Titolo: Changeless
Personaggi: Battler,
Beatrice, Ronove.
Pairing: BatoBea.
Rating: Giallo.
Genere: missing
moment, fluff.
Avvertimenti: One-shot.
Note: Bah,
one-shot idiota e pessima per il compleanno di Battler! Leggete pure!
Disclaimer: Tutti
questi personaggi non mi appartengono! Io li sfrutto solo un po'.
Changeless
Quando
si alzò dal letto quella mattina, Battler non
trovò Beato nel solito posto –
appallottolata accanto a lui, le coperte arrotolate su una gamba, il
cuscino
chissà dove, aspettando che lui la scuotesse e svegliasse.
Non la trovò nemmeno
nel bagno e, inconsciamente, iniziò a pensare al peggio.
Quando scompariva in
quel modo, senza dir nulla, la strega aveva sempre in mente qualcosa e,
molto
spesso, quel qualcosa finiva per non piacere a
Battler.
Si
vestì di fretta e furia e, una volta indossato anche il
mantello e sistemato
alla bell'e meglio i capelli, camminò verso il centro della
stanza, chiamando
Ronove a gran voce. Il demone apparve immediatamente, facendo un
piccolo
inchino prima di alzare il capo per guardare il proprio padrone negli
occhi –
il solito sorriso beffardo dipinto sulle labbra.
“Buongiorno
Battler-sama. La colazione è già pronta e
servita. Le consiglierei di mangiare
in fretta, non so quanto ancora sarò in grado di
trattenere-”
“'Giorno
Ronove... hai per caso visto Beato? Mi sono svegliato e non era
qui...”
“Credo
sia con Madam; avevano detto di avere degli impegni ai quali proprio
non
potevano sottrarsi.”
“Mmh...”
“Qualcosa
non va, Battler-sama?”
“E'
solo che... è strano che non mi abbia detto nulla. Vuol dire
che starà quasi
sicuramente combinando qualcosa. Qualcosa che certamente non mi
piacerà...”
Il
giovane alzò lo sguardo verso il soffitto, grattandosi
distrattamente il mento.
Era
sicuro che a breve sarebbe venuto a sapere tutto, ed era anche sicuro
che quasi
certamente non gli sarebbe piaciuta qualsiasi cosa sua moglie stesse
tramando –
soprattutto con Virgilia al suo fianco, vista l'ultima messinscena che
quelle
due erano riuscite a tirare in piedi insieme.
“Pukuku...
Milady è famosa per certe cose.”
“Lo
so... Aah, è tutto inutile. Andiamo a fare
colazione...”, sospirò rassegnato
incamminandosi con grandi falcate verso il corridoio. Il demone dietro
di lui
sorrise appena, guardando distrattamente l'orologio da taschino che
reggeva in
una mano.
“Battler-sama,
non trova che sia fantastico vivere in un posto simile?”
“Eh...?”
Battler
si fermò, voltandosi verso il maggiordomo che lo fissava con
un'espressione
allegra dipinta in volto – sempre quel sorriso
così... non esisteva un vocabolo
solo per descrivere quel ghigno in cui spesso erano piegate le labbra
del
demone, un ghigno che sembrava quasi deriderlo spesso, come se avesse
in mente
qualcosa. Come se stesse ridendo fra sé e sé per
qualcosa che Battler non
sapeva e non riusciva a capire.
“Questo
posto”, Ronove continuò a parlare, muovendo le
braccia ed indicando le pareti –
e ciò che c'era al di là di quelle,
“non è favoloso poter vivere in questo
piccolo angolo di mondo in cui il tempo non scorre? Non è
fantastico poter
vivere in questo luogo in cui il tempo è infinito?
Quest'universo nato
dall'amore e per l'amore.”
Battler
lo guardò a lungo senza batter ciglio, senza sapere cosa
rispondere di preciso
– troppe cose da dire, e che di sicuro non avrebbe voluto
dire a lui, ma ad un'altra
persona. Poi, lentamente, scrollò le spalle e rispose con
dolcezza, abbassando
il capo e sorridendo.
“Sì...
è un vero miracolo.”
Il
demone ridacchiò, guardando ancora una volta l'orologio da
taschino – quasi
distrattamente, come se non fosse importante.
“Battler-sama,
muoviamoci. La colazione si raffredda.”
“Ehi,
Ronove”, sussurrò, muovendo qualche passo in
avanti, “tu sai cosa sta
combinando Beato, vero? E scommetto che la stai anche aiutando, in
qualche
modo.”
“Pukuku...
Non sono riuscito ad ingannarla allora?”
“All'inizio
sì.”
Battler
sospirò, voltandosi verso l'uomo che ormai camminava al suo
fianco. Mosse la
mano con un gesto veloce, sostando l'ingombrante mantello.
“Continui
a controllare quell'orologio che hai in tasca. Stai cercando di
trattenermi, e
probabilmente mi tieni pure d'occhio per non farmi andare da Beato. Ho
indovinato?”
La
risata di Ronove gli giunse all'orecchio come un misto fra derisione e
divertimento.
Non
si sarebbe mai abituato a tutto ciò, pensò.
Però, il solo fatto che fosse in
grado di viver lì e non essere ancora
diventato pazzo – o forse già lo
era? - non voleva dire che in qualche strano modo era riuscito ad
ambientarsi?
Infondo, lui lì era sopravvissuto. E per sopravvivere ci si
deve anche
adattare.
In
verità, si era abituato talmente tanto a quel posto che
già sapeva che non
sarebbe durato abbastanza altrove. Tornare nel vero mondo per lui era
quasi
inconcepibile in quel momento – non sarebbe riuscito senza
Beato. Ushiromiya
Battler era legato a quel luogo, a quel piccolo universo che lui e
Beato
avevano costruito, da tanto tempo.
“Quasi.”
“Eh?”
“Non
la sto sviando per non andare da Milady. In verità, la sto
portando proprio da
lei.”
“Eh?”
“Pukuku...
ora capirà il perché di tutto questo,
Battler-sama.”
L'uomo
si fermò davanti alla porta della sala in cui solitamente
Battler e Beato
consumavano ogni pasto – di tanto in tanto accompagnati dalle
sette sorelle o
Gaap o Virgilia -, accennò un inchino e aprì la
porta, sussurrando un “Prego,
entri”. Battler mosse riluttante qualche passo all'interno,
socchiudendo gli
occhi per evitare che la forte luce di quella sala lo accecasse.
“Buon
compleanno, Battleeer~!!”
Sentì
qualcosa scoppiare ed aprì gli occhi di colpo, trovando
Beato e tutti gli altri
– la famiglia, i domestici ed ogni abitante di quel regno di
illusioni –
radunati accanto ad una lunga tavolata imbandita con ogni genere di
cibo. Beato
reggeva fra le mani una bottiglia di vino aperta, scuotendola nella sua
direzione allegramente.
“Baattleeer!
Su, vieni! Vieni qui!”
Il
giovane s'affrettò al suo fianco, cingendola con
delicatezza, “E la colazione,
Beato?”
“Ooh,
quella per una volta la si può anche rimandare! Oggi
facciamo le cose in
grande! E' festa! La tua festa! Ho invitato tutti qui oggi per questa
occasione
speciale! Auguri, Battleeeer!!”
Si
reggeva a stento in piedi, mentre lo guidava goffamente verso il centro
del
tavolo.
“Non
dirmi che hai già bevuto...”
“Solo un goccio”, rispose la donna, mettendo il
broncio.
“Un
goccio
non ti fa diventare le guance così rosse, eeh~”,
allungò un dito verso quelle
gote arrossate, un sorriso idiota in volto, prima che una mano di lei
afferrasse saldamente la sua.
“Ecco
qui!”
Sul
tavolo imbandito, al centro di un elegante piatto decorato, c'era
quello che
aveva tutta l'aria di essere un pasticcio composto da varie... cose
che
Battler non riusci ad identificare, fatta eccezione di un po' di pan di
Spagna
e quella che sembrava della panna decisamente smontata.
“C-cos'è...?”,
domandò dubbioso, grattandosi una guancia con l'indice.
“Una
torta, ovvio! Ho impiegato tutta la notte a farla, con la maestra
accanto che
mi teneva compagnia e mi dava consigli!”
Battler
lanciò uno sguardo a Virgilia, che abbasso il capo come a
chieder scusa.
Il
giovane sorrise, scompigliando i capelli della moglie distrattamente.
“Ba-Battler...!
Non i capelli, non i capelli!”
“Grazie
Beato. E' davvero un bellissimo regalo.”
Attorno
a loro iniziarono a brindare ed ogni tanto qualche pacca sulla spalla
da parte
di uno zio colpì Battler, obbligandolo a voltarsi e
ringraziare, ricambiando
qualche risata. Anche suo padre e Kyrie gli augurarono un buon
compleanno –
senza che mancasse il commento di Rudolf sul fatto che “loro
figlio aveva buon
gusto”, lanciando uno sguardo a Beato, intenta a litigarsi un
pezzo di
cioccolato con Beelzebub. Battler rise, arrossendo un po' – e
sperando che suo
padre non l'avesse notato.
Si
avvicinò a lei velocemente, afferrandole il dorso della mano
– prima che
tirasse un altro pungo al tavolo – e, allontanandola appena
dalla sventurata
ingorda fra le sette sorelle, le diede l'unico pasticcino al cioccolato
che era
riuscito a salvare.
“G-grazie...”,
balbettò lei, abbassando il capo ed ingoiando quasi
voracemente il povero
dolce.
“Seriamente,
Beato... una strega della tua età che litiga con quelle
ragazze...”
“Della
tua età? Cosa vorresti insinuare?”
“Niente,
niente...”
“Comunque”,
lo afferrò per la cravatta, tirandolo a sé,
“quella torta non era il tuo
regalo.”
“Aaah,
davvero?”
Il
sorriso sulle labbra di Battler s'allargò.
“No.
Il tuo regalo te lo do non appena se ne vanno tutti...”, lo
fissò lascivamente,
le labbra così vicine alle sue.
“Quella
me la dai già spesso, non è un vero e proprio
regalo.”
“Se
non vuoi basta dirlo.”
Gli
lasciò la cravatta e, allontanandosi lentamente, la donna
iniziò a ridere.
“Aspetta! La vorrei tanto! Mi scusi, Beatrice-sama!”
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