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Il vento infuriava, le goccie di pioggia sbattevano con
grande fragore alla finestra che si appannava sempre più per il respiro
affannato e triste di un giovane bel ragazzo con i capelli arruffati, gli
occhiali rotondi e una cicatrice sulla fronte tristemente famosa in tutto il
mondo.
Harry Potter guardava fuori da Grimmauld Place, la casa che
fu del suo padrino, morto due anni prima, scomparso dietro ad un velo dal quale
nessuno, a conoscenza della comunità magica, era mai tornato.
Le lacrime sgorgavano intense dai suoi occhi, lacrime che
Harry non riusciva a trattenere, che non voleva trattenere. Isolato dal mondo
intero, isolato dai rumori che lo circondavano, dai tuoni che impazzavano,
dalle voci basse che provenivano dalla strada,dove dei ragazzi adolescienti si
stavano divertendo a bagnarsi sotto la pioggia, Harry piangeva lacrime di
dolore, invisibile a tutto e a tutti.
Non era passato molto tempo dalla fine tragica del suo sesto
anno a Hogwarts, e dal suo ultimo, ennesimo trauma. Non poteva far altro che
piangere, si sentiva rassegnato dal fatto che il destino, a suo modo di vedere
assai crudele, l’avevo portato ad essere il prescelto, in poche parole una
enorme calamita per ogni male del mondo. Silente, la persona che stimava di
più, della quale aveva sentito sempre una calda protezione anche a distanza di
chilometri, era morto, come tutti gli altri, quelli di cui si era preso il
rischio di innammorarsi.
Non riusciva a pensare alle cause, a chi li aveva uccisi;
era tutto cosi poco importante rispetto ai pezzi di cuore che aveva perso con
la dipartita delle persone a lui più vicine, che l’unica cosa che voleva fare,
era rinchiudersi nel tepore delle sue lacrime, a osservare il mondo che li
passava davanti, al quale aveva voglia solamente di chiedere di lasciarlo in
pace.
Tirò su col naso alla vista di tre amici,due ragazzi e una
ragazza, che felici si spingevano nelle pozzanghere. Le lacrime ricominciarono
a sgorgare copiose, quando pensò a come aveva salutato Ron e Hermione, i suoi
amici del cuore, prima di raggiungere i Dursley, dai quali era fuggito appena
appresa la notizia tanto schokkante.
Finito l’anno, morto Silente, Harry s’era promesso di non
tornare più ad Hogwarts, di continuare la sua ricerca degli Hocruxes, i pezzi
d’anima di Lord Voldemort sparsi per il mondo. S’era imposto di distruggerli,
prendendosi l’impegno davanti alla tomba di Silente, come ultimo grande gesto
di fedeltà al Mago che bene o male gli aveva cambiato la vita.
Aveva comunicato la sua scelta ai due amici, e con un grande
rancore nel cuore verso chi aveva compiuto quell’atto orribile, li aveva
salutati frettolosamente, dandogli appuntamento alla Tana per un giorno non ben
definito, da chiarire tramite contatti via gufo.
Non aveva molta voglia di parlare dato che il suo istinto
masochista gli suggeriva di covare rabbia, farla crescere fino al punto di
marcirci dentro.
Una volta tornato dai Dursley,aveva vissuto nella completa
solitudine, ignorando gli inquilini, mangiando poco o niente. Ron e Hermione
gli inviavano molte lettere raccontandogli del loro viaggio in Italia, tra i
resti della Roma antica, nelle strade medievali dei paesini di una regione a
lui sconosciuta, chiamata Umbria. Non gli interessavano praticamente per nulla,
dava una lettura veloce e poi le riponeva aperte nell’armadio, come a
togliersele dalla sua vista, per non distrarsi dal compito autoaffidatosi di
covare la sua rabbia. Non rispose mai.
Per due settimane non
disse una parola, fino a che un giorno, per l’ennesima volta, il mondo non gli
si ribaltò davanti.
Era molto tardi e Harry stava tornando da una passeggiata
dentro alle rovine di una vecchia fabbrica oramai in disuso da tantissimi anni,
che rispecchiava un pò il suo stato d’animo interiore, quando davanti ai suoi
occhi gli si presentò una scena che non avrebbe mai potuto credere di vedere.
Due persone, che al buio non riusciva identificare, stavano discutendo, o per
lo meno cosi gli sembrava.
Harry si avvicinò per provare a sentire cosa si dicevano, ma
non carpi altro che urla concitate e qualche parola che non poteva altro che
essere terminologia da maghi. Non riusciva ne a distinguere bene le sagome ne a
riconoscere nessuna delle due voci, era ancora troppo lontano, e decise di
avvicinarsi maggiormente.
Quando si accostò dietro a un muretto a una decina di metri
dai due, avvolti nel buio, sbirciò per una frazione di secondo, e senti il
cuore prima gelato, poi in preda alle fiamme della rabbia che fino a quel
momento aveva covato, ma non ne era sicuro, non poteva esserne sicuro, e preso
dalla lucidità che gli rimaneva stette fermo ed ascoltò i due maghi, uno dei
quali era ragazzo, litigare ardentemente...riconobbe le loro voci, ma rimase
fermo.
“Draco ,per merlino, che diavolo stai dicendo, non sarai mai
al sicuro già se la situazione non cambiasse, ma con quello che hai deciso di
fare, la tua vita è al capolinea”
“Sta zitto tu, sporco doppiogiochista, non ho più niente da
spartire con te, Piton”
Piton lo guardò accigliato, molto dispiaciuto, ma il piccolo
Malfoy rifiutava di scambiare lo sguardo
“Che succede Draco, che diavolo ho fatto per essere trattato
cosi? La mia protezione non è di tuo gusto signorino?” Nella voce dell’ex
professore di hogwarts , nell’intento ironica, c’era un forte senso di
preouccupazione e di dispiacere.
Malfoy non rispose, e anzi si accasciò contro il muro che si
ergeva li dietro, si raggomitolò sulle gambe,abbassando il viso, e , Harry non
potè non notarlo, cominciò a piangere, lacrime non da bambino a cui è stato
rubato un gelato, ma da adulto a cui è stato rubato il senso della vita.
Harry era felice in modo quasi sadico, quel suono gli pareva
angelico alle sue orecchie, avrebbe voluto uscire fuori , andare davanti a
Malfoy e sputargli in faccia, poichè ogni altra cosa sarebbe stata superflua, e
poi passare oltre ignorandolo...ma restò fermo.
Piton provò a richiamare Draco muovendo le braccia come se
stesse aspettando anche una sola parola, ma dalla bocca del ragazzo biondo
platino non usci niente, solo un pianto disperato, di chi non ha la forza di
chiedere perdono, di chi sà che ha fatto un passo più lungo di quanto dovesse
fare, di chi sa che oramai è irrecuperabile.Infine disse le sue ultime parole,
con la voce che a malapena gli usciva dalla bocca, triste e rauca...Harry ebbe
i brividi, provava tenerezza per colui che aveva in qualche modo causato la
morte di Silente. Li respinse con Forza d’animo, si rifiutò di provare la
benche minima emozione positiva per Draco, e porse l’orecchio.
“Severus....io....io non ce la faccio più; lasciami,
lasciatemi in pace”
Piton rassegnato e ,Harry l’avrebbe giurato, con una lacrima
che gli scalfiva il viso , guardò i suoi piedi, poi si girò e con tono funereo salutò
per l’ultima volta il suo figlioccio “ se è così allora addio, e buona fortuna,
perchè ne avrai davvero tanto bisogno, e sicuramente non ti basterà”. Senza
un’ultimo sguardo tra i due, l’uomo adulto si smaterializzò, lasciando il
ragazzo sempre più affranto e disperato tutto rannicchiato sotto alla leggera
pioggierellina di quella sera.
Harry senza badare troppo a fare poco rumore usci dal suo
nascondiglio, si avvicinò a Malfoy, che non prestava minimamente attenzione a
ciò che aveva intorno. La rabbia assali nuovamente il ragazzo sopravvissuto,
che arrivato davanti al rivale di sempre, tirò fuori la bacchetta.
“Crucio!”.
Si levò un forte grido, che non poteva essere colto da
nessuno, perchè non c’erano case abitate abbastanza vicine. Malfoy si
divincolava in preda al dolore , fortissimo e lacerante, della maledizione
senza perdono che Harry gli stava infliggendo. Il suo viso però faceva
trasparire quasi soddisfazione, o era più rassegnazione?Harry non riusciva a
capirlo. Quando però vide che il ragazzo biondo davanti a se non ce la faceva
più , alzò la bacchetta e interruppe l’incantesimo, barcollando all’indietro per
la sensazione di malore che aveva provato infliggendo una delle tre maledizioni
innominabili. Guardò Draco e si chiese se a fermare se stesso fosse stata la
pietà verso la gente che sta male che a tante sofferenze l’aveva portato. Fissò
gli occhi quasi senza espressione del ragazzo davanti a lui, della sua nemesi.
“Tu....Tu, come osi venire qua e farti vedere da me, sei uno
stupido pazzo masochista forse?Vuoi morire?” disse Harry, cercando di farsi
sopraffare dall’odio per il piccolo dei Malfoy.
“Accoglienza calorosa....ma ti capisco”rispose l’altro.
“Tu non puoi capirmi, tu sei feccia, sei un’assassino!!!”
aveva le vene oramai gonfie più che mai.
“Harry ti prego” disse Draco con le ultime forze “ti prego...”
e svenne.
Harry era sconvolto,Malfoy lo aveva chiamato per nome, con
un tono di voce che faceva trasparire un rimorso enorme, un dispiacere
terribile tanto da essere irrecuperabile, lo stesso tono con cui l’avevo
sentito piangere poco prima, provando per lui pietà. E probabilmente per pura
coincidenza Draco aveva usato le stesse, medesime parole di Silente prima che
Piton li infliggese L’avada Kedavra.
Non sapeva che fare, non voleva uccidere Malfoy, piuttosto
lo avrebbe torturato a vita, anche se quella voce, quella supplica lo
frenavano, tantomeno non poteva portarselo dai Dursley, e neanche lasciarlo li.
Decise che la cosa più intelligente sarebbe stata portarlo con se privo di
coscienza in un posto sicuro.
Lo lasciò sul posto e di corsa rientrò a casa Dursley,
riempì una valigia in fretta e furia, prese le cose più utili, la scopa, e
senza farsi sentire uscì di casa, e volò nuovamente dove poco prima aveva visto
Malfoy e Piton, chiedendosi se non fosse stato un sogno.
Arrivato si rese conto che no, era tutto reale. Draco
giacieva sul praticello tra ruderi di muretti, dormiente. Lo caricò sulla scopa
davanti a se, afferrandolo con un braccio. Appese la valigia a tracolla sulle
spalle e si diresse sicuro e diretto a Grimmauld Place. Con un incantesimo
entrò, posò Malfoy su un letto, lo copri e gli mise uno straccio bagnato in
fronte, sperando di poterlo far riprendere, poi lui andò nel letto dove dormiva
Sirius, e versò una lacrima prima di cadere tra le braccia di Morfeo. La
mattina dopo avrebbe giurato di aver passato la peggiore nottata della sua vita.
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