Sera

di Ditadinchiostro
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Quella sera non era stata una telefonata come tutte le altre. Lui era nervoso, arrabbiato, in rotta con il mondo intero. Lei era delusa dal silenzio ininterrotto di una giornata, due sms caduti nel vuoto.
Stentano ad ingranare, le parole si riducono a monosillabi.
“Disturbo?”
“No.”
“Sicuro?”
“Sì.”
“Tutto bene?”
“Insomma!”
Poi d’improvviso quella domanda che la lascia completamente a bocca aperta.
“Cosa succederebbe se noi due scappassimo insieme?”
E dopo quella una serie di altre domande.
“Tua madre, ad esempio, cosa direbbe? E lui, come la prenderebbe?”
Lei tenta di minimizzare il significato profondo, quasi pericoloso di quella serie di domande.
“Va beh, se dobbiamo parlare di cose così… cose campate in aria…”
“Campate in aria?”
“Sì.”
“Fino a quando ci rimangono in aria.”
Poi capisce che lui a tutto questo ci pensa e ci rimugina da un po’. Forse sono queste domande la causa della sua insonnia. Forse non dovrebbe minimizzare un bel niente. E quindi inizia da dove lui si è fermato.
“E tua moglie? I tuoi figli? Hai idea del casino che si creerebbe?”
Lui ha perfettamente idea del casino che si creerebbe. Ma non può farci niente. Quello che si era presentato come un gioco aveva finito per ridurlo in quello stato. Sente che deve staccare, altrimenti finirebbe per dire più di quello che ha già detto.
Lì, sospesa nell’aria, l’unica cosa che avrebbe dovuto dirle, ma che alla fine non ha trovato il coraggio di dirle: “Ma tu, con me ci scapperesti?”  





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