Rimedio
naturale a una cosa non detta ~
prompt: #074, voice
Non c’era un vero motivo perché Noodle fosse entrata
nella stanza di Stu quella sera. Ormai era una cosa
tanto naturale che nessuno ci dava più alcun peso. Russel
si preoccupava, un tempo, quando vedeva quel cosino di bambina sfrecciare in
corridoio a piedi nudi, bussare alla porta del tastierista del gruppo e
fiondarsi a razzo nel suo letto non appena lui le apriva, raggomitolandosi
sotto le coperte per non riemergerne più fino al mattino. Forse gli
incubi della piccola avevano un qualche significato, aveva riflettuto talvolta
assieme a Murdoc. Ma Murdoc
non se ne interessava più di tanto. A lui bastava che 2-D riuscisse a
tranquillizzarla abbastanza da permetterle di suonare al meglio nelle prove del
giorno dopo.
Certo,
ora che Noodle era un bel po’ cresciuta e che il suo entrare
nel letto di 2-D non appariva più tanto infantile agli occhi degli altri, gran parte di quella distaccata
condiscendenza era stata rimpiazzata dal fastidio; e l’inquietudine di Russel era salita a livelli massimi. Ma né Noodle né Stu ci facevano
caso. Era semplicemente il prosieguo di un’innocente abitudine, e a loro
stava bene così.
E
anche stasera, quando la ragazza aveva bussato alla porta, 2-D era andato
subito ad aprirle, con la mano incollata alla tempia.
«Di
nuovo le tue emicranie?»
Aveva
borbottato qualcosa di incomprensibile, torturando la cicca tra i denti e
frizionandosi forte la cute, gli occhi socchiusi. Da piccola, Noodle aveva avuto un po’ paura di quegli occhi
completamente neri. Adesso pensava che fossero quelli giusti per lui, gli occhi di Stu-san,
e basta: diversi all’apparenza, vuoti di pensieri, ma buoni e dolcissimi,
come il suo tenerla stretta per farla riaddormentare dopo un brutto sogno.
Sì, perché a volte succedeva ancora.
Masticò
scrupolosamente il chewing-gum finché non sentì che tutto il
sapore era andato perso. Stu era in piedi accanto
alla finestra, un bicchiere d’acqua in una mano, il contenitore di
pastiglie già pronto nell’altra. Si lisciò la gonna, pensosa,
sbirciandolo da dietro i capelli.
«Quelle
ti fanno solo stare peggio.»
Lui
si voltò a guardarla con quelle sue iridi senza sfondo. «Mh?»
«Le
pastiglie. Non risolverai niente continuando a rimpinzartene.»
Stu sbuffò. Seriamente, a volte sembrava lui il bambino del gruppo.
«Mi
fa male, Noods»
si lamentò, come per spiegarle l’evidenza.
«Hai, lo so. Ma ci sono altri metodi per
farlo passare.»
Alzò
un sopracciglio. «Ad esempio?»
Noodle sputò il chewing-gum nel cestino accanto alla
scrivania. Quindi gli si avvicinò, gli sfilò dalle dita bicchiere
e contenitore, lo prese per mano e lo condusse gentilmente verso il letto.
2-D
s’innervosì vistosamente. «E-ehi, Noods, non credo che sia il caso di...»
Lei
lo spinse a sedere contro la testiera. Poi si sfilò le scarpe, gli si
accucciò di fronte e gli prese di nuovo entrambe le mani.
«Chiudi
gli occhi, Stu-san.»
«Cosa?»
«Vuoi
farti passare il mal di testa o no?»
«Ma...»
«Stu-san!»
Lui
l’accontentò. L’accontentava sempre, quando pronunciava il
suo nome con quella nota cocciuta. Ora che erano più vicini alla luce
soffusa della lampada, Noodle vide che era arrossito.
Per un attimo si chiese cosa accidenti gli fosse passato per la testa – ma quanto
era baka, [il suo] Stu-san?!
– ma tornò subito presente a se stessa, e riprese a parlare con
voce calma e lenta.
«Bene,
allora. Concentrati sul dolore. È quella la cosa da mandar via,
perciò devi averlo ben chiaro nella mente. Lo vedi?»
2-D
tacque perplesso. Sembrava ragionevolmente convinto di non poter vedere un bel niente, così a
occhi chiusi. Noodle trattenne un sorriso,
limitandosi a stringerli forte le mani e a continuare a parlare, nello stesso
tono regolare e privo d’inflessioni.
«Sì
che lo vedi. Guardalo; guarda quanta sporcizia c’è nel tuo
cervello: sono le cose brutte della giornata. È quello, il mal di testa. Si è sparpagliato ovunque, in ogni
angolo, in ogni fessura, e farà sempre più male se non lo
spazzerai via. Lo vedi, vero?»
Straordinariamente,
2-D si accigliò e annuì piano piano,
come se non ci credesse del tutto.
Noodle non gli lasciò andare le dita, ma mosse le mani
in modo da fargliele chiudere quasi a pugno, serrandole con le sue attorno a un
oggetto invisibile.
«Adesso
prendi questa scopa, così, e spazziamo via tutto. Va bene?»
Lo guidò
nel movimento, facendogli ‘ripulire’ il suo stesso cervello. Stu la seguì con silenziosa docilità. Forse la
giudicava una stupidaggine; tutti
erano naturalmente inclini a giudicarla una stupidaggine. Ma Noodle era consapevole della portata emotiva di quel
semplice esercizio.
[ Non ricordava chi le
avesse insegnato a farlo, ma doveva essersi trattato di una persona molto
importante. ]
«Vedi,
Stu-san? Della sporcizia abbiamo fatto un cubo. Sentilo,
toccalo.»
Le mani
di Stu toccavano l’aria, ma il suo inconscio di
certo sentiva il dolore di cui doveva
sbarazzarsi. Lo vide annuire di nuovo, appena prima di stringerli ancora le
mani perché afferrasse saldamente il fantomatico cubo e – «E
adesso, lo buttiamo via» – lo gettasse in un fantomatico cestino.
Passò
qualche lunghissimo secondo di silenzio; nuovo, questo, e più leggero. Non
aveva bisogno di stare nella testa di Stu per
rendersene conto. E, a dirla tutta, sembrava molto più piacevole stare qui fuori a sentire il calore delle sue
lunghe dita affusolate, così... così perfette per suonare uno strumento delicato come il piano. Oh, Kami –
adesso era la sua testa ad andarsene
per conto proprio.
«Funziona,
Noods» esclamò 2-D, ancora a occhi
chiusi, così all’improvviso da farla quasi sussultare. «Il
mal di testa è... è sparito.»
Noodle annuì, anche se lui non poteva vederla. «Hai, Stu-san. L’hai
mandato via tu, no? E adesso pensa a un bel posto in cui ti piacerebbe trovarti.
Ti farà stare ancora meglio, vedrai.»
Ci pensò
su per un solo istante. E poi le rispose come se fosse la cosa più
naturale del mondo.
«Qui
va bene. Ci sei tu con me.»
No;
questa volta non riuscì a sopprimerlo, il sorriso. Era un bene che lui
non avesse aperto gli occhi.
Dopo,
Noodle non seppe spiegarsi con esattezza come, quando e perché avesse
scelto di approfittare della cosa per raggiungere il suo volto e fare quel che
stava facendo – si rese conto soltanto vagamente che questo avrebbe infastidito Murdoc e
allarmato Russel oltre ogni dire; e intanto 2-D ebbe
tutto il tempo di riprendersi dallo shock, recuperare fiato e iniziare a ricambiarla.
L’unica
cosa che pensò chiaramente era che – oh, Kami – le labbra del suo Stu-san
erano morbide quanto le sue dita.
Nota: Questa la dedico alla
mia amica Ska, che con ogni probabilità non la leggerà mai, ma
che mi ha ispirata da morire col suo rimedio naturale ‘mal di testa =
spazzatura’ :D Non l’ho ancora provato in prima persona, ma pare
che funzioni e che suo padre ne sia un grande esperto. Alla mia prossima
emicrania saprò sicuramente a chi rivolgermi u__ù
Significati dei termini giapponesi pronunciati/pensati
da Noodle: hai
= sì, baka
= stupido, Kami
= Dio. –san è il
suffisso utilizzato con i nomi propri per esprimere rispetto e ammirazione.