1Il
titolo è preso dall’Inferno dantesco, in riferimento a
Ulisse e Diomede, uniti nella stessa fiamma. Mi sembrava azzeccato, come
parallelo. (:
Disclaimers:
Nulla mi appartiene, tutto di dell’amatissima Rowling. <3
Dentro da la
lor fiamma si geme
Avvertiva
il castello sciamare come un alveare.
Per
la Dama Grigia – che da sempre preferiva il silenzio dei libri e poche, dosate
parole – il vociare di studenti e insegnati, concitati a causa dell’imminente
attacco, era tedioso.
I
suoi protetti seguivano il professor Vicious, chi
urlando, chi cercando con lo sguardo un amico, chi con un cipiglio deciso e la
fronte sudata.
Lei,
invece, fluttuava placidamente vicino a uno stendardo Corvonero
– emblema di sua madre, odiato in gioventù. Col tempo, seppur con riluttanza
durante i primi lustri, quel punto alto si era tramutato
nel suo osservatorio. I rapporti umani erano così mutevoli da essere sempre
avvincenti, forse perché non avrebbe potuto mai più sfiorare le pagine di un
libro, forse per il rimpianto verso la vita che la ancorava al castello.
Chissà
cosa avrebbe detto Rowena, di quel suo nuovo modo di applicarsi. Sua madre le
rimproverava sempre di stare troppo al chiuso, a macchinare come elevare la sua
fama al di sopra di Rowena Ravenclaw. Godric, il camerata di
sua madre, la prendeva in giro.
La
ricerca sul campo era fruttuosa, doveva ammetterlo: aveva costruito schermi di
sociologia, li aveva memorizzati, li verificava ogni giorno sugli studenti.
Tuttavia i suoi preziosi teoremi rischiavano di crollare, sconfitti
dall’imprevedibilità umana.
Nei
secoli, osservando, aveva raccolto talmente tanto materiale da poter scrivere
pagine e pagine. Tuttavia ora, che non poteva
impugnare una piuma, il suo lavoro era inutile. Cos’altro
poteva fare, da fantasma? Di tanto in tanto dava una mano agli studenti, o
suggeriva loro qualche idea. La atterriva il pensiero di tanti buoni spunti
lasciati in un terreno sterile: lei
stessa.
Quei
ragionamenti l’avevano temporaneamente allontanata dalla realtà, così, quando
si aprì di getto la porta della Sala Comune, si trovò a sobbalzare sorpresa.
Seguì con gli occhi pallidi alcuni Corvonero che
entrarono correndo e incespicando, guardandosi alle spalle con il terrore negli
occhi. I Mangiamorte, neri come avvoltoi, si
mischiavano a loro, e incantesimi di ogni genere sprizzavano scintille
colorate, distruggendo quelli che, da troppo tempo e per molti secoli ancora,
erano suoi alloggi.
Poi,
arrivò il Barone. Inavvertitamente la Dama Grigia si
lasciò sfuggire un suono strozzato, toccandosi la
fronte, là dove un tempo aveva appoggiato il diadema di sua madre nello
sciocco, infantile desiderio di possedere la conoscenza assoluta. Quale folle
era stata portarsi quell’ambizione nella morte, fantasmizzarsi
per ricercare ancora. Una sete maledetta quasi quanto la sua ostinazione a
umiliare in qualsiasi modo il Barone.
Lui
l’aveva amata come nessuno mai, né in vita né in morte, la amò. D’una passione che aveva consumato il suo raziocinio; e lei
non aveva fatto altro che alimentare quel fuoco, attizzandolo con commenti
sprezzanti su ogni sua impresa per conquistarla.
Era
stata una ragazza intelligente ma sciocca.
Allora
non sapeva nulla della natura umana e dove poteva spingersi. L’aveva imparato
ben presto, quando la lama della spada del barone le aveva trafitto il cuore.
Quello che fece del suo corpo, fortunatamente, non lo ricordava: era già
trapassata ma quello che raccontavano le leggende le era bastato.
Trovarlo
a Hogwarts l’aveva riempita d’orrore, inizialmente.
Si nascondeva dai suoi vestiti impalpabili su quali, tuttavia, s’indovinavano
le macchie del suo sangue,
leggermente più scure.
Il
tempo aveva levigato le paure e i risentimenti, come fanno i ghiacciai con le
montagne.
Non
si parlavano direttamente – il Barone, non
diversamente da quand’era in vita, rideva e si divertiva a torturare chiunque
con arroganza, lei lo degnava a malapena d’una occhiata piena di disprezzo –,
si ignoravano per lo più. O tentavano.
La
Dama Grigia spesso alzava gli occhi, e lo sorprendeva a guardarla, senza espressione.
Si dimenticava di lui di frequente, troppo presa dalla ricerca anche da morta,
ma quando se ne ricordava, un freddo cerchio le stringeva la gola, come un
cappio di ferro. Sapeva che, a trattenerlo lì, c’era lei.
E
il diadema.
Era
ironico che condividessero il legame per lo stesso oggetto. Ridicolo, perfino.
Conoscenza
comune era che i fantasmi sono legati a un luogo; pochi avevano appreso che
alcuni possono legarsi anche a oggetti che in vita hanno avuto un particolare
valore.
Quand’era
Helena, nulla aveva desiderato se non il sorriso freddo del diadema di Rowena sulla fronte: l’aveva portato
insieme ad una corona di lame.
E
il Barone, lui… ancora le
faceva male ricordare il corridoio buio della taverna dove si era rifugiata
dopo la fuga dall’Inghilterra, il picchiettio della pioggia sul vetro, e i
grandi occhi scuri del Barone riempirsi di tristezza mentre le liberava un
ricciolo scuro che si era incastrato nel diadema.
Potremo restare qui,
sapete, lontano da vostra madre. Potrei prendere alloggi, farvi vivere da
regina. Io potrei amarvi, Helena.
Vattene, abominio.
Strizzò
gli occhi, cercando di nascondere dietro un’espressione di educata indifferenza
il suo turbamento.
Il Barone Sanguinario
latrò una risata mentre falciava l’aria con la spada, berciando insulti contro
gli invasori.
Clack.
Un
rumore sordo, come un tonfo. E non nella stanza, dove di frastuoni ve n’erano
fin troppi. Quello veniva da non molto lontano, e l’aveva trapassata da parte a
parte, come il fendente del Barone; se fosse stata in
vita, starebbe boccheggiando.
Alzando
la fronte, scorse il Barone che la fissava. Uno
sguardo fermo, orgoglioso, ma anche premuroso.
Io potrei amarvi, Helena.
La
Dama Grigia girò il capo, e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi sulla battaglia
di oggi e alienare ieri.
Il
diadema era stato distrutto.
Ho
sempre voluto scrivere di loro dopo aver letto una bellissima, splendida storia
di Artemisia89 che consiglio a tutti: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=390648&i=1
Io
non ho la sua delicatezza, né il suo modo di descrivere, ma ho tentato di dare
voce ad una storia triste e che mi ha affascinato
molto. E, per aver scritto, ringrazio il CoS e le sue
iniziative sempre stimolanti.
Con
l’augurio che vi abbia fatto piacere leggerla, e di una buona visione
dell’ultimo film, mi dileguo in un battibaleno! XD
Bye,
Kaho