Dedicata a elfin emrys, aleinad ed elyxyz che hanno
commentato la mia ultima storia! E a tutti coloro che lasciano sempre
scritto cosa pensano o mi aggiungono tra i preferiti!Fatevi sentire
così posso dirvi che vi adoro! Siete la mia ispirazione!!xD
Note: Ecco una storia dai toni
più allegri, come promesso!
Il film 'Ladyhawke' è uno dei miei preferiti!! L'idea della
storia mi è venuta da lì, anche se alla fine
c'entra ben
poco!xD
Il nome Cadmon invece,
mi
è rimasto
impresso da una fic inglese su Merlin molto bella, mi piaceva come nome
per un cavaliere così l'ho utilizzato qui, i personaggi
comunque
non c'entrano nulla con quella storia!:P
La storia partecipa al Contest
'una storia per una canzone' indetto da Parsifal62 su Efp!
Terzo
posto all'Avril
Lavigne Contest indetto su Efp da Adamantina!
Ladyhawke 1/2
Sospirando Merlin chiuse l'ennesimo libro inutile della biblioteca
reale, Geoffrey iniziava a guardarlo storto dal suo angolo ricoperto di
vecchie pergamene.
Era quasi una candela che se ne stava seduto a quel tavolo, circondato
da rotoli e volumi di ogni genere. Tutti quei fogli e nemmeno uno che
contenesse ciò che cercava.
Dicevano tutti le stesse cose: rapace,
cacciatore di piccoli animali, carnivoro, grandi ali, vista acuta.
Tutte cose già risapute.
Non c'era niente sul pedinare servi innocenti? Sul fissarli con aria
minacciosa? Su aquile possedute da potenti stregoni malvagi?
Insomma, non poteva essere capitato solo a lui, no? No?
Con un gemito, Merlin lasciò cadere la testa contro il
tavolo, dal suo angolo Geoffrey si schiarì la gola seccato.
Inutile, non c'era niente che gli spiegasse cosa stava accadendo.
Forse aveva ragione Arthur, stava impazzendo.
Era possibile.
Forse tutte quelle minacce magiche, tutti i pericoli e le battaglie,
l'orribile era dell'alleanza tra Morgana e Morgause, l'avevano
stressato.
Gli facevano vedere minacce ovunque... Andiamo, chi poteva essere
perseguitato da un'aquila?
Era ridicolo!
Certo era un’aquila enorme, con tondi occhi gialli ed un
becco
piuttosto appuntito. Per non parlare degli artigli, solo a pensarci
tremava. Ma era pur sempre un'aquila,
un rapace.
Non poteva davvero
progettare di ucciderlo lentamente e dolorosamente come credeva. Era
assurdo.
E, ovviamente, era tutta colpa di Arthur. Come sempre del resto.
Se non fosse stato per la stupida battuta di caccia di due settimane
prima, Avril sarebbe stata solo una grossa minaccia da cui tenersi
distante, ma no, il principe aveva deciso di rallegrare la giornata,
come diceva lui.
Non importava che facesse freddo e che molti dei soliti cavalieri che
lo accompagnavano fossero di pattuglia, no.
Arthur doveva per forza uccidere qualcosa, anche se l'intero universo
lo avvertiva di non farlo. Anche a costo di radunare un paio di
cavalieri semi-sconosciuti ed irritanti.
Anche a costo di portarsi dietro Sir
Cadmon.
Personalmente, Merlin non aveva niente contro sir Cadmon.
Per essere un nobile, il cavaliere era piuttosto riservato, gentile,
ben educato.
Inoltre nessuno poteva negare che fosse anche molto affascinante, un
po’ più alto del principe, con occhi grigi come un
cielo
in tempesta e corti capelli castani a incorniciare un viso dai tratti
molto squadrati.
Nei suoi quattro anni a Camelot, però, Merlin non gli
aveva mai rivolto una parola e sinceramente, non aveva alcun
desiderio di farlo.
Questo perché per quanto fosse forte, fedele o coraggioso,
Sir Cadmon era anche piuttosto... bizzarro.
Per non dire completamente fuori di testa.
A partire dalle sue abitudini notturne.
Quell'uomo non dormiva mai.
I servi non facevano che raccontare di averlo visto vagare per il
castello o in cortile agli orari più improbabili e i suoi
continui ritardi agli allenamenti del mattino sembravano confermare le
loro storie. Così come il suo frequente dormire fino a tardi
senza nemmeno presentarsi a detti allenamenti, cosa che faceva
infuriare il principe ogni volta.
In quelle occasioni, Arthur mandava qualche nuova recluta a chiamarlo.
In genere, Cadmon arrivava poco dopo, con l'aria assonnata ed un paio
di enormi occhiaie nere sotto agli occhi grigi, pronto ad ascoltare con
aria vacua la lunga ramanzina sul senso del dovere del principe.
E quella non era nemmeno la parte peggiore.
Fosse stato solo per quello il mago gli avrebbe eretto un monumento.
Chiunque irritasse Arthur in quel modo ne meritava uno.
Il vero problema di sir Cadmon era il suo animaletto da compagnia.
Un’aquila di nome Avril.
Il cavaliere se la portava dappertutto, appollaiata sulla spalla,
pronta a colpire chiunque arrecasse offesa al suo padrone. E lui le
accarezzava la testa, sussurrandole racconti e guardandola come se...
per quanto fosse pazzesco pensarlo, se quello non era amore Merlin non
era un mago.
Non importava quanto ridesse Arthur al pensiero di un cavaliere
innamorato di un uccello.
Il problema, a parere di Merlin, non era che amasse o meno un rapace
capace di uccidere un uomo, ma il fatto che se la portasse in giro come
se fosse normale.
Ma a Sir Cadmon, che la trattava al pari di una principessa, sembravano
non importare simili sciocchezze.
Le legava grandi nastri colorati intorno al collo e le
parlava in fretta, come se potesse capirlo.
Quando la chiamava, il grande rapace emetteva piccoli versi striduli,
quasi volesse rispondergli e piegava la piccola testa piumata
fissandolo coi suoi enormi occhi, beccandogli le dita con affetto,
senza ferirlo.
Tutti a Camelot conoscevano Avril e nessuno osava avvicinarla per paura
delle conseguenze. Si narrava che, una volta, un servo avesse cercato
di farle mangiare un topo e si fosse ritrovato senza un dito.
La cosa peggiore era che, secondo le voci, il cavaliere aveva sgridato
il servo per averla molestata.
In molti dicevano che era una storia troppo assurda per essere vera,
che era ovviamente inventata, ciononostante, nessuno osava avvicinarsi
ad Avril e visto che Cadmon era sempre con lei, anche lui finiva col
non essere molto popolare.
D’altronde, l'orribile rapace lo teneva in pugno. Avril era
molto
possessiva e chiaramente gelosa, l'ultima volta che Cadmon aveva
mostrato dell'interesse per una dama accettandone il favore, la nobile
in questione si era ritrovata con la faccia ricoperta di feci d'aquila
e aveva pianto per tutto il giorno.
Gaius poteva alzare il suo stupido sopracciglio quanto voleva, ma Avril
aveva chiaramente riso in quell'occasione, una risata davvero malvagia.
Perfino Uther aveva timore dell'enorme rapace. Aveva vietato a Cadmon
di portarlo con sé nella sala del trono e come biasimarlo?
L'ultima volta che c'era stata, il mantello del re ne era uscito
decisamente sconfitto... e puzzolente.
Per i suddetti ragionevoli motivi, quando Arthur lo aveva cortesemente
informato di chi si sarebbe unito alla caccia del giorno, Merlin aveva
cercato di convincerlo in tutti i modi che non era una buona idea, ma
ovviamente il principe non l'aveva ascoltato.
E di fronte ai suoi più che fondati dubbi sulla
normalità
di Cadmon, aveva osato rispondergli che era lui l'idiota, lui!
Di certo doveva aspettarselo, Arthur era un asino in fondo, un
bell'asino forse, ma pur sempre un asino.
Il suo unico pensiero era riuscire a specchiarsi nella sua armatura o
nei suoi stivali, figuriamoci se si preoccupava di non farsi cavare gli
occhi da un orribile mostro coperto di piume e dagli enormi artigli. Tipico.
Così, poche ore dopo, si era ritrovato nel bel mezzo della
foresta, sotterrato dal peso delle armi del principe e pochi passi
dietro a Sir Strambo
come aveva deciso di soprannominarlo, almeno nella propria mente.
Se non altro, Avril non era con loro. Poco prima, l'aquila si era
innalzata in volo con un grido, sparendo oltre le fronde degli alberi.
Per un attimo Merlin aveva temuto di vederla scendere in picchiata su
di loro trattandoli come piccoli roditori, ma Cadmon sembrava sereno e
Arthur non aveva detto niente, perciò ne aveva dedotto che
fosse
tutto normale. O almeno nel mondo dell'uomo
che sussurrava alle aquile.
I suoi macabri pensieri erano stati interrotti dal principe che aveva
fatto cenno agli altri di restare in silenzio.
Arthur si era inginocchiato lentamente facendo cenno agli altri di
dividersi.
Senza esitazione, i cavalieri avevano seguito i suoi ordini, impugnando
lance e balestre.
«Merlin, la lancia!» gli aveva sibilato il principe
guardandolo piuttosto seccato, come se avesse dovuto prevedere
quell'ordine. A volte era davvero insopportabile.
Con un sospiro, il servo si era morso la lingua per non rispondergli a
dovere e gli aveva passato l'arma in questione, facendola quasi cadere
a terra, sotto le occhiatacce del principe.
Non fosse stato per il cervo, che al momento si abbeverava al fiume,
probabilmente gli avrebbe gridato contro per un bel pezzo.
In muta concentrazione, Arthur aveva preso la mira, a quella distanza
un errore era quasi impossibile per lui, aveva pensato Merlin con
dispiacere.
Il cervo era davvero bello, con dolci occhi neri e il manto soffice e
lucido.
Davvero non capiva cosa ci fosse di tanto divertente nell'uccidere
creature così perfette.
Un attimo dopo, la freccia era scoccata, Merlin aveva chiuso gli occhi
e poco distante, Cadmon era saltato in piedi gridando
«Sire!»
Gli altri cavalieri si erano voltati a guardarlo confusi, chiedendosi
dove fosse la minaccia.
Perfino Merlin si era guardato alle spalle un po' preoccupato.
«No!» aveva continuato il cavaliere, ignaro o
completamente
indifferente alla confusione che stava portando tra i suoi compagni.
Per un attimo, guardandolo correre verso la carcassa del cervo, Merlin
aveva creduto che fosse un'altra delle sue stranezze, paura delle
frecce magari.
Soddisfatto, aveva guardato verso il principe, pronto a sussurrargli Ve l'avevo detto, ma
Arthur gli aveva gettato uno sguardo che diceva Ho ancora una balestra, non
azzardarti a dirlo, e si era avvicinato con cautela al suo
cavaliere.
«Sir Cadmon? Cosa succede?»
«Avril!» aveva esclamato il cavaliere senza nemmeno
ascoltarlo.
Nel frattempo Merlin, che aveva seguito Arthur per impedire che finisse
ucciso come al solito, si era ritrovato a fissare stupito e vagamente
dispiaciuto il corpo di Avril riverso a terra, con gli occhi gialli
semiaperti e il respiro affannoso.
La freccia di Arthur le aveva trapassato il petto.
Il principe aveva trattenuto il fiato, come se lo avessero colpito.
Certo non poteva biasimarlo.
Perfino lui, che di certo non era mai stato un fan del rapace, non le
avrebbe mai augurato di morire in quel modo.
Incapace di trovare le parole giuste, il principe si era schiarito la
voce dondolandosi nervosamente da un piede all’altro, Merlin
si
era sentito in pena anche per lui.
«Sir Cadmon, io... non l'ho vista arrivare» si era
scusato.
«Non è colpa vostra» aveva mormorato il
cavaliere, la voce stranamente rotta.
Per un istante, il mago aveva creduto che sarebbe scoppiato in lacrime
davanti a tutti e si era sentito un verme per tutte le cose che aveva
pensato di lui... e di Avril.
«Devo portarla dal medico di corte» aveva
continuato a dire come in trance.
Merlin aveva sbattuto le palpebre, convinto di non aver sentito bene.
Gaius sapeva curare gli animali? Da quando?
E comunque a guardarla... Avril non sarebbe mai sopravvissuta, per
quanto brutto fosse pensarlo. Quella freccia gli aveva trapassato il
petto da parte a parte.
«Sir Cadmon, so che è difficile...»
aveva detto
Arthur con aria incerta, probabilmente pronto ad esprimere i pensieri
del mago.
Merlin aveva sperato profondamente che non avesse intenzione di
esprimere i propri
pensieri. Arthur non era certo adatto a confortare qualcuno.
«Lui la salverà» lo aveva interrotto il
cavaliere in tono deciso. Un tono che non concedeva repliche.
Merlin si era sentito profondamente triste per lui.
Al contrario, Arthur era sembrato sul punto di dirgli che era un idiota
a disperarsi per un uccello già quasi morto. La sua
ritrovata
sensibilità già svanita nel nulla, ma un discreto
pizzicotto sul fianco da parte di Merlin e un'occhiata torva, lo
avevano subito distolto dai suoi intenti troppo sinceri e diretti.
«Ah... beh... certo...»
aveva invece sputato a stento «Certo, torniamo
indietro»
aveva ordinato facendo cenno con la testa a Sir Leon di non dire niente.
Quel viaggio era già stato abbastanza assurdo
così, in fondo.
I cavalieri erano quindi rimontati a cavallo e Arthur aveva comunicato
silenziosamente a Merlin quanto quella storia gli sarebbe venuta a
costare dopo. Quella notte in tutta probabilità.
La faccia di Gaius non era stata meglio.
Il suo sopracciglio era quasi schizzato via dalla fronte quando Cadmon
aveva adagiato Avril sul suo tavolo dicendogli che era ferita.
Per qualche strana ragione, il medico aveva fissato Merlin come
dandogli la colpa di tutto. Per una volta che non aveva fatto nulla.
Tuttavia, di fronte alla voce arrochita, il viso pallido e gli occhi
ovviamente disperati e arrossati di sir Cadmon, nessun uomo avrebbe
osato dire di no. Meno di tutti il povero Gaius che, con tutta la
dignità di cui solo lui era capace, aveva ordinato al
cavaliere
di fargli dare un’occhiata alla ferita di Avril e aveva
cacciato
tutti dalla stanza.
Tutti tranne Merlin.
«Vorresti spiegarmi perché la vita con te non
è mai
noiosa?» gli aveva chiesto con aria esasperata, mettendosi ad
esaminare il corpo esanime del rapace.
«Non ho fatto niente stavolta...» si era difeso il
ragazzo sentendosi insultato.
Il medico non aveva risposto, tamponando la ferita con un panno.
«Tienila ferma, dobbiamo estrarre la freccia» gli
aveva ordinato in tono brusco.
Il mago aveva stretto le mani sul corpo piumato dell’animale,
trovandolo stranamente soffice sotto le dita, diversamente da come
avrebbe immaginato.
«Pensate di poterla davvero aiutare?» aveva chiesto
guardandolo estrarre la freccia con un colpo secco.
Avril aveva spalancato il becco emettendo un basso grido strozzato,
tanto simile ad un gemito, da fargli venire la pelle d’oca.
Con
delicatezza, Gaius aveva allora disinfettato e tamponato la ferita
cercando di fermare l’emorragia. L’espressione sul
suo viso
grave e preoccupata.
«E' un'aquila, non credo che abbia la forza o la
volontà
necessaria per superare questo... e di certo io non ho le conoscenze
per riuscire a curarla in modo adeguato. Non l'ho mai fatto prima
d'ora» aveva scosso la testa con rammarico.
«Perciò… morirà?»
aveva chiesto in un
sussurro, sentendosi a disagio solo nel pronunciare la parola. Era
strano come il pensiero all'improvviso gli fosse sembrato del tutto
inaccettabile.
«Non lo so» aveva sospirato l'anziano
«Possiamo solo sperare».
Merlin era rimasto in silenzio, guardandolo ricucire la ferita come
l'aveva visto fare milioni di volte sui cavalieri.
«Se usassi la magia?» aveva bisbigliato quasi
soprappensiero «Forse potrei aiutarla».
«Per farti uccidere? Non essere sciocco Merlin» lo
aveva
sgridato di rimando Gaius «Non credi che Cadmon
s’insospettirebbe? O Arthur?»
«Non curerei tutta la ferita. Potrei solo
aiutarla… a
superare la notte» aveva spiegato il mago di getto,
incespicando
nelle parole mentre l’idea si faceva sempre più
ferma
nella sua mente.
Poteva aiutarla. Lo sapeva. E per qualche ragione era come se la sua
stessa magia lo stesse implorando di farlo.
Il medico lo aveva osservato esasperato «Merlin...»
aveva
cominciato in tono di rimprovero, ma il mago lo aveva interrotto sul
nascere «Avete visto Cadmon? Se Avril muore la
prenderà
male, molto male».
«Com’è normale che sia Merlin. A nessuno
piace
perdere qualcuno o qualcosa che si ama, ma questo non significa che tu
debba...»
«C'è di più Gaius, la sua reazione...
voi non
l'avete visto. Il modo in cui è corso qui, in cui la teneva,
sembrava impazzito, disperato! Non è solo
un’aquila per
lui!»
«Ancora questa storia?» aveva sospirato il medico
scuotendo
il capo «Merlin, ti ho già detto che simili voci
sono…»
«E' così vi dico, non so cosa ci sia sotto, ma so
che non
devo permettere che muoia... è una sensazione. Fidatevi di
me,
Gaius».
Nella breve lotta di sguardi che era seguita, il mago aveva supplicato
silenziosamente il suo tutore di capirlo, di accettare
l’ennesimo
rischio che avrebbe corso per aiutare qualcuno.
Alla fine era stato Gaius ad arrendersi ed annuire «Cerca di
non farti scoprire» aveva brontolato in tono burbero.
Con un sorriso, il mago era corso nella sua stanza per recuperare il
libro di magia dal suo nascondiglio.
Era stato facile trovare ciò che cercava, ormai conosceva
quel libro da copertina a copertina.
Era usare gli incantesimi nel modo giusto il vero problema.
Con un respiro profondo, Merlin aveva teso la mano verso l'aquila
ricoperta di sangue e mormorato le parole ormai tanto familiari.
Aveva dovuto ripeterle tre volte prima che il respiro di Avril si
facesse più ritmico e i suoi lamenti cessassero. La ferita
era
stata ancora piuttosto profonda, ma non mortale. O così
aveva
sperato.
Sentendosi stanco e prosciugato, aveva guardato verso Gaius per
conferma, il medico si era chinato subito sul rapace per controllarne
il respiro «Credo abbia funzionato» aveva decretato
poco
dopo «Almeno per adesso».
Merlin aveva sospirato con sollievo lasciandosi cadere su uno sgabello.
L'aveva stupito l’infinita gioia che quelle parole gli
avevano
procurato e quando Cadmon si era seduto accanto alla sua aquila
guardandola dormire, si era sentito estremamente soddisfatto di se
stesso.
Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma era certo di aver
preso la decisione giusta.
«Pensate ancora che non sia strano?» aveva poi
sussurrato a
Gaius quando, tre giorni dopo, aveva decretato che l’aquila
poteva tornare nelle stanze del cavaliere.
In quel periodo il medico aveva avuto tempo per studiare il rapace, il
modo in cui se ne restava tranquillamente sdraiata in una coperta o
rannicchiata tra le mani del cavaliere.
Aveva avuto tre giorni per guardare il cavaliere parlare con la sua
aquila come fosse la sua donna. Dormire al suo fianco, accarezzarle le
ali, portarle nastri e fiori, ma Gaius si era limitato a scuotere le
spalle.
«Non so davvero che dire Merlin, Avril è la sua
aquila,
è normale che gli sia affezionato anche se… forse
in
entrambi c’è qualcosa di poco chiaro, ma io non ne
farei
parola con nessuno se fossi in te. Come sai Uther non approva stranezze
di nessun tipo. Specie quelle che ai suoi occhi possono somigliare a
magia».
«Magia? Credete che Cadmon sia uno stregone?» aveva
chiesto
sedendosi a mangiare, l’idea che Avril potesse essere magica
stranamente non gli era nemmeno passata per la mente. Eppure avrebbe
spiegato ogni cosa.
«Io non credo nulla, posso solo dire di aver visto animali di
ogni specie nella mia vita e nessuno di loro si è mai
comportato
come quell’aquila» aveva risposto
l’anziano con aria
vagamente preoccupata.
Il mago aveva annuito pensieroso, ripromettendosi di tenere un occhio
su entrambi, sebbene l’idea di spiare o seguire il rapace non
fosse proprio nella sua lista di cose preferite, ma alla fine ogni suo
proposito si era rivelato superfluo.
Pochi giorni dopo ‘l’incidente’,
com’era ormai chiamato da tutti, sir Cadmon era tornato ad
essere costantemente accompagnato dalla sua amica.
Se qualcuno aveva notato la fin troppo veloce guarigione del rapace non
aveva detto nulla, per gran sollievo di Merlin che si era
però
ritrovato con problemi ben più gravi.
Un rapace che sembrava seguirlo dappertutto, ad esempio.
All’inizio aveva creduto di essere paranoico, ma dopo giorni
e giorni non poteva più negarlo, Avril lo seguiva.
Sapeva bene di suonare pazzo, ma era così.
Quando puliva le stalle, l’aquila lo fissava da una sella.
Quando attendeva agli allenamenti di Arthur, Avril lo fissava. E
avrebbe giurato di averla vista sul davanzale della finestra mentre
lucidava gli stivali del principe.
Quest’ultimo, di fronte alle sue preoccupazioni, si era
limitato
a ridere di gusto ordinandogli di smettere di bere il suo vino.
E c’era la questione di Cadmon ovviamente.
Il cavaliere con cui non aveva mai neppure scambiato una parola, adesso
non faceva altro che… studiarlo.
Questa era la parola esatta.
Lo fissava tutto il tempo, seguendone le mosse come se in attesa di
chissà che cosa.
Era davvero inquietante.
Non capiva cosa avesse fatto di male per essere fissato in modo
così minaccioso da entrambi. Li aveva salvati in fondo
eppure
sembrava che stessero complottando qualcosa di terribile nei suoi
confronti.
«Merlin, giusto?» il mago era così
avvolto nei suoi
pensieri che sobbalzò, facendo cadere la coppa
d’acqua da
cui beveva da diversi minuti senza accorgersi che era già
vuota.
Quel giorno il sole picchiava sul cortile e starsene a guardare Arthur
picchiare i suoi cavalieri non era certo appagante, ma era sempre
meglio che spalare feci nelle stalle.
Quello che non si aspettava era di ritrovarsi faccia a faccia con un
cavaliere.
Il cavaliere.
Sir Cadmon in persona.
«Ho bisogno di parlare con te, se hai un minuto»
più
che una richiesta, il suo tono di voce faceva pensare ad un ordine e la
serietà con cui lo pronunciò fece desistere il
servo da
ogni tentativo di scusarsi con qualche impegno o mansione urgente.
«Si tratta di ciò che è accaduto nel
bosco, con
Avril…» s’interruppe guardandolo come se
da quelle
poche parole Merlin dovesse dedurre l’esatta ragione di
quella
conversazione.
Il mago ovviamente non aveva idea di dove volesse arrivare.
L’altro dovette intuirlo dal suo sguardo piuttosto perso,
perché si avvicinò a lui fino ad entrare nel suo
spazio
vitale e abbassò la voce ad uno strano tono di cospirazione
«So di quello…» cominciò a
dire, ma
l’arrivo improvviso del principe lo interruppe.
«Sir Cadmon, non eravate di guardia?»
Arthur indossava la sua armatura. Nonostante il caldo aveva passato
tutta la mattina ad addestrare un gruppo di nuove reclute per
aumentarne la forza di resistenza, o ucciderli, il servo non era ancora
sicuro, e adesso osservava entrambi col viso imbronciato e vagamente
confuso.
«Sì sire, stavo giusto andando» si
giustificò in
fretta Cadmon gettando un’occhiata verso Merlin,
probabilmente
con lo scopo di farlo rimanere in silenzio, ma dato che il mago non
aveva neppure capito perché era stato fermato, non aveva
molto
di cui preoccuparsi.
«Muovetevi allora» gli ordinò Arthur
continuando a fissarlo irritato.
Cadmon chinò la testa in saluto e se ne andò,
Merlin lo
vide scoccargli un’ultima occhiata indecisa, come se volesse
chiedergli qualcosa, ma fu solo un attimo prima che si voltasse e
andasse via.
Pochi passi dopo, con un grido, Avril atterrò sulle sue
spalle
chinando il becco verso il suo orecchio, come se dovesse bisbigliargli
qualche segreto.
«Cosa voleva?»
Arthur si finse disinteressato riempiendosi una coppa d’acqua
fresca, ma il suo tono era piuttosto seccato.
«Non ne ho idea» mormorò Merlin
«Siete arrivato prima che me lo dicesse».
Il principe non rispose, ma continuò a fissare il punto in
cui Cadmon era sparito con aria pensosa.
«Vieni nelle mie stanze stanotte»
mormorò, dopo aver bevuto a sufficienza, chinando il viso
verso il suo.
Merlin sorrise «A cosa devo questo onore?»
In tutta risposta il principe sbuffò «Al fatto
che, a
quanto pare, hai sempre bisogno di un invito scritto per
farlo».
«Non vorrei mai presumere troppo e superare i limiti della
vostra
immensa generosità» si giustificò il
servo con un
sorriso.
«Merlin,
hai letto il manuale del buon servo ultimamente?»
«Devo pur trovarmi qualcosa da fare quando non intrattengo
voi» gli passò la mazza ferrata ammiccando.
Arthur la prese stringendogli le dita più a lungo del
necessario
e fissandolo dritto negli occhi «Stasera Merlin. E mi aspetto
che
tu mi intrattenga
a
dovere» lo tirò verso di sé,
sfiorandogli le labbra
con le proprie, una breve carezza che lasciò Merlin senza
fiato.
Il mago si guardò attorno preoccupato, in genere stavano
molto
più attenti a non farsi vedere. Qualcosa gli diceva che
Uther
non avrebbe apprezzato l'idea di suo figlio con un servo, un maschio
per di più.
«Come desiderate sire» rispose dopo essersi
assicurato che non ci fosse nessuno nei paraggi.
Il principe sorrise prima di tornare ad allenarsi e Merlin
desiderò ardentemente che le ore potessero passare
più in
fretta.
Tbc...
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