What have you
done?
-
Bella,
vuoi che prepari io la cena, stasera? - domandò Charlie
Swan, mentre
apparecchiava la tavola.
-
Sei
sicuro, papà? Non vorrei che bruciasse qualcosa. -
Bella
sapeva che suo padre non era molto bravo ai fornelli. Tuttavia,
quella sera si sentiva stanca. Mancavano
due settimane al matrimonio con Edward ed Alice non faceva
altro che
trascinarla da un negozio all’altro, poiché
cercava un vestito adatto per la
cerimonia. Bella giudicava che lei stesse bene con tutto. Non
c’era niente che
non calzasse a pennello sul corpo da folletto di quella vampira.
Ma poi
Bella non riusciva a concentrarsi su quelle cose. Non ci
riusciva proprio. Aveva altro per la testa, un guazzabuglio di pensieri
impossibile da districare.
-
Certo, Bella. Lo faccio volentieri. - disse Charlie.
-
Grazie.
Preparò
un po’ di pasta con il sugo di pomodoro. Ne fece troppa, ma
tutto sommato era buona.
Dopo
cena, Bella si infilò sotto la doccia e vi restò
per una buona
mezz’ora. L’acqua calda la rilassò un
po’, le distese i muscoli. Il getto
d’acqua bollente non le permise di riflettere.
In
camera sua, prese il lettore cd e si mise le cuffie nelle orecchie.
Le note del Clair de Lune di
Debussy
le trasmetteva pace, tranquillità, serenità...
solitamente.
Ma
quella sera no. Quella sera Debussy non poteva aiutarla. Ed era un
bene che Edward non venisse. Era a caccia con Jasper ed Emmett.
Pensava...
Pensava a...
Non a
Jacob. No. Si chiedeva dove fosse finito, perché non si
decidesse a tornare... Ma non era al centro dei suoi pensieri. Pensava
a...
Qualcosa
di bello.
Qualcosa
di pericoloso.
Qualcosa
di terribile.
Qualcosa
di totalmente irrazionale.
Fuori
controllo. Si sentiva fuori controllo.
Paura
della trasformazione? No. Magari fosse così semplice.
Paura
della prima notte di nozze? No. Nemmeno.
Paura
dei suoi desideri. Oh, sì. Molta. Paura dei desideri che non
riusciva a spiegarsi. Paura di essere pazza, completamente folle. Paura
che
qualcuno capisse.
Alice.
Alice poteva vedere... Com’era possibile che ancora non
avesse
capito? Che ancora non avesse visto?
Ad un
certo punto, si assopì. Quando si destò di
soprassalto erano le
undici passate. Una cuffia penzolava sulla spalla destra e la musica
taceva.
C’era
qualcuno lì con lei.
Bella
si voltò di scatto verso la finestra. Era socchiusa. Vedeva
un
pezzo di cielo, le fronde degli alberi mosse dalla brezza notturna.
E lei.
Era
venuta anche quella sera.
Rosalie.
La
bellissima sorella del suo futuro marito, l’unica componente
della famiglia
Cullen con la quale non aveva mai instaurato nessun tipo di rapporto,
fino a
poco tempo prima almeno, sedeva comodamente sul davanzale e la guardava
con
quei suoi incredibili occhi color ocra. I lunghi capelli biondi le
ricadevano
sulle spalle come tante onde e il viso angelico aveva assunto
un’espressione
impassibile.
-
Rosalie - mormorò Bella, incapace di muoversi.
Lei
abbassò lo sguardo. Entrò nella sua stanza. Alta,
statuaria,
perfetta.
Bella
non poteva fare a meno di sentirsi inferiore.
-
Rosalie... - mormorò di nuovo.
Lungo
silenzio. Rosalie si sedette di fronte a lei, sul letto. Le sue
narici si dilatarono, inspirando il suo profumo.
-
Edward ha sempre avuto ragione... Il tuo odore... É
così buono.
Bella
deglutì a vuoto.
Ancora.
Una rapida carezza. Un brivido lungo la schiena.
Rosalie
si sporse e affondò il naso nei suoi capelli scuri e
scombinati.
Bella appoggiò le mani sulle spalle fredde e marmoree della
vampira.
Il
silenzio era assoluto, spezzato solo dal respiro di Bella e dal
battito tumultuoso del suo cuore.
Rosalie.
Quel
viso d’angelo. Quella bellezza devastante, innaturale, da
invidiare.
Rosalie,
che a sua volta invidiava lei perché era umana.
Rosalie,
che aveva iniziato a venire da lei, nella sua stanza,
trascinata da un desiderio intenso che aveva cercato di controllare, ma
senza
successo.
Rosalie
che giurava che non sarebbe più venuta e invece... Tornava.
Tornava sempre.
Rosalie.
Bella si era resa conto di quanto le piacesse pronunciare
quel nome.
Lo fece
anche adesso. Le sue labbra pronunciarono il nome della sorella
di Edward. La vampira rispose con un sospiro, l’alito freddo
sfiorò la pelle
del collo.
Il
basso ventre si aggrovigliò in un nodo di piacere.
Lussuria?
Era questo?
Forse.
Rosalie
la baciò. Un bacio ansioso, un bacio forte, deciso, freddo
ma
al tempo stesso rovente. Labbra dure contro labbra morbide, umane. Un
cuore
lanciato al galoppo e un cuore muto da decenni. Fiato caldo e fiato
ghiacciato.
Le
mani di Rosalie erano sul suo viso. Quelle di Bella sul suo petto.
Il
senso di colpa era bruciante, palpitava come il suo cuore, ma non
poteva ascoltarlo, non aveva la forza di ascoltarlo.
La
mano della vampira sotto la sua maglia, sulla pelle calda. Un
ringhio che saliva alle labbra.
Non ho paura, non ho paura, si
ripeteva.
Aveva
paura, invece. Non che la uccidesse, ma di quello che facevano.
La sua
bocca si posò sul suo collo. Bella gemette sommessamente, si
avvinghiò saldamente a quel corpo duro.
Un
altro bacio. Più profondo stavolta. Le lingue si cercarono,
frementi d’impazienza.
Durò
poco. Poi Rosalie prese la sua mano, se la portò alle
labbra,
scoprì il polso e baciò le vene che si
intersecavano. Vene nelle quali scorreva
il sangue dolce, che lei avrebbe voluto assaggiare.
Il suo
viso esercitava un’attrazione irresistibile.
Bella
cercò ancora le labbra fredde. Le cercò, le
trovò, lei le
dischiuse apposta per permetterle di gustarle meglio.
Non le
bastava mai. Voleva di più. Voleva sentire le sua mani sul
suo
corpo. La lingua nella sua bocca, come poco prima.
Ma
Rosalie si allontanò. Non poteva sopportare oltre. I suoi
occhi
dorati adesso erano neri come la notte. Aveva sete.
- Non
posso restare... Devo andarmene. - sussurrò, con quella voce
armoniosa.
-
Tornerai?
Non
rispose. Ma sì, sarebbe tornata. Tornava sempre.
- Cosa
mi hai fatto, Isabella?
Il suo
nome per intero pronunciato da Rosalie scatenò un brivido
potente che la fece sospirare.
Cos’ho fatto io?, si chiese,
la gola secca, incapace di emettere suoni. No.
Cosa mi hai fatto tu, Rosalie...
***
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