti sopra le buche e c'erano anche un sacco di
ostacoli da superare. Oh, come le sarebbe piaciuto avere il coraggio di
avvicinarsi a loro e giocare tutti insieme!
-Rachele...perchè non vai da quei bimbi e non chiedi loro se
puoi giocare anche tu?- disse la mamma guardando la figlia con occhi
pieni di affetto e, allo stesso tempo, preoccupazione per la sconfinata
timidezza di quest'ultima, il cui broncio, in effetti, non le era
sfuggito. Per la verità il broncio di Rachele aveva proporzioni
talmente monumentali che non sarebbe sfuggito neanche a un cieco.
La
bimba non rispose; semplicemente distolse faticosamente lo sguardo dai
suoi vicini di ombrellone e lo volse alla madre, fissandola. Dopo un
istante tornò a dedicarsi alle sue formine.
Poi, improvvisamente, come se fosse stata colpita da un fulmine, si
alzò e, sicura come un pompiere, si avvicinò ai due
bambini che stavano incitanto ognuno la propria biglia:
-Ciao...- disse timidamente e con un filo di voce. I due bimbi si
fermarono per un istante e si voltarono verso la nuova arrivata.
Avevano entrambi occhi e capelli scuri, ma uno aveva la pelle color
latte e ricoperta da uno strato di crema solare così spesso
che gli avrebbe permesso di affrontare senza danni un'ora di cottura in un forno
a legna, mentre l'altro era leggermente più alto, aveva occhi e
capelli nerissimi e aveva la carnagione molto più scura,
quasi avesse origini latino-americane.
-Ciao!- risposero in coro e allegramente. Poi il bambino con la pelle più scura chiese: -Come ti chiami?-
-Rachele....- rispose lei sempre con un filo di voce fissando la sabbia
ai suoi piedi mentre il cuore le martellava nel petto per la paura.
-Ciao Raci....Rach....beh ti chiamerò R è più semplice...- sentenziò lui risoluto.
A quel punto intervenne il bambino sotto la crema solare dicendo: -Io
sono Marco e lui è Christian...vieni
giochiamo insieme!-
Così Marco affidò a Rachele "Fausto Coppi" e tutti
e tre andarono avanti a giocare e ridere per circa un'ora,
finchè la mamma di Rachele non la chiamò:
-Rachele!! Vieni qui! E' arrivato papà! Vieni a salutarlo poi torni a giocare!-
La bimba saettò via abbandonando i suoi nuovi amici per quello
che doveva essere un secondo soltanto. Si avvicinò al padre, lo
abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia:
-Ciao papà! Io vado ancora a giocare con i miei amici!- disse voltandosi e correndo nuovamente verso di loro.
A metà strada, però, si fermò. C'era qualcosa di
sbagiato nel punto dov'era lei prima. Cosa? Già, un'altra
bambina. Una spanna più alta dei suoi amici e con i capelli
castani e mossi si era impadronita di "Fausto Coppi", del SUO "Fausto
Coppi". Il cuore di Rachele cominciò a correre come
impazzito, mentre lei se ne stava paralizzata fra due file di
ombrelloni senza neanche sentire il dolore della sabbia bollente
sotto i piedi. E adesso? Beh, adesso non poteva più tornare da
loro...c'era già lei....aveva vinto la sua timidezza e si era
avvicinata a loro perchè avevano la faccia simpatica, ma adesso
che c'era quella lì...non poteva...sentì due grosse
lacrime inondarle gli occhi.
Poi successe una cosa che a Rachele non sarebbe più accaduta per
tutto il resto della sua vita. Christian le si avvicinò, la
prese per mano e l'accompagnò di nuovo alla pista per le biglie.
Prima di raggiungere gli altri due, però, le sussurrò
piano in un orecchio: "Senti lo so che Isabella non è molto
simpatica, ma per giocare, qui intorno ci siamo solo noi...dai vieni
anche tu..."
-Senti tesoro...ma sei sicura che quella là sia nostra figlia?- chiese Mauro, il papà di Rachele.
-Beh, se qualcuno l'ha sostituita io non me ne sono accorta..- ribattè Lucia riprendendo a leggere il suo libro.
-E' la stessa bambina per la quale la maestra ci ha fatti chiamare
apposta pochi mesi fa per dirci che era preoccupata perchè in tre anni di
asilo non aveva legato con nessuno? Sei sicura?-
-A quanto pare...-
Quell'anno Rachele diventò R, scoprì che i suoi amici avevano la sua
stessa età, Marco abitava a Pavia ed aveva una sorellina più piccola,
mentre Christian abitava a Milano e la sua pelle scura era dovuta al
fatto che sua madre era originaria del Perù.
Di quell'estate lei ricordava un'infinita serie di partite a biglie,
bagni interminabili, corse sulla battigia che facevano indignare le
vecchiette, giochi con le carte e, soprattutto tante, ma tante risate.
I momenti più divertenti erano quelli in cui loro tre costruivano la
pista per le biglie, in particolare quando il papà di Marco prendeva uno dei
tre bambini
per i piedi e lo trascinava con il sedere sulla sabbia in modo da
costruire una pista bella larga. Era così divertente che i tre amici facevano i turni per farsi trascinare.
Ok, non è che fosse tutto rose e fiori. Quando facevano il
bagno, per esempio, Marco e Christian avevano preso la pessima
abitudine di schizzare Rachele prima che lei potesse buttarsi in acqua,
e questo la mandava su tutte le furie..per quanto furiosa potesse
diventare una bambina di cinque anni. Ma, soprattutto, Isabella ogni tanto
faceva le sue comparsate e Rachele reagiva chiudendosi a riccio e senza
spiccicare una sola parola per tutto il tempo. Non cedeva, anche
se Marco e Christian facevano di tutto per coinvolgerla o farla ridere,
lei, ostinata come un branco di muli messi insieme, se ne stava
leggermente in disparte aspettando che Isabella se ne andasse.
Decisamente quella
bambina non le stava per niente simpatica, arrogante, invadente e
strafottente
com'era.
Negli anni successivi, loro tre, si erano sempre incontrati e la
tradizione delle biglie era continuata fino a che non erano
diventati troppo grandi e avevano rivolto la loro attenzione verso
altri passatempi, come il beach volley solo per dirne uno. Altre
tradizioni, invece, erano rimaste: i bagni in mare, per esempio,
preceduti dal pre-bagno cui Rachele doveva obbligatoriamente
sottoporsi neanche fosse un rito purificatore, mentre le corse
sulla battigia erano state sostituite da più tranquille
passeggiate, con buona pace delle vecchiette.
Ma la più bella estate di cui Rachele avesse memoria, la più meravigliosa in assoluto, fu quella del 1996.
(1) "Summer of '69" - Bryan Adams
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