Panta Rei

di Nanix
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Panta rei

 
L’ultima volta che ho visto mia madre avevo 10 anni ed il mondo era ancora un posto fantastico.
Pioveva, il cielo era coperto da nuvole minacciose e ricordo perfettamente che piangevo come un disperato, era terrorizzato dal temporale.
Mia madre urlava, e mio padre imprecava contro di lei.
Io credevo d’essere un uomo, invece da codardo mi sono nascosto nel ripostiglio. Se ci penso mi faccio schifo.
Più mia madre urlava e gli chiedeva di smettere di picchiarla, più lui urlava ed alzava le mani per farle del male. Io non vedevo nulla ma sentivo.
Ho sempre cercato in tutti i modi possibili e immaginabili d’essere il figlio perfetto, bravo a scuola, alla domenica mattina andavo in Chiesa e facevo perfino il chirichetto, al pomeriggio aiutavo il parrocco in alcune commissioni.
Ovunque andassi mi adoravano, bello, buono e gentile.
Per quale dannato motivo quel figlio di puttana di mio padre diceva a mia madre che ero una rovina come figlio? Per quale ragione non provava per una dannatissima volta ad amarmi?
Mia madre mi difendeva. Sempre.
Mio padre, dopo quasi un ora e mezza apre la porta dello sgabuzzino. Lo osservai con gli occhi spalancati pieni di terrore. Nei suoi occhi lessi un odio che non mi era nuovo e tra le mani una vecchia cintura logora e macchiata di sangue. Deglutisco a fatica e tento invano di non piangere.
Le sue grosse mani mi afferrano per i capelli costringendomi ad alzarmi e guardare mia madre distesa a terra in un lago di sangue mentre vedo che a fatica respira.
Ho paura.
Tremo e vorrei scappare, ma non posso lasciare mia madre sola e agonizzante, riesco a liberarmi da quella morsa d’acciaio che non sono altro che le mani di quel lurido uomo di mio padre.
So esattamente dove andare, e anche lui sa quello che ho intenzione di fare. Apro il cassetto del mobile in salotto e prendo la pistola. È carica, mia madre l’ha caricata tempo fa in caso d’emergenza.
E dire che questa è un’emergenza.
L’impugno con entrambe le mani, mi sento ancora più piccolo con quel diabolico aggeggio. Lui mi osserva e ride. Si avvicina lento facendo schioccare la cinghia tra le mani, sento i lamenti lontani di mia madre.
Alla fine un tuono e mio padre si accascia a terra.
Il temporale è passato.


Autrice:
Il testo è stato scritto di getto, e onestamente non sò bene cosa ne verrà fuori, però voglio provare ad andare avanti.
Per ora non so ancora nulla, nemmeno i personaggi o i luoghi. 
Speriamo bene^^
Lasciate una vostra traccia mi farebbe piacere.




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