Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non
è stata scritta a scopo di lucro.
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Come
polvere di diamanti
Nell'antica mitologia greca c'è una dea che si chiama
Athena. È una delle figlie di Zeus, il re degli
dèi, indossa un'armatura scintillante ed è la dea
della Guerra.
Ma ad Athena non piaceva combattere in prima persona, e le sue
battaglie erano sempre difensive. Combatté contro l'atroce e
crudele Ares, e si scontro con i Titani, e si giocò la
conquista della Terra nella battaglia contro Poseidone.
Le guerre scatenate dagli dèi durarono a lungo, molto
più di quanto un essere umano possa immaginare. Sul campo di
battaglia, attorno alla dea Athena, si trovavano dei ragazzi che la
proteggevano: questi erano i Saint!
Erano ragazzi che avevano forza e coraggio da vendere, e arrivavano da
tutto il mondo. La dea odiava le armi, e per proteggerla loro
combattevano solo con i loro corpi e senza l'ausilio di nessuna arma. I
loro pugni fendevano l'aria e i loro calci erano in grado si spaccare
la terra.
Anche oggi dicono che facciano la loro comparsa quando il mondo
è saturo della forza del Male. Sono i guerrieri della
Speranza. La mitologia non riporta nessuna cosa che li riguarda. Sono
ragazzi misteriosi.
Sono i guerrieri sacri della dea Athena.
Ma, nonostante tutto – nonostante la forza e la limpidezza
d'animo – erano umani anche loro; e certe aspetti della loro
vita preferivano rimanessero privati – poco importava che
fosse la passione smisurata del cavaliere della Vergine per i film
splatter, o le scappatelle di Kanon di Gemini in Inghilterra, o ancora
le lezioni di ikebana che Marin dell'Aquila impartiva di nascosto ad
Aioria del Leone. Ciascuno aveva dei piccoli segreti, che difendeva a
spada tratta per mantenere quel poco di privacy che il Santuario
consentiva.
Sui più seri, i più ligi al dovere, ogni tanto
nascevano anche scommesse al riguardo, specialmente ora che la pace era
subentrata alla guerra. Nessuno credeva davvero, in realtà,
che Aioros avesse qualcosa da nascondere, né tanto meno
Camus; ma, in realtà, persino l'altero maestro dei Ghiacci
aveva il suo piccolo segreto. Era una cosa che il Cavaliere
dell'Acquario faceva raramente, quando era certo che l'intero Santuario
fosse immerso nel torpore del primo pomeriggio causato dagli
implacabili raggi del sole, quando la maggioranza degli altri Cavalieri
era impegnata in altre attività. Quando era certo che
nessuno sarebbe venuto a bussare alla porta delle sue stanze. Allora, e solo allora,
congedava i servitori dell'Undicesima
Non si poteva certo chiamare abitudine. Era più una
concessione a se stesso, acquisita nel periodo dell'adolescenza, nel
periodo trascorso fra la sua investitura e la partenza per la Siberia
in veste di Maestro. Successivamente, era per ovvie ragioni venuta
meno, per esplodere nuovamente in tutta la sua forza a causa,
ovviamente, del cavaliere dei Gemelli.
Tutto era cominciato molti anni prima, quando tutti quanti erano solo
dei ragazzi, poco più che fanciulli. Era capitato quasi per
caso. Un bel giorno Camus era sceso alla Casa dello Scorpione e aveva
trovato Milo seduto sul pavimento, intento a maneggiare quello che poi
si era rivelato un mangianastri.
“Me lo ha regalato il signore della taverna al porto, suo
figlio ne ha comprato uno nuovo e questo lo voleva buttare!”
Camus aveva annuito paziente, non essendo ancora riuscito a capire cosa
mai se ne facesse Milo di un mangianastri. Né che cosa
esattamente fosse, un mangianastri, tra le altre cose; al Santuario non
se ne era mai visto prima un altro esemplare.
La semplicità con cui Milo si relazionava a cose e persone
era davvero un fatto sorprendente per il piccolo e taciturno Camus. Si
sedette quindi al suo fianco, sul pavimento, e lì rimase ad
osservare mentre l'altro puliva con cura tutte le parti del
mangianastri, controllando il corretto funzionamento di ogni singolo
tasto, per poi annuire soddisfatto una volta completata l'opera.
“E adesso?”
“Adesso ci ascoltiamo della musica!”
“Come?”
Milo sorrise, il sorriso smagliante di chi ha tutto sotto controllo e
mira a stupire il suo pubblico. Frugò nella borsa che aveva
di fianco e ficcò nel mangianastri una cassetta.
Pigiò con forza il tasto con il triangolo e quasi
immediatamente nel tempio dello Scorpione si diffusero le note di una
canzone che Camus non aveva mai sentito prima. Raddrizzò la
schiena quasi di scatto, come se da quelle strane note potesse
aspettarsi qualche attacco inaspettato.
Non c'era nulla di familiare in quei suoni
Milo cercò il suo sguardo, sempre sorridente.
“Bella vero? È The Man Who Sold The World,
di David Bowie!”
Camus non disse nulla, continuò a guardare con un
sopracciglio leggermente incurvato il mangianastri, ma ascoltando una
per una tutte le note che ne uscivano.
E senza che se ne rendesse conto, con il piede già teneva il
tempo della canzone e anche la testa dondolava leggermente a ritmo di
musica.
Milo lo notò ma non disse niente, si limitò a
sorridere tra sé e sé, felice del fatto che anche
a Camus quella canzone fosse piaciuta come era piaciuta a lui.
E poi, poi l'aveva portato con sé alla taverna. Un
pomeriggio come tanti, in cui non avevano particolari impegni. Milo
aveva preso per mano Camus e l'aveva condotto al porto, alla taverna
che dava sul mare dove andava di tanto in tanto, sedendosi al bancone e
ordinando una bibita fredda. E poi gli aveva indicato il televisore
poggiato accanto alle bottiglie di liquori, un televisore che aveva
visto tempi migliori, ma che ancora riusciva a trasmettere immagini
colorate, forti, luccicanti.
E fu il luccichio che attrasse Camus. Una cascata di piccoli frammenti
di luce di una moltitudine di colori, ma tutti quasi tendenti
all'azzurro. E lì, in una taverna di Atene, in una
televisione che aveva visto tempi migliori, nel pomeriggio assolato,
Camus ritrovò lo scintillio della polvere di diamanti della
Siberia. Lo ritrovò in tutto il glitter che aveva addosso
quell'uomo che adesso ballava e cantava a voce spiegata sullo schermo
– lo stesso David Bowie di cui aveva tanto apprezzato la
musica solo qualche giorno prima.
Milo quasi non ci voleva credere che era lo stesso serio e compito
Camus quel ragazzino che sempre più spesso si fermava da lui
per ascoltare qualche altra cassetta. Sembrava incredibile che quel
piccolo ghiacciolo riuscisse a stare in contemplazione quasi estatica
quando se ne stava seduto a terra davanti al mangianastri, intento ad
ascoltare Soul Love
oppure Ziggy Stardust.
Milo non aveva mai dato voce ai suoi pensieri, certo com'era che Camus
si sarebbe sentito offeso se qualcuno avesse mai accennato alla cosa,
ma era molto contento che a Camus piacesse tanto la musica.
Anche se ancora non capiva cosa mai l'avesse tanto attratto in quel
genere musicale. Milo non lo sapeva, e forse mai l'avrebbe saputo, ma
per Camus quello era stato l'inizio di un folle e intenso, per quanto
breve, amore per il Glam Rock.
Erano cresciuti però, erano cresciuti anche in fretta,
purtroppo.
Si erano trovati uomini molto prima di quanto avessero mai potuto
immaginare, e tanto velocemente avevano dovuto abbandonare le loro
distrazioni da fanciulli.
Il tempo per passare alla taverna del porto era quasi scomparso, e in
breve anche il mangianastri era stato dimenticato dentro un cassetto
polveroso, nascosto in chissà quale armadio dell'Ottava Casa.
Era passato tanto tempo ed erano state combattute tante battaglie.
Troppe guerre avevano colpito la pace del Santuario; troppo sangue
amico e nemico era stato versato.
Ma anche la peggiore delle tormente alla fine non ha che da placarsi, e
una volta che anche Hades, signore degli Inferi, aveva piegato la testa
di fronte alla bella Athena, la pace sembrava finalmente essere tornata
perfino al Santuario.
Camus era ritornato a presiedere l'Undicesima Casa. Vi era entrato con
un sorriso appena accennato, ma pieno di emozione. L'ultima volta che
aveva calpestato quel pavimento l'aveva fatto da traditore,
ingannatore, vestendo una tenebrosa imitazione della sua gloriosa
Armatura d'Oro.
Ma ora vi aveva fatto ritorno come suo legittimo custode, e pareva ben
intenzionato a non abbandonare mai più quella posizione.
La pace, la tranquillità, la serenità d'animo
sembrava essere tornata davvero a permeare quel sacro luogo.
Una tranquillità che sembrava davvero poter durare per
sempre.
O forse no?
In ogni caso, Camus di Aquarius non avrebbe mai potuto immaginare che quel problema sarebbe
nato a causa di Kanon di Gemini.
Beh, forse a dire il vero poteva aspettarsi un qualche coinvolgimento
dannoso – di qualsivoglia tipo – da parte del
minore dei due Gemelli.
Ma di certo non si sarebbe mai e poi mai aspettato che il trovare Kanon
di Gemini intento a ballare in mezzo al salotto della Terza Casa
sarebbe stata una cosa così dannosa.
Aveva sentito alcune note di musica fin da metà della
scalinata della Seconda Casa, e se in un primo momento era stato
tentato di ignorare l'ennesima trovata del minore dei Gemelli, mano a
mano che era salito non aveva potuto fare a meno di deprecare in
maniera sempre più severa il testo tutt'altro che decoroso
di quella canzone che si spandeva sempre più decisa dalla
casa dei Gemelli. Il fatto poi che Kanon tenesse il volume
così alto non era di certo un punto a suo favore.
Ma non era nemmeno quella la parte più fastidiosa della
faccenda, come non lo era stato nemmeno trovare Kanon a ballare come
uno scalmanato in giro per tutto il salotto.
No, la cosa più fastidiosa era che nei pochi istanti in cui
Camus si era fermato a rimproverare tra sé e sé,
con un sopracciglio severamente inarcato, il comportamento del collega,
quei pochi secondi in cui era rimasto fermo erano stati sufficienti al
corpo di Camus per cominciare ad ondeggiare lievemente al ritmo della
musica. Camus fissò con sentito stupore il suo stesso piede
che batteva a tempo sul pavimento e le dita che tamburellavano contro
la gamba.
Non fosse stato per Kanon che finalmente si era accorto di avere
visite, probabilmente Camus sarebbe rimasto ancora un altro minuto a
fissare accigliato il suo corpo che si muoveva per conto suo, senza il
suo diretto consenso.
“Camus, qual buon vento?”
“Cosa accidenti stai ascoltando, Gemini?” chiese,
fin troppo brusco.
Kanon ridacchiò estremamente divertito, andando a prendere
la custodia del cd.
La passò a Camus, che la prese squadrandolo con il
sopracciglio sempre più arcuato.
“For your
entertainment. Il cd era un regalo di Minos per Rhada. Uno
scherzo ovviamente, e lui l'ha rifilato a me. In realtà
è molto meglio di quanto mi aspettassi, ma immagino che uno
come Lord
Rhadamanthys non riuscirebbe mai ad apprezzarlo! Ha guardato
contrariato già solo la copertina del cd, immagino che gli
darebbe fuoco se dovesse mai capitargli di ascoltarlo!” e
concluse con una risata.
Ma Camus non aveva sentito praticamente una sola parola di quello che
Kanon aveva detto. Era rimasto come ipnotizzato dalla cover di quel cd.
Gli sembrò di tornare indietro di un sacco di tempo, e per
un attimo riassaporò la stessa gioia che aveva provato
quando Milo gli aveva regalato l'unica cassetta audio che in tutti
quegli anni aveva mai posseduto.
Per un attimo rivide nella sua mente quel cantante ricoperto di glitter
che tanto lo aveva affascinato da ragazzino.
Camus lasciò la Terza Casa senza quasi salutare,
sovrappensiero, dopo aver restituito quasi controvoglia la custodia del
cd a Kanon. Salì lentamente tutte le scale, immerso nei suoi
pensieri. Era tanto che non gli capitava di ripensare a quel passato
che sembrava così tanto lontano.
Fu dunque praticamente senza pensarci che Camus andò a
frugare in quel cassetto praticamente dimenticato, in fondo alla panca
in camera sua, estraendone il contenuto con cura quasi cerimoniale.
Aveva conservato poche cose del periodo della sua infanzia, e ancora
meno di quello dell'adolescenza: quello che un giovane guerriero poteva
collezionare altro non era che le cicatrici procuratosi in allenamento
o meglio ancora in battaglia.
Ma Camus conservava ancora quell'audiocassetta, il primo regalo di
Milo, e quel flacone che avevo trovato assolutamente per caso una volta
che erano andato al mercato. Quel piccolo flacone contenente del
glitter azzurro.
L'aveva comprato d'impulso, senza stare a ragionarci troppo. Aveva
visto quel glitter e aveva pensato a Bowie, e a come luccicava quando
lui se lo applicava addosso. E aveva ripensato anche alla Siberia,
fredda e magnifica, e di come brillava la neve quando il sole riusciva
a splendere oltre quella coltre di nubi che troppo spesso gravava sul
cielo del nord.
Amava Atene, ma non riusciva ad essere bella come il luogo dove si era
allenato per tanti anni. Le mancava quella magia, quel tocco in
più che invece una landa desolatamente vuota come la Siberia
riusciva ad avere. Le mancava totalmente il fascino della polvere di
diamanti.
Per questo ogni tanto, quando era solo, quando avvertiva
particolarmente la nostalgia di quei luoghi che l'avevano visto
crescere, si concedeva di ricreare in maniera invero artificiosa quel
tocco di magia che mancava ad Atene. Si passava quel glitter azzurrino
sulle mani, sui polsi e sulle braccia, e un poco anche sul viso.
Brillava come la polvere di diamanti al sole. A Camus piaceva. Piaceva
davvero molto.
“Stai brillando.”
Metaforicamente avrebbe detto che il cuore gli era improvvisamente
schizzato in gola.
Per sua fortuna anni e anni di addestramento tra i giacchi eterni gli
avevano indurito non solo il carattere ma anche le espressioni di viso.
Fu dunque con una faccia assolutamente impassibile che Camus si
voltò verso l'inaspettato, e decisamente poco gradito in
quella circostanza, ospite. Non mostrò stupore,
né vergogna, né tanto meno imbarazzo per essersi
fatto beccare mentre si stava cospargendo di glitter.
“È Diamond Dust.”
“…”
“Mi stavo allenando.”
“Sul serio?”
Il ghigno di Milo andava praticamente da un orecchio all'altro.
E anche se Camus si era mosso in maniera agile e apparentemente
naturale, all'occhio attento dello Scorpione non era sfuggito di come
l'amico avesse fatto immediatamente sparire dalla vista una vecchia e
nostalgica audiocassetta, nonché un flacone che tutto
sembrava contenere tranne che Polvere di Diamanti, quanto piuttosto del
vistoso e anche abbastanza pacchiano glitter per il corpo.
Il ghigno di Milo andava praticamente da un orecchio all'altro.
Non riusciva a crederci.
Non riusciva a capire come, in nome di tutte le cose sacre ad Athena,
era finito in una situazione del genere. Come avesse fatto a farsi
convincere.
Cercando di mantenere il contegno consono alla sua posizione, in mezzo
ad un mare di ragazzi, ragazze, donne e uomini e umanità in
generale che saltava urlando a squarciagola, adocchiò la
faccia ghignante di Milo che sembrava divertirsi da matti.
Sapeva che il cavaliere di Scorpio non avrebbe mai creduto alla storia
del Diamond Dust, e sapeva anche di doversi aspettare qualche
conseguenza, ma mai – mai
– avrebbe immaginato una cosa simile. Stoico, consapevole di
dover incolpare soltanto la propria avventatezza per essere stato
scoperto, strinse le labbra, ripensando a come il compagno era riuscito
a trascinarlo in quella situazione.
“Milo?”
“Sì?”
“Dove siamo?”
“In Inghilterra.”
Camus gli aveva lanciato un’occhiata di disapprovazione, un
sopracciglio inarcato a sottolineare che no, quella non era una battuta
divertente.
“Questo lo vedo. Intendo… questo posto.
Perché siamo qui?”
Il cavaliere dello Scorpione, per tutta risposta, si era limitato a
sorridere, enigmatico, invitandolo a proseguire lungo il corridoio.
“Vedrai. Ti piacerà.”
Camus a quel punto si era insospettito ancora di più. Aveva
mosso qualche passo prima di voltarsi, con la ferma intenzione di
chiedere serie spiegazioni, ma le parole gli erano morte letteralmente
in gola quando la linea del basso di una canzone aveva iniziato a
essere udibile nell’edificio.
“Milo…”
Il tono, quella volta, era più d’avvertimento,
anche se aveva la sgradevole sensazione di sapere – ora
– dove si trovasse.
“Coraggio, Maestro dei Ghiacci!” lo aveva incitato
l’altro, trattenendo una leggera risata e spingendolo lungo
il corridoio, mentre le note diventavano sempre più precise,
formando una canzone che aveva sentito non molti giorni prima, e
andavano a sommarsi alle grida della folla.
Fermatosi davanti ad una porta, Milo aveva tolto senza troppi problemi
il grosso lucchetto di metallo che la chiudeva, trascinandolo nella
sala gremita di gente.
Ora, quello per Camus sarebbe stato il momento ideale per sfuggire alla
presa del cavaliere di Scorpio e far ritorno in terra di Grecia quanto
prima, se nonché era stato prepotentemente abbagliato dal
luccichio.
Glitter.
Glitter dappertutto.
Sul cantante, sulla band, sul palco e sui fan. Brillava come polvere di
diamanti.
Milo lo aveva portato a un concerto.
Milo lo aveva portato a un concerto di Adam Lambert.
“-mus? Camus?”
Il suo nome, praticamente urlatogli nelle orecchie per sovrastare i
suoni del concerto, lo riscosse dai suoi pensieri.
“Sì?” rispose, senza peraltro sforzarsi
di alzare la voce.
Milo sorrise, stringendo maggiormente le braccia che era riuscito a far
scivolare intorno alla vita del compagno qualche minuto prima, e
facendogli atterrare nelle mani un tubetto di glitter. Azzurro.
Il cavaliere di Aquarius mantenne un’espressione severa.
“So che non era Diamond Dust, Camus.” Gli disse
all’orecchio Milo. “E so anche che questo posto ti
piace.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Il fatto, per esempio, che tu stia tenendo il tempo della
canzone col piede senza rendertene conto.”
Camus lanciò un’occhiata corrucciata alla sua
appendice che, di nuovo,
si muoveva senza il suo esplicito consenso, fermandola immediatamente.
Scelse di ignorare l’espressione da felino soddisfatto di
Milo.
“Ti ricorda Bowie, vero?” Continuò
l’altro, imperterrito. Lo osservò per qualche
istante, prima di aggiungere più gentilmente: “La
guerra è finita, ormai. Siamo in pace. Puoi permetterti
delle distrazioni anche tu.”
Camus non rispose. Rimase rigido ancora per qualche minuto, prima di
rilassarsi impercettibilmente fra le braccia del compagno.
“Come lo hai saputo?” chiese, pacato.
Milo incollò ancora di più le labbra al suo
orecchio, per farsi sentire sopra al vociare della folla.
“Kanon. Ho sentito la musica che veniva dalla Terza casa, mi
sono incuriosito e sono entrato; e lui mi ha detto che anche te gli
avevi chiesto delle spiegazioni e che ti eri comportato in modo strano
dopo aver visto la copertina del cd. Gli ho chiesto di vederla, e mi
sono ricordato di Bowie, di come ti piacesse.” Fece
spallucce. “E gli ho chiesto un aiuto per procurarmi i
biglietti di un concerto.”
Appunto mentale: dire un paio di paroline a Saga riguardo al fratello
minore, si appuntò Camus, prima di sospirare e rivolgere
l’attenzione al palcoscenico, dove Adam stava cantando le
ultime strofe di Music
Again, con degli acuti che sovrastavano le urla dei fan,
perfettamente a suo agio sul palcoscenico. Sorrise impercettibilmente,
tornando a tenere il tempo con il piede. Milo nascose un sorriso felice
contro il suo collo.
Rimasero così per un po’, godendosi la musica,
prima che il Cavaliere di Aquarius parlasse nuovamente. Quando lo fece,
la band stava suonando l’intro di Fever, e
la parte femminile del pubblico sembrava in preda ad una esaltazione
mistica.
“Sai Milo… Adam Lambert si è
effettivamente ispirato a David Bowie.” Non si
curò di precisare che, per verificarlo, era andato fino ad
un internet point di Atene. “E il bassista è
etero.”
Scorpio sollevò un sopracciglio, perplesso, osservando il
cantante mentre infilava una mano fra i capelli del suddetto bassista e
chiudeva la bocca sulla sua.
“Camus?”
“Mh?”
“Gli sta praticamente ispezionando le tonsille con la
lingua.”
“Lo vedo.”
“E il bassista sembra gradire molto.”
“Così pare.”
Milo si staccò un attimo per lanciargli
un’occhiata perplessa.
“È della Bilancia.” Si
premurò allora di spiegare Camus.
“Ah.” Spalancò gli occhi. Poi
tornò ad appoggiare il mento sulla spalla del compagno.
Beh. Quello spiegava tutto.
Camus sorrise e, di nascosto, svitò il tappo del tubetto di
glitter azzurro, sfregandone un po’ fra i polpastrelli e
passandoselo sulle mani.
Come il Diamond Dust.
Come polvere di diamanti, in un locale dell’Inghilterra,
rivivendo il Glam Rock.
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Disclaimer, again:
tutte le canzoni citate appartengono agli aventi diritto.
Tutti i cantanti citati appartengono a loro stessi, e ci scusiamo molto
per averli tirati in ballo. Davvero. Non lo facciamo più! XD
(…FORSE)
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Nota delle Autrici
(sì, perché questa volta sono ben due *C*)
Ayako:
... ok. Prima di tutto, PERDONATECI.
Beat: È
stato un colpo basso, lo sappiamo
Ayako: la combo
Ikki-Pandora è stata più micidiale del voluto.
Beat: micidiale e
piena di glitter. Per gli dèi quanto glitter in una sola
fic!
Ayako: GLITTER!
Beat: Glitter e
Camus. Davvero, non avrei mai immaginato una cosa simile.
Cioè, l'ho immaginata e infatti non saremmo qui se non
avessi avuto una delle mie solite idee balzane. Ma siamo fiere di
essere riuscite a mettere Camus e del glitter nella stessa fic.
Ayako:
possibilmente mantenendolo IC. Forse. Speriamo. E le idee malsane sono
la VIA, e io mi sento molto malvagia per averle ispirate parlando di
Adam Lambert. Dio quanti danni che fa questo esserino. Ecco, per chi
non lo sapesse, Adam è codesto
essere, il testo di For
Your Entertainment è questo,
Fever
è questa
canzone e se guardate il video e i commenti capirete il
perché parlo di fan in estasi mistica.
Beat: comunque sia,
questa fic è stata ispirata dal glitter, da appunto Adam
Lambert, e da discorsi di Ayako con Dima. Ergo, Dima
carissima, questa fic te la becchi come regalo di
compleanno! XD
Ayako: Tanti, tantissimi auguri! *O* amiamoti! Non ucciderci! Noi non
volevamo far male a nessuno, e ogni danno psichico causato a
persone/cose/animali non era assolutamente nelle nostre intenzioni *C*
Beat: Tanto è sempre colpa di Dima. O di Kanon. O di tutti e
due. ù.ù
♥♥♥♥
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