lord marmalade
Dedicata
al mio meravigliosissimo Alexi_Black,
per essere
l'Otone migliore del mondo.
Lord
Marmalade
Era una
tranquilla mattinata di settembre e fuori dalle finestre della Sala
Grande di
Hogwarts brillava un sole splendente, anche se non troppo caldo. Le
prime
avvisaglie dell’autunno avevano cominciato a mostrarsi: le
foglie dei grandi alberi
che delimitavano la Foresta Proibita stavano iniziando ad ingiallire e,
prima
del sole che illuminava quel lunedì mattina, alcune nubi
isolate non avevano
evitato di deliziare la Scuola di Magia e Stregoneria della loro
presenza.
Una nube ben
peggiore, tuttavia, si stava avvicinando al tavolo di Grifondoro. I
nembi
preannuncianti tempesta, in quel caso, erano limitati dalla severa
crocchia di
Minerva McGrannitt, responsabile della casa di Grifondoro, che non
aveva perso
occasione per urlare contro un ragazzo verso il quale gli occhi
dell’intera
casa rosso-oro erano rivolti. Il fanciullo in questione era ovviamente
James
Potter, che insieme al fido Sirius Black aveva tentato
un’impresa degna delle
fatiche di Eracle, ovvero un incantesimo che avrebbe mostrato
all’universo cosa
si celava sotto l’uniforme di Lily Evans, la ragazza da lui
amata. Quest’ultima
aveva cacciato uno strillo spacca-timpani che aveva attirato
l’attenzione della
Capocasa, impegnata nella distribuzione degli orari del sesto anno.
Dopo aver
placato l’ira di Minerva, più temibile di quella
che aveva addotto infiniti
lutti agli Achei, James e Sirius si rivolsero agli altri Malandrini.
«Che palle» sbottò il
primo «due ore di
Incantesimi con i Corvonero!»
«Proprio
Corvonero, eh?» bofonchiò Sirius, «non
vedo l’ora di passare due ore con
quelle… insomma, avete capito, no?»
Remus, che
finora aveva mangiato pane tostato con marmellata all’arancia
leggendo La Gazzetta del Profeta,
si sporse verso
l’amico con un sorriso da Malandrino.
«Che
cos’hanno
le Corvonero che non va, Felpato?» mormorò,
trattenendo un attacco di risate, pienamente
consapevole riguardo dove stesse andando a parare l’amico.
«Beh,
insomma…ecco…
vedi la tua marmellata, Lunastorta? Ci hai messo tanto ad aprire il
vasetto,
vero? Loro sono così. Ci metti tanto ad aprire il vasetto, e
poi la marmellata
non è deliziosa come quella che ti piace tanto,
d’arancia, ma è… alle more.
Amara. Insopportabile» tuonò altezzoso,
concludendo con aria teatrale, mentre
gli altri si spanciavano dalle risate per l’arguta metafora.
«Sempre meglio
che con i Serpeverde, no?» proruppe Peter, eccitato
all’idea di avere qualcosa
da dire. «Chi lo sopporta, quel Mocciosus?» disse,
in riferimento a Severus
Piton, a cui solo le ragazze di Corvonero erano seconde
nell’indice di
gradimento di Sirius. Remus annuì in modo distratto, mentre
gli altri due non
degnarono Codaliscia nemmeno di uno sguardo, essendo James troppo
impegnato ad
affondare il suo dolore in una fetta di plumcake e Sirius a difendersi
dalle
occhiate in tralice che gli rivolgeva il suo ragazzo.
Gli opposti si
attraggono, recitava un antico proverbio Babbano, ma nel caso
dei due
Grifondoro una forte attrazione era spesso accompagnata da una quasi
innaturale
tendenza al litigio, spesso per i motivi più futili.
Remus e Sirius,
continuando a battibeccare, si rifiutavano di ascoltare Peter e le sue
ulteriori moine nei confronti di James. La loro relazione era iniziata
due anni
prima, sebbene tra segretezze e baci rubati, in quanto sarebbe stato un
vero
scandalo per la famiglia ultraconservatrice di Sirius, che non solo
avrebbe
aborrito l’idea di un figlio omosessuale, ma
l’avrebbe scuoiato vivo a suon di
Cruciatus se l’avesse trovato in compagnia di un Mezzosangue,
per giunta Lupo
Mannaro. Una certa discrezione era necessaria anche in presenza di
James e
Peter, i quali indubbiamente avrebbero pensato ad una possibile
disgregazione
dei Malandrini e – benché Sirius suggerisse spesso
con una certa malizia che a
Peter non sarebbe affatto dispiaciuto avere con James il rapporto che
lui aveva
con Remus – sicuramente le cose non sarebbero più
state le stesse per
l’inseparabile quartetto.
I Malandrini iniziarono
a dirigersi controvoglia verso l’aula in cui il piccolo
professor Vitious,
insegnante di Incantesimi, teneva le sue lezioni, disponendosi a
raggiera
intorno all’unico tavolo privo di ragazzine sghignazzanti che
occhieggiavano
Sirius. Guardare, non toccare era
il
loro imperativo comune, come il primogenito Black non aveva tardato a
riassumere a Remus. Sarebbero stati soltanto loro quattro, se non fosse
stato
per un ragazzo biondo che ripassava freneticamente sulla sua Teoria avanzata degli Incantesimi, sussurrando
incanti a mezza voce e gesticolando furiosamente con la bacchetta.
«La tua anima
gemella, Lunastorta» aveva ghignato Sirius, indicandolo
all’amico da lontano.
Il ragazzo, pur impegnato nello studio, si rivolse a loro con un
sorriso che
schiudeva denti bianchissimi, incorniciato da labbra piene e carnose.
La sua
voce era roca e sensuale, decisamente profonda per un ragazzo di sedici
anni.
«Venite,
venite
pure» aveva detto, mormorando «qui
c’è posto per tutti!». E così
parlando fece
l’occhiolino a Remus. I cinque si sistemarono: quel giorno,
l’incantesimo che
avrebbero dovuto affrontare riguardava il modo più semplice
per far uscire
acqua e vino dalla bacchetta.
«Ripetete
tutti
insieme con me: Aguamenti!»
trillò
Vitious. «Senza bacchette!» squittì,
rivolti ad alcuni ottusi Serpeverde che
avevano completamente bagnato un tavolo di legno massiccio.
«Aguamenti!»
pronunciarono gli altri in
coro, per la seconda volta.
«Molto bene,
ragazzi. Ora osservate con attenzione il movimento della bacchetta e, solo quando ho finito, provate ad
eseguire l’incantesimo!» E così dicendo
fece spillare dal bastoncino di salice
un elegante rivolo d’acqua.
Sirius
sbuffò,
sprezzante. Non aveva il minimo dubbio sul fatto che
quell’incantesimo gli
sarebbe riuscito al primo tentativo, come tutti gli altri fino a quel
giorno.
Inoltre, voleva dare una lezione a quel bamboccio che aveva guardato le
natiche
di Remus con così tanta attenzione.
«Ma che
diavolo…
per tutti i Mangiamorte… Aguamenti!»
ringhiò Sirius, che pur travolgendo Peter con un getto
decisamente troppo
potente era riuscito a padroneggiare l’incanto. Dalla
bacchetta di James,
invece, non uscirono che poche gocce, mentre il ragazzo biondo al loro
tavolo
bagnò l’addome di Remus con un getto simile a
quello prodotto dalla bacchetta
di Vitious.
«Oh, scusami!
Sai, a volte non riesco a controllare il mio getto: ho la ferma
impressione che
la mia bacchetta sia davvero troppo
grande! Ah, a proposito: mi chiamo Ivan, Ivan Hansie» disse,
tendendo la mano a
Remus con il solito sorriso troppo largo.
Sirius, per
tutta risposta, scoppiò nella sua risata simile ad un
latrato. «È impossibile»
cantilenò «Olivander ci azzecca sempre, con le
bacchette. Forse sei tu che non la
sai usare» aggiunse ilare,
con allusività. Remus gli lanciò
un’occhiataccia, concentrandosi su Ivan e
mentre gli parlava con voce molto gentile, riuscì a
rassicurarlo.
«Per quanto
riguarda la bacchetta, non ho dubbi sul fatto che tu la sappia usare.
Il punto
è che… in questo caso, devi anche saper
direzionare il getto» replicò con un
sorriso, mostrandogli il corretto movimento e la giusta dizione.
L’incantesimo
ebbe buon fine, infatti dalla bacchetta di Remus uscì un
perfetto zampillo
d’acqua, che si spense nella bacinella posta al centro del
tavolo intorno al
quale si trovavano i cinque ragazzi.
«Ti invidio,
sei
così bravo! Ehm… ora che ci penso, non mi hai
detto come ti chiami» mormorò il
biondo, con aria sfacciatamente maliziosa.
«Remus
Lupin»
disse l’altro, con un ghigno particolarmente – per
lui – malandrinico. «Se
proprio devo essere sincero, mi ero già esercitato su questo
incantesimo.»
«Oh, non lo
metto in dubbio, Lunastorta. Il tuo getto è sempre molto
preciso» borbottò
Sirius a voce più bassa, per non farsi sentire dagli altri
Malandrini. Per sua
fortuna, l’epifania di Lily Evans, agli occhi di James
infinitamente più
affascinante di una Veela, attirò l’attenzione del
giovane Potter e di Peter
Minus, che allontanandosi dal tavolo con l’amico gli faceva
domande sulla
strategia che aveva intenzione di usare con la rossa, fuggitiva
Grifondoro,
dopo il fallimento al tavolo della colazione. Durante le ore di
Vitious, gli
studenti avevano la massima libertà di muoversi
all’interno dell’aula, a causa
del trambusto causato dai vari incantesimi.
Ivan, nel
frattempo, si era avvicinato alla coppia, rivolgendo a Sirius uno
sguardo
intriso del più profondo disprezzo. Le sue intenzioni,
infatti, erano tanto
evidenti quanto poteva esserlo la notevole assenza in lui di elementi
prettamente
maschili: se non fosse stato per i pantaloni al posto della minigonna a
pieghe
che contraddistingueva le studentesse di Hogwarts, per
l’appunto, Sirius
avrebbe pensato all’ennesima fanciulla blu e bronzo con il vasetto difficile da aprire, e quindi,
in quanto tale, degna del
suo odio imperituro. Ma di bronzo, in quel momento, c’era
soltanto la sua
faccia o, almeno, quella che voleva mostrare. A
che diavolo di gioco sta giocando Remus, flirtando con
quell’imbecille dai riccioli d’oro? si
chiedeva. Non vedeva l’ora di
parlargli in privato, almeno per dissipare i dubbi che provava in quel
momento
riguardo la loro relazione. Insomma,
pensò, ho
una certa fama da sciupafemmine
da mantenere, altrimenti va tutto all’aria!
Tuttavia la loro
relazione non era affatto aperta: Sirius non avrebbe mai tradito il suo
Lunastorta e tantomeno lo avrebbe fatto Remus. Come diceva sempre
Felpato, non
flirtare con le ragazze li avrebbe fatti sgamare,
con quel termine che divertiva tanto il suo ragazzo. E
Merlino solo sapeva
quanto Sirius amasse la sua risata: veder sorridere Remus significava
che in
quel momento tutte le sue preoccupazioni svanivano, e soprattutto che
la bestia
dentro di lui era messa a tacere dal trillo argentino della sua risata.
Dannato
lupastro, bofonchiò
Sirius tra sé e sé, come
diavolo… «insomma, è proprio
il
primo che passa!» ringhiò, aumentando il volume
della sua voce. Ad infastidirlo
era la presenza, insieme alla piacevole risata di Remus, di
un’altra, ben più
sgradevole e sgradita: Ivan si era pericolosamente avvicinato al suo Lupo Mannaro, con un linguaggio del
corpo fin troppo eloquente anche per Sirius, la cui eloquenza era
spesso
contenuta in un uso della lingua decisamente
più fisico.
«Potremmo
ripassare l’Aguamenti ed
impostare il
Vinum insieme in biblioteca,
così
saremo i primi a riuscirci e supereremo tutti gli altri»
disse con voce suadente.
Ecco
l’istinto da Corvonero so-tutto-io che esce
fuori,
pensò Sirius, facendo seguire alle sue riflessioni
un’altra occhiata in tralice
al biondo. Se Lunastorta accetta di
andare in biblioteca con quell’idiota,
io…io… Il ragazzo era decisamente
furioso,
e nonostante non stesse pronunciando quelle parole riuscì
ugualmente ad
infondervi il più profondo disgusto. E tutto questo lo fece
reagire nell’unico
modo che conosceva.
«Ehi,
Emmeline!»
gridò «verresti a Hogsmeade con me?»
tuonò, rivolgendosi ad un’affascinante
strega che parlava con le amiche dall’altro capo
dell’aula. La ragazza gli si
avvicinò a grandi passi, avanzando come un centauro. Con un
cipiglio
incredibilmente feroce fissò il suo sguardo dardeggiante
– e Sirius pensò che
in quel momento avrebbe preferito trovarsi nella Foresta Proibita al
cospetto
di un centauro vero, mentre si
pentiva immediatamente dell’idea avuta pochi secondi prima
– e gli disse:
«No,
assolutamente no, Black. Me l’hai già chiesto il
mese scorso, e due mesi fa
l’hai chiesto a Dorcas» ringhiò,
alludendo ad una delle amiche ridacchianti «ed
entrambe ti abbiamo rifiutato. Insomma, fatti-delle-domande»
scandì,
lasciandolo a bocca aperta.
Mentre Emmeline
Vance e le sue amiche se ne andavano sdegnate e incredibilmente
furenti, come
se avessero subito un terribile oltraggio, Sirius udì una
risata decisamente
troppo familiare alle spalle.
«Due di
picche,
Felpato? Era un segno delle stelle, la disposizione di Marte, in
congiunzione
con Giove…» continuò James, il cui riso
non accennava ad estinguersi.
«L’unico
pianeta
di cui cambierà la disposizione è Urano, mio
caro» ringhiò Black, con uno
scappellotto all’amico e uno sguardo minaccioso a Peter.
«Perché
quel
cretino sta così addosso a Remus?»
borbottò James, massaggiandosi la nuca
«l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è
un altro secchione» aggiunse con
convinzione.
«Già,
è proprio
quello che vorrei sapere anch’io»
replicò Sirius, guardando torvo verso il
basso. «Davvero… non capisco che cosa ci trovi la
gente a studiare
insieme. Io preferisco andare a caccia, se capisci quello
che intendo, Ramoso» continuò, pronunciando
l’ultima frase a voce molto alta,
in modo da farsi sentire anche da Remus, impegnato con Ivan in una
fitta
conversazione sui Patroni. Con molta nonchalance,
Sirius si avvicinò ad un gruppetto di ragazze Tassorosso, e
iniziò ad
intrattenerle con le sue migliori barzellette. Tutto
quello che faceva, quando
si sentiva triste, arrabbiato o deluso con qualcuno dei suoi amici,
infatti,
era trasformare la propria tensione in risate, urla e strepiti.
I Malandrini
erano abituati a questo suo atteggiamento, ma mentre James si limitava
a
buttarsi a capofitto in qualsiasi cosa potesse far star meglio Sirius,
con
Peter che gli dava man forte, soltanto Remus era in grado di
scandagliare nel
profondo fino a giungere a scoprire le cause del malessere del suo ragazzo. Per quel
motivo, non appena udì
l’amico schiamazzare e rumoreggiare, capì
all’istante che c’era qualcosa che
non andava.
«Va bene,
Ivan»
disse allegramente, congedando il biondo Corvonero «ci
vediamo oggi pomeriggio
davanti al Reparto Proibito» aggiunse allusivo. Quelle ultime
parole furono la
goccia che fece traboccare il vaso per Sirius, il quale smise
improvvisamente
di raccontare uno spassoso aneddoto su una megera e una banshee ben più che amiche e si
precipitò in
un’aula vuota, dove Remus non fece fatica a trovarlo e a
raggiungerlo.
«Che cosa ti
sta
succedendo, Felpato?» sbottò, sedendosi su un
banco al centro della stanza.
«Chiedilo al
tuo
amico, cosa succede.
Anzi» ringhiò
con tono accusatorio «vai pure ad aggiustare la sua
bacchetta» continuò
rancoroso. Sirius, dopo aver proferito parola, iniziò a
misurare l’aula a grandi
passi, gettando a terra
occasionalmente una sedia o un banco, mentre Remus, con grande
pazienza, li
ridisponeva alla loro posizione originaria attraverso semplici e
precisi
Incantesimi di Levitazione.
«Ivan
è un
ragazzo molto timido. In cambio del mio aiuto in Incantesimi, lui mi
aiuterà a
perfezionare quell’incantesimo che non mi riesce bene in
Trasfigurazione»
rispose il giovane Lupin con molta tranquillità. Ben presto
si rese conto di
aver commesso un errore decisamente madornale, quando si trattava di
parlare
con Sirius: infatti, quando quest’ultimo era fuori di
sé, se c’era una cosa che
lo faceva mandare ancora più in bestia era la calma di chi
lo circondava.
«Io»
esplose «ho preso Eccezionale l’anno
scorso, al G.U.F.O. di Trasfigurazione. Andiamo, che cosa ti ho fatto?
Anzi, so
di averti fatto qualcosa, ma cosa? Cosa?»
abbaiò, tirando un calcio ad un armadio in un angolo della
stanza, da cui cadde
un elegante modellino del Sistema Solare.
«Mi
mostrerà la
sua colomba» gli replicò Remus, dando le spalle
all’amico, questa volta senza
riparare il danno che aveva commesso. «Vedi,
Felpato» aggiunse pacatamente «la
colomba è un simbolo di pace. E io, a volte, ho bisogno di
un po’ di calma,
tranquillità e pace. Tu sei tutto
l’opposto» concluse, arrossendo lievemente.
«Scommetto
dieci
Galeoni che lui non vuole farti vedere la sua colomba, ma un’altra cosa»
latrò
Sirius, spalancando l’anta dell’armadio che aveva
colpito in precedenza, la
quale, con enorme sorpresa dei due ragazzi, conteneva una serie di
vasetti di
marmellata di arance elegantemente disposti l’uno accanto
all’altro.
Remus si
avvicinò all’amante con molta rapidità,
nel tentativo di sorprenderlo.
«Non
è proprio
così. In realtà, è solo quello che
volevo farti pensare. Volevo farti capire
come mi sento io quando passi delle ore a parlare di ragazze
e quando ti metti a fare il cretino con loro. Lo so che non
dovrei essere geloso, ma mi dà fastidio, molto
fastidio» sussurrò, cingendo la
vita di Sirius, il quale si quietò con estrema
velocità. Quando si voltò per
guardare Remus negli occhi, il suo viso si era tinto di una sfumatura
color
porpora.
«Allora
non… non
ti piace?» mormorò, soppesando uno dei vasetti
contenuti nell’armadio e
guardandolo come se avesse una grande importanza.
«No. Mi
piacciono i ragazzi con i capelli scuri e gli occhi grigi»
decretò con serietà,
avvicinandosi all’amico così tanto da far sfiorare
le punte dei loro nasi. «A
proposito, secondo te cosa ci fanno questi vasetti?»
aggiunse, prendendo il
barattolo dalle mani di Sirius e aprendolo con un leggero movimento
della
bacchetta.
«Non lo
so»
replicò il moro, ancora imbarazzato «Magari
qualcuno viene ad abbuffarsi qui in
segreto» continuò, appoggiando la testa sulla
spalla di Remus.
«Beh,
c’è una
cosa di cui sono sicuro, Felpato. Questo è stato molto, molto facile da aprire»
ghignò, intingendo un dito nella marmellata
e appoggiandolo sulle labbra di Sirius. «Mi ricorda qualcuno,
sai?» concluse,
posando il vasetto su un banco e succhiandogli gentilmente il labbro
inferiore.
Sirius non tardò a rispondere al suo bacio, prima con
delicatezza, poi con
irruenza e passione, tornando a ricoprire il suo ruolo abituale di
imperterrito, chiassoso casinista,
come amava definirsi, in un modo che strappava sempre la risata di
Remus. Anche
in quel caso il sorriso si presentò sulle labbra del Lupo
Mannaro, ad
illuminare il suo pallido volto di una luce così diversa da
quella che per gli
altri era la più splendente, ma che per lui era una vera e
propria condanna. A
rendere Remus felice, infatti, era una luce fatta di onice e ossidiana,
che
agli altri appariva scura e portatrice di tenebre.
Pose un bacio
rapido sulla fronte di Sirius mentre lo stringeva a sé con
così tanta forza da
far pensare che non l’avrebbe mai lasciato andare.
«Scusami» gli sussurrò
l’amico «Lunastorta, tu sei
così… tu.
Non so come tu faccia a sopportarmi» aggiunse con candore.
«Lo so io come
faccio, Sirius. Perché io ti amo» gli
mormorò con affetto, passandogli una mano
sulla schiena e posandogli un delicato bacio sul collo. «Ed
è vero, tu sei
insopportabile e molto più lunatico
di
quanto lo sia io. Ma amare non significa trovare la perfezione, ma
perdonare
terribili difetti.»
Per tutta
risposta, Sirius scoppiò in una delle sue abituali risate
canine, seguita da un
morso sul collo di Remus che lasciò al ragazzo un segno
rosso decisamente
difficile da nascondere.
«Ti amo anche
io, Lunastorta» gli disse, prendendo il viso di Remus tra le
mani e
stampandogli un bacio appassionato sulle labbra.
Note:
Il
titolo viene dalla canzone di Patti LaBelle, "Lady Marmalade".
L’ira di
Achille
ovviamente fa parte dell’Iliade, “amare non
significa trovare la perfezione, ma
perdonare terribili difetti” è una frase della
scrittrice Rosamunde Pilcher.
Giudizio
di Tannie:
1* classificata:
Lord Marmelade- _Calypso_
Grammatica e sintassi: 9.50/10
Stile: 10/10
Originalità 10/10
Caratterizzazione personaggio: 14.75/15
Attinenza al contest e sviluppo: 15/15
Gradimento Personale: 10/10
Giudizio totale: 69.25/70
Grammaticalmente quasi perfetta anche se la struttura alcune frasi mi
ha lasciata un po' perplessa.
Il tuo stile mi è piaciuto, infatti ha influenzato anche il
gradimento personale (comunque alto perché la fic mi piaceva
di per se'). Ho tolto qualcosina alla caratterizzazione dei personaggi
poiché Remus in alcuni passaggi ma lasciava un po' stupita
(un po' troppo sicuro!) benché Sirius sia perfettamente IC
(e l'ho adorato …. *-*)
Originale davvero, intrigante! Ogni tanto la rileggevo e mi piaceva
sempre.
Non ho nient'altro da dire mi sembra, i punteggi parlano da se' ^_^
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