Titolo: Un piatto che va servito
freddo.
Rating: Giallo
Pairing: Sherlock/John,
ovvio.
Un piatto che va servito freddo
[Dolce è l'ira in aspettar vendetta.
T. Tasso. La
Gerusalemme liberata]
“Fuori sta piovendo,
caro”.
La signora Hudson si alzò dalla
sua
sedia vicino al letto e andò a chiudere la finestra della
camera. John osservò,
annoiato come non mai, il cuscino con la bandiera inglese che
riprendeva a poco
a poco la sua forma dopo aver sopportato per tanto tempo il peso della
donna.
“Già”.
Era ovvio
che stesse piovendo; l’umidità era salita negli
ultimi giorni
e, anche se non avesse avuto una spalla che pulsava a tempo con i
cambiamenti
metereologici, stava evidentemente
cadendo acqua dal cielo e –Oddio. Stava iniziando a pensare
come Sherlock.
“Non è obbligata a
stare qui, signora
Hudson.” John sapeva che la cara
signora non l’avrebbe abbandonato, almeno finché
Sherlock non fosse tornato, ma
se non altro impiegava il suo tempo in un modo migliore che contando le
macchie
sul soffitto.
Mi
annoio!
Ora sapeva cosa provava il suo
coinquilino ogni volta che non aveva un caso tra le mani. Poteva
addirittura
comprendere il suo atto da hooligan contro il muro.
“Oh, non ti preoccupare caro. Ti
farò
compagnia finché Sherlock non sarà di ritorno dal
supermercato”.
Ah
già, perché il mio caro coinquilino ha deciso di
sperimentare il far la spesa
proprio mentre sono immobilizzato qui.
John tentò di cambiare
posizione, ma
la sua gamba protestò vivacemente, costringendolo ad un
sonoro gemito di dolore
che allarmò la signora vicino a lui.
“Incredibile, andare a fare la
spesa
lasciando il suo amico in queste
condizioni! Non sta bene!” Esclamò facendo per
alzarsi – per quanto velocemente
la sua anca glielo permettesse – ma John la fermò
prima che si catapultasse sul
letto a manipolare quei poveri cuscini per l’ennesima volta.
“Signora Hudson, non si
preoccupi. Sto
bene”.
A
parte il fatto che non riuscirò più a camminare
normalmente e che devo
ritrovare il mio bastone nel caos di Sherlock.
La porta dell’appartamento
sbatté e
sentirono dei passi frettolosi che salivano le scale, che si fermavano
fuori
dalla porta e Sherlock fece la sua comparsa in camera da letto.
“John ti ho preso-” si
immobilizzò
alla vista della signora che lo guardava con un cipiglio arrabbiato.
“Eccoti qui! Lasciare il tuo
amico in
queste condizioni per andare a fare la spesa, non sta bene!”
“Che importa se non sta bene, dobbiamo
pur mangiare .” Rispose in tono leggero avvicinandosi al
letto. John lo guardò
con un sopracciglio alzato. “Signora Hudson potrebbe
preparare qualcosa di
caldo, per favore?” Le chiese con un lieve sorriso.
“Oh, certo John caro. Ma solo per
questa volta, non sono la vostra cameriera”.
“Certo che no, la ringrazio”.
Quando si fu chiusa la porta alle sue
spalle, Sherlock si levò il capotto lungo, lo
gettò da qualche parte in modo
che bagnasse anche il suo povero sostegno - non sia mai che metta in
ordine! -
e si sedette subito sul letto al suo fianco, facendo attenzione a non
far
muovere troppo la gamba fasciata.
“Questo letto è scomodo, ecco perché
preferisci il mio” osservò molleggiando
leggermente il materasso.
“Sherlock.” Lo chiamò.
“Cosa?” chiese innocentemente.
“Non sei andato a fare la spesa,
vero?”
“Ovvio che non ci sono andato. Non
l’ho mai fatta in vita mia, motivo per cui mi serve un
coinquilino.”
“Quindi sarei l’addetto alla spesa? ”
tentò di fare forza sulle braccia per tirarsi su, ma la
gamba diede un’altra
scossa di dolore che lo costrinse a trattenere il
fiato. Sherlock si limitò a
fissarlo, senza muovere un muscolo.
“Lo sai perché è bello averti intorno
mentre sto così? Ma certo che lo sai, tu sai sempre
tutto”. Rinunciò a mettersi
a sedere e aspettò che il suo amico intuisse che aveva
bisogno di una mano. Ci
volle meno di un secondo perché Sherlock lo tirasse per
permettergli di
appoggiarsi alla testiera, rubandogli poi un bacio veloce che fece
sorride
John. “Allora che hai fatto se non sei andato al
supermercato?”
“Ti ho comprato un bastone” rispose
soddisfatto. Dalla faccia sembrava che avesse avuto
un’intuizione geniale - più
del solito – o che fosse arrivato prima il Natale.
“Un bastone.” Ripeté sconcertato.
“Sì, uno di quegli strumenti che
servono ad aiutare le persone a camminare. Sai, nel caso volessi mai
alzarti da
questo scomodo letto.” Sherlock gli prese il
volto tra le mani e lo fissò negli
occhi “John, sul serio, se lasciarti nelle mani della signora
Hudson ti fa
questo effetto non uscirò più di casa”.
“Non lo faresti mai”. Disse
liberandosi il viso e appoggiandosi con un sospiro alla montagna di
cuscini.
“Sì, hai ragione.”
“Incredibile”.
“Il fatto che tu abbia ragione?”
“Il fatto che tu ammetta che io
l’abbia”. Sherlock gli fece uno dei suoi rari
sorrisi, né una smorfia
maliziosa, né ironica, né uno di quei sorrisi che
tirava fuori solo quando
voleva ottenere qualcosa. Solo un sorriso e solo per lui.
“Le tue capacità deduttive stanno lentamente
migliorando, insieme alla tua
dialettica”.
John sbuffò, grattandosi con
attenzione la coscia da sopra le coperte.
“Ringraziamo Moriarty per avermi
costretto a letto, allora.” Non appena finì la
frase si pentì di averla
iniziata. “Sherlock non-”
“Non ti preoccupare John, va bene. Non
appena lo troverò - perché ci puoi giurare che lo
troverò – lo potrai
ringraziare. Dopo di che gli pianterò un proiettile nel
cuore.” Osservò con
leggerezza. Dopo che l’esplosione in piscina aveva reso
zoppia di John meno
psicosomatica e decisamente più reale - e più
permanente-, ogni volta che si
parlava di Moriarty Sherlock si irrigidiva e poi faceva
un’osservazione del
genere come se stesse parlando del tempo. Lestrade aveva preso la sua
prima
minaccia di omicidio come una delle tante stranezze del detective, ma
John
sapeva che lo avrebbe fatto. E se, da una parte, prima si sentiva
lusingato che
la sua incolumità potesse smuovere il razionalissimo
Sherlock, fino a fargli
pensare una cosa del genere, ora ne aveva paura.
Lui era quello che aveva quasi preso
una pillola che sarebbe potuta essere avvelenata, solo
perché un serial killer
aveva sfidato la sua intelligenza; non poteva - voleva - immaginarsi
cosa
avrebbe fatto a colui che lo aveva quasi privato del suo blogger.
Il dottore scosse la testa, tentando
di cambiare argomento “avanti, fammi vedere questa meraviglia
che mi permetterà
di starti alle costole”.
Sherlock fece una smorfia e tirò fuori
da una busta - era entrato con una busta? - un elegante bastone in
legno. John
sgranò gli occhi.
“Io dovrei andare in giro con un
bastone di legno?!”
“Di legno serpente, per
essere precisi.”
“E’ da vecchi!”
“E’ elegante. E si abbina con i tutti
i tuoi maglioni”
“Che ne vuoi sapere tu di
abbinamenti?” Chiese diffidente; gli prese il bastone dalle
mani, guardandolo
scettico. Ora John si spiegava l’entusiasmo iniziale del suo
compagno,
decisamente poco adatta a qualcuno che era andato a fare la spesa. Non
se aveva
dovuto aver a che fare con quelle diaboliche macchinette, almeno.
Sherlock sembrava deluso dalla sua
reazione “se non lo vuoi lo riporto indietro.”
“Io…no. Mi ha solo sorpreso. Dove
l’hai trovato?” Lo soppesò con una mano,
era piuttosto pesante ma non più di
quello che usava prima di conoscere il suo coinquilino; probabilmente
sarebbe
stata solo una questione di abitudine.
“Da un antiquario che mi doveva un
favore, ho smascherato il nipote che gli rubava periodicamente
qualcosa. Rivendeva
tutto a scuola per avere i soldi per le sigarette. Avrebbe potuto
accorgersene
da solo visto l’odore di cui era impregnato il ragazzo e i
segni sulle dita.
Oltre al fatto che controllava sempre le liste di arrivo dello
zio.”
John sbuffò esasperato.
“Sherlock, ti imploro. Sono stato piò
o meno
quattro ore ad ascoltare la signora Hudson che mi ripeteva quanto non
fosse appropriato
il tuo comportamento, come stessi, se la gamba mi facesse male e che
fuori
piove. Non posso reggere anche la storia delle tue brillanti
deduzioni.”
“Come desideri” disse troppo
arrendevole. “A
quanto pare questo bastone apparteneva a un medico militare del
diciannovesimo
secolo. Mi sembrava adatto.”
“Se ti sei scomodato tanto… sapevi che
non te lo avrei fatto riportare indietro?”
“Ovviamente John, o non mi sarei
nemmeno proposto di farlo. Tenta di evitare di appoggiarti sulla
braccio sinistro.”
“Perché sta piovendo?”
“E’ evidente che stia piovendo, sta
cadendo dell’acqua dal cielo. Non farmi dire
ovvietà per favore, odio sentirmi
come Anderson.” Rispose con una nota di insofferenza. John
dovette reprimere
una risata; nonostante non potesse che biasimare Sherlock per quella
sua
pungente ironia che, a volte, sfociava nella maleducazione, non poteva
nemmeno
negare l’evidente divertimento che ne traeva.
John provò ad alzarsi tre volte -
imprecando in modo ben poco garbato - prima che il suo compagno si
decidesse ad
aiutarlo. Sherlock serrò la mascella, evitando di guardare
la gamba
innaturalmente rigida di John, e per la prima volta si astenne dal
commentare
qualcosa.
“Ecco perché mi piace
averti intorno
in questi casi, non ti allarmi al primo lamento, non ti precipiti ad
aiutarmi e
non mi chiedi come sto.” Disse appoggiandosi al braccio di
Sherlock e provando
a sostare il peso sul suo nuovo, elegantissimo,
bastone.
“So come ti senti, mi basta guardare
come ti muovi, so se i lamenti sono sintomo di una cosa talmente grave
da
dovermene preoccupare e, in modo assoluto, so quando ti arrendi
all’evidenza
che ti serve aiuto”
“E come faresti? No, non voglio
saperlo” Si appuntò mentalmente di perdere quella
brutta abitudine di chiedere
sempre quali ragionamenti ci fossero dietro alle più
elementari deduzioni di
Sherlock. “Piuttosto dimmi che ne hai fatto delle tre ore
rimanenti dopo
l’acquisto del mio elegantissimo
bastone.”
“Non te lo dirò”.
“Sei andato da Mycroft?”
“Non ho intenzione di parlarne, non
risponderò alla tua domanda, non voglio dirtelo. Posso
continuare, sai?”
Gli aprì la porta in tempo per sentire
la signora Hudson, la padrona di casa e non la cameriera, urlare che il
pranzo
era in tavola. Nonostante John non possedesse l’acume di
Sherlock, né le sue
capacità deduttive, sapeva che era passato dal fratello per
avere informazioni
sui recenti spostamenti di James Moriarty. Sentì
improvvisamente il bisogno di
abbracciarlo e di farsi sostenere mentre uscivano dalla sua - poco
utilizzata -
camera da letto.
Per debolezza si odia un nemico e si
pensa a trarne vendetta; per pigrizia ci si calma e non ci si vendica
affatto.
E John sapeva bene che Sherlock non era pigro. Per nulla.
***
NdA:
1_Il legno serpente è un chiaro
richiamo
al film: scena del ristorante, quando Holmes si prende un bicchiere di
vino in
faccia e rimane impassibile a mangiarsi la sua bistecca. Per questo e
per aver
portato via John a Sherlock, aspetto impaziente la morte violenta di
Mary
Morstan.
2_OOC? Oddio, spero di no D:
3_ Ambientata qualche temo dopo The
Great Game… direi non più di un mese.
4_ “Per debolezza si odia un
nemico e
si pensa a trarne vendetta; per pigrizia ci si calma e non ci si
vendica
affatto”. Citazione di Jean de La Bruyère, I
caratteri, 1688.
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