Documento senza titolo
Prologo
Si appoggiò sospirando alla balaustra del balcone mentre un dispettoso
soffio di vento le faceva ondeggiare i lunghi capelli castani dai riflessi ramati
davanti al viso. Era passato più di un mese dal suo trasferimento in quell’alloggio
situato nella zona “bene” di Seattle ma ancora non aveva concluso
nulla di ciò che si era prefissa.
Rory non era una persona come le altre... o meglio nascondeva in se qualcosa di
speciale, qualcosa che le donne della sua famiglia si tramandavano tramite il
loro patrimonio genetico di generazione in generazione. Solo che nel suo caso
questo “qualcosa” si era stranamente acutizzato, raggiungendo livelli
molto più alti del normale. Lei lo chiamava “il mio potere”
e ne aveva una paura smisurata dovuta al fatto di non riuscire a controllarlo
così come avrebbe voluto, così come avrebbe dovuto. Le sue mani
possedevano questa forza, forza che era sia una maledizione che una benedizione
se lei fosse stata in grado di utilizzarla e di gestirla in modo corretto. Ma
nonostante tutti gli sforzi fatti nei suoi 23 anni di vita non ci era ancora riuscita
e questo la faceva soffrire. I medici l’avrebbero definita una semplice
pranoterapeuta, ma lei sapeva che tutto ciò era estremamente riduttivo;
forse questo appellativo sarebbe stato più adatto per sua nonna o sua mamma
ma non per lei. Lei era diversa. E questa sua diversità pesava molto sulle
sue fragili spalle di ragazza.
Pensò a sua madre, ora così lontana da lei, e le vennero le lacrime
agli occhi. “Non devo piangere. Devo essere forte e risolvere l’enigma
che mi ha portata qui”, strinse forte le mani a pugno. “Ci riuscirò
a qualunque costo! E’ lo scopo della mia vita da quando avevo otto anni
ed ora è giunto il momento. Non mi tirerò indietro.”
Guardò verso l’orizzonte. Il sole stava sorgendo ed il cielo andava
colorandosi di rosso e arancione. La giornata sarebbe stata serena e la temperatura
iniziava già a salire. La giornate di giugno si erano fatte particolarmente
calde in quell’ultima settimana e Rory amava quel clima così temperato.
Finalmente un sorriso illuminò il suo viso a forma di cuore e riuscì
ad arrivare persino ai suoi occhi blu scuro rischiarandoli dalla malinconia. “E’
ora di andare a lavorare, non posso di sicuro arrivare in ritardo dopo essere
stata assunta appena da un mese.”
Andò in bagno e si buttò sotto la doccia per prepararsi all’intensa
giornata di lavoro che la aspettava. Dopo essersi asciugata velocemente con un
telo di spugna indossò una tuta color panna a maniche corte con un simpatico
cappuccio che dondolava sulla schiena ad ogni suo passo. Uscì di casa e
scese nell’atrio del condominio per prendere la sua bici posteggiata nel
sottoscala e uscì all’aperto. Balzò in sella e si diresse
al lavoro.
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