Compagnia da gay bar

di Rota
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Cap. 9







Holy Diver
You've been down too long in the midnight sea
Oh what's becoming of me(5)





Alfred si alza dalla propria sedia, incapace di rimanere immobile un secondo di più.
Sa che è inutile – che Gilbert l’ha fatto non più di dieci minuti prima – ma non può trattenersi dall’avvicinare di nuovo quel poliziotto che così malamente li sta tutti squadrando, chiedendo informazioni. Ma benché non abbia niente tra i denti, le parole che pronuncia risultano lo stesso incomprensibili, borbottate come sono e strascicate in un sussurro appena accennato.
Gli fanno male le gambe, non hanno smesso di tremare neanche un istante dal momento in cui ha visto – perché è riuscito, nonostante sia stato solo un secondo – il braccio di Ivan in aria, con il bastone stretto tra le dita. Poi la mente si è chiusa a ogni evidenza, rifiutandosi di accettare persino ciò a cui stava assistendo. È stato Francis a riportarlo alla realtà, quando l’ha spinto in macchina per portarlo di gran corsa al commissariato.
All’improvviso, gli nasce da dentro il desiderio di scusarsi con Ivan. Forse perché è lontano e forse perché lo sente per la prima volta davvero irraggiungibile, ma si aggrappa con tutte le proprie forze alle braccia del poliziotto e lo scuote, con una vena di pura disperazione nella voce.
-Fatemi parlare con Ivan! Fatemi parlare con lui! Devo dirgli una cosa!-
Vuole insultarlo, picchiarlo selvaggiamente perché è stato un cretino. Vuole ridere di nuovo con lui facendo ancora una volta finta che non sia successo nulla, che tutto quello è uno scherzo.
Lo vuole vedere ridere, vuole provocare il riso in lui – è sempre stato questo, il suo compito, d’altra parte.
Ma il poliziotto si arrabbia e gli intima minaccioso di tornare al suo posto, che sennò dovrà portare in cella anche lui perché si dia una sana calmata e torni a ragionare. E per un attimo ad Alfred pare anche una buona idea, magari così lo riesce a vedere, magari la cella sarà in parte alla sua e quindi gli può parlare.
Sente però Francis prenderlo per le braccia, e allora si volta a guardarlo con i residui di quella sciocca speranza: lui gli sorride, ma è morto nello sguardo.
Alfred ancora muove la testa, dal poliziotto all’amico e viceversa, ma l’uno minaccia e l’altro è rassegnato: non c’è illusione da nessuna delle due parti.
Con il senso di colpa nel cuore che lo opprime, più forte di prima, si lascia guidare al proprio posto e si deposita lì, senza dire una sola parola.
Si sente impotente, un microscopico essere incapace, esattamente come lo hanno sempre descritto i maligni che non comprendevano la sua grandiosità da super- uomo. Credere anche solo per un istante che avessero ragione fa bruciare gli occhi per l’umiliazione.
A questo punto, Alfred si prende il viso tra le mani e comincia a piangere, il più silenziosamente possibile.
Chissà se Yao avrebbe reagito in maniera diversa a tutto quello…



(5)Holy Diver, Dio




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