Missing
Memories
Parte
prima
Lì ero al sicuro, lo sapevo.
Quel silenzio, quella tranquillità, quel lieve
scroscio…
Quel luogo era capace di allontanarmi da tutto, persino dal mio dolore.
Ma, talvolta, sfogarsi è l’unico modo per sentirsi
meglio.
Era da tempo che non venivo quassù, forse due o tre mesi, ma
l’atmosfera non aveva perso quella veste maliarda di cui mi
ero innamorata.
L’odore di salsedine, il lieve rumore delle onde che
s’infrangevano sugli scogli, il fresco venticello mattutino
m’inebriavano i sensi ancora una volta, portando via le
lacrime e ridandomi un po’ di quella speranza che ormai era
andata perduta.
Troppo tardi, pensai incurvano le labbra in uno stanco sorriso.
Ero esausta, madida di sudore e di lacrime, con i vestiti laceri e
ancora sporchi di sangue. Avevo corso per disperazione, per rabbia, ma
la meta era proprio questa.
In grembo stringevo quel piccolo, frusto quaderno, lo stesso che per
anni aveva sostenuto i miei sfoghi. Le sue pagine straripavano di
frustrazione, di sentimenti che una ragazzina come me non avrebbe mai
dovuto provare.
Lo portai al petto, poi lo aprii all’ultima pagina, quella
della mia vita.
L’amaro in
bocca,
la vista che
vacilla,
l’immagine
che sfoca.
E il pensiero,
la muta
consapevolezza
di una vita
calpestata.
La mia.
Così
cambio strada,
lascio i miei
ricordi
che raccontano
di quel passato.
Mai esistito.
Tra le mani
non ho nulla,
stringo
polvere,
annego in quel
terriccio ignorato.
Ho lasciato
tutto,
e allora
farò quel salto,
l’ultimo
bacio gelato.
Risi.
Accarezzai quella pagina, poi la strappai e permisi alla brezza marina
di portare con sé quelle parole, quell’odio che
nutrivo dentro. Lo feci ancora, e ancora, pagina dopo pagina, versi e
versi di rancore, singhiozzi, sogni e desideri mai realizzati. Il vento
si portò via tutto. Anche la mia anima.
Mi rimisi in piedi e feci gli ultimi passi barcollando. Ero debole.
La testa girava e il respiro si faceva sempre più
accelerato. Non ne potevo più.
Io ero la brava ragazza, la moglie disponibile, la figlia ubbidiente,
ma nessuno si era mai fermato a pensare a chi io fossi veramente. Una
bambina.
Sempre ad abbassare il capo, a chinare la schiena, a fare
l’adulta responsabile. Io volevo solo essere una bambina. E
lo ero ancora.
Fragile, impaurita, riuscivo a malapena a sorreggermi sulle gambe.
Ventisei anni di sottomissione.
Non contavano i miei sogni, le mie passioni. Era lui a decidere. Loro.
E io stavo zitta, annuivo, sorridevo. Fingevo.
Erano gli anni in cui una donna poteva solo sperare in un buon partito.
Il resto della vita rimaneva di contorno.
Mi avvicinai al dirupo, dove la roccia finiva e l’acqua
dell’oceano era agitata e profonda.
Avevo sempre amato l’acqua, quella ghiacciata,
l’odore di purezza. Ogni sera mi ritiravo per il bagno,
l’unica ora della giornata che potevo concedermi, e mi
immergevo nella grossa tinozza con un sospiro di sollievo, avvolta da
un gelido ma confortante abbraccio. Non la scaldavo neanche, tutto quel
freddo mi dava l’impressione di poter lavar via ogni male,
rancore o ferita che possedevo.
Portai una mano sul ventre, non era più gonfio. Come mi
sentivo vuota, ora…
Il seno… Il seno invece pungeva terribilmente.
Se solo avessi potuto ricominciare, le cose sarebbero andate
diversamente, ma ero una bimba con un fragile cuoricino e le violente
scosse che aveva subito lo avevano distrutto completamente. Non avrei
mai smesso di piangere.
Basta soffrire, ero stanca di quella vita. Volevo solo abbandonare
tutto, e che Dio mi
accolga tra i suoi angeli servitori. Il paradiso almeno
non conosceva dolore.
Aprii le braccia, inspirando ancora una volta l’aria pura di
quella fosca mattina.
E quel volo, lo spiccai davvero.
Eccomi
di nuovo qui, con un'altra storia da proporvi!
In realtà, questa fanfiction l'avevo già
pubblicata anni addietro, ed era rimasta terribilmente incompiuta...
L'ho ripresa in mano quest'oggi, l'ho riletta e l'ho sistemata,
correggendo qualche errore infantile, e l'ho postata ora con
l'obbiettivo di portarla a termine a breve :)
È nata con l'intenzione di essere lunga non più
di sette o otto capitoli, e non ho intenzione di allungarla
inutilmente. La trama è sempre stata presente nella mia
testa, quella è e quella rimane xD
Spero di regalarvi qualche emozione, magari con un po' di
originalità vista la coppia ;) Anche loro, in fondo,
meritano un po' d'attenzione, non credete? ^^
Spero vi abbia intrigato questo primo capitolo, vi assicuro che i
prossimi saranno più interessanti xD
Aspetto i vostri commenti (molto
cattivi, mi raccomando! xD).
Un bacio!
Ne approfitto per ricordarvi l'altra mia long-fic su Twilight.
Infantility
Fiction molto dura, ambientata durante le vicende di Eclipse e, in
seguito, di Breaking Dawn. Non si tratta della solita storia
sdolcinata, piena di amore e problemi di coppia. No, questa storia
vuole ritrarre qualcosa di doloroso, di cupo e drammatico. Qualcosa di
immutabile. Qualcosa che la Meyer ha giusto accennato e qualcosa di cui
molti di noi si sono dimenticati.
Ci sarà passione, delusione, gelosia, rabbia e malinconia.
Ci saranno lacrime, ferite, ricordi dolorosi, tradimenti.
E ci sarà lei, l’innocenza e la morte. La piccola,
dolce, spietata Meredith.
Certe cose sono fatte
per andare e venire, il tempo è fatto per essere passato,
presente e futuro, altrimenti nulla avrebbe più davvero
senso. Ma la verità è che il cambiamento era un
privilegio che ci era negato e vivere iniziava a perdere di
significato.
Ecco perché
ci trovavamo sul tetto di un palazzo, quella notte. Stavamo dando un
senso a ciò che eravamo.
Questa fanfiction si
preoccupa di sensibilizzare il lettore, in maniera metaforica, sugli
aspetti di una rara malattia psicosomatica: l’infantilismo.
Hilary
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