Buon Natale Papà
Sì, lo so
che siamo a Maggio, so che Natale è lontano ma ho iniziato questa OS
proprio durante le feste. Il tema così difficile mi ha costretto ad
interrompere la stesura più volte ma volevo finirla e spero che il
risultato non sia troppo pietoso.
24 Dicembre 2046
Quando apre la porta ed avanza nel piccolo ingresso, nemmeno si rende conto
di aver lasciato la mia mano.
Si guarda intorno stupita ed emozionata come la prima volta…forse anche di
più.
La adoro quando fa così. Vederla con la bocca spalancata ed i grandi occhi
sgranati mi riporta alla mente quando l’ho conosciuta: deliziosa, fragile e
difficilmente impressionabile. Mi sembra quasi di sentire il suo piccolo cuore
martellare frenetico.
Rientrare in questa casa ha
un effetto devastante su di lei.
Sei così deliziosamente
umana signora Cullen...
Il tremore che l'ha scossa
era perfettamente visibile. Le sue spalle contratte si sono rilassate solo dopo
che le mie braccia l'hanno avvolta. La schiena aderisce al mio petto ed il suo
esile corpo s'incastra perfettamente con il mio.
Sono così lontani i tempi
in cui avrei potuto distruggerti con questo gesto...
Poso il mento sulla spalla e
inspiro profondamente il suo profumo.
Questa è casa per
me...dove ci sei tu.
“Bella, tesoro...tutto
bene?” Sospira e, d'improvviso, mi lascia entrare...Chiudo gli occhi e assaporo
attimo dopo attimo i ricordi di mia moglie: la prima volta che è entrata in
casa Cullen, l'accoglienza di Esme e Carlisle, l'ostilità di Rosalie, la
naturalezza di Alice...Continuo ad abbracciarla e lei continua a ricordare: il
suo compleanno, la festa del diploma, la notte del suo assalto. E poi il
matrimonio, la gravidanza, la nascita di Renesmee, il nostro piccolo cottage,
che ritroviamo adesso immutato dopo così tanto tempo.
Sono passati più di quarant’anni da quando mia moglie mi si è presentata
davanti per la prima volta, investendomi per poi travolgermi, risvegliando il
mostro, per poi affrontarlo e domarlo. A quel punto, accanto a lei, fui solo
l’uomo. Un uomo che ama, che venera, che ha riscoperto la sua anima nell’essere
figlio, fratello, marito e padre.
Ed è al pensiero di mia figlia che sorrido e che mi riapproprio della mano
di Bella. Come ridestata dal contatto, mi guarda sorridendo, regalandomi un
attimo eterno di gioia. “Oh Edward, è tutto come l’abbiamo lasciato! La nostra
casa…” . Si stringe a me teneramente, portando le braccia attorno al mio collo
ed affondando una mano nei capelli. È morbida e calda. Non come quando era
umana, è ovvio, ma adesso che siamo uguali posso godere appieno delle
sensazioni che mi regalala sentire il suo corpo premuto contro il mio.
Chiudo gli occhi ed assaporo le immagini che lei mi consente di vedere.
Ricordi gioiosi e amari, ma tutti ugualmente preziosi. Momenti che non hanno
fatto altro che rafforzare il nostro legame. Facciamo insieme il giro della
casa, in silenzio, lasciando che solo i nostri cuori muti possano parlarsi.
Lei ancora non sa.
Vorrei chiederle scusa, vorrei consolarla già adesso per il suo dolore, per
un dolore che ancora non sa di dover provare, un dolore che la accompagnerà per
l’eternità.
Vorrei farmene carico io, ma non posso.
Del mio dolore è rimasto solo uno sbiadito ricordo. L’assenza è stata
colmata dalla fortuna di avere Carlisle nella mia vita, dalla certezza che lui
ci sarà sempre…per sempre.
Bella non ha mai smesso di essere una figlia presente e devota. È stata
accanto a Charlie quando lui ha finalmente deciso di sposare Sue, sostenendo il
suo passo incerto, rassicurandolo quando si riaffacciava lo spettro del fallimento
del primo matrimonio.
Discretamente gli è stata accanto in questi anni, mentre anche lui poteva
godere di una vita piena ed appagante, vicino al suo vero amore e, quando Sue
si è spenta, gli ha sorretto il corpo scosso dai singhiozzi e affranto dal dolore.
Non ha mai chiesto, non ha mai voluto sapere i dettagli. Ha solo accettato,
per amore di Bella.
“Sono felice di vedere crescere mia nipote e di ritrovare in lei gli occhi
di mia figlia”
Un grande uomo, non potrei definirlo diversamente. Si è accontentato dei
pochi attimi che potevamo dargli, ha compreso quando è arrivato il momento di
allontanarci da Forks e, senza fare domande, ci ha lasciati andare.
Sono sempre stato convinto che lui, per sua figlia, avrebbe preferito
qualcosa di diverso, qualcosa di più normale. Vederlo parlare
tranquillamente con altri ragazzi, come Mike o Eric, posare loro una mano sulla
spalla, sentirlo pronunciare la parola figliolo, tutto questo era per me
motivo di grande dispiacere. Non mi ha mai rinfacciato nulla, spesso l’ho
sorpreso a guardarci sorridente e soddisfatto, ma sarei voluto essere di più
per lui. E questo pensiero non mi abbandonerà mai.
“Hey… che hai? Ti vedo pensieroso”
“No, nulla amore mio. Pensavo a quanti anni sono passati, a quante cose
abbiamo affrontato insieme”. La stringo in un abbraccio disperato, affondando
il viso nei suoi capelli. “Ti amo Bella”.
“Ti amo anch’io e sono contenta di essere di qui. Sarà bello passare il
Natale tutti insieme, di nuovo”
Lo spero tanto, tesoro mio.
“Andiamo. Gli altri ci aspettano” le dico sciogliendo l’abbraccio. Rimarrei
qui per sempre se solo questo le evitasse il dolore.
Ci incamminiamo lentamente verso casa Cullen. È il pomeriggio della vigilia
e tutti gli altri sono qui già da un giorno. Nessuno lo sa, tranne Alice,
ovviamente! Per una volta, per la prima volta da quando la conosco, ha fatto
tutto controvoglia. Quando gliel’ho chiesto io mi ha supplicato…
“No! Ti prego…io…io non ce la faccio!
Non posso organizzare tutto sapendo cosa succederà”.
Era stata lei a chiamarmi qualche giorno prima.
“Edward…Charlie…” aveva sussurrato.
“Charlie, cosa? Alice, parla!”. Ma prima che lei ricominciasse, avevo già
compreso. “Non lo vedo! Non lo vedo più
e…”.
“Ho capito Alice. Torniamo a Forks”.
Questo sarà il suo ultimo Natale. Ha chiamato lui stesso mia sorella, era
quella di noi che gli stava più simpatica. Le ha chiesto di organizzare
qualcosa di speciale. Vuole stare con sua figlia e con sua nipote…un’ultima
volta. A questa richiesta Alice non ha potuto dire di no e, quando intravediamo
la casa tra gli alberi, non posso che sorridere amaramente vedendo l’impegno
che lei ci ha messo.
Ogni albero sul retro della casa è addobbato, in modo che dalla vetrata del
soggiorno si possa vedere questa miriade di luci e ghirlande. Mi sorella è
riuscita ad armonizzare vecchio e nuovo ed il risultato è stupefacente, l’ho
visto nei suoi pensieri quando ieri sera hanno fatto la prova dell’accensione.
Sarà una cosa solenne tipo il
Rockfeller Center.
Tipico di Alice…
La fibra ottica si alterna a vecchi fili di luci intermittenti che Rose ed
Emmett hanno recuperato da alcuni scatoloni nel garage di Charlie. Non so se
Bella li ha riconosciuti, non credo. Per lei la sorpresa è all’interno e la
vedrà tra poche ore.
“Edward, è meraviglioso, scommetto che è opera di Alice!”
“E di chi sennò? La conosci, se non fa le cose in grande non è contenta”.
Sul davanti della casa non c’è nulla, non sarebbe stato conveniente, meglio
non dare troppo nell’occhio. Solo due piccoli candy canes oscillano appesi alla
maniglia della porta. Appena entriamo in casa, come un uragano Alice ci
raggiunge e ci blocca sulla soglia “Non pensarci nemmeno, sorellina” esclama
puntando il dito verso il viso di Bella, “il soggiorno è off-limit per te!”
Bella guarda Alice perplessa e poi volta lo sguardo interrogativo verso di
me.
Ce la posso fare.
Faccio spallucce con finta indifferenza, attribuendo tutto alle solite
stranezze di Alice, che alza gli occhi al cielo e comincia a spengere Bella
verso le scale. “Andate, è tutto nella vostra stanza” dice con un tono
leggermente minaccioso. “Ma, Alice, io sono già pron…”
“Tu sei già cosa?” Chiede poggiando i pugni ai fianchi, squadrando Bella da
capo a piedi. Non posso fare a meno di portarmi una mano sul viso e scuotere la
testa. “Non vorrai dire che sei pronta?!”, insiste guardandola come se
indossasse un sacco di patate. “Ho tante cose a cui pensare, non ti ci mettere
anche tu. Su, di sopra!”.
Senza commentare mia moglie si incammina verso le scale sbuffando come una
bambina. La seguo ridacchiando ma non faccio in tempo a fare il primo gradino
che sento di nuovo la voce di Alice “È inutile che ridi, di sopra ce n’è anche
per te”. Mi blocco e mi volto spalancando la bocca per protestare, “Sh! Vai!”.
Con la coda tra le gambe, borbottando incomprensibili proteste, entrambi ci
dirigiamo verso quella che è stata la mia camera, un tempo. Adagiati sul letto,
sullo stesso letto che ho scelto per Bella, per le sue notti in casa Cullen,
troneggiano, in un tripudio di rosso, le nostre divise. Bella le guarda come se da un momento all’altro qualcosa
potesse assalirla. Comincio io, lentamente, a spogliarmi, sperando che mi
imiti. Ogni capo levato è uno sbuffo, un “mannaggia a te Alice!”.
Quando finiamo di agghindarci
osservo Bella per un istante che vorrei fosse infinito. Il corpo fasciato in un
tubino rosso sangue, i lunghi capelli corvini dai riflessi mogano, cadono
morbidi sulle spalle parzialmente scoperte, ai piedi un paio di scarpe nere,
lucide, dal tacco vertiginoso. Ogni colore è in netto e delizioso contrasto con
la sua carnagione pallida e luminosa.
Ricordarsi di ringraziare Alice…meglio
farlo quando Bella non è nei paraggi.
“Fossi umana mi sarei già rotta una gamba su questi trampoli!” sbotta
alzando un piede ed indicandosi la scarpa. Mi avvicino, circondandole il fianco
con una mano, adorando la maglina sottile del vestito che mi fa percepire sotto
le dita le curve del suo corpo. “Ma non sei umana” le sussurro all’orecchio
“sei la mia vampira e sei splendida”
concludo stringendo la presa e premendo le labbra sulla tempia. “Charlie sta
arrivando, Jake e Nessie sono andati a prenderlo, scendiamo”. Il sorriso che si
apre sul volto è sufficiente come risposta, le prendo la mano e la guido di
sotto. Improvvisamente si ferma ed io mi giro. Sembra sia sul punto di sbottare
a ridere. “Che c’è?” le chiedo un po’ brusco. “No, niente niente. Bel
maglione!” dice indicandomi il petto e l’immenso alce che troneggia nel centro
del mio maglione rosso. “Simpatica, signora Cullen…simpatica e spiritosa!”.
Quando arriviamo giù, nell’atrio, tutta la famiglia è lì e non posso non
notare con piacere che, mentre le
donne sono tutte splendide, anche se nessuna è lontanamente paragonabile a
Bella, tutti noi, gli uomini Cullen, siamo assolutamente ridicoli! L’unico
assolutamente a proprio agio è Emmett, che sembra perfino compiaciuto del
grosso testone da orso che gli spunta dalla maglia. Carlisle ha un’espressione
rassegnata e Jasper sempra abbastanza contrariato e volge le spalle ad Alice.
Quando sposto lo sguardo su mia sorella non mi sfugge il suo ghigno divertito,
talmente divertito che per un momento la sua mente si apre ed io capisco tutto!
E bravo Charlie…sarai vecchio ma non
hai di certo perso il senso dell’umorismo.
Quando sentiamo il motore della macchina di Jacob, Bella mi stringe forte la
mano. Emmett e Jasper spalancano la porta d’ingresso. La prima ad entrare è mia
figlia, splendida come sua madre, con un vestito rosso scollato sul davanti –
troppo scollato sul davanti – le maniche ed il corpetto aderenti e la gonna che
si apre a ruota, lunga fino alle caviglie, ai piedi un paio di ballerine
argento. È deliziosa. Jacob dovrà stare attento stasera, mooolto attento! Ed è
proprio lui ad entrare dopo Renesmee, tra le mani la sedia a rotelle che ospita
Charlie, un Charlie elegantissimo, in un completo grigio scuro ed una camicia
azzurra, che rende, se possibile, ancora più ridicoli i nostri maglioni rossi.
Un Charlie che si guarda intorno sorridente e compiaciuto ma che in un attimo
posa lo sguardo adorante su Bella, sua figlia.
“Papà” esclama correndogli incontro fermandosi a pochi centimetri da lui.
“Bells, piccola mia, vieni qua” sono le parole di Charlie, che spalanca le
braccia e non riesce a celare il tremore della voce e delle labbra, nonostante
i baffi ormai radi e bianchi. Il tremore della sua voce non è dovuto solo alla
vecchiaia ma è dovuto soprattutto all’emozione dirompente di rivederla. È
questo che leggo nei pensieri di Jasper. Bella si butta ai suoi piedi,
poggiando il capo sulle ginocchia, cingendogli i fianchi e suo padre le
circonda il capo con le mani, accarezzandole i capelli. Gli occhi di Charlie,
piccoli e vitrei, lacrimano…a Bella lacrima il cuore e possiamo vederlo tutti.
Lui ci guarda, con gratitudine, con affetto, soprattutto me ed Alice. Gli
altri non sanno…anche se immaginano. Carlisle ha capito. Ha sentito il suo
cuore. Quando i miei occhi incrociano quelli di mio suocero, posso leggere
chiara e determinata la sua preghiera. Raggiungo mia moglie e le circondo le
spalle. “Bella, amore, fai entrare tuo padre, non lasciare che stia sulla
porta”. E lei si lascia sollevare. È sorridente, è felice. È ignara. Uno alla
volta, tutti salutano Charlie, in maniera un po’ troppo rispettosa forse…tranne Emmett, ovviamente!
“Hey vecchio! Ti sei tirato a lucido eh?” dice dandogli una pacca sulla
spalla. Tutti gli altri protendono immediatamente verso di lui, per paura che
quel grizzly di mio fratello possa avergli fatto male. Inaspettatamente Charlie
si mette a ridere, sotto lo sguardo perplesso di tutta la famiglia. Anzi, non
proprio di tutta! Alice è l’unica che ride assieme a lui.
Charlie risponde con non poca fatica ma senza che il sorriso
abbandoni le
sue labbra: “Oh, beh…per una volta…volevo
essere…volevo essere io il più
affascinante”. Un coro di risate si alza risuonando in tutta la
casa, Bella
prende la mano di suo padre e se la porta sul viso “Ma
papà, tu sei sempre il
più affascinante”, “…sì,
sì…certo. L’ho sempre pensato, da quando hai
portato
Edwin in casa”.
“Papà!”
“Ok…ok…Edward” bofonchia Charlie “ mpf…e poi dicono che le figlie scelgono
ragazzi simili ai propri padri!”
“Papà!”
“Capo Swan” interviene Esme “ lei è un umano molto affascinante, mi creda.
Se fosse possibile, chiederei a mio marito di farsi crescere i baffi come i
suoi”. Charlie si imbarazza visibilmente al complimento di mia madre “Signora
Cullen…non si prenda gioco di un povero vecchio” risponde. Forse per
l’emozione, forse per lo sforzo, la sua voce si stronca in colpo violento di
tosse, a cui ne seguono altri, più rapidi e affannosi. Carlisle è
immediatamente su di lui, sorreggendolo e spronandolo a respirare
profondamente. In un attimo il panico pervade il viso di Bella ed io sono
accanto a lei per tranquillizzarla.
Quando l’attacco è passato e lo stesso Charlie rassicura tutti delle sue
condizioni, Alice ci invita ad affacciarci alla porta del salone. Un po’ perché
non sta nella pelle, un po’ perché il tempo comincia a scarseggiare.
“Bella, mettiti qui, al centro, accanto a tuo padre, gli altri più
indietro”. La stanza è buia anche se la nostra vista ci consente comunque di
notare alcuni dettagli, anche Charlie sa cosa c’è in questa stanza, l’idea è
stata sua. Bella fa un passo avanti, spalancando la bocca per la meraviglia ma
suo padre la blocca “No Bells, aspetta. Guarda con me”. E alle sue parole mia
sorella accende l’interruttore.
Tutti gli alberi del retro si illuminano contemporaneamente in uno
scintillio intermittente di luci colorate che dai vetri proiettano i loro
bagliori all’interno della casa, rendendo più definiti i contorni di ciò che
Alice è riuscita a fare. Faccio un piccolo passo in avanti, non voglio
assolutamente perdermi l’espressione estasiata di mia moglie e quella commossa
e riconoscente di suo padre, che sposta gli occhi dal giardino ad Alice, da
Alice a sua figlia. Qualche attimo dopo nella stanza risuonano sommesse le note
di O’ Holy Night alle quali si aggiungono le voci di Esme e
Rosalie in quello che Charlie definisce nella sua testa “un coro d’angeli”.
“Buon Natale Bells” esclama e l’albero che troneggia al centro del salone si
illumina come per incanto. Un abete enorme, verdissimo e odoroso si innalza
sfiorando col suo puntale il soffito. Le fronde
scendono fino al pavimento, accarezzando i pacchi che, coi loro colori
sgargianti, fanno capolino ai suoi piedi. E’ un’intricata rete di luci colorate
ed il loro bagliore è amplificato dalle ghirlande di cristallo che si
intrecciano a quelle più semplici, modeste, ma ugualmente belle, fatte di ribes
rosso e pop corn, infilati ad uno ad uno da Jake e Nessie. Non riesco a
trattenere un sorriso. è così facile riconoscere le sequenze ordinate e fitte
di mia figlia, da quelle grossolane e approssimate di Jake.
Bella avanza verso il suo regalo e
sfiora con le dita sottili una decorazione. Ogni sfera, di cristallo
trasparente, contiene un frammento della sua vita. Piccole foto incastonate che
racchiudono ogni tappa, ogni momento della sua crescita. Il puntale, che la
mostra piccola e infagottata in una coperta rosa, tra le braccia di suo padre,
un Charlie giovanissimo, col volto trasfigurato dalla gioia di abbracciare la sua
prima figlia. E poi il suo primo compleanno, e tutti gli altri a seguire, le
feste, le estati a Forks, il ballo del liceo…accanto a me…il diploma, il nostro
matrimonio. Bella gira attorno all’albero, per non perdersi nulla, per rivivere
ogni attimo, più volte. Spingo la sedia più vicino, in modo che anche lui possa
godere appieno di questo momento. Le ha fatto il regalo più bello…i suoi ricordi, quelli che lentamente
l’eternità offusca e si porta via.
Nessie si asciuga le lacrime e guarda incantata sua madre. Anche Jacob tira
su con naso rumorosamente.
Bella lo sa? Mi chiede silenzioso.
Ha capito anche lui. Scuoto la testa e a questo punto non riesce più a
trattenerle. Scivolano lungo le guance e trovano, pronte, le dita di sua moglie
ad asciugarle.
“Oh papà. Grazie…grazie…grazie papà” sussurra Bella, emozionata, mentre
stringe Charlie. Lui non proferisce parola, l’emozione è troppo forte, la
commozione intensa e sa si dover risparmiare le forze per dirle addio.
Edward?
Mi avvicino a lui, stupito, un po’, che mi chiami accanto a lui in un
momento così intimo.
Mi prendi quel pacchetto? Quello con
la carta blu.
Eseguo lentamente la sua muta richiesta e gli porgo il regalo in questione.
“No figliolo, aprilo. È per te”. A
quella parola, figliolo, non posso
che sorprendermi e bloccarmi per un istante. Tutti i miei dubbi, tutti i miei
sensi di colpa, le mie remore, dissolti, cancellati da quell’unica parola che
in questi anni ho desiderato uscisse dalle sue labbra. Anche Bella mi guarda,
sul suo viso soddisfazione e orgoglio. Si stringe a suo padre in un silenzioso
ringraziamento. Ma sa, come lo so anche io, che non lo ha detto per fare un
piacere a lei. Lo ha detto a me, per me.
E quando scarto il regalo, in volute di seta azzurra è poggiata la mia sfera. All’interno la foto del primo
Natale con la mia famiglia: Charlie al centro, con Nessie sulle gambe ed io e
Bella ai lati…felici.
Nessie me la toglie dalle mani per guardarla, per rivedersi da piccola, e
per farla vedere a tutti gli altri. Bella mi stringe la mano, improvvisamente
vuota, e le nostre dita, intrecciate, vengono avvolte da quelle di Charlie, in
una benedizione muta che ho atteso per quarant’anni. Lo ringrazio con gli
occhi, incapace di proferire parola, e lui capisce e mi sorride.
“Posso papà?” mi chiede mia figlia indicando l’albero e la sfera. “Ma certo,
tesoro” le rispondo. Jake la aiuta a raggiungere uno dei punti più alti,
prendendola per la vita e sollevandola come fosse una piuma, indugiando un po’
troppo sui suoi fianchi, forse, quando la rimette a terra. Il mio ringhio non
deve essergli sfuggito, perché immediatamente nella sua zucca vuota rimbomba la
risposta:
E’ mia moglie, succhiasangue, vedi di
fartene una ragione prima o poi.
La serata trascorre piacevolmente scartando i pacchi e cantando le
tradizionali canzoni di Natale. Un altro desiderio di Charlie è stato quello di
poter essere l’unico a fare i regali. Ha speso tutti i suoi risparmi per
lasciare ad ognuno di noi un ricordo semplice ma sentito. Bella invece ha
voluto cucinare per lui, di nuovo, ha voluto preparare con le sue mani una
deliziosa cena che suo padre, Nessie e soprattutto Jacob hanno apprezzato
decisamente.
Col trascorrere delle ore la stanchezza si legge sempre più chiaramente sul
viso di Charlie, finché non esprime lui stesso il desiderio di essere riportato
nella sua casa. Lo aiuto ad entrare in macchina e Bella si siede accanto a lui
sul sedile posteriore, poggiandogli la testa sulla spalla. Chissà se anche lei
ha colto l’impercettibile cambiamento del suo respiro, il flebile rantolo che
lo accompagna, il battito irregolare del suo cuore e la temperatura corporea
che piano piano si abbassa. Forse sì, perché gli occhi che mi guardano, che
posso vedere dallo specchietto retrovisore, sono terrorizzati ed io non posso
fare a meno di distogliere lo sguardo.
Quando arriviamo davanti a casa Swan, il vento soffia così forte che il suo
sibilo sembra quasi un lamento. I grossi fiocchi di neve vorticano furiosi a
mezz’aria e, nonostante non avverta la rigidità della temperatura, il freddo è
davvero penetrante. Bella avvolge Charlie in una pesante coperta e lo solleva
tra le braccia offrendosi di portarlo di sopra. “No, Bells” risponde lui “lasciami
sulla mia poltrona”. “Ma papà, è notte fonda, fa freddo…” ribatte contrariata.
“Non sento freddo Bells, sto bene, lasciami lì, ti prego”. Il tono della sua
supplica non può che farla capitolare. Entriamo in casa e raggiungiamo il
salotto. Mentre accendo il termostato del condizionatore, Bella adagia suo
padre sulla vecchia e consunta poltrona, davanti al televisore, e gli posa la
coperta sulle gambe.
Charlie inspira profondamente e con un filo di voce ci invita a sedere
accanto a lui. Accarezza la mano di Bella e comincia a raccontare:
“Quando vidi tua madre per la prima volta ne rimasi folgorato” sospira. “Era
estate, una delle poche giornate di sole splendente che io ricordi qui a Forks.
I raggi baciavano la pelle dorata delle sue braccia scoperte…mi dai un po’
d’acqua Bells? Per favore…”.
“Ma certo papà…ecco, tieni”. Charlie prende il bicchiere, le mani tremano ed
il liquido all’interno si agita pericolosamente. Beve un paio di piccoli sorsi,
non per sete ma per evitare che l’arsura delle fauci gli renda ancora più
difficile parlare.
“Sai Bells, la prima volta che ho visto quei piccoli bagliori sulle tue
braccia, non ho pensato che fossi diversa…ho
pensato…ho pensato che fossi sua figlia! Anche la sua pelle sembrava brillare
al sole ed io non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Ti ricordi quando
andaste a Jacksonville a trovarla?”
“ Sì papà…mi ricordo”. Anche io mi ricordo, fu quella volta che la
allontanai da Forks con la scusa di andare a trovare Renée.
“Mi telefonò eccitata come una ragazzina. Era così contenta…e non la
smetteva di dire quanto Edward fosse speciale di qua, bello di là. Non me ne
volere figliolo” dice sorridendo, “all’epoca proprio non ti
sopportavo…” alla risata soffocata segue
un violento colpo di tosse. È stanco, è tardi…non può reggere ancora per molto.
“Papà…ti prego papà…riposati, continuerai a raccontare domani”.
“No…Bells…ce la faccio, ti prego…fammi finire”
“Ascoltami Charlie” intervengo “non c’è bisogno che ti affatichi così, posso
raccontare io al tuo posto. Lascia che sia io a farlo”.
Mpf…ti è sempre piaciuto fare il
supereroe!
Non posso fare a meno che sorridere a questo pensiero. Mi riporta indietro
di così tanti anni, a quando Bella non era ancora mia ed ero convinto di fare
di tutto pur di tenerla lontano da me.
“Non sono stato sempre un supereroe, sono stato anche il cattivo” dico
amaramente e lui capisce subito a cosa io mi riferisca. “Ti avrei ammazzato con
le mie stesse mani” risponde accigliato “ vedevo la mia piccola stare così male
e mi sentivo impotente. Ho desiderato ogni giorno che non ti facessi più
rivedere e ogni giorno ho sperato di vederti riapparire da quella porta e
riportare il sorriso sul viso di Bella…ma è passato…”.
Sospira profondamente e si mette più comodo sulla poltrona, poggiando il
capo e volgendosi verso di lei.
“Al telefono” dico per lui “ Renée gli raccontò cosa avesse visto durante
quei giorni. Ha cercato di convincerlo in ogni modo che eravamo fatti l’una per
l’altro e alla fine gli disse che io ti
guardavo allo stesso modo in cui lui guardava tua madre quando si sono
conosciuti. Renée era bellissima, aveva gli occhi azzurri, limpidi e
scintillanti, e i capelli castani come i tuoi. La prima cosa di cui si innamorò
fu la sua vitalità, il modo in cui riusciva ad interessarsi con la medesima
intensità a tante cose, come fossero tutte ugualmente affascinanti e
interessanti. Furono giorni intensi e quando tua madre dovette ripartire con le
sue amiche, promise che sarebbe ritornata
e lo fece. Si sposarono dopo poco e lui era convinto che avrebbero passato
tutta la vita insieme. Poi Renée rimase incinta e per tuo padre, per la seconda
volta dopo il matrimonio, fu il giorno più bello della sua vita”.
“Quando Renée mi chiese di andare via da Forks” mi interrompe “ quello fu il momento esatto
in cui capii che la stavo perdendo. Era troppo esuberante, troppo vitale per
rinchiuderla in questa gabbia”.
Non ha mai smesso di amarla. Non l’ha mai dimenticata. Sento il suo amore,
lo vedo nei suoi ricordi mentre mi consente di raccontarli, nell’immagine così
vivida che ha ancora di lei. La sua mente riporta a galla uno dopo l’altro ogni
singolo ricordo. Bella ascolta attenta ed emozionata, senza mai distogliere lo
sguardo dagli occhi lucidi di suo padre. Non le ha mai parlato di queste cose,
non ha mai esternato i suoi sentimenti. Questo è un altro regalo che ha voluto
lasciarle e che sta lasciando anche a me. Vedere con i suoi occhi Bella appena
nata, piccola, rosea e paffuta, un bocciolo che adesso è qui davanti a noi,
schiuso in tutta la sua bellezza, percepire la gioia di essere padre e subito
dopo il dolore devastante della separazione. Non riesco a capire come,
nonostante tutto, lui si assuma ogni responsabilità della separazione, come se
sia stata la cosa più normale allontanarsi da lui, allontanarsi da Forks.
“Ha amato tanto tua madre, anche dopo la separazione, anche quando ha capito
che non sarebbe mai tornata da lui. Quando hai scelto di venire a Forks, tuo
padre ha pensato che fossi una benedizione, la ricompensa per tutte le sue
sofferenze. Eri ormai un’adolescente e si può dire che non vi conoscevate
affatto eppure siete così simili da esservi trovati subito. Credeva che ti
avrebbe avuto con lui per più tempo e inv…”.
“Aspetta figliolo…fai continuare
me, ti prego”.
“Papà non…”.
“No Bella, ascoltami…credevo che avremmo avuto più tempo…più tempo da
passare…insieme. Ma tu non sei mai stata come le altre ragazze…hai preso una
decisione difficile ma giusta. Ed io l’ho capito…tardi ma l’ho capito. Probabilmente
avrei fatto lo stesso…per lei. Sono tranquillo
adesso…ogni padre vorrebbe questo per la propria figlia…sapere di lasciarla in
salut…”
“Papà! Smettila, non dire certe cose…”
“Ssh, no Bells, ascoltami, sono vecchio…sono stanco…ma sono contento di
sapere che mio figlia starà sempre bene, non dovrà mai abbandonare la sua
piccola, avrà accanto un uomo che la amerà per l’eternità, vero Edward?”
“Certo Charlie” rispondo portando la mia mano su quella di mia moglie. Lei però
si scosta, si alza talmente veloce dalla sedia da lasciare perplesso suo padre.
Non aveva mai agito da vampiro
davanti a lui.
“Smettetela!” sibila tra i denti mentre il respiro di Charlie si fa sempre
più affannoso. “Edward fa’ qualcosa!” urla disperata e mai come in questo
momento mi sento impotente. “Sei un medico…fa’ qualcosa ti prego…Edward…”.
Mi avvicino ma mi sfugge, di nuovo. Raggiunge suo padre e si inginocchia
accanto a lui.
“Ascolta papà…ascoltami…non mi lasciare…non mi lasciare, resta con me…non
puoi lasciarmi, Charlie!”
“…Bells…” rantola portando una mano sulla sua guancia. Mi inginocchio
accanto a lei, le sorreggo le spalle. “Tu! Tu sapevi!” mi accusa con la voce
carica di rancore, “chi altri? Tutti? Come avete potuto…come…”.
“No, non tutti, anche se Carlisle stasera ha capito. Solo io ed Alice”.
“Alice…lei ha visto…” sussurra
quasi con rassegnazione, come se il fatto che Alice abbia visto sia la prova
inconfutabile di quanto sta accadendo, come se solo ora sia reale. Ma la
rassegnazione dura pochi istanti. “Tu puoi…oh sì, certo….papà, Edward può fare
in modo che tu resti con me, per sempre. Papà, hai sentito? Potrai rimanere
sempre con me, con noi, con Nessie…Edward, ti prego…lo hai fatto con me, puoi
farlo con lui…ti prego…”.
Stringo la presa sulle sue spalle e faccio in modo che mi guardi, che mi veda!
“Lascialo andare. Non vuole questo per sé…lascialo andare…”
“No! No…non voglio…no papà…”. Si gira verso di lui ed è sulle sue labbra che
trova la conferma alle mie parole, la risposta, quasi una supplica. Su quelle
labbra strette, tirate in un sorriso sereno, sul viso un’espressione
soddisfatta.
“Digli addio, Bella. Se ne sta andando…”.
Si abbandona sul pavimento, posando il capo sul grembo di Charlie, per la
seconda volta in un giorno, con uno stato d’animo così diverso…
“Perdonami…non ho lacrime per te, papà…perdonami…”
“Bella, vuole che gli prometta una cosa. Vuole che questo non sia per te,
per noi, un giorno triste. Vuole che tu possa ricordare le luci, gli addobbi,
le risate, i canti…la gioia per aver trascorso insieme questa festa”.
“Sì” sussurra, più a se stessa che a noi. “Te lo prometto”. Bella chiude gli
occhi e sospira. I minuti passano lenti. Fuori la tormenta di neve agita
furiosa le fronde degli alberi ed il vento si insinua sibilando attraverso le
imposte.
Improvvisamente una melodia dolce e appena sussurrata ci avvolge…
“O Holy night, the stars are brightly shining
It is the night of our dear Savior's birth
Long lay the world in sin…”
La voce di Bella si solleva timida e sottile, rotta da un pianto che sa di
non poter versare.
“…and error pining
Til He appeared and the soul felt it's worth
A thrill of hope the weary world rejoyces
For yonder breaks a new and glorious morn
Fall on your knees
O hear the angel voices
O night divine…”
Sono queste le sue lacrime per Charlie, è questa la sua promessa.
E quando la melodia finisce, le luci si spengono e Bella sussurra il suo
addio:
“Buon Natale papà”.
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