La spada di Atlantide

di Lilith of The Thirsty
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Una figura ammantata stava ferma nella stanza di quel palazzo subacqueo.
“Ti prego, prendila con te e proteggila…” sussurrò flebilmente la voce femminile celata dentro quella cappa nera.
“Se pensi che io possa ospitare il frutto delle tue “voglie” ti sbagli di grosso!” tuonò una voce maschile irata e ferita.
L’uomo si sedette indignato sul trono del suo castello, i capelli fluenti e neri caddero composti dietro le sue spalle mentre gli occhi color ghiaccio fissavano la donna.
Era sempre stato un ripiego per lei, perché doveva aiutarla? Non lo avrebbe fatto, non dopo quello che aveva subito per colpa sua.
“Poseidone…” lo supplicò lei con voce calda e sensuale.
Perché era così maledettamente difficile resisterle? Il dio ruotò il viso verso il suo tridente e cercò di far uscire quelle parole dalla sua mente, erano troppo pericolose.
Non poteva farsi soggiogare in quella maniera, non lui che era uno dei tre nobili fratelli.
Sentii un rumore di veste slacciata, doveva essersi tolta il mantello.
Le sue iridi guizzarono verso la figura che ora si trovava di fronte alla sua persona, non riusciva più a trattenersi.
Il fisico era alto e sinuoso, i capelli color del miele scendevano candidi e ricci fino al bacino mentre i suoi occhi verdi lo fissavano teneramente.
Come al solito il cuore rimbombò nel petto perfetto del dio, non c’era modo di fermare quello che provava per Afrodite.
Poi scorse un tenero fagottino tra le braccia della donna, una copertina azzurra avvolgeva il corpo dell’infante che dormiva sereno.
La dea sorrise mestamente e provò ad avanzare verso il suo simile, doveva fare in fretta o Efesto avrebbe scoperto la sua piccola “fuga”.
“Ti ho detto di no!” sbottò irato l’uomo, prendendo tra le mani il tridente.
L’amore non si ferma certo davanti alle armi, nemmeno di fronte ad un dio; attraversa e logora ogni cosa con la stessa potenza e golosità. Poseidone non poteva scappare.
Afrodite si arrestò, non aveva paura del suo compagno ma lo osservava ammaliata. Quel fisico perfetto le ricordava la notte proibita in cui mai avrebbe pensato di cadere vittima dei suoi stessi lacci.
“Poseidone io non sarei venuta…”
“Certo certo, dì pure quello che vuoi tanto io per te non sono altro che…”
“TACI!” tuonò Afrodite, spandendo una collera disumana per il palazzo della divinità del mare.
Immediatamente attenuò il suo potere per rivolgere la sua attenzione alla creatura che riposava tra le sue braccia, dormiva ancora.
Sospirò di sollievo e poi si rivolse all’uomo con decisione.
“Devi tenerla al sicuro tu perché io non posso farlo…”
“Non spreco tempo per cose simili!”
“Tu non capisci vero? Se io sono qui, è solo per un motivo…”
Il dio guardò con curiosità la dea e cominciò a capire la verità dietro quelle parole.
“Quello che tengo stretto a me è frutto di una mia e una tua colpa…”
Poseidone bloccò di colpo il respiro, non aveva mai dimenticato quella notte ma non avrebbe mai creduto possibile un evento simile.
Afrodite si avvicinò al suo simile sorridendo mentre l’uomo non riusciva più a pronunciare una parola.
“Lei è tua figlia, la nostra bambina… Celeste…”. 





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