edsid
Lo so, ho già due
storie in corso...Ma la tentazione per questa terza fanfic è
stata troppo grande, ed eccomi qui! Spero che possa piacervi...Il
titolo è ripreso dalla canzone degli Skunk Anansie "My ugly
boy"...Buona lettura, ci sentiamo alla fine del capitolo!
My Ugly Boy
Capitolo 1
"Ed ovviamente, dovremo decidere la facoltà che frequenterai, Isabella."
Alle otto del mattino mia madre era in grado di risultare più
ciarliera ed impegnata che in tutto il resto della giornata.
La invidiavo enormemente, io che a malapena riuscivo a biascicare due parole al tavolo della colazione.
Di tanto in tanto immergevo il cucchiaio nella ciotola con i
cornflakes, scavando delle piccole buche dove lasciavo scorrere il
latte, ed imprecavo mentalmente sull'insolita notte in bianco appena
trascorsa. Avrei evitato quel giorno di andare a scuola molto
volentieri per recuperare il sonno perduto, ma tant'è: mia madre
mi aveva buttata giù dal letto con il suo solito fare energico,
quello che non ammetteva repliche.
C'era poco da fare, avrei dovuto
obbedirle.
"Isabella? Mi stai ascoltando?"
"Uh?" - Sollevai gli occhi verso di lei, continuando a tenermi la testa
con la mano destra. Avevo davvero un gran sonno ed il capo mi
ciondolava a mo' di marionetta.
"Bella! Mio Dio, datti una svegliata!"
"Lasciala in pace, Renèe..." - Mio padre emerse comicamente dal
quotidiano che teneva piegato davanti a sè. Non pensavo si fosse
davvero interessato delle nostre chiacchiere: almeno a colazione era
sempre molto assorbito dalle sue letture. - "Non vedi che è
stanca? Non tormentarla con questi dubbi inutili sul college. Quando
sarà il momento ci penseremo!"
"Charlie! Non dovresti darle man forte così platealmente!"
- Ovviamente mia madre detestava l'idea di essere contraddetta davanti alla
prole: aveva le guance in fiamme mentre riproverava mio padre per la
leggerezza mostrata nel mettere in discussione la su autorità
genitoriale - " Bella dimentica troppo spesso i suoi doveri. Sai quanto
sia importante la questione università ma nostra figlia non
trova mai un minuto per discuterne con noi! Se non ne approfittiamo
quando siamo riuniti tutti quanti per la colazione, dimmi tu quando!"
"...Quando Bella avrà un'aria più sveglia ed attenta,
ovviamente. E cerca di essere meno ansiosa, Renèe: nostra figlia
ha la testa sulle spalle...Non per nulla è una Swan!" - Mi
strizzò l'occhio ed io sorrisi. Poi aggiunse, guardandomi:
"Che c'è, Bella? Non hai dormito?"
"Per niente, papà." - Spiegai - "Quel maledetto gatto di Tom
Dawson non ha fatto altro che lamentarsi tutta la notte...Tenevo la
finestra aperta per il gran caldo ed il suo miagolio mi ha esasperato
per ore...Dannazione, credo sia in calore!"
"Bella! Che razza di termini usi?!" - Urlò mia madre
profondamente imbarazzata. E turbata. Il mio linguaggio cominciava a
diventare troppo audace per lei, donna di chiesa e dalla solida morale.
Una vera figlia del Puritanesimo, suppongo.
"Che significa in calore?"
La vocina dolcissima di mia sorella mi indusse a voltarmi in direzione della porta d'ingresso.
La piccola Elisabeth se ne stava in piedi, scalza ed assonnata,
stropicciandosi gli occhi e tenendo per un orecchio il suo orsacchiotto
preferito. Le sorrisi prontamente e tesi le braccia alla seconda
responsabile della mia notte in bianco.
"Non significa nulla, Beth. Assolutamente nulla. Ma devi giurarmi che
non ripeterai mai questa frase davanti a nessuno!" - Mia madre corse a
tapparle le orecchie ed io finii con l'alzare gli occhi al Cielo,
esausta già di primo mattino.
"Mamma, per favore. Sei paranoica."
"Beth ripete tutto ciò che sente....Dovresti fare più attenzione! Ed usare un linguaggio appropriato!"
"Ok, ok. Scusami. Possiamo finirla qui adesso però? Per piacere..."
Mi guardò severa e tornò ad accomodarsi lentamente
al tavolo della colazione cercando di trascinare con sè Beth.
Che di tutta risposta corse tra le mie braccia.
L'accoccolai sul mio petto, teneramente, e lei accomodò il bel faccino nell'incavo del mio collo.
"Ancora in pigiama, piccola?"
"Oggi non andrà a scuola, Charlie...Ha avuto la febbre
stanotte." - Mormorò mia madre. - "Mi pare che adesso sia fresca
ma è meglio lasciarla a casa. E, Beth...per piacere. Sei stai a
piedi nudi ti raffredderai di più."
"La mamma ha ragione...stavolta!" - La sentii sorridere sulla mia spalla.
"Allora è per questo che la nostra Bella non ha dormito!"
"Più o meno. Quando il gatto di Tom ha smesso con i suoi
miagolii un'altra micetta è venuta a richiedere un po' di
coccole nel mio letto. Aveva davvero un febbrone e mi sono occupata di
lei fino a poche ore fa."
"Vorrei una ciambellina..." - Pigolò allora la mia piccola stringendo
una ciocca dei miei capelli tra le sue mani. Mister Chuck, l'orsacchiotto,
rovinò sul pavimento e Beth non si curò - misteriosamente
- di salvarlo: la febbre l'aveva davvero depredata di qualsiasi energia.
"Beth, nessuna ciambellina. Hai bisogno di rimetterti in forze: uova e pancetta sono l'unico rimedio. Coraggio."
Mamma spinse il piatto fumante davanti al visetto inorridito della mia
sorellina. Dubitavo che dopo una notte di febbre così alta ed
insistente qualunque bambina
avesse gradito dei piatti così pesante. Inoltre, Beth tollerava
poco il salato: preferiva, di norma, dolci e cioccolato ossia quelle
"porcherie" che mia madre disdegnava apertamente giacché le ricordavano
troppo i pessimi gusti, in campo alimentare, che avevano gli americani,
popolo dal quale traeva origine la mia famiglia paterna.
Mia madre pensava, in quanto inglese, di avere più "stile" sotto questo punto di vista.
"Mamma, credo si tratti di un pasto eccessivo per una bambina ammalata.
Lasciale mangiare le ciambelline che le piacciono tanto: le ho
preparate ieri, ce n'è ancora una gran quantità."
"Bella, io invece credo che sia davvero ora di pensare a te stessa ed
andare a scuola. Farai tardi. Beth, coraggio: vieni in braccio da mamma
e vediamo di mangiare queste benedette uova."
Sospirai lasciando la mia povera sorellina tra le braccia di mia madre:
sapevo che sarebbe stato inutile insistere. Beth mi guardò con
occhi supplichevoli ed immaginai volesse portare avanti a tutti i costi
la sua compagna contro le uova del mattino. Ma anche in questo caso
sapevo che non sarebbe servito a nulla: mamma gliele avrebbe fatto
ingurgitare utilizzando qualsiasi voglia espediente. Con un cenno di
diniego mi alzai dal tavolo guardando a mia volta papà che
faceva spallucce accarezzando la piccola schiena di mia sorella.
"D'accordo. Ci vediamo nel pomeriggio, allora. Ciao Beth."
Lasciai un bacio sulla fronte morbida di mia sorella. Mi madre mi
guardò un istante prima di lasciarmi andare via: "Mi raccomando
per il compito di storia. E non credere che il nostro discorso sia
finito, ne parleremo quando tornerai."
"Se sarò ancora viva.."
- Mormorai tra me e me chiudendo nervosamente la porta alle mie spalle.
Stirai la gonna della mia divisa con il palmo della mano e mi avviai
verso scuola velocemente.
La Queen Elizabeth High School era una prestigiosa scuola superiore
privata e sorgeva all'incrocio tra la Queen's Gate e la Cromwell Road,
nel quartiere di Kensigton. Un quartiere ricco abitato soprattutto da
medici di fama internazionale, avvocati importanti e diplomatici.
Mio padre rientrava in quest'ultima categoria, poichè prestava
servizio stabilmente come dipendente dell'ambasciata americana a
Londra.
E proprio a Londra si era conosciuti lui e mia madre, quasi vent'anni
prima: approfittando di un momento libero dal lavoro in ambasciata,
Charlie - mio padre - aveva deciso di fare una lunga e rilassante
passeggiata ad Hyde Park, il parco più famoso della
città. E qui si era imbattuto nella giovane Renèe Watson
- il cognome la diceva lunga sulla sua discendenza inglese - che
portava a spasso un cagnolino irrequieto.
Cagnolino che, con molta delicatezza, aveva deciso di far pipì
proprio sui pantaloni buoni di papà. A nulla erano servite le
scuse di un'imbarazzata Renèe e non perchè il danno fatto
fosse stato giudicato irreparabile, tutt'altro: mio padre aveva
già perdonato lei ed il suo cagnolino dispettoso prima ancora
che mia madre avesse potuto aprir bocca, folgorato dalla bellezza
disarmante e dagli occhioni grandi e verdi di quella ragazzina inglese
Era tutto merito di Ronny, quindi, se mia madre e mio padre si sono
conosciuti. Se avevano deciso di sposarsi, prendere casa proprio di
fronte ai cancelli di Hyde Park ed avere due bambine. O meglio, una
bambina e mezza giacchè io avevo ormai passato da un pezzo il
periodo dell'infanzia.
Avevo diciassette anni ormai, mi avviavo ai diciotto. E mi avviavo,
inoltre, a conseguire con ottimi voti il diploma, preparandomi ad una
brillante carriera universitaria, proprio come voleva la prassi per i
figli dei borghesi più ricchi: nelle famiglie come le nostre
anche le donne avevano diritto a studiare e farsi una posizione.
Davvero tutto questo era merito di Ronny. Già. Mamma ancora ne
piangeva l'assenza: Ronny era morto cinque anni prima di vecchiaia e
Renèe, a pensarci, ancora non se ne dava pace.
"Bella!! Ma che diamine fai, stai dormendo??"
Sobbalzai. Persa com'ero nei miei pensieri quell'irruzione vocale mi aveva fatto quasi prendere un colpo.
Mi voltai di scatto, fulminando con gli occhi la causa del mio mancato infarto.
"Angela!"
Angela Weber. La mia migliore amica, ovviamente.
Se ne stava a mezzo metro da me, la bella divisa verde tirata a lucido
ed i capelli acconciati in un ordinato chignon sulla nuca.
Impeccabile come suo solito.
"Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere?!"
"T'ho chiamato almeno una decina di volte" - Mi accusò
puntandomi l'indice addosso. - "Non mi hai filata manco di striscio. In
compenso però l'intera Cromwell Road mi ha guardato con aria
disgustata."
Me la immaginai gridare il mio nome lungo tutto il tragitto mentre i
passanti la guardavano con aria severa: gli inglesi sono un popolo
molto silenzioso ma Angela doveva essere l'eccezione che conferma la
regola. Non smetteva mai di chiacchierare a voce alta. Se non fosse
stata la figlia di un famoso notaio della zona credo che mamma
l'avrebbe sbattuta volentieri fuori casa già da diverso tempo.
Mi venne da ridere.
"Scusami. Ero sovrappensiero. Beth ha avuto la febbre alta stanotte e
non ho chiuso occhio. E poi mia madre mi sta torturando con quella
questione sul College. Comincia a diventare pesante."
Angela rise, affiancandomi. Riprendemmo il nostro tragitto: l'edificio scolastico, ormai, non era molto distante.
"Sai che novità, soprattutto questa storia del college. Tua
madre è sempre stata pesante, Bells. Non capisco davvero come
tuo padre, da buon americano, possa tollerarla così facilmente."
"Non è detto che ci riesca facilmente. E poi papà, ormai,
è più inglese che americano." - Le strizzai l'occhio.
"E comunque dovresti smettere di fare da mamma a Beth. E' tua sorella
non tua figlia. Lascia che se ne occupi tua madre e pensa a dormire. E
ad ascoltare David Bowie, ovviamente...We can be Heroes, just for one day " - Canticchiò a mezza voce. Non l'avrei mai recuperata dal suo amore smodato verso quell'uomo.
"Preferisco un altro genere di musica, non me ne avere a male. E comunque...Devo curarmi di Beth. Vuoi che la lasci da sola nelle grinfie di mia madre?"
"Grinfie...Quanto sei esagerata, tesoro! Dopotutto ha cresciuto anche
te e mi pare tu sia venuta su abbastanza bene...E comunque...Un altro
genere di musica....parli di quei drogati dei Sex Pistols? Dio Buono
Bella, hai capito che di certo non esistono più?? Dopo quel che
ha combinato il tuo amico Sid durante il tour americano penso che
dovrai dire ciao ciao all'intero gruppo!"
Diedi un calcio leggere al polpaccio di Angela e con una smorfia le
intimai di entrai a scuola. Le nostre baruffe in campo musicale erano
all'ordine del giorno e le trovavo divertenti.
Se solo mia madre avesse saputo che ascoltavo un gruppo che incitava
all'anarchia ed alla ribellione giovanile, un gruppo che disdegnava Sua
Maestà la Regina e nel quale il bassista era imbottito di
eroina e praticava l'autolesionismo, mi avrebbe seppellita viva con le
sue stesse mani. Per lei, gente come questa era il diavolo.
Renèe era convinta che ascoltassi la musica classica e che il
mio compositore prediletto fosse Mozart. Era felice ed orgogliosa dei
miei gusti in campo musicale ed andava vantandosi in giro con le sue
amiche puritane della figlia modello che aveva messo al mondo.
Non aveva neanche la minima idea che tenessi Nevermind the Bollocks sotto il letto: le sarebbe preso un colpo.
Ovviamente questo genere di cose non accadeva solo in casa Swan.
Non ero certo un caso unico, io: tutti i bravi e composti studenti
della Queen Elizabeth High School, infatti, nascondevano con
nonchalance una torbida vita segreta. E dietro la faccia da bravi
ragazzi mostravano un animo da ribelli impenitenti.
Le dolci e composte studentesse degli ultimi anni uscivano ogni giorno
di scuola e, sotto la severa divisa verde oliva dell'istituto,
sfoggiavano minigonne e stivali alti sino al ginocchio: gli studenti in
giacca e cravatta scompigliavano l'ordinata chioma ed andavano a far
baldoria nei locali e nei pub di Camden Town fino all'ora di cena
allorchè i genitori rincasavano dalla loro faticosa giornata di
lavoro. Solo allora indossavano tutti nuovamente la maschera
da bravi ragazzi di famiglia religiosa e tornavano a leggere Dickens
nel salotto di casa sino al giorno successivo.
Davvero una grande generazione di attori, la nostra!
Angela mi diede un pizzicotto, guardandomi con aria nervosa: l'ultima
campanella stava suonando e dovevo sbrigarmi. Se fossi arrivata in
ritardo avrei cominciato la giornata con l'ennesima ramanzina,
giacché la direttrice pretendeva che le regole della scuola
fossero rispettate con puntualità ed attenzione.
Cosìcchè avanzai più rapidamente.
Io ed Angela raggiungemmo quindi facilmente la nostra classe, e
finalmente riuscimmo ad accomodarci al nostro banco comune, il primo
sulla sinistra dal lato della grande finestra che dava sul giardino.
Fortunatamente Miss Winson non aveva ancora fatto il suo ingresso in
aula per cui ci fu abbastanza tempo a nostra disposizione per
riprendere fiato e dare un'occhiata veloce ai capelli: Angela portava
sempre con sè uno specchietto e spesso ne usufruivo anche io.
"Ehy...siete fighe ragazze, smettetela di rimirarvi." - Ci
punzecchiò Oliver, seduto a poca distanza dal nostro banco.
Figlio di un medico chirurgo, il giovane Oliver Morris portava i
capelli un po' lunghi, alla Paul McCartney e la cravatta a righe
indossata alla bell'e meglio. Sua madre, amica intima di Renèe,
non faceva altro che disperarsi per questi piccoli, insignificanti
particolari e mia madre, molte volte, mi aveva intimato di tenermi
lontana da lui. Pensava che frequentarlo mi avrebbe deviata.
"Fottiti, Ol.."
"Sempre carina tu, eh americana?"
"Devo ribadire il concetto?" - Sputai mentre Angela rideva. E tuttavia
non potei proseguire giacché Miss Winson, insegnante di scienze,
fece il suo ingresso in aula con aria impettita, rivolgendoci un "Buongiorno"
tutt'altro che garbato, come al solito. Mal tollerava la sua nuova
generazione di studenti, ovviamente, e non mancava mai occasione per
ricordarcelo. Era dal 1968 che si disperava per la nuova,
rivoluzionaria ed insopportabile gioventù con la quale era
costretta a convivere nelle aule di quella scuola privata e mostrava
continuamente il suo risentimento senza mai preoccuparsi di recarci
noia o dispiacere. Specie durante le interrogazioni.
Sospirai, lanciando un'ultima, superba occhiata ad Oliver che rispose
con un sorrisetto ed infine mi apprestai ad aprire il libro di testo.
Una gran rottura, per intenderci. Non avevo certo voglia di studiare:
sognavo il mio letto, in quel momento, e non m'interessava certo di
approfondire i metodi riproduttivi asessuati dei batteri.
Dopo mezz'ora dall'inizio della lezione un foglietto ripiegato volò sulla pagina del mio libro.
Alzai gli occhi sorpresa e mi voltai nella direzione dalla quale era
arrivata la piccola sorpresa: trovai un Oliver ammiccante che,
sorridendo, m'invitava a leggere il suo messaggio.
"Certo che ci prova in tutti i modi, eh..." - Constatò Angela
fingendo di ripetere l'ultima frase dell'insengnante tanto per dar
prova di aver studiato.
Alzai le spalle aprendo la pagina che Oliver aveva strappato dal retro del suo quaderno.
"Oggi provo con il mio gruppo. Ti va di venire ad ascoltarci? Potremmo suonare anche God save the queen. Pensaci"
"Angela...?" - Bisbigliai sorpresa, voltandomi verso la mia amica - "Da quando Oliver ha un gruppo?"
"Ah, non lo sai? Pare che abbia una voce prodigiosa. Almeno è questo quel che si dice..."
"Sì, che sappia cantare questo lo so già. Da bambino faceva parte del coro della chiesa..."
"Ah, pensa te...che fortuna!"
"Smettila e rispondimi...! Da quando ha un gruppo?"
"Ma non lo so. Da un po'. Pare che suoni con quel disadattato del fratello di Alice Cullen."
La Winson ci passò accanto. Finsi di essere concentrata sulla
spiegazione ed attesi che si allontanasse di qualche passo prima di
ricominciare a parlare.
"Chi diamine è Alice Cullen, Angela?"
"Come chi è? Non te la ricordi? Fa parte di quel gruppetto di
cinque - sei disperati che si accolla ogni anno il nostro liceo..."
"Quelli che stanno a semiconvitto?"
"Esatto! E' incredibile quanto l'intero collegio docenti ed il
consiglio dei genitori ami prostrarsi in opere benefiche...Comunque sia
Alice è quella carina, col caschetto nero anni '50...Molto
demodè..In ogni caso sta in classe con Miss Carson. Hai
presente?"
Alice. Caschetto nero. Poco alla moda. Molto carina.
Forse sì, forse avevo compreso di chi stesse parlando Angela.
"Quella bassa che viene ogni mattina da Brixton?"
"Visto che la conosci anche tu?"
Alice era una ragazza dall'aspetto modesto ma curato e l'espressione
distaccata. Stava sempre per conto suo, ovviamente: nessuno, in quella
scuola, avrebbe dato corda ad una che veniva da un così
malfamato quartiere. E, a dirla tutta, temevo che anche lei non avesse
troppe ragioni per desiderare di avere a che fare con un branco di
ragazzi viziati della Londra bene, abituata com'era alla
praticità - a dirla in maniera delicata - del luogo dove
abitava.
Alice - e, come lei, altri cinque, sei studenti della Queen Elizabeth -
era stata ammessa al nostro prestigioso liceo in seguito ad un'opera
benefica messa in atto dal nostro istituto e volta a dare la
possibilità, anche ai giovani più diseredati, di poter
conseguire un diploma, assicurandosi un futuro migliore.
In particolare, la giovane Cullen, era stata scelta dopo la
segnalazione pervenuta dal direttore della precedente scuola da lei
frequentata nel quartiere di Brixton, dove si era distinta per gli
ottimi voti e la creatività in campo artistico. Per quel che
sapessi io era un'eccellente studentessa e quest'evidenza mandava su
tutte le furie molti genitori i cui pargoli frequentavano la Queen
Elizabeth con scarsi risultati. Ma ovviamente, questo non era il mio
caso.
"Alice Cullen ha un fratello musicista?"
"Un disadattato fratello musicista, vorrai dire. Credo che fino ad un
paio d'anni fa andasse ancora in giro a rapinare vecchiette con suo
padre."
"Prego??"
Ero davvero sorpresa.
"Perchè, non lo sai? Il padre di Alice è morto durante
una rapina. Un commerciante a cui stava sbancando la cassa ha tirato
fuori la pistola e l'ha messo a terra. Pare che Edward partecipasse
volentieri all'attività paterna. Edward è il fratello di
Alice, ovviamente. Se l'è cavata soltanto perchè in
quell'occasione non era presente."
"Ma che razza di famiglia..." - Sussurrai.
"Famiglia? Quale famiglia? Ci sono solo Alice e sua madre Esme che tira
avanti la baracca lavorando come cameriera. Edward è un
nullafacente, ovviamente. Tuttavia ha fama di essere davvero un
bel ragazzo ed un dongiovanni. Comunque...non ricordi quanto scalpore
suscitò l'ammissione di Alice, a suo tempo? Nessuno tra i membri
del consiglio desiderava che un tale elemento frequentasse i bravi
ragazzi della Queen Elizabeth. E tuttavia il buon cuore alla fine ha
prevalso. Anche se quella poverina nessuno se la fila."
Cercai di figurarmi davanti ai miei occhi il bellissimo fratello di
Alice Cullen ma davvero avevo ben pochi elementi a mia disposizione.
Era bruno come sua sorella? O più chiaro? Alto? Di che colore
erano i suoi occhi?
Difatti l'unico elemento a mia disposizione era che si trattava di un musicista. Maledetto, per giunta.
Perchè diamine mi veniva così facilmente in mente Sid Vicious?
La curiosità era troppa. Afferrai velocemente la matita dal mio
astuccio e scarabocchiai, senza pensarci un minuto di più, una
risposta sul foglietto lanciatomi da Oliver.
"Dimmi dove ed a che ora."
Approfittai di un momento di distrazione di Miss Winson e glielo
lanciai; l'osservai mentre la sua espressione si tramutava ed un
sorriso luminoso si dipingeva sulle sue labbra.
La risposta non tardò ad arrivare.
"Brixton Road. Alle cinque. Puoi venirci con me direttamente dopo scuola."
"Ma che fai?" - Si allarmò Angela leggendo la discussione sul foglio - "Andrai davvero con quello sfigato di Oliver?!"
Sorrisi a malapena, già troppo entusiasta del pomeriggio che mi attendeva.
"Sì, ci vado. E tu verrai con me."
*
Allora....Qualche nota per capirci meglio:
1)"Nevermid the Bollocks, here's the Sex Pistols" è il primo ed ultimo album in studio dei Sex Pistols...L'ho comprato proprio pochi giorni fa! :)
2)Quando Angela prende in giro Bella,
ricordandole la "brutta fine" fatta dai Sex Pistols durante il tour
americano fa riferimento agli avvenimenti di cui fu protagonista Sid
Vicious, bassista del gruppo, allorchè durante il Febbraio del
1978 fu ricoverato a Menphis per droga. Successivamente, durante alcuni
concerti, lo stesso Sid ebbe degli scontri fisici piuttosto violenti
con diversi fans e Johnny Rotten, il cantante del gruppo, espresse il
proprio disappunto e risentimento riguardo a tali episodi al termine di
una delle date del tour. I Sex Pistols si sono sciolti sul finire del
1979.
3)Le strade che ho elencato in questo
primo capitolo esistono davvero a Londra. A Queen's Gate c'è
l'ostello dove ho alloggiato questa primavera! :) Si tratta di una zona
molto chic dove, effettivamente, è presente un numero molto alto
di ambasciate ma non quella americana che si trova ad Oxford Street.
Credo di avervi detto tutto. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto...Al prossimo aggiornamento!
Un bacio
Matisse.
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