Disclaimer: la
storia non è scritta a scopo di lucro, la canzone citata
(ripresa anche nel titolo) è "Fairytale ending" di
Brock Warbler
Baker.
Note: Ambientata post
2x20 Prom Queen
Il problema è che non riesco più a staccarmi dal
video che conteneva la canzone che dà il titolo a questa
storia. Per questo motivo non ho nulla da dire, a parte che amo i
Warblers fanboys <3 e Roby quando mi passa 'ste cosette che mi
rovinano <3
Grazie alla mia Elisa per un betaggio al volo, finalmente <3 Che
scappa a vedere Bones e mi dà in pasto video che mi
deconcentrano, non dandomi il tempo di ringraziarla a dovere e in
diretta.
Living in a fairytale
ending
When the dark gets too
dark Then
I will be your light
When the pain's too
great Then
I will be your fight
When you're blind to
love
Then I will be your sight, oh
I will be your knight in tattered armor
“Mio
padre non ha preso bene la notizia”.
Blaine
smise di curiosare tra i libri del suo ragazzo, voltandosi a fissarlo.
“Voleva
venire a scuola domani per parlare con il preside Figgins, convocare il
Consiglio e cose così, ma fortunatamente Carole è
riuscita a calmarlo e a farlo ragionare” aggiunse Kurt,
incrociando strette le braccia al petto e fissando gli occhi ben
lontano dall’altro. “Sai, per evitare complicazioni
con Finn”.
Attese
con pazienza, poggiandosi alla scrivania, ma, quando si accorse che
nessun’altra parola sarebbe uscita da quelle labbra, Blaine
gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui sul letto.
“Ascolta, Kurt, quello che è successo ieri
sera-”
“Avevi
ragione” sbottò l’altro, guardandolo
finalmente negli occhi. “Su tutto quanto,
d’accordo? Sono un ingenuo, e non dovevo attirare
l’attenzione in quel modo, e… e la gente non
cambierà mai. Non qui, non in Ohio, almeno”
continuò, con un tono di voce a metà tra la
rabbia e la frustrazione. “Hai vinto tu”.
E
lo sapevano entrambi quanto gli facesse male ammettere quella
sconfitta.
“No,
Kurt, calmati” gli disse Blaine dolcemente, prendendogli le
mani nelle sue e sciogliendo quell’abbraccio stretto in cui
si era avvolto. “Non ho vinto nulla. Non ti devi scusare per
come sei”.
“A
quanto pare mio padre non la pensa come te. Strano” ammise
con una punta di sarcasmo, ben ricordando il tradimento che aveva
subito quando Blaine aveva dato ragione a Burt, sulla scelta del
vestito per il ballo scolastico. Scelta che si era rivelata un
umiliante disastro, ma che tuttavia non gli faceva accettare tanto
facilmente di essere stato in torto.
“Tuo
padre è solo preoccupato per te. Non rovinare la fortuna che
hai con uno stupido litigio” provò
l’altro, abbassando lo sguardo.
Kurt
sospirò, stringendogli le mani. Blaine era in grado di
fargli provare sentimenti così intensi da levargli il fiato,
ma la cosa non era poi tanto emozionante se si trattava di senso di
colpa. “Blaine, lo so che non hai un buon rapporto con tuo
padre, e che non ha ancora accettato del tutto… questo”
disse, facendo cenno verso le loro mani intrecciate. “E lo
sai che hai tutto il mio appoggio, oltre a quello della mia famiglia,
ma ti assicuro che ieri sera è stato terribile dopo che mio
padre ha visto la corona. Più terribile di quando ha
poggiato la sua birra sul mio nuovo numero di Vogue. Più
terribile di quando mi ha chiesto se quiche lorraine fosse il nome di
una casa di moda spagnola. Spagnola!”
“Si
è arrabbiato così tanto?” chiese
l’altro, bloccando la lista infinita di aneddoti che sarebbe
potuta andare avanti per ore; era sinceramente preoccupato di come si
erano evolute le cose la sera prima, dopo che aveva accompagnato Kurt a
casa, ed anche un po’ curioso.
“Pensavo
gli venisse un altro infarto. E il fatto che Finn fosse stato cacciato
dal ballo per aver preso a pugni Jesse St. James non ha aiutato. Non
che abbia da ridire sul suo comportamento, anzi, gliene siamo tutti
grati. Ti ho mai detto che ho messo la stessa maglia per due giorni di
seguito quando i Vocal Adrenaline ci avevano volutamente umiliato? No,
perché è una delle cose di cui più mi
vergogno nella mia intera vit-”
“Kurt”
lo fermò, di nuovo, sorridendo e scuotendo la testa.
“Tuo padre era solo preoccupato per te”
ripeté.
“Lo
so! Ma ha fatto preoccupare me
così! E Carole! Dovevi vederla”.
Blaine
sorrise più apertamente, ormai iniziando a comprendere lo
strano rapporto che legava i due Hummel. Discutevano perché
erano preoccupati l’uno per l’altro. Il dubbio che
fosse una cosa normale in una famiglia gli rimase. “Lo sapevo
che dovevo accompagnarti fin dentro casa, ieri”.
“Oh,
non ti sei salvato nemmeno tu, fidati. Ha detto che devo smetterla di
comportarmi come una primadonna, di trattarti come il mio cavalier
servente e di farti fare tutto quello che voglio con la scusa del senso
di colpa” ammise Kurt, alzando gli occhi al soffito e
lasciando andare un sospiro.
“Non
mi fai sentire in colpa” precisò Blaine, piccato.
“E non faccio tutto quello che vuoi. Non sempre, almeno.
È che spesso sai essere convincente”
commentò, facendo finalmente sorridere l’altro. E
il primo sorriso di Kurt della giornata era importante.
Sfiorò
la fronte con la sua, dandogli un piccolo bacio sulla guancia. Non
pensava si potessero provare tutte quelle emozioni diverse in una
stessa sera – paura, euforia, agitazione, impotenza,
felicità – ma stare con Kurt gli faceva da sempre
lo stesso effetto.
Quel
ballo studentesco era stato a dir poco terribile, e non era certo di
poterne affrontare un altro l’anno prossimo, o nel resto
della sua vita.
Tuttavia,
era impossibile trovare le parole per ringraziarlo per quello che aveva
fatto per lui, per aver insistito così tanto
nell’ottenere il loro riscatto. Era la cosa giusta da fare,
Kurt aveva sempre avuto ragione: era lui il vero cavaliere nella loro
storia. Sempre così forte e sicuro, anche con gli occhi
arrossati, così pronto a rialzarsi velocemente, con o senza
la mano di Blaine, così coraggioso e ingenuo al tempo
stesso.
E
non avrebbe mai voluto vederlo umiliato così, né
vederlo piangere lacrime che non era riuscito ad impedire, ma che aveva
solo potuto asciugare.
“Grazie”
sussurrò all’improvviso Kurt, con gli occhi
socchiusi e le labbra troppo vicine alle sue. Lo sapeva, Blaine, a cosa
si riferiva. Lo ringraziava per essere rimasto con lui fino alla fine,
per aver affrontato le sue paure, le loro, insieme, per essere fiero e
orgoglioso di ciò che era e di ciò che avevano.
Eppure, avrebbe voluto fare di più. Così tanto di
più, per lui.
“Grazie
a te” ricambiò sorridendo, allontanandosi di poco
dal suo viso e accarezzandogli una guancia con la mano. “Ma
tuo padre si sbaglia, non sono un granché come cavaliere
senza macchia e senza paura, eh?”
Kurt
sorrise di nuovo, stavolta più allegro e sincero.
“Hai impedito che la tua reginetta venisse umiliata ancora
per essere stata abbandonata dal re durante il ballo, è
quello che un bravo cavaliere fa” precisò. Per non contare tutto il resto
che hai già fatto, avrebbe voluto dirgli. Ma,
in qualche modo, era certo che Blaine sapesse quanto gli fosse grato.
“È
stato un onore” scherzò l’altro.
“Ma non ti ho mai considerato come una damigella in pericolo.
L’unica cosa da cui potrei salvarti è da un
attacco di panico se della salsa tartara ti finisse sulla camicia, e
solo perché conosco ogni trucco per eliminare qualsiasi
macchia. Hai idea di quanto sia difficile mantenere
un’uniforme impeccabile? Alla Dalton si rischiano sospensioni
per un solo bottone slacciato” spiegò con fare
drammatico.
Si
ritrovarono a ridere insieme, fino a quando Kurt non lo
abbracciò forte, stringendosi al suo petto e posando la
testa sulla sua spalla. Blaine gli accarezzò piano i
capelli, senza dire una parola.
Non
era stato facile, tutto quell’odio, quegli sguardi, quelle
risate, quel silenzio teso e opprimente… Non era stato
facile. Si erano sentiti mancare l’aria così come
era mancata la loro accettazione.
L’indifferenza
sarebbe stata molto, molto meglio. Almeno non avrebbe visto Kurt
piangere in quel corridoio deserto, e non lo avrebbe sentito ora, tra
le sue braccia, mentre sfogava la sua frustrazione e lasciava andare la
tensione accumulata.
Lo
sapeva che non andava tutto bene, nonostante le rassicurazioni che il
ragazzo gli aveva scritto per tutta la notte; lo sapeva, altrimenti non
sarebbe tornato da lui dopo appena otto ore da quando si erano
lasciati, e con quattro ore scarse di sonno.
“Forse
non avrei dovuto insistere, aveva ragione mio padre. Non voglio che ti
senta a disagio, con me” Kurt gli aveva sussurrato appena tra
le lacrime.
Blaine
avrebbe voluto essere un cavaliere perfetto, senza la macchia
dell’insicurezza di non essere abbastanza per Kurt, senza la
paura di vederlo soffrire. Aveva voluto proteggerlo da tutto quanto fin
dal primo giorno che lo aveva incontrato, percependo troppo bene quel
cieco terrore che lui stesso aveva provato. E Kurt era ancora in tempo,
lui poteva salvarsi. Avrebbe voluto tenerlo al sicuro accanto a
sé, preservarlo da un mondo troppo cattivo e ingiusto,
allontanarlo dalla violenza che poteva subire. Era per questo che
perdeva le staffe ogni volta che vedeva quel Karofsky?
Perché ricordava tutto quello che aveva subito - i lividi,
il sangue, l’odore forte del disinfettante, la luce fredda
dell’ospedale, i sorrisi falsi delle infermiere, sei gay, è normale
che la tua vita sia miserabile - e lo proiettava su Kurt?
Sul corpo di Kurt?
Doveva
smetterla di pensarci o sarebbe impazzito.
“No…
Kurt, non era per me
che avevo paura” chiarì, stringendolo
inconsciamente ancora di più a sé.
“Ehi, è stata una serata grandiosa, no? Il nostro
ballo se lo ricorderanno per anni, non pensi?”
Eppure
adesso l’unica cosa che poteva fare era abbracciarlo forte,
sussurrargli dolcemente che quello che avevano loro era più
prezioso di qualsiasi corona, che i loro sentimenti erano
così puri che non potevano essere sbagliati, che quelle
lacrime che scivolavano veloci sulle guance erano una colpa che il
mondo avrebbe pagato, prima o poi. Poteva accarezzargli piano i
capelli, ancora e ancora, baciargli la fronte, gli occhi, le labbra,
poteva sentirlo calmarsi contro il suo petto mentre gli diceva che non
sarebbe mai andato da nessuna parte.
“Oh
be’, in effetti siamo stati molto meglio di una banale coppia
etero. Che ci vuoi fare, siamo nati per stare sotto i
riflettori” ridacchiò Kurt, seppur con una punta
di amaro.
Era
il suo principe azzurro da proteggere e rispettare, la persona per cui
avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse mai chiesto con quegli occhi
profondi e delicati, per cui combattere i propri mostri e diventare
più forte, per cui migliorarsi continuamente solo per stare
al suo fianco, fiero e orgoglioso di quel magnifico ragazzo che aveva
scelto proprio lui,
e lui soltanto, e per cui era totalmente pazzo.
Sorrise
di fronte a quegli occhi azzurri leggermente arrossati e a quelle
labbra strette. Sorrise, incurante di quella tiara e quello scettro
ricoperti di finti diamanti lanciati la sera prima sul pavimento, e che
erano stati calciati in un angolo. Sorrise, baciandogli piano le labbra
con una tenerezza che non pensava di avere.
Era
sempre così, l’amore? Sentirsi un cavaliere per
qualcuno che ti considera a sua volta il suo principe azzurro?
“E
comunque la corona sta molto meglio a te che a Kate
Middleton”.
È
l’unica certezza che hai fin dalla prima frase di una fiaba
– Scusa,
posso farti una domanda? Sono nuovo –, no?
Per
quanto impossibile sembri, il lieto fine arriva sempre.
Welcome, welcome,
welcome
To happily ever after
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Ma
qual è il problema? Il fandom è attivo, il numero
di letture è altissimo e voi non siete pigri,
perché noto altre storie con un numero alto di commenti.
Quindi? Con che criterio si commenta qui? Come fa una nuova autrice a
volersi inserire? Mi impegno tanto su ogni storia, esattamente come fa
qualsiasi altra autrice penso, o almeno la maggior parte, ma se non
vedo un consenso decente lascio perdere. Sono piena di idee e storie
scritte per metà, ma ha senso concluderle? Se il problema
sono le critiche, prego, sono qui per ascoltare.
C’è qualcuno che effettivamente arriva alla fine
delle mie storie o mi perdo tutti prima? XD Insomma, il fandom inglese
è quanto di più adorabile e pazzo possa esistere,
diamoci da fare anche noi, no? Io ci sto.
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