A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 31 - Un tramonto sul
mare
Quando Hyoga riprese i sensi
erano già arrivati a Tokyo. Era stato portato direttamente
nella sua stanza e le sue ferite erano state curate senza che si
accorgesse di nulla.
Al suo risveglio, insieme ai dolori e ad un leggero disorientamento,
arrivò anche la consapevolezza che Ayame non c'era
più. Solo in quel momento realizzò che avrebbe
preferito continuare a dormire in eterno, per non dover sopportare
l'enorme peso che la sofferenza per la perdita di Ayame aveva
scaraventato sul suo cuore.
Si rifiutò di uscire dalla sua stanza per tutto il resto
della giornata e per buona parte di quella dopo, cacciando in malo modo
chiunque tentasse di fargli visita per risollevargli il morale.
Perchè non c'era assolutamente niente da risollevare, con
Ayame se n'era andata la sua voglia di vivere una vita a cui solo lei
era riuscita a dare senso.
Passò quelle interminabili ore abbracciando il cuscino su
cui avevano dormito insieme neanche un giorno prima. Era ancora
impregnato del suo odore e abbracciandolo gli sembrava di averla di
nuovo tra le braccia, calda e morbida, totalmente abbandonata a lui,
inesperta e audace al tempo stesso.
Allora Hyoga non sapeva che quella sarebbe stata la loro ultima notte
insieme. Invece Ayame? Era consapevole del fatto che non avrebbe
più rivisto l'uomo che stava amando così
intensamente? Per quel motivo si era presentata alla sua porta quella
sera? Per fare l'amore con lui e decretare definitivamente che lei era
solo sua e che lo era stata fino alla morte?
Calò la notte che la mente del Cavaliere era ancora un
turbine di domande senza risposta e di ricordi dolorosi. I raggi della
luna piena entrarono delicati dalla finestra aperta illuminando la
stanza altrimenti buia.
Hyoga si addormentò senza nemmeno accorgersi che in cielo
Venere non brillava come al solito, ma si era fatta più
vicina alla Luna sua sorella, quasi le stesse chiedendo aiuto per
illuminare la tristezza di quell'uomo addormentato e dal cuore in
frantumi.
Quella notte il guerriero rivisse le battaglie, l'amante
sfiorò la pelle della sua donna con le labbra,
il ragazzo rise con l'amica ritrovata,
il bambino sorrise alla bimba circondata dai petali rosa del ciliegio
in fiore, mentre lei gli dava la sua bambola preferita. Quando si
svegliò i suoi occhi partirono subito alla ricerca di
quell'oggetto, di quell'unico ricordo che era sempre stato presente
durante la sua storia con Ayame.
Si alzò dal letto, rovistando febbrilmente tra le sue cose
per trovare la vecchia bambola di pezza, ma nella stanza non c'era.
Poteva essere solo in un altro posto. Hyoga lasciò che i
suoi piedi lo conducessero alla stanza di Ayame e che la sua mano
abbassasse la maniglia.
Subito gli venne da piangere, ma sul suo viso spuntò anche
un sorriso spontaneo.
La stanza di Ayame era immersa nel disordine più totale.
Ayame era disordinata, se ne era quasi dimenticato. Ma quella stanza
diceva anche qualcos'altro.
Le pareti erano tappezzate di fotografie, storte e sovrapposte, dei
pochi momenti di serenità che erano riusciti a vivere tutti
loro assieme. Facce buffe e pose improbabili si alternavano lungo i
muri della stanza, e una sezione, quella esattamente sopra la testata
del letto, era dedicata a loro due. C'erano foto del loro primo giorno
insieme, quando ancora non sapevano di amarsi, nè cosa lei
sarebbe diventata e cosa ciò avrebbe comportato. Non
ricordava neanche che le avesse scattate, forse perchè quel
giorno era stato talmente pieno di sorprese che era difficile
ricordarsi ogni dettaglio. E poi loro due nel giardino di palazzo Kido,
coi bambini dell'orfanotrofio, sulla spiaggia che li aveva visti mentre
si dichiaravano amore reciproco.
Tutti piccoli indizi che dicevano che Ayame, in fondo, era una ragazza
come tante altre. Non impostata e sempre perfetta come Saori, ma
disordinata, disorganizzata, vittima della moda e attaccata alle cose
semplici come una fotografia. O una bambola.
Susie era lì sul letto, tra magliette e calzoncini, coi suoi
capelli di lana e il suo sorriso sottile come un filo di cotone. E gli
occhi verdi come i suoi. Non ci aveva mai fatto caso.
La prese con le mani tremanti, sembrava timoroso di rovinarla, e rimase
lì, in piedi in mezzo a quel caos di abiti, ad osservare
quell'insieme di pezza che tanto era stato importante per lui. Per loro.
"Ah, sei qui!" esclamò Shun, sulla soglia della stanza,
chiaramente sollevato di aver ritrovato l'amico. "Stavo cominciando a
preoccuparmi"
Lo sguardo di Hyoga, però, non si alzò dalla
bambola. Il Cavaliere si sedette sul letto.
"Vuoi qualcosa da mangiare? Sei a stomaco vuoto da ieri mattina" chiese
Shun, azzardando un passo dentro la camera.
Hyoga scosse la testa, aggiungendo al gesto un sommesso "No, grazie".
"Va bene. Come vuoi"
Shun uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.
Hyoga non attese lo scatto della serratura per scoppiare a piangere sui
vestiti di raso della bambola tra le sue mani.
Shun raggiunse gli altri compagni in giardino, dove l'atmosfera era
solo fintamente più allegra. Gli occhi delle Sacerdotesse
erano ancora rossi di pianto e qualcuna non aveva ancora esaurito le
lacrime.
Galatea stava seduta sul bordo della fontana e singhiozzava sulla
spalla del fratello, mentre Psiche preferiva sfogare la sua tristezza
lontana da occhi indiscreti, ma comunque sotto lo sguardo vigile di
Ikki.
Il Cavaliere si andò a sedere su una panchina poco distante
dal balcone, vicino a Talia, e le cinse le spalle col braccio.
"Si è svegliato?" gli chiese la Sacerdotessa, con la voce
nasale di chi ha smesso di piangere da poco.
"L'ho trovato in camera di Ayame"
Una pausa troppo lunga, poi Talia riprese.
"Come sta?"
"Non l'ho mai visto così a terra. Ho paura che possa fare
qualche sciocchezza" confessò Shun, stringendo di
più Talia a sè.
"Sono convinta che basterà il ricordo di Ayame a fargli
cambiare idea nel caso" cercò di tranquillizzarlo la
Sacerdotessa.
"Lo spero"
Non trovarono altro da aggiungere. Talia cercò di rilassarsi
e lasciò che i raggi del sole le asciugassero le guance.
Shun, invece, non potè fare a meno di alzare lo sguardo
verso la finestra della stanza di Ayame. Le persiane erano accostate,
nessuno le aveva toccate da quando la ragazza aveva lasciato la stanza
il giorno prima a chissà quale ora.
Sorprendentemente, anche i suoi occhi iniziarono a pizzicare a causa
delle lacrime che premevano agli angoli. Shun sospirò per
trattenerle.
"Non riesco ancora a realizzare che non ci sia più" disse
poi.
"Io sono convinta che sia ancora viva, invece"
La decisione con cui Talia pronunciò quelle poche parole lo
commosse. Afrodite li aveva sempre sorpresi con delle miracolose
riprese all'ultimo secondo, tuttavia il Cavaliere era più
propenso a credere che questa volta non ci sarebbe stato nessun
miracolo. In cuor suo, però, dovette ammettere che lo
sperava ardentemente.
L'arrivo di Ayame e delle ragazze aveva ridato un nuovo slancio alle
loro vite. Poche volte, in qualità di Cavalieri, avevano
avuto a che fare con delle donne e quell'esperienza era stata
costruttiva per tutti quanti. A prescindere dai loro compiti di Sacri
Guerrieri, poi, erano nate delle amicizie e delle
complicità, e lui aveva conosciuto Talia e la sua musica. E
tutto quanto era partito dall'arrivo di Ayame.
In quel momento, però, sembrava che tutto questo sarebbe
anche dovuto finire con la dipartita della ragazza.
Ma era ancora troppo presto per pensarci. Bisognava aspettare che le
ferite si rimarginassero, che la tristezza si attenuasse, per decidere
la mossa successiva.
Una persiana sbattè contro il muro del palazzo e Shun,
ancora prima di voltarsi, capì quale era.
Hyoga aveva spalancato la finestra della stanza di Ayame.
Quel luogo non meritava di stare al buio, nè bisognava
rischiare che la puzza di chiuso vi ristagnasse dentro. Per questo
motivo Hyoga spalancò le persiane. Chiuse gli occhi mentre i
caldi raggi del sole lo colpivano.
Teneva ancora Susie stretta in una mano. Era stata lei a ricordargli la
più importante lezione che Ayame gli aveva insegnato.
Reagire. Non lasciarsi sopraffare dagli eventi. Affrontare le
situazioni difficili.
Doveva farlo per lei, per quel sorriso candido che lo aveva illuminato
da bambino, per quegli occhi che l'avevano folgorato da giovane uomo.
Tornò nella sua stanza lasciando quella di Ayame esattamente
com'era, si liberò degli abiti laceri e si concesse una
doccia fredda e rigenerante, quindi uscì senza neanche
asciugarsi i capelli, diretto alla palestra dove si allenavano nei
periodi di pace come quello.
Lì dentro il tempo passò in fretta. Combattere
l'aveva sempre aiutato a non pensare, ed era ciò di cui
aveva bisogno in quel momento. Era solo in palestra, anche se poteva
scommetterci che Shun o chi per lui erano nelle vicinanze, pronti ad
assisterlo nel caso avesse avuto bisogno.
Quello, però, era un ostacolo che doveva superare da solo.
Il tempo per l'aiuto degli amici sarebbe venuto.
Quando guardò di nuovo oltre le vetrate della palestra il
sole stava tramontando all'orizzonte e tutto era tinto di rosso e oro.
Il mare calmo riluceva di quegli stessi riflessi che, giorni prima, lo
avevano accompagnato nel ritorno a casa dopo una magica giornata con
Ayame, iniziata con un pianto sommesso in riva al mare.
Allora Hyoga si accorse che era ancora troppo presto per reagire, che
aveva ancora tante lacrime da versare e che nessuno più di
Ayame le meritava. Prese la bambola che aveva lasciato su una panca
della palestra a guardarlo inespressiva e si diresse verso quella
spiaggia, verso quel tramonto rosso che rapidamente calava
all'orizzonte. Si sedette quindi sulla sabbia fine, lasciando che la
schiuma del mare gli lambisse i piedi nudi.
Pianse silenziosamente, sempre con Susie tra le mani, ritornando a
vivere dei ricordi che si era costruito con Ayame, rimpiangendo i gesti
non fatti, assaporando i momenti intensi, godendo degli attimi di
serenità che lei gli aveva donato.
"Perchè stai piangendo?" gli domandò una vocina
lontana nel tempo e nello spazio, eppure talmente vicina da
costringerlo a sollevare lo sguardo.
Una Ayame bambina lo osservava, sospesa sulla superficie del mare, con
lo stesso vestito, lo stesso cerchietto, la stessa espressione luminosa
di più di dieci anni prima. Non era possibile, non poteva
che essere uno scherzo della sua mente, un miraggio. Eppure lei
inclinò la testa e, senza smettere di sorridere, chiese
ancora "Perchè sei triste, Cavaliere?"
"Perchè sono solo" rispose Hyoga, come aveva fatto da
bambino. "Mi hai lasciato solo"
"Invece non sei solo" ribattè fresca lei. "Ti ho lasciato
Susie, ricordi?"
Hyoga sollevò la bambola e si lasciò sfuggire un
sorriso. "Certo che mi ricordo. E' l'unica cosa che mi rimane di te,
assieme ai ricordi"
"Abbiamo tanti ricordi?" domandò lei, innocente e
inconsapevole di quanto quella domanda facesse male.
"Non abbastanza" sussurrò lui, sempre guardando la bambola.
Silenzio, un leggero sciabordio dell'acqua, e poi un'altra voce
parlò, adulta, vicina, agognata.
"Allora costruiamocene altri"
Hyoga sollevò gli occhi e se la ritrovò
lì, sulla riva del mare, bella come un miraggio ed
evanescente come una dea. Il Cavaliere sbattè più
volte le palpebre, per scacciare le ultime lacrime e per vedere se
quell'apparizione fosse solo frutto della sua immaginazione. Ma ad ogni
battito Ayame era sempre lì, sempre più vera e
bella. Allora si alzò in piedi, guardingo, seguito dagli
occhi verdi di lei. Resto lì impalato a guardarla per
qualche istante, prima di prendere coraggio ed allungare una mano. I
suoi polpastrelli sfiorarono la pelle morbida della sua guancia e Ayame
chiuse gli occhi a quel contatto, inclinando la testa perchè
lui la toccasse con tutta la mano.
"Ayame... " la chiamò infine, e lei riaprì gli
occhi, lucidi e luminosi come se li ricordava.
Furono subito l'uno tra le braccia dell'altra, a piangere e
contemporaneamente a ridere di gioia, a baciarsi ripetutamente per non
dimenticarsi mai più che sapore hanno le labbra di una
persona amata che si credeva persa, ma che poi si è
ritrovata, a giurarsi amore eterno come una coppia di sposi all'altare.
Una volta convintosi che Ayame era lì, che era tornata e che
non se ne sarebbe più andata, Hyoga si decise a lasciarla
andare un attimo per raccogliere la piccola Susie, caduta sulla
spiaggia nella foga di quegli abbracci. Tornò quindi dalla
ragazza e gliela porse.
"Non lasciarmi mai più da solo con lei" la
supplicò mentre gliela porgeva.
"Te lo prometto" giurò Ayame.
"Torniamo a casa?" propose quindi il Cavaliere.
Ayame storse il naso. "La Tata mi costringerà a mettere a
posto la stanza"
"Penso che quello sarà l'ultimo dei suoi pensieri quando ti
vedrà, però sì, è
necessario se vogliamo starci in due là dentro"
"Vuoi venire a stare nella mia stanza, quindi?"
"Se me lo permetterai, starò con te ogni singolo momento da
qui all'eternità"
"Me lo prometti?"
"Te lo giuro"
The end
E siamo giunti alla fine
di questa lunghissima avventura che è stata questa
fanfiction!
Spero di non aver deluso nessuno col finale, ma era già in
mente da parecchio e ci tenevo che fosse questo l'epilogo della mia
storia. Storia che è durata (stento a crederci)
più di due anni o.O (ma sono stata davvero così
impegnata? Bah) ma che, come promesso, ho portato a termine :)
Poichè però mi sono affezionata al personaggio di
Ayame, non mi va di abbandonarlo, perciò le sue avventure
continueranno prossimamente su queste pagine web e spero che qualcuno
le seguirà.
Nel frattempo ringrazio chi ha seguito questa storia, e siete stati in
tanti, in questi due anni, e per fortuna non l'avete mai bocciata ma
siete sempre stati soddisfatti del mio lavoro, anche quando io stessa
non lo ero del tutto. E' grazie a voi e a questo sito se posso
coltivare questa mia passione che è la scrittura,
perciò vi ringrazio di tutto cuore per il supporto :)
Alla prossima avventura!
Martyx
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