Fagianata post
vacanza.
Guardavo il mare di Otranto, e l'ho subito abbinato al South Blue, non
chiedetemi perché.
Così bello, chiaro e limpido...una cosa così non potevo
non abbinarla al mio Kiddolo!^^
Anche se è
triste, spero che vi piaccia!^^
I personaggi sono maggiorenni ed appartengono ad Eiichiro Oda (tranne
Eos).
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno!
Il mare di Kidd
“Parlami del South Blue”
Kidd
spostò lo sguardo verso la bruna, che come al solito
intrecciava la coda tra le dita sottili, l’onnipresente sigaretta
stretta tra
le labbra.
“Perché?”
bofonchiò scocciato, non era la prima volta che
Eos gli faceva quella domanda.
Lui aveva sempre
glissato, non amava parlare del suo luogo
d’origine, perché ogni volta che provava a parlarne il denso
spettro del suo
passato si tuffava nella sua anima.
La sua infanzia
disastrata, i torti subiti e ancora non
vendicati, il dolore costante che marciva dentro di lui, più
forte e devastante
di quello fisico.
“Non vuoi mai
parlarmi del mare meridionale” mormorò lei,
tagliente.
“Non voglio far
riaffiorare di nuovo i brutti ricordi”
rispose il rosso.
La ragazza lo
guardò.
“Bisogna
affrontare il passato per vivere bene in futuro”
sussurrò la bruna, rabbonendosi “Penso che sia bellissimo, il
South Blue”
Ricominciò
a guardare il mare, sospirando.
Kidd la
fissò a lungo, scrutando negli occhi neri come la
pece.
“E’ bellissimo”
disse infine.
La testa di lei
si voltò di scatto.
“Davvero?”
Il rosso
annuì chiudendo gli occhi per un istante.
La ragazza si
portò al suo fianco, si sedette sul pavimento
del ponte incrociando le gambe e poggiando il mento sui pugni chiusi,
come una
bambina in attesa di un racconto fantastico.
“Le spiagge come
sono?” chiese, trepidante.
Kidd
sospirò.
“Enormi, puoi
camminare per ore senza incontrare anima viva”
E subito il rosso
ripensò alle lunghe camminate che faceva
da solo su quegli arenili solitari,
sotto il sole cocente, i piedi nudi sulla sabbia rovente, il
bruciore
blandito dalle onde di quel mare di smeraldo, i cui flutti lo
accarezzavano
appena ma poi si ritiravano subito, come le onde di solito fanno.
Nella sua mente
da ragazzino di undici anni, Kidd pensava che
anche quel mare che tanto amava lo rifiutasse, così come
facevano tutti.
“Il mare è
limpido?” la voce di lei lo riscosse dai suoi
pensieri.
Eustass si
passò la mano tra i capelli cremisi, sorridendo
appena.
“Si, è
limpidissimo, riesci a vedere il fondo anche se
l’acqua è alta”
Kidd si
rituffò nuovamente nei meandri della sua mente, così
come da ragazzino si tuffava nel suo mare.
Ancora non aveva
mangiato il frutto del diavolo, quello lo
aveva addentato con rabbia prima di andarsene da quell’isola maledetta
bagnata
dal suo mare così bello, ma anche così dannatamente
cattivo.
Da piccolo si
tuffava dagli scogli che interrompevano le
spiagge sabbiose, dentro di sé sperava assurdamente di sbattere
la testa contro
il fondale sassoso e di lasciarci le penne, così avrebbe fatto
un favore a
tutta la gente che lo circondava, ma che rimaneva distante, inorridita
o
spaventata da lui che era solo un
ragazzino che non sapeva che cosa avesse fatto di male.
Eppure non
riusciva mai a raggiungere il fondo, che sembrava
così vicino dall’alto delle scogliere, perché l’acqua era
così limpida da
lasciarlo vedere anche se era profonda.
Il mare lo
prendeva in giro, sventolandogli sotto il naso la
possibilità della morte che tanto desiderava, per poi beffarlo
con le sue acque
chiare e profonde.
Il rosso
sentì all’improvviso un gelido torpore percorrergli
il petto possente.
Si portò
una mano allo sterno tremando appena, sperando che
Eos non se ne accorgesse.
Ma agli occhi
neri della bruna nulla sfuggiva.
“Che ti è
preso?”
“Niente” rispose
borbottando lui, che si alzò di scatto,
lasciando la ragazza seduta per terra che lo guardava dal basso verso
l’alto
con espressione poco convinta.
“Niente una sega”
mugugnò scontrosa “Nemmeno Roger sa che ti
frulla in quella testa che ti ritrovi, ma che ti ha fatto questo mare
di tanto
male?”
Non ottenne
risposta.
Il rosso
scomparve sottocoperta, e lì rimase fino a sera.
Eos non lo
trovò al tavolo della cena.
E se uno come lui
saltava la cena, allora era una cosa
grave.
La ragazza non si
curò di pulire i piatti, alla fine del
pasto andò verso la camera da letto.
Aprì
delicatamente la porta, che cigolò appena.
Nel buio, Kidd
era disteso sul letto, prono.
Non russava,
quindi non dormiva.
Rimaneva in
silenzio, il volto affondato sul cuscino, dove i
capelli rossi erano abbandonati, la pelliccia giaceva in un angolo,
forse
gettata a terra in un impeto di rabbia.
Eos si
avvicinò in punta di piedi, per poi chinarsi verso di
lui poggiando una mano sul suo collo.
“Kidd”
mormorò dolcemente, carezzandogli la pelle chiara “Cosa
c’è che non va?”
“Sono faccende
che non ti interessano, Costa di Sedano”
rispose lui a bassa voce, quasi sofferente. “Riguardano solo me”
Eos si sedette
accanto sul letto.
“Sono la tua
ragazza, se sei triste voglio sapere il perché”
“Non.sono.triste”
sibilò secco lui.
“Per caso ti
vergogni di essere triste?”
“NON SONO TRISTE
PORCA PUTTANA!” gridò lui alzandosi di
scatto dal letto “MA PERCHE’CAZZO CERCHI SEMPRE DI FARMI DA
CROCEROSSINA?”
Eos
sobbalzò, certo, Kidd era collerico, ma pochissime volte
lo aveva visto arrivare a tali eccessi.
I suoi occhi
erano…diversi…
Non tristi,
tracimavano rabbia, ma non quella che provava di
fronte ad un Marine.
Era rabbia
profonda, che gli scavava l’anima.
“Va bene”
sussurrò alzandosi, per poi uscire dalla camera.
Si richiuse la
porta alle spalle, un velo di tristezza sul
suo cuore.
Era triste
perché Kidd non voleva condividere il suo dolore
con lei.
La bruna si
diresse verso il ponte, rimase a guardare il
mare che la notte aveva dipinto completamente di nero, illuminato dai
riflessi
perlacei di una pallida luna crescente.
Sospirò.
Perché
Kidd odiava
così tanto il suo mare natio?
Cosa
gli era successo
di tanto brutto?
Mentre era
assorta nei suoi pensieri, sentì le braccia di
lui circondarle i fianchi, il suo mento poggiarsi sulla sua spalla.
Eos voltò
la testa.
I capelli
scarlatti di lui, senza gli occhialoni che li
fermavano, gli ricadevano sulla fronte pallida.
“Lo sai qual era
il mio sogno più grande quando ero
ragazzino?” chiese Kidd sommessamente.
“Diventare un
pirata?” domandò lei di rimando.
Sentì il
rosso scuotere repentinamente la testa, strofinando
la pelle del mento contro la sua spalla.
“No, io quando
ero piccolo volevo morire”
Eos si
voltò di scatto per poterlo guardare negli occhi.
“Perché?”
chiese, angosciata.
Il rosso le
carezzò i fianchi.
“Perché
tutti mi odiavano, o avevano paura di me…” così
dicendo si toccò i capelli “…per colpa di questi”
“I tuoi capelli?
E perché mai?”
Kidd si
avvicinò al volto di lei, baciandole la fronte.
“Perché
secondo le credenze del mio bellissimo e
fottutissimo mare questi capelli sono il simbolo del demonio”
Eos poggiò
la testa sul suo petto.
“Mi dispiace”
mormorò “Chissà come ti hanno trattato”
“Come una merda,
anzi, almeno quelle le raccattano da terra”
La ragazza si
strinse ancora di più a lui.
“So che fa
male…ma se potresti raccontarmi tutta la rabbia
che hai provato io posso tentare di accoglierla”
Eustass la
abbracciò.
“Scusa se ti ho
trattato male” disse baciandole il collo “Potrei
provarci, ma ci vorrà un bel po’, Costina”
Rimasero svegli
tutta la notte, una notte in cui Kidd
raccontò anni e anni di dolore, collera e ingiustizie.
Eos, in silenzio,
accolse tutte quelle parole colme d’ira
impotente.
Kidd si
sbracciò, s’accalorò, sbatté i pugni con violenza
contro il legno scricchiolante del ponte.
Quando l’alba
arrivò con la sua tenue luce a colorare il
cielo dello stesso colore della lavanda, Eos carezzò la guancia
del suo uomo
con un dolce sorriso.
“Un giorno ti
farò vedere il South Blue” disse il rosso
chiudendo gli occhi stanchi per un istante “Con te non sembrerà
più tanto
cattivo.”
“Un giorno…”
ripeté lei.
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