Dad
N.d.T.: questa volta è
toccato a Dad di Rizzle, un'autrice australiana piuttosto famosa e
prolifica che in passato ha scritto anche sotto il nome di Neuri.
Potete trovare la versione originale su Fanfiction.net e Skyhawke. Esiste anche un sequel/prequel (leggendo si capisce perchè) che è ancora incompiuto, Tempting the fates.
Per chi sta seguendo Uncoffined sono già a metà del quinto capitolo, quindi nel giro di pochi giorni dovrebbe essere pronto.
Buona lettura,
LuxLucis
Dad
Mio padre è un po’ strano.
Okay, è molto
strano, ma gli voglio un gran bene e penso sia divertente che le mie
amiche – che hanno innalzato la ‘risatina di gruppo’
ad una forma d’arte – si ammutoliscano del tutto quando mi
viene a prendere alla stazione dei treni alla fine dell’anno.
Non si sente volare una mosca.
A dire la
verità la mia migliore amica, Sarah-Anne Weasley, ha rovistato
in vecchi ritagli di giornale che suo padre aveva conservato durante
gli anni per vedere com’era mio papà ai tempi della scuola.
L’opinione generale è stata che mia padre era, ed è tutt’ora, davvero notevole.
Lo so da quando
avevo, ehm, circa sei anni, penso. Fin dal giorno in cui, dalla
panetteria del villaggio, la signora Mullins era passata per
consegnarci il nostro cestino del pane settimanale e aveva lasciato
cadere per terra due baguette e una dozzina di panini di segale quando
papà aveva aperto la porta vestito solo con i pantaloni del
pigiama e con la testa piena di capelli scompigliati.
All’epoca non
avevo capito dove fosse il problema. Per me, era Papà. E’
biondo, certo. Un sacco di persone sono bionde. E’ alto. E
quindi? Ha gli occhi di un colore strano ed era abbastanza forte da
mettermi sulle sue spalle con un braccio solo.
Non mi era venuto in
mente che se si fa un passo indietro e si mettono insieme tutte queste
cose, ti viene fuori l’essere-un-bel-tipo. E’ mio
papà e io semplicemente non lo vedo in quella luce.
Povero Papi. Quella
sera a cena si è mangiato il suo pane e non ho sentito una sola
parola di lamentela mentre lo guardavo togliere la polvere e Dio solo
sa cos’altro dal suo pane imburrato.
Non gli assomiglio
molto, nonostante siamo come due gocce d’acqua. Questo non vuol
dire che sono brutta. Tutt’altro. Mi è stato detto da
varie fonti che ho quel tipo di bellezza che cresce con il tempo.
“Come le
muffe” ha detto William Merrit-Zabini durante il nostro secondo
anno, ma solo perché ho strappato lo scadente biglietto di San
Valentino che mi aveva dato.
Ho ereditato il
colore degli occhi di mio padre, che è una bella cosa, ma in un
certo senso non è lo stesso. Papà ha tutta una storia
dietro ai suoi occhi; non sono solo color argento, sono color argento e
in più tragedia.
Se avete visto quel
tipo di colore, vi sarete accorti che vi fa smettere di fare quello che
state facendo per guardare un po’ più a lungo, fino a che
venite scoperti a fissare oppure vi ricordate di conoscere le buone
maniere.
Papà dice che
i suoi occhi sono così a causa di quello che ha visto e che ha
fatto e che devo solo ringraziare la mia buona stella che i miei, di
occhi, siano senza passato. Queste affermazioni sono seguite di solito
da un lunghissimo sermone che comincia con ‘ai miei tempi’.
Sono
dell’opinione che nessuno sotto i quaranta dovrebbe mai
cominciare una frase con quelle tre parole, ma si sa com’è
mio papà. E’ testardo. Mi ci vuole un certo impegno per
non alzare gli occhi al cielo quando è in uno di quei momenti,
ma gli voglio davvero bene e non può fare niente di sbagliato.
I Malfoy non hanno
poca storia alle loro spalle, lasciatemelo dire. Non si arriva alla mia
età senza rendersi conto di questo. Ricevo due tipi di occhiate
quando qualcuno mi chiede il nome e io rispondo che termina con Malfoy:
le persone mi guardano dall’alto in basso, diventano nervose
oppure se sono molto, molto maleducate cominciano ad elencare nomi.
Nomi di persone morte, suppongo; morte a causa di mio padre.
Sono la migliore
della mia classe in storia della magia e so tutto sulla guerra. So che
entrambi gli schieramenti hanno fatto cose atroci, ma il passato
è passato.
Conserviamo quello
di cui abbiamo bisogno, impariamo dai nostri errori e andiamo avanti.
È il mio motto. Mi rendo conto che è più difficile
per la generazione prima della mia accettarlo e adattarsi, ma non
è veramente un mio problema, o no?
Credo sia
un’altra cosa che devo a mio papà, la mia abilità
nel fregarmene di quello che gli altri pensano. Ovviamente questo gli
si addice, dato che è un dannato eremita che non esce quasi mai
da casa sua. Io, d’altro canto, sono una normale ragazza
sedicenne, con degli amici, una gran quantità di ammiratori, un
pony di nome Dapples e lunghi capelli castani che stanno benissimo
raccolti.
Ho delle
necessità sociali e Papà deve seriamente capire che
questa sua reclusione autoimposta dal resto della comunità non
è salutare per sua figlia adolescente.
Ci sto lavorando,
comunque. Non c’è mai stato un problema che non siamo
stati in grado di risolvere quando ci mettiamo insieme. Questo
l’ho ereditato da mia mamma.
Mia mamma è
morta quando avevo circa tre anni. Papà in nessuna circostanza
parlerà mai di lei, l’argomento è taboo. Far
menzione del suo nome porta ad una malcelata depressione che può
essere guarita solo con delle moine o con dolci davvero molto buoni.
Mio papà
adora i dolci e sono molto golosa anch’io. Il soprannome che mi
dava quando ero più piccola era ‘Pasticcino’, a
quanto pare mamma di solito mi chiamava così.
Gli ho proibito di
chiamarmi con quel nome in pubblico, l’ha fatto solamente una
volta ma l’ho perdonato perché c’era presente solo
Zio Piton.
E tutto il mondo sa che quel tipo è in grado di mantenere un segreto.
A Papà fanno
piacere le visite di Zio Piton (che tra l’altro mi porta sempre
dei libri fantastici), ma quando va via si butta un po’
giù di morale. Ogni tanto, quando mio padre torna stanco da una
giornata di duro lavoro dopo aver guadagnato un altro trilione di
galeoni da aggiungere alla mia eredità, lo sorprendo salire per
le scale in camera sua con lo sguardo perso nei ricordi.
Apparentemente Papà non si intristisce o piange, non si arrabbia
nemmeno, il che è incredibile visto che so essere molto, molto
perseverante.
No davvero, non c’è niente che io possa fare per farlo uscire dai gangheri, ho smesso di provarci.
Non mi credete?
C’è
stata una volta in cui io e Sarah-Anne avevamo deciso di essere
abbastanza grandi per tentare una Smaterializzazione non autorizzata,
nonostante avessimo quattordici anni e la nostra unica fonte di
informazioni pratiche sull’incantesimo fosse quello che avevamo
ricavato dai libri e da Saffron Godfreys del settimo anno che, come
abbiamo scoperto più tardi, era stata bocciata all’esame
per otto volte.
Ho quasi rischiato
di morire. Di fatto, io e Sarah-Anne ci siamo trovate in un campo di
granturco a tre miglia da Hogwarts senza un paio di braccia (io) e sei
dita dei piedi (Sarah-Anne). Suo padre non era molto contento. Ha
persino avuto da dire con mio papà, ma non che questo sia
qualcosa fuori dal normale.
Quindi Papi mi
è venuto a recuperare al San Mungo, freddo come il ghiaccio. Si
è informato del perché e del percome delle mie braccia
mancanti e quando sono state riattaccate dai Medimaghi senza intoppi mi
ha riportato a casa senza una parola.
Mi ha detto una sola cosa nel tragitto di ritorno, comunque.
“Tua madre sarebbe stata molto delusa.”
È stato
tremendo. Mi sono sentita un essere umano orribile per averlo fatto
angosciare tanto da parlare di lei. Ma comunque, tecnicamente, non era
ancora arrabbiato, il che costituisce tutto il punto della faccenda.
Vedete? L’avevo detto che era strano.
Non mi ricordo molto
di mia mamma, mi ricordo più della sua presenza che del suo
viso, la sensazione di lei che mi tiene stretta tra le braccia o che mi
sussurra, cose di questo genere. Ovviamente so bene che era
un’eroina di guerra, una buona amica di Harry ‘Idiota
Quattrocchi’ Potter (il soprannome di mio papà per lui,
non il mio) e il fatto che lei e papà si odiavano a morte. Non
si potevano vedere, nel modo più assoluto.
Vi state
probabilmente chiedendo da dove io venga fuori. Come hanno fanno due
persone che si sono lanciati addosso maledizioni, coltelli, insulti e
attrezzature scolastiche ad andare d’accordo abbastanza a lungo
per mettere al mondo un bambino?
È una domanda a cui nemmeno mio papà credo sappia rispondere.
Ho sentito che una
volta mia mamma lo ha addirittura schiaffeggiato, anche se penso che
questo sia più una leggenda che la verità. Dovrò
chiederlo a Sarah-Anne. Suo padre, Ronald, è un po’ tonto,
ma sa un sacco di cose.
Non si sono
mai sposati, i miei genitori, ma ho la sensazione che Papà fosse
sul punto di chiederglielo quando mia mamma è morta
improvvisamente. Sarebbe stato un matrimonio davvero movimentato!
Avrebbero dovuto pagare un premio di assicurazione spropositato per
tutte le suppellettili della loro casa.
Ho cercato in lungo
e in largo per il maniero le prove che Papà aveva comprato un
anello di fidanzamento, ma non sono riuscita a trovare niente. Il
nostro ri-acquisito elfo domestico, Dobby, non dirà niente in
qualsiasi caso. Gli è stato fatto giurare di
mantenere il segreto, stupida creatura.
Nell’aspetto ho preso da mia mamma.
Ho gli stessi ricci
capelli castani, lo stesso mento, la stessa tonalità di pelle e
la stessa struttura fisica. Sono abbastanza contenta di non essere
pallida come mio papà, mi piace stare al sole e non mi va
l’idea di carbonizzarmi ogni volta che vado in giro per negozi a
prendermi una gazzosa.
Comunque il suo
pallore, a Papà, dona; è come uno di quei personaggi
gotici, tragici e romantici di cui si legge nei romanzi Babbani
dell’800, uno di quelli che si struggono in manieri monumentali e
diventano scontrosi e pronti al duello dopo qualche brandy.
Non direi
però che Papà sia romantico, è un completo pesce
morto quando si tratta di donne. Penso che Mamma lo abbia rovinato per
tutte le altre. Ha avuto solo una ‘amica’ che è
venuto a trovarlo in tutti gli anni in cui sono stata al mondo e Dio,
quella era un troll fatto e finito.
Si chiamava
Parkinson; quel giorno è sbucata fuori dalla porta, con
l’aria da smorfiosa e continuando a blaterare su destino,
fidanzamenti rotti, predestinazione e altre stupidaggini simili. Avevo
dodici anni al tempo e credo che Papà si sentisse solo. Non ero
ancora interessata ai ragazzi e quell’estate passavo la maggior
parte del mio tempo leggendo in biblioteca o nello studio di
Papà. Mio padre entrava, mi arruffava i capelli e certe volte mi
guardava come se gli avessero appena tirato un pugno nello stomaco.
Sapevo di assomigliare a mia mamma, ma credo che sia diventato evidente solo quell’anno.
Avremmo potuto
semplicemente parlarne. Merlino solo sa se sono una chiacchierona. Alla
mia madrina, Millicent Bulstrode, piace scherzare dicendo che sono nata
nel bel mezzo di una frase.
Ma no. Papà
apparentemente aveva deciso in autonomia che il solo modo per sistemare
quello che lo stava preoccupando era fare una chiamata di piacere a
quella Parkinson.
È durata tre
giorni. L’opportuna brevità della sua visita è
stata di sicuro aiutata dal mio continuo far parola di bellezza,
intelligenza, coraggio e fama della mia defunta madre per non meno di
sessanta volte, o giù di lì, nel corso di quegli
allucinanti tre giorni.
Io e Dobby ci siamo messi a ballare nell’atrio quando ha chiuso finalmente la porta dietro di sé.
È stata colpa
di un Mangiamorte, l’uccisione di mia mamma. Non si sente molto
spesso quel nome al giorno d’oggi – Mangiamorte – e
Papà non dirà mai chi ha fatto partire
l’incantesimo. So che Harry Potter era lì il giorno in cui
è morta, ma c’è qualcosa che mi trattiene dal
chiedergli di raccontarmi tutto. Credo sia il rispetto per mio
papà.
Ora che ci penso, glielo ricorderò la prossima volta che mi accusa di non averne per niente.
Per caso ho detto
che Harry ‘Idiota Quattrocchi’ Potter è il mio
padrino? Papà non era d’accordo fin dall’inizio, ma
a quanto pare mia mamma lo ha costretto.
Al contrario della
maggior parte della popolazione magica, non sono particolarmente
colpita da Potter. Immagino sia un’altra cosa che ho ereditato da
mio padre, una sorprendente capacità di trovare irritante il mio
padrino.
È un tipo a
posto, suppongo, ma tutta la manfrina del salvatore del mondo magico
diventa davvero tediosa dopo un po’ di tempo. L’unica cosa
da dire su Potter è che ha un figlio maggiore proprio carino.
È imparentato con la famiglia Weasley, il che può essere
una lama a doppio taglio per quanto riguarda l’aspetto.
Il ragazzo si chiama
Gabriel James, ha diciotto anni, i capelli neri e occhi color nocciola
che luccicano quando ride; di gran lunga più sveglio di suo
papà, per di più, cosa che, francamente, non credo sia
così difficile da raggiungere. Deve probabilmente
l’intelligenza a sua mamma, la zia di Sarah-Anne, Ginny.
Siamo un gruppo con
parentele piuttosto ingarbugliate, non è vero? Non è
così strano quando si pensa a quanto poco numerosa sia la
popolazione magica.
Dico spesso a Papi
che sarebbe una buona idea se come minimo tentassimo di andare
d’accordo con tutti gli altri; sapete, in caso succedesse
qualcosa ad uno di noi due e avessimo bisogno di aiuto. Questo
però è come convincere uno gnomo del giardino dei Weasley
a mollare una patata rubata.
Papà di
solito risponde con “andare d’accordo è sempre stato
sopravvalutato” oppure “se tutti i maghi fossero destinati
ad essere amici, Dio avrebbe fatto Potter meno imbecille”.
Penso che Papi sia
isterico alle volte. È davvero molto divertente, non credo che
cerchi coscientemente di essere divertente, lo è e basta.
Abbiamo questa cosa
la prima domenica di ogni vacanza estiva, quando scegliamo una pozione
difficile e proviamo a farla a casa. Fa meraviglie per i miei voti in
Pozioni, ma cosa più importante, cementa il rapporto
padre-figlia. Posso dire ‘Elisir della morte vivente’ e
Papà inarcherà solamente un sopracciglio e farà in
modo che arrivi tutto il necessario.
Non viene fatta nessuna domanda. Nessuna pozione è troppo pericolosa.
Mi sa che dovrei
aggiungere anche ‘impossibile da sconvolgere’, insieme a
‘impossibile da far arrabbiare’ alla lista delle stranezze
di mio padre.
È
assolutamente geniale, ovviamente; in Pozioni ha preso il secondo voto
più alto in tutto il secolo, secondo solo a mia mamma.
La scorsa domenica
di Pozioni credo di aver quasi fatto venire un infarto al mio caro
vecchio papà quando gli ho chiesto di preparare una semplice
pozione contraccettiva.
È stata una mossa tattica e calcolata da parte mia.
Ho provato a discutere per anni su uccellini e api, anche solo per scherzare. Ha fatto in modo di svicolare ogni volta.
Sono state
Sarah-Anne, una delle sue cugine più grandi, Sabine (figlia di
Fleur Delacour, donna meravigliosa, cervello di un’ameba) e una
versione tridimensionale del Kamasutra che mi hanno resa chiara tutta
la faccenda quando avevo dieci anni e nove mesi.
“Non hai bisogno di sapere come si prepara,” mio padre mi ha detto.
Col cavolo che non
ne avevo bisogno. Gabe Potter era attraente a sufficienza e non sarebbe
rimasto single a vita. Dovevo introdurre l’argomento di uscire
con i ragazzi prima o poi. Avevo sedici anni, per Merlino. Era ora che
avessimo quella conversazione.
Solo per mettere le cose in chiaro, ovviamente.
E lo abbiamo fatto,
appunto. Ci sono volute circa quattro ore e Dobby è stato
mandato nelle cucine per sei ricambi di the freddo.
Il the è diuretico; me ne sono resa conto, quel giorno.
Così abbiamo fatto il Grande Discorso sul Sesso.
“Solo per tua
conoscenza personale” Papà ha ammonito. E perché ha
detto che non c’è niente di più inutile della
conoscenza, solo conoscenza inutile-in-questo-momento.
Avrei dovuto sapere
che Papà non sarebbe arrossito o che non avrebbe balbettato o
che comunque non avrebbe fatto tutte quelle cose che fa il papà
di Sarah-Anne quando porta dei ragazzi alla tavola sempre
affollatissima dei Weasley.
Mio padre ha finito
di parlare dichiarando fermamente che avrebbe fatto fuori qualsiasi
ragazzo che avesse osato trattarmi male. Ho dovuto prenderlo sul serio
ed annuire solennemente quando richiesto: mio papà non fa
minacce a vuoto, soprattutto per quanto riguarda l’omicidio.
Ho sperato, per il bene di Gabe, che non si rivelasse un completo idiota quando mi fossi decisa a chiedergli di uscire.
Ho un coprifuoco
– dieci di sera, non vi sembra assurdo? Un minuto in ritardo e
Papà ha minacciato di dedurlo dal mio accompagnatore in dita.
Se andrà bene
con Gabe, allora credo che la prossima grande chiacchierata che dovremo
fare sarà sull’amore. Non so come ma credo che sarà
molto più dura, perché costringerò mio padre a
parlare di mia madre.
Ormai è ora, ma questo discorso lo faremo un altro giorno.
N.d.T./2: per leggere la recensione alla storia si può cliccare sull'immagine sotto:
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