Note:
Sempre loro, roba vecchia, però mi piace, ecco! Ho un esame
tra due ore e poi finalmente potrò dedicarmi ad Avskjed fino
alla prossima crisi universitaria, yay! XD Ho ancora due fan fiction,
mi pare, Sufin, da pubblicare qui, poi mi toccherà ahimè
rimettermi a scrivere seriamente, cosa che (sopracitata NorDen a
parte) non faccio da molto tempo, spero di essere comunque
all'altezza delle vostre aspettative! ^_^
Ha quell'idea in
testa da qualche giorno, la sensazione, quasi il bisogno di mettere
chiarezza tra loro due, di dire finalmente le cose come stanno. Tino
non l'aiuta facendo finta di nulla, occupandosi della casa, di Peter,
di lui stesso.
Moglie. Sì,
lo chiama così, ma non è del tutto sicuro che Tino
sappia cosa significhi per lui. Vorrebbe dirlo, vorrebbe essere
sincero, ma la propria naturale timidezza -insieme al terrore di non
avere capito nulla, gli impediscono di farlo, lasciandolo senza
parole davanti all'altra Nazione, con il suo solito sguardo
terribile.
La cosa peggiore è
quando crede di sorridere, incoraggiante -ed incoraggiandosi- ma
l'altro fa un'espressione terrorizzata e lo rimprovera di non essere
mai del tutto felice. Ma Berwald è felice. Solo che non sa
sorridere.
L'idea però è
rimasta, fino a che non è diventata una vera e propria
necessità e allora ha cominciato a pensare a come comunicare
quel sentimento. Non a parole, non a gesti... gli è rimasta
solo la cara e vecchia lettera. Scritta a mano, ovviamente.
Ha preso carta e
penna ed un foglio ed ha segnato con pazienza la data del giorno in
alto a destra, rimanendo in seguito fermo a fissare il foglio,
scoprendosi intimidito da tutto quello spazio. E' Tino che riempe gli
spazi vuoti, di solito, con migliaia di parole. Lui saprebbe
scriverla una lettera.
Non sapendo da dove
iniziare, ha cominciato da dove gli veniva meglio: ha messo la sua
firma nell'angolo in basso ed è tornato a fissare il foglio,
constatando con orrore che lo spazio, invece di ridursi, sembrava
essersi allungato all'infinito.
Ed eccolo nuovamente
bloccato, ipnotizzato quasi da tutto quel bianco. Avrebbe fatto
meglio a prendere una carta da lettere, anche se forse si sarebbe
perso a contemplarne le decorazioni.
Dopo quarantacinque
minuti, il foglio è ancora disperatamente bianco e l'orario in
cui la sua famiglia dovrebbe tornare a casa si avvicina sempre più.
Decide di scrivere la prima cosa che gli passa per la mente, pensando
che forse è così che lavorando anche gli scrittori
famosi.
Quando termina, la
porta si apre, facendolo balzare in piedi, con la busta tra le mani,
mentre Tino e Peter si affrettano a riempire il silenzio. Il piccolo
sgambetta fino allo studio per salutarlo. Si chiede come faccia a
trovarlo sempre, nonostante la casa non sia di certo piccola.
“Papà,
la mamma mi ha comprato questo robot, guardalo!” esclama,
trionfante, facendo volare il giocattolo per la stanza e poi
piantandoglielo bene sotto il naso affinché lo veda meglio.
Poi sembra attratto dalla busta e gliela prende, notando l'assenza di
mittente.
E fugge via,
lasciandolo a tenere tra indice e pollice l'aria, frastornato.
“Mamma! Papà
ha scritto la letterina a Babbo Natale! Visto che sei suo amico
gliela consegni?” lo sente dire, tre stanze più in là.
Poi il silenzio. Il
rumore della televisione in lontananza, sovrastato presto dal battito
furioso del proprio cuore. Avrà aperto la busta? Avrà
letto?
Attende quella che
gli sembra un'eternità, poi sente dei passi avvicinarsi e la
figura intera di Tino sulla porta, imbarazzato come non mai.
“E'
bellissima.” lo sente sussurrare, prima che gli voli tra le
braccia. Tutto qui? E' stato... veramente così semplice? Gli
viene da ridere, se ci pensa, ma invece di ridere ricambia
l'abbraccio. Si sente sorridere, ma forse è solo un'illusione.
“Sei un amico
straordinario, Berwald!”
Tentativo numero
trecentocinquantasette di dichiararsi a Finlandia: fallito.
Tino,
Senza di te sono
solo una Nazione. Una porzione di territorio su una cartina
geografica, un insieme di monti e pianure, dove fa solo tanto freddo.
Io sono freddo. Se mi sento vivo, Suomi, è grazie a te. Tu
mi scaldi e non ti rendi conto di neppure un centesimo di quello che
rappresenti per me.
Berwald
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