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Nick (sia del Forum che del sito se sono diversi): Lalani
• Titolo: Il Gioco di Dio
• Personaggi (pairing se presenti): Lord Voldemort. Personaggi
minori(citati): Basilisco, Mirtilla Malcontenta, Tom Riddle Sr, Merope
Gaunt, Bellatrix Lestrange, Harry Potter.
• Pacchetto: Il Cairo
• Citazione: Il mondo è come un palcoscenico, ma le
parti sono mal distribuite. (O. Wilde)
• Canzone (se usata): E fuori è buio(la citazione
è in corsivo)
• Genere: Generale Introspettivo
• Raiting: Giallo
• Avvertimenti: One-shot
• Introduzione: Dio indossa una maschera dorata. È
ammantata di potere e trasuda sangue; secerne forza e disperazione, le
due forze che sorreggono il mio trono. E gli umani non possono guardare
il mio viso, le mie guance, le mie iridi perché indosso la
preziosa maschera di una divinità.
Perché io sono un dio.
• NdA: Eccomi al mio primo Contest su Harry Potter! Ora
vedrò di spiegare il nel modo più semplice
possibile questa storia. La citazione che ho scelto mi ha suggerito
l’idea del gioco delle parti, ovvero “ognuno
indossa una maschera e non mostra mai il suo volto”( ci tengo
a precisare che, ovviamente, la maschere non sono reali, ma figurate,
astratte). In questo caso Voldemort se ne
“costruisce” una dorata, perché egli si
crede un dio…e quindi ha il diritto di giocare con il mondo
e con i suoi abitanti come se fossero inanimati e di sua
proprietà.
Le prime frasi sono un breve prologo( collegate all’epilogo).
La prima sezione invece inizia con sette asterischi che
indicano il settimo comandamento, ovvero non rubare: a Tom non era mai
andata giù di non poter rubare, né
all’orfanotrofio( Silente infatti, nel Principe Mezzosangue,
lo costringe a restituire i suoi piccoli trofei) né a
Hogwarts. Ma al quinto anno Tom aizza il Basilisco della camera dei
segreti e uccide Mirtilla. Dato che non l’ha propriamente
uccisa lui, vede questo avvenimento come un furto e non come un
omicidio.
Seconda sezione/quattro asterischi /quarto comandamento/ Onora il padre
e la madre: Tom uccide il padre( la vendetta in nome della madre
amata/odiata è una mia interpretazione).
Terza sezione/ Tre asterischi/ Terzo comandamento/ Ricordati di
santificare le feste: prime azioni ai danni dei Babbani attuate dai
Mangiamorte. L’unica festa che sono riuscita a collegare a
Voldemort è il suo compleanno, il 31 Dicembre.
Quarta sezione/ Nove asterischi/ Nono comandamento/ Non desiderare la
donna d'altri: prime missioni di Bellatrix. Ho voluto mostrare un
Voldemort allo stesso tempo ammirato e irato per la sfacciataggine
della sua adepta( quindi non c’è desiderio
amoroso^^’)
Quinta sezione/ Un asterisco e due asterischi/ Primo e secondo
comandamento/ Non avrai altro Dio all’infuori di me e Non
pronunciare il nome di Dio invano: sezione direttamente collegata con
la quarta… e questi sono piuttosto ovvi^^’.
Sesta sezione/ Otto asterischi/ Ottavo comandamento/ Non dire falsa
testimonianza: direttamente collegato con il prologo,
l’epilogo si sposta alla fine dei “Doni della
Morte”, quando Harry, ormai consapevole della sua sorte,
raggiunge Voldemort nella Foresta Probita. Voldemort mente a se stesso,
perché non può negare che la forza di Harry non
gli incutono timore. E nel momento che Voldemort elimina il suo settimo
Horcrux e sviene anch’esso, sente il suo potere divino
svanire.
Dio indossa una maschera dorata.
È ammantata di potere e trasuda sangue; secerne forza e
disperazione, le due forze che sorreggono il mio trono.
E gli umani non possono guardare il mio viso, le mie guance, le mie
iridi perché indosso la preziosa maschera di una
divinità.
Perché io
sono un dio.
Il
Gioco di Dio
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I miei occhi erano chiusi, dietro la maschera d’oro.
Era snervante, era irritante, ma lui era diventato una
divinità prima di me e aveva il diritto di accecare, di
dilaniare, di corrodere qualsiasi iride che avesse voluto scorgere le
sue.
Però mi accarezzò le dita, piano piano. Pelle,
unghie, polpastrelli.
“Giochiamo, Tom?”.
Lo seguii, cieco, come un adepto al cospetto di un dio fugace e
onnipotente.
“Non ho mai potuto rubare niente; sono sempre stato costretto
a restituire il mio bottino, i miei tesori. Non mi hanno mai concesso
il lusso del furto, il lusso del potere dorato” sibilai irato.
E lui mi guidò, mi promise forza e potenza, mi promise la
vittoria, con quegli occhi dorati, quegli occhi divini che non avrei
mai potuto ammirare.
Un altro sibilo e un singulto.
Solo un singulto, perché quella notte non fu macchiata da
grida o suppliche.
Corsi via, euforico, esaltato, con le dita straripanti di potere; mi
voltai appena, pochi metri dopo, e vidi la caviglia di Mirtilla, morta
e opalescente. E risi, risi, risi: il mio dio dagli occhi dorati, il
Basilisco, mi aveva accompagnato nel mio primo vero furto.
Avevo rubato una cosa che non mi potrà essere tolta, che non
potrò mai più restituire.
Avevo rubato una
vita.
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Un altro scricchiolio, lieve.
“Non te lo ricordi nemmeno, vero?”.
Lieve lieve.
In fondo, è
solo un gioco.
Il gioco del potere.
Era davvero affascinante sentire le costole di mio padre gemere come
innumerevoli campane. Il suo respiro, invece, era il cupo suono del
mare imprigionato in una conchiglia.
Guardai Tom Riddle Senior e avrei voluto vomitare, avrei voluto rompere
tutte le ossa del mio viso perfetto…perché si
erano annidate e disposte tra la carne delle guance proprio come le
sue. L’ espressione in cui si contraeva il suo viso, era la stessa che avrei potuto
assumere io. Disgustoso.
Avanzai verso di lui. Sentii il suo cuore scricchiolare. Era
inginocchiato, impotente, e mi divertii a far penzolare la bacchetta
davanti ai suoi occhi. Risi: le sue pupille la seguivano, ansanti, come
un lattante mentre cerca il seno materno.
Non riusciva a guardarmi negli occhi. Non poteva guardare il volto del
potere e la maschera d’oro di un dio.
Ogni uomo deve onorare i propri genitori, e io ti onorai e ti vendicai,
madre.
Il mondo è
come un palcoscenico, ma le parti sono mal distribuite.
Avresti potuto indossare la maschera di una regina, una
maschera fatta di perle e di cristallo per illuminare gli occhi
luminosi della sacra discendente di Salazar Serpeverde…e
invece non fosti altro che una puttana, morta in un covo di Babbani.
Mio padre morì e, in un attimo, era solo un ammasso di ossa.
Ossa che un giorno riuscii ad onorare.
Ti piace, padre? Ti
piace essere lo scheletro che sostiene il corpo di un dio?
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“I Babbani ci stanno facendo concorrenza!”.
Le risate rauche dei miei Mangiamorte fecero tremare l’aria
uggiosa, bagnata dalla neve invernale.
Rosier rimarcò la sua esclamazione sputando a terra
disgustato, subito imitato dai colleghi: i fuochi artificiali dei
Babbani, fragorosi e luminosi, sembravano voler superare quelli magici.
Macchiavano la notte di fumo, di scintille e colori sgargianti, futili
e volgari.
Rivolsi il mio sguardo ai Mangiamorte: le loro maschere, sottili e a
forma di teschio, erano le uniche che non nascondevano la loro anima,
ma la rivelavano al mondo. Dipingevano i loro volti di forza,
fedeltà e sicurezza: plasmava e rifletteva le loro
convinzioni, mentre nascondeva il perbenismo imposto dalla
società ed eliminava le loro precedenti maschere, scialbe e
mal distribuite.
Io ero il loro dio,
colui che aveva dato loro la libertà.
Un ultimo sprazzo dorato squarciò il cielo e la mia maschera
divina.
“Direi che è ora di mostrare loro la vera magia.
Andiamo a giocare” sussurrai mentre i Mangiamorte abbassavano
gli occhi, abbagliati dalla mia maschera aurea.
Era il trentuno di Dicembre, il giorno del mio…compleanno.
Oh, che pensieri sentimentali e soavi attraversavano talvolta la mente
di un dio.
Era il trentuno di Dicembre, e tutti speravano che quel giorno finisse
al più presto per poter scatenare la gioia per
l’avvento del nuovo anno.
Ma quell’anno, in quella notte ghiacciata, dovettero
trattenere l’euforia: quel trentuno di Dicembre
finì solo la mattina dopo, quando solo ossa, sangue e corvi
poterono festeggiare.
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Bellatrix Lestrange possedeva una maschera di sfacciata bellezza che
mal si addiceva al suo ruolo: figlia disciplinata, moglie devota e
remissiva portatrice di sangue più puro e limpido.
Era una maschera talmente grottesca e così poco
adatta a quella bambina dall’anima nera che a volte ero
tentato di strappargliela, di romperla, anche se esisteva il rischio di
dilaniare il suo viso e di strappare la sua pelle perfetta.
Bellatrix era un goccia di petrolio che cercava disperatamente di
raggiungere il fondo del mare.
“Dimmi, bambina…ti stai divertendo?”
Il giovane sussurrava parole sconnesse e guardava il cielo, come se
sentisse l’inferno nel cuore e pregasse il suo Dio di
soccorrerlo.
Ma l’unico dio
era potente e dorato.
Ed ero io
quell’unico dio.
“Molto, mio Signore, molto!” ridacchiò
la ragazza con una voce da bambola. “Mai divertita
tanto” sussurrò, dolcemente: era una direttrice
d’orchestra e la sua bacchetta creava atroci sinfonie sulle
ossa mortali di quel giovane mago che aveva oltraggiato il mio nome.
Si voltò e mi guardò; guardò me, il
suo dio, negli occhi, oltre la maschera d’oro.
Ogni sorriso
è oro, sulle sue labbra mortali e sottili.
Un giorno le toglierò sia la sua maschera di sfacciata
bellezza sia quella da Mangiamorte, e la costringerò a
guardare nell’abisso dei miei occhi, del mio potere, del mio
perverso gioco divino.
Un giorno la spezzerò.
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Un giorno la distruggerò, perché non è
altro che una delle mie pedine, dei miei giocattoli.
Ma per il momento è meglio usufruire della folle potenza e
della sua dorata devozione.
“Ancora, Bellatrix, ancora…insegna a tutti i maghi
del mondo a non pronunciare il mio nome invano”.
Insegna loro che non
avranno altro dio all’infuori di me.
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Dio indossa una maschera dorata.
È ammantata di potere e trasuda sangue; secerne forza e
disperazione, le due forze che sorreggono il mio trono.
E gli umani non possono guardare il mio viso, le mie guance, le mie
iridi perché indosso la preziosa maschera di una
divinità.
Perché io
sono un dio.
Eppure lui mi guarda senza rispetto e senza paura. Ed ha degli occhi
così limpidi, innocenti e duri.
Finalmente, dopo anni di tentativi, li tingerò di smeraldo,
li colorerò con le tonalità della
morte. E lui lo sa.
Ma non combatte, non si difende, non supplica: mi guarda, con gli occhi
di sua madre.
“Avada Kedavra!”
Io sono un dio, e non
temo nessuno.
Io sono un dio e non
dovrei mai mentire.
Lui crolla, rovinosamente, e dovrei gioire.
Ma, in un attimo, la mia maschera dorata e il mio potere aureo si
sbriciolano.
Il mio gioco
è finito.
Ecco il mio esordio nel fandom di Harry Potter!
Sono molto felice di essere la seconda classificata al City Contest, e
rinnovo i miei complimenti alle podiste e alle giudicie!
LaLa
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