Il
giorno successivo Malik ebbe a che fare con altri assassini,
affidò loro compiti che Al Mualim aveva
commissionato tramite lettera.
"Salute e Pace, Fratello." Disse l'ultimo novizio, prima di sparire con
un balzo dal bureau.
Malik ricambiò il saluto.
I raggi del sole entravano in modo strategico nella piccola stanza, in
modo da illuminare il tavolo dove Malik lavorava. Sembrava che il tempo
si fosse fermato. Lui, assassino di tutto rispetto, adesso si trovava a
compilare carte e a rimpiangere la perdita del fratello minore.
Altair non si fece vedere quel mattino. Nè per tutta la
settimana successiva.
Per un attimo, si chiese dove fosse finito. Mise la mano dentro il
cesto della frutta, ma si accorse che era vuoto."Merda."
Imprecò e andò nell'altra stanza con l'intento di
riempirlo. Ma la scorta stava dolorosamente scarseggiando. Non era
rimasto nemmeno un dattero.
"..." Forse mangiare era l'unica occupazione che gli permetteva di far
qualcosa, oltre ad attendere l'arrivo degli assassini che reclamavano
la loro missione oppure facevano rapporto.
Era stanco. Dannatamente stanco.
Tornò nella stanza principale, e si sdraio tra i cuscini di
stoffa pregiata. Con gesti secchi si tolse le scarpe e rimase
là, accoccolato tra i cuscini e i suoi pensieri. Aveva in
mente solo il viso di Kadar. Era passato poco dalla sua morte e non gli
sembrava vero tale avvenimento. Per quanto Al Mualim lo avesse
rincuorato del fatto che era morto per il Credo, non poteva comunque
accettare la sua scomparsa. Era giovane, capace, innocente... Avrebbe
fatto grandi cose, Malik l'avrebbe visto e gli avrebbe augurato buona
fortuna.
Si addormentò, stanco di quella realtà
così dura, stanco di dover accusare ogni giorno quel gran
fardello ad Altair, stanco di tutto...
Dopo un bel pezzo però, una voce lo destò dal suo
sonno.
Due occhi azzurri lo guardavano con notevole sollievo. Malik riconobbe
l'incarnato di colui che lo stava chiamando. Tese una mano, per dare
conferma ai suoi dubbi più atroci. Sul suo viso si
formò una smorfia di dolore, quando si accorse di poter
toccare il viso di suo fratello.
"Kadar!" Singhiozzò Malik, felice di rivedere il volto
innocente che adorava tanto. Kadar sorrise, e ricambiò il
gesto. Anche il giovane posò la mano sulla guancia del
fratello maggiore, ma non gli riuscì.
Kadar fece un "oh" dispiaiuto, mentre Malik assunse un aria veramente
ferita.
"Quanto mi manchi, fratello mio..." Malik non faceva altro che
ripeterlo.
"Anche tu mi manchi Malik. Ma sono qui per un altro motivo, Fratello, e
voglio che tu mi ascolta attentamente." Disse in tono serio.
"Tutto quello che vuoi Kadar, tutto quello che vuoi..."
Sapeva che Malik avrebbe risposto a quel modo, così il
ragazzo dagli occhi azzurri si fece più coraggio.
"Fratello, non è il caso di smetterla?" Domandò
quindi l'A-Sayf più piccolo.
"Smettere di fare cosa?" Disse Malik, tra i singhiozzi. Strinse forte
la mano di quel giovane strappato alla vita e che misteriosamente era
dinnanzi a lui.
"Smettere di punire Altair."
"Cosa dici fratello? E' stata la tua rovina! A costo di non avere un
posto tra i prescelti del buon Dio, io non potrò
mai perdonarlo!" Sbottò Malik. Piegò la testa,
singhiozzando.
"Kadar... Lo odio... E odio me stesso. Sono diventato inutile alla
confraternita. L'unica cosa che posso fare ora è guidare e
vedere altri giovani novizi che rischiano di non tornare mai
più... Ti prego Kadar... Torna a casa... Ritorniamo a quei
giorni di calma e pace."
"Fratello mio, un giorno potremo. Ma non è adesso il tempo.
Per te questo momento sarà un cammino costellato di insidie.
E non puoi attraversarlo da solo. Vedrai che Fratello Altair
avrà la soluzione. E saprà essere il tuo braccio
destro." Disse il giovane. I suoi occhi brillavano di speranza serafina.
Malik si godette quello spettacolo. Sapeva che quella era veramente
l'ultima volta che li poteva osservare.
"Fratello mio..." Invocò ancora Malik. La presa sul fratello
più piccolo si faceva più debole. L'evanescente
figura così com'era apparsa, stava scomparendo dalla mente
dell'uomo.
Così si risvegliò.
Era sera. Il vento gelido come la Morte sfiorò il viso del
moro, portando via con sè anche quello strano sogno.
Ripensò alle parole di Kadar. Erano veritiere? Quanto Altair
avrebbe aiutato l'A-Sayf nel suo cammino per raggiungere un futuro
migliore? Scuotendo la testa e riprendendosi da uno strano
intorpidimento che gli coinvolgeva il corpo, si alzò in
piedi.
Raggiunse il banco, non realizzando però che,
stiracchiandosi, come aveva fatto prima, gli aveva provocato un dolore
là dove mancava il braccio. Portò l'unica mano a
quello che rimaneva del suo arto, stringendo più forte che
poteva. Il caldo lo avvolse, mirò alla testa in men che non
si dica. Stava per svenire. O morire, il dolore era così
potente da fargli pensare che nulla l'avrebbe trattenuto nel non farlo.
Prima di cadere di peso sul pavimento, qualcuno prontamente lo
afferrò. Delle braccia forti lo tenevano sospeso a mezz'aria
e una voce (che aveva qualcosa di familiare) lo esortava a non
arrendersi.
Ma poco dopo, non sentì più nulla. Solo il buio.
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