Diamond Dust

di fleurboheme
(/viewuser.php?uid=138385)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


ANTEPRIMA

 
 
 
  Aveva appena buttato giù il quinto bicchiere di whiskey, quando fu tentato da chiederne un sesto. Lo sbatté con forza sul bancone e subito una donna sensuale gli si piombò dinanzi con una bottiglia di Jack Daniels in mano, pronta a versarglielo.
«No. Per oggi basta così, altrimenti chi la vuole sentire mia moglie!», disse seccato, scostando il bicchiere.
  La giovane donna sorrise e ansimò amichevolmente come se quella fosse l’ennesima volta che lui faceva visita al locale per affogare i suoi dispiaceri coniugali o chissà quali altri problemi che lo spingevano a comportasi in quel modo. O forse era soltanto il solito marito disperato, insoddisfatto della propria vita matrimoniale, attratto dalle belle donne e pronto a rimorchiare qualsiasi cosa si muova, abbia due gambe ed un bel davanzale! D'altronde chi poteva biasimarlo? La barista era davvero una bella donna. Tutti gli uomini che frequentavano quel bar ne erano ammaliati, probabilmente per la folta chioma rossa che sfoggiava soddisfatta alla clientela. Che dire: astuta mossa! Dopotutto le mance erano anche alte.
«Come vuoi John.», rispose la donna ridacchiando.
  L’uomo si alzò di scatto dallo sgabello e barcollante si allontanò verso l’uscita. Percorse l’intera sudicia sala vuota e prima di andarsene dal locale, accennò il suo solito saluto fugace e con un “ci si vede” si congedò.
  Di notte le strade di Jacksonville erano sempre deserte. Nessuna anima viva. Solo il misero John reduce da una sbornia, fermo, lì, sul ciglio della strada. La gelida notte taciturna di Dicembre faceva sentire la sua presenza: il freddo penetrava nelle ossa e raggelava le vene, impedendo di respirare liberamente. Inerme, rabbrividì e con passi spediti ed incalzanti attraversò la strada e si prestò verso l’auto posteggiata nel piazzale antistante il bar.
  D’improvviso un sordo tonfo in lontananza. John sobbalzò e si voltò di scatto.
«Chi c’è?», urlò; e subito si ritornò immersi nel silenzio che avvolgeva le tremanti membra.
  Rapidamente affondò le mani sudate ed impacciate nelle tasche per recuperare le chiavi. Aprì la portiera e nelle vicinanze un altro tonfo spezzò la quiete. Sussultò. «Chi c’è?», ribadì con voce tremolante. Il viso si impallidì.
  Poi un susseguirsi di tonfi, sempre più vicini. Il cuore incominciò a battere pressante e all’impazzata, a tal punto che il corpo quasi non avvertiva più l’aria gelida che la sera nutriva.
  Successivamente si udì un tenue fruscio di fronde provenire dal fondo del vicolo. Lentamente John si allontanò dall’auto e si approssimò a passi felpati verso i cespugli, addentrandosi nella buia foschia che impregnava il luogo. «Allora? Chi c’è?», insisté. Il panico si innalzò e lo si percepiva fortemente dal tono assillante della voce. Altri sfruscii. Poi sbucò dal nulla: un gatto, che, infastidito, si gonfiò drizzando il pelo, sentendosi quasi minacciato.
«Stupido gatto!», sbraitò, con il cuore in gola.
  Irritato, l’uomo montò in macchina e sospirò pesantemente. Per un attimo gli sembrò che il suo cuore si fosse fermato, solo per una frazione di secondo. Scuotendo la testa rassegnato, fu sul punto di partire, quando intravide scorgere da lontano una sagoma nera avvicinarsi a rilento.
«Ma che diavolo..?»
Poi un tonfo assordante sul parabrezza; un tappeto di detriti e vetri schiantati; fiumi di sangue che straripavano; ed infine urla mozzate di dolore che, riecheggiando nell’aria stantia, salutavano la notte.

 





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=757095