Un
tanto Atteso e sospirato Bacio al Crepuscolo
Il
sole cala lentamente, dipingendo il cielo cobalto con caldi raggi
dorati, che si riflettono sulle increspature dell'oceano. L'aria
è
fresca per via della brezza marina che, debolmente, soffia sulla
spiaggia sollevando piccoli granelli di sabbia pallida. Inghilterra
sta' seduto lì, e guarda il mare, cercandovi risposte a
domande che tiene sigillate da secoli
nel suo cuore.
Una
mano gli si posa sulla spalla, facendolo sobbalzare, così
tutto quello che può fare è girarsi per capire
chi è
che – oh. Aggrotta la fronte e stringe un po' di sabbia in un
pugno.
«America.»
dice e non sembra troppo contento di vederlo.
«Inghilterra.»
fa l'altro di rimando, piegando le labbra in un debole sorriso. Lo
stesso sorriso traditore – pensa l'inglese – che
anni prima gli
aveva giurato che sarebbero stati per sempre assieme. Menzogne. Erano
sempre state menzogne, del resto. Perché ora è
qui?
«Cosa
ci fai qui?» domanda l'inglese, alzandosi velocemente e
guardando peggio che può l'altro, che ridacchia. Non
c'è
niente da ridere, in verità. America, lo fa solo per
mascherare il nervosismo. «È da molto che,
umh.»
serra le labbra, deglutendo a vuoto. «Che non ci
vediamo.»
«Già-»
esclama Arthur cercando di sembrare infastidito, ma tutto
ciò
che ne esce fuori è un rantolio stridulo. Le sue corde
vocali
– maledette! - rivelano le emozioni del suo cuore. In fondo,
è
un po' felice che l'altro sia tornato, ma non lo vuole ammettere
nemmeno per sbaglio.
«Io,
emh. Arthur, senti, lo so che tu probabilmente mi odi!»
Arthur
si morde il labbro e inarca un sopracciglio, certo
che ti odio, pensa.
Mi
hai abbandonato!
«Ma
io... Avevo bisogno di crescere, avevo bisogno dei miei
spazi!»
c'è una nota di disperazione nella voce dell'americano, che
l'altro non coglie.
«E
che fine hanno fatto ORA i tuoi spazi? Io ho i miei, quindi vedi di
andartene prima che-» e Alfred, semplicemente, non lo lascia
finire. Preme un dito sulle sue labbra e lo guarda seriamente.
L'inglese sente un brivido scorrergli lungo la schiena – non
gli è
mai successo di essere così sensibile al tocco o allo
sguardo
di una persona. Lo fa sentire a disagio, tutto ciò, ed
è
un brusco impatto con la realtà. In genere, gli piace stare
distaccato da tutto ciò che è fisico, emotivo,
vero.
Gli piace pensare di essere al disopra tutto questo, di poter
ragionare sempre con razionalità di ogni situazione, di
essere
immune alle emozioni che, senza controllo, prendono il comando del
suo corpo. Ora invece, è tutto l'incontrario. Non
c'è
coerenza, c'è solo fisicità e il dito di Alfred
premuto
sulle sue labbra – che è così caldo e
ruvido, - e i
suoi occhi celesti che lo guardano con un'intensità tale da
abbatterlo. È
acqua! Acqua pura
pensa
l'inglese e presto
ci
affogherò dentro.
«Io...»
inizia l'americano, ed è impacciato. È strano che
sia
impacciato, perché in genere è sempre
così
sicuro di sé, così fiero di ogni parola che dice
da
risultare addirittura insopportabile. Ora no, però,
è
così – indifeso. Spaurito. Per una volta, ha
davvero paura
di qualcosa.
«Ho
dovuto lasciarti. Insomma- eri il mio fratellone, no? Io... Non
potevo, davvero, non potevo proprio rimanere attaccato alla tua gamba
per tutta la vita!» Per un attimo, l'inglese pensa che
l'altro
più che star cercando di convincere lui, stia cercando di
convincere sé stesso.
«Io
te lo avrei permesso!» ringhia Arthur improvvisamente,
sorprendendosi per l'ira che all'improvviso è venuta a galla
«Non sei mai stato un fastidio, nemmeno per una volta! Mi
piaceva la tua compagnia, eri un bambino adorabile! Ora
guardati-»
disse, squadrandolo con disgusto «Ti vesti come uno
sciattone,
senza un minimo di eleganza! E sei diventato arrogante, si capisce da
come ti sei presentato qui dopo chissà quanti anni a
chiedermi
– Cosa?! Cosa vuoi chiedermi esattamente, Jones?!»
Non
lo ha mai chiamato per cognome prima d'ora. È un passo
indietro, uno grosso, pensa Alfred. Uno così grosso da poter
essere superato solo da un passo in avanti molto più grosso.
L'americano ci pensa per la prima volta, cosa vuoi dell'altro?
Vorrebbe che gli rivolgesse la parola, tanto per cominciare, e che
qualora si incrociassero per caso in un corridoio durante un meet
mondiale, evitasse di ignorarlo come se non l'avesse mai conosciuto.
Vorrebbe anche abbracciarlo, sentire quel corpo caldo così
presente e vivido nei suoi ricordi di bambino contro la sua pelle,
ancora una volta. Vorrebbe sentire l'odore buono dei suoi capelli sul
cuscino e quello buono della sua pelle dall'altra parte del letto.
Lo
realizza per la prima volta. Quello che vuole davvero, infondo,
è
solo Arthur.
Appoggia
entrambe le mani sulle sue guance in modo impacciato e innamorate e
l'inglese lo guarda stranito, incapace di interpretare i suoi
pensieri. «Emh.» dice Alfred, indeciso di come
incominciare il suo discorso. Poi pensa che il discorso è
semplicemente superfluo e posa con dolcezza le labbra su quelle di
Arthur. Serra gli occhi, ma sa perfettamente che quelli dell'inglese
sono sgranati. Sente le mani dell'altro premere contro le sue spalle,
per ribellarsi a quel gesto improvviso, ma Alfred gli impedisce di
staccarsi da quel bacio, tenendolo fermo per i fianchi e spingendo la
lingua con gentilezza contro le labbra del ragazzo. Per un secondo,
queste si schiudono, e l'americano spera che possa signficare
qualcosa di particolare quel gesto, così spinge piano
all'interno della bocca dell'inglese. È dolce, è
intenso e spera che possa durare per sempre. Ci vivrebbe in quelle
labbra, davvero. Ma non ha nemmeno il tempo per pensare una cosa del
genere, che l'altro gli morde da lingua e Alfred geme dal dolore,
staccandosi finalmente dal bacio. L'inglese lo colpisce, poco
gentilmente, su una spalla. È paonazzo, è nervoso
e
molto arrabbiato «BASTARDO!» Strilla «Non
osare mai
più, tu, umh!» e si lecca le labbra, per
asciugarle un
po'. Avvampa, al pensiero che quella saliva è molto
probabilmente di Alfred. Non sa se vuole davvero respingerlo. In
questo momento, non sa davvero nulla. «Cosa significa tutto
questo!»
«Che
ti amo!» dice Alfred, guardandolo con disperazione
«è
che volevo diventare abbastanza forte per proteggerti, e che ora che
lo sono voglio solo stare con te!» Non ha mai pensato
veramente
queste cose, prima di ora, eppure le sente così vere e
sincere
da convincersi che probabilmente è sempre stato
così,
solo che ancora non se n'era mai accorto. «Quindi, per
favore,
non mi respingere!»
Arthur
vorrebbe dire “Non ho bisogno della tua protezione,
idiota!” ma
tutto quello che esce è un «Oh.» e le
sue guance
si fanno così bollenti che vorrebbe sprofondare la testa
nella
sabbia fredda per rinfrescarle un po'. Nel frattempo, le prime stelle
hanno iniziato ad accendersi nel cielo e l'aria si è fatta
un
po' più prepotente.
«Allora?»
chiede Alfred, il suo tono è di nuovo calmo e controllato.
Si
avvicina all'inglese con una lentezza esasperante, in modo da dargli
la possibilità di spingerlo via o allontanarsi nel caso lo
desiderasse. Sono naso contro naso, i loro respiri si mescolano e il
cuore di Arthur sta battendo così velocemente che pensa
potrebbe venirgli un infarto. Ma non gli viene, è tutto
molto
dolce e intenso e inaspettato. Non sa dire cosa sia successo o cosa
stia succedendo ora, perché Arthur non può
più
pensare a niente, a nulla che non siano le labbra di Alfred. Sono
così vicine alle sue che basterebbe piegare un po' la testa
per toccarle. Da quando ha iniziato a desiderarlo in questo modo?
«Penso
di poterti perdonare, in fondo» dice in un sussurro. Alfred
non
dice nulla, sorpreso, e poi scioglie tutta la tensione in un sorriso.
«E adesso baciami, razza di stupido...» sussurra
l'inglese, e l'altro non se lo fa ripetere due volte.
È
la prima volta che scrivo in prima persona, senza contare che non ho
mai scritto una storia su loro due che non sia una AU, e che non sono
certa di aver gestito benissimo i personaggi. Non sono nemmeno certa
che questa abbia un senso, o che sia grammaticalmente corretta. L'ho
scritta ora, in dieci minuti, solo per divertirmi un po'.
Sentire
un vostro parere sarebbe importante, quindi per favore, recensite.
Grazie mille ^__^!
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