scritta per
The Vampire Geometry Festival al prompt Anna/Katherine/Pearl
#"Salvala"
Insane
saviour
La stanza
era scura, odorava di umido e sudore. Gli occhi di Katherine faticarono
per
un attimo ad abituarsi all’oscurità, e il naso
colse un odore pungente di verbena.
Improvvisamente
si mise in allerta.
Digrignando
i denti si voltò verso la donna, l’umile moglie di
un guaritore, e le strinse la gola con una mano guantata di pelle nera.
«Perché
c’è verbena nella stanza?»
sibilò sospettosa.
La
donna tremò, con le pupille dilatate Katherine
riuscì a intuire il pallore delle sue guance.
«Avevo
paura. Voi e il vostro compagno-» cercò di
rispondere con tranquillità.
«Non
è il mio compagno.» la corresse stizzita la
vampira, senza mollare la presa.
La
donna si morse un labbro e deglutì «So cosa siete,
e so come vivete. All’inizio credevo che la malattia di mia
figlia fosse dovuta a voi: pensavo vi steste nutrendo di lei.»
Katherine
inarcò un sopracciglio e la lasciò andare.
La
donna si massaggiò il collo con una mano e poi
riassettò i capelli neri.
«Non
avrei mai toccato vostra figlia, il sangue delle ragazzine come lei
è acerbo. Inoltre mi siete
simpatica.»
Fece
qualche passo verso il letto incassato contro la parete in fondo alla
stanza. Avvolta tra strati di coperte, una giovinetta con lunghi
capelli castani gemeva in uno stato tra sonno e incoscienza. Le ciocche
ondulate erano impregnate di sudore e le stavano attaccate alla fronte
e alla gola, sotto gli occhi serrati poteva notare il movimento
convulso delle orbite.
Katherine
inclinò il volto e le passò una mano sulla
guancia scolpita. Al contatto con la sua pelle fredda, la ragazzina
parve trovare un lieve sollievo al calore infernale della febbre.
«Ti
prego, salvala.»
Non
c’era tempo per l’etichetta e le cortesie formali.
La voce tirata e supplicante della donna le strinse un nodo in gola.
Katherine si
girò verso di lei e la guardò seriamente,
prendendosi il tempo anche di osservarla.
Era
più alta di lei, più vecchia, umanamente
parlando. Gli occhi forti e vitali in quel momento trasmettevano
un’angoscia profonda, ed erano velati da un sottilissimo
strato di lacrime che la signora si sforzava di non far cadere.
C’era
forza in lei.
Ormai
abituata al buio, Katherine notò una lieve
rigidità alla mascella della donna, e sforzò i
suoi occhi da predatore per vedere un livido scuro profilarsi da sotto
il nascondiglio dei capelli.
«Vostro
marito è solito picchiarvi?» domandò
con leggerezza, alzando il mento con pacato interesse.
La
donna si irrigidì e drizzò la schiena, facendo
valere tutta la sua altezza.
«Mia
figlia ha bisogno di aiuto.» ribadì.
«Questo
l’ho ben visto. Ma è un’altra cosa che
mi interessa ora. Ripeto: vostro marito è solito
picchiarvi?» chiese con più decisione.
«Come
ogni uomo che io conosca, quando beve o è
contrariato.» rispose la donna con freddezza.
I
lineamenti di Katherine si rilassarono appena, e passò le
punte di due dita sugli zigomi pronunciati di quella madre.
Pearl,
si chiamava.
«Siete
una bellissima donna, non dovreste farvi sottomettere da un uomo gretto
che non sa distinguere l’aconito dalla belladonna.»
Pearl
strabuzzò gli occhi, e Katherine sorrise «So
perfettamente che siete voi la vera guaritrice di questo villaggio.
Potreste avvelenarlo senza che lui lo sappia. Perché
sopportate?»
«Una
donna ha bisogno di un uomo in questi tempi. Non ho la forza di
contrastare molestatori, non posso lavorare senza che la gente mi
giudichi. Non so come fosse alla vostra epoca, né quando
questa sia stata, ma io devo ritenermi fortunata di saper leggere, e
questa è l’unica libertà che mi
è concessa.»
Rispose
con calma e metodicità tali da far intuire a Katherine
quanto odiasse la sua condizione. Quella donna era sprecata nel luogo
in cui stava.
La
giovane sorrise maliziosamente.
«Se
vostra figlia rimanesse sola, cosa accadrebbe?»
continuò, ignorando la crescente ansia di Pearl.
La
donna sbiancò e si irrigidì ulteriormente
«Non oso immaginarlo. I suoi fratelli non si interessano a
lei, sono già sposati da tempo, e mio marito… non
voglio pensarci.»
Il
sorriso di Katherine si allargò. Si morse il labbro,
divertita, e volse di nuovo lo sguardo alla ragazzina sofferente nel
suo letto.
Si
sfilò il guanto dalla mano destra e sollevò la
manica, scoprendo il polso.
«Bene.
Salverò vostra figlia.» morse le vene esposte a
sangue, e si inginocchiò di fianco alla piccola,
sollevandole il capo mentre le poggiava il polso ferito sulle labbra.
«Con
una madre del genere, potrebbe diventare una creatura
formidabile.» spiegò genuinamente interessata.
Pearl
trattenne il fiato, e Katherine si guardò bene dal girarsi
verso di lei, per lasciarle l’intimità delle
lacrime che stava versando.
«Grazie.
Davvero non so come ringraziarvi. Io…»
iniziò con voce rotta.
«Troverete
il modo.» concluse lei con un sorrisetto e allontanando il
polso dalle labbra arrossate della ragazzina.
Pearl
guardò la figlia con un amore che sconvolse Katherine.
Sentì una puntura fastidiosa all’altezza del cuore.
Si
rialzò velocemente lasciando spazio alla madre, che
cercò le mani della ragazza sotto le coperte e le strinse
tra le sue.
«Vedrai,
Annabel, starai bene. Andrà tutto bene, la mamma
è qui.» le sussurrò commossa. Si
girò verso Katherine, guardandola andare via.
«Grazie.
Il vostro segreto è al sicuro con me, ve lo giuro.»
«Non
ne dubito. Ma aspettate che sia salva per ringraziarmi.»
Era
di fronte alla casa di Pearl, e passava il tempo giocherellando con il
suo ciondolo, quando vide la donna uscire correndo, con il volto
sfigurato dal dolore. Non sembrava nemmeno la stessa persona di due
giorni prima.
Pearl
cercò di avventarsi al collo di Katherine, ma la vampira la
evitò con facilità.
«È
morta!» gridò piangendo «Avevate detto
che l’avreste salvata!»
Le
si gettò contro con ira e disperazione, ma ancora una volta
Katherine non si preoccupò e le prese i polsi tra le mani,
abbracciandola.
«È
quello che ho fatto.»
La
guardò negli occhi, e Pearl si sentì inghiottire
nel vortice nero delle sue pupille.
«Andate
a casa, radunate i vostri averi, denaro, vestiti, tutto quello che
può servire, e fate in fretta. Tra poco tornerò
con il mio amico e un carro.»
Pearl
annuì con le guance rigate dalle lacrime e gli occhi
rabbiosi «Mia figlia…»
«Tra
poco sarà in salvo anche lei. Ma dovremo
sbrigarci.» le assicurò Katherine.
«Va’ ora.»
Pearl
annuì ancora e tornò dentro casa con passo svelto.
La
vampira sorrise, osservando la gonna agitarsi tra le gambe snelle della
donna, e i lunghi capelli neri accarezzarle la schiena. Era veramente
stupenda.
Da
quando aveva lasciato la Bulgaria, non ricordava di aver mai avuto
un’amica. Le mancava quella sensazione. Voleva
riappropiarsene.
«Sarete
salve tutte e due.» sussurrò compiaciuta.
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