Fandom: SuperMario Bros/Supernatural
Pairing/Personaggi: Mario!Dean/Peach!Castiel,
Luigi!Sam/Gabriel!Bowser
Rating: Pg
Beta:
Geneviev
Words: 1885
Genere: CRACK (sì, con tutte le lettere maiuscole u.u)
Warning: mmh, linguaggio...
Note: Totalmente crack ovviamente e... scritta perchè giusto
oggi la mia cara
Illunis
lamentava la mancanza di fill per il suo
prompt per il
Festival del Crossover di Destiel Italia! Perchè io ti adoVo mia caVa! XD
DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla.
Super Winchester Bros.
“Perché devo sempre essere io ad andare a piedi?” sbuffò
Sam.
“Perché sei quello più alto!” esclamò Dean di rimando,
sistemando meglio il suo bel culo calzato di blu-meccanico e rosso sulla sua
cara tartarughina nera metallizzata, che aveva un largo sorriso minacciosamente
ebete sul davanti, e che rombava come una Ferrari da dietro, ogniqualvolta il
suo padroncino la nutriva con una sufficiente quantità di fagioli.
“Ma perché non posso salire anch’io sulla tartaruga?”
protestò l’imabrazzantemente alto fratello del meccanico più famoso del mondo,
togliendosi l’immancabile cappellino verde perché gli rovinava la fluente
capigliatura castana.
“Neanche per sogno! Grosso come sei me la sfondi!” ribatté
indignato il fratello – che portava con orgoglio il suo cappellino rosso ben
calcato sulla fronte – agitando ancora il culo sul guscio come se avesse le
emorroidi, e quindi muovendo le mani sulle piccole redini della tartaruga, con
tutta la dignità che può avere un uomo in sella a una tartaruga, “E smettila di
lamentarti, per lo meno tu non devi sbattere la zucca contro tutti i sassi che
trovi solo per portare a casa due monete e qualche schifoso fungo!” Dean si
fermò, scrutando in avanti come un condottiero sul suo prestante destriero,
munito di carapace “Che poi perché i funghi? A me fanno pure schifo i funghi!
Mai una volta che da quei dannati mattoncini gialli uscisse un hamburger o una
birra!” sbuffò di nuovo, adocchiando finalmente, oltre l’ultima collina di erba
verde pisello, la prima fila dei suddetti mattoncini.
Sam sospirò e continuò a camminare appena dietro la
tartaruga, sperando per lo meno che l’animale preferito di suo fratello non
lasciasse pure qualche antipatico ricordino per strada, e pregando in tutte le
lingue che ricordava che Dean non gli avesse dato fagioli a colazione – suo
fratello amava fin troppo far rombare quella dannata tartaruga .
Arrivati sotto il primo muretto misteriosamente sospeso a
mezz’aria, Dean fece fermare la sua lucida tartaruga nera e alzò la testa,
fissando con ostilità i maledetti blocchi gialli completi di punto di domanda o
no, e intervallati dal granitico muro marroncino, che gli avrebbe fatto crescere
altri bernoccoli, se solo avesse sbagliato di poco la mira. Non che i bernoccoli
non ci sarebbero stati, se avesse preso la mira giusta, ma almeno sarebbero
stati un po’ meno dolorosi.
“Beh, che cosa aspetti?” lo redarguì il fratellino,
guardando anche lui verso l’alto, come se dovesse vedere scritta la risposta
sull’infido quadratino giallo.
“Ehi, perché non ti rendi utile una volta tanto, e te la
rompi tu la testa su quei cosi?” lo rimbeccò Dean, abbassando di nuovo lo
sguardo per fissarlo in malo modo.
“Non credo nemmeno di arrivarci” protestò Sam, con un
sopracciglio inarcato, evidentemente ben poco entusiasta di procurarsi gli
stessi bernoccoli che costellavano la testa di suo fratello.
“Sammy, non dire cazzate! Se fossi solo un tantinello più
alto potresti aprire quei cosi senza nemmeno saltare!” gli fece notare Dean con
un sorriso furbo.
“E va bene, affare fatto, ma solo se dopo mi fai salire un
po’ sulla tartaruga” replicò finalmente Sam, puntandogli in faccia il suo
cipiglio deciso, sottolineato dal cappellino che si era rimesso in testa, nella
speranza che potesse attutire un po’ la botta.
“Sei proprio un moccioso, come Cas… va bene, muovit…” ma
Dean non riuscì a finire la frase, perché in quel preciso istante, uno di quei
cosi marroni[1] che gli erano sempre sembrati degli orridi
ibridi fra un pit bull – dopo un brutto scontro con un camion – e un cinghiale,
ma che saltavano spesso fuori dalla terra – o meglio, dai dannati tubi verdi –
come delle maledette talpe, aveva finito di avvicinarsi scivolando sulla
simil-erba verde pisello con le sue inesistenti e molto poco visibili gambette –
presumibilmente – pelose, e si era “avventato” su di lui a tradimento, non solo
facendolo cadere dal guscio della sua tartaruga, ma riducendolo di nuovo ad un
tappetto schiacciato e basso in modo umiliante.
Tutte le volte che succedeva, Dean si incazzava come una
bestia, perché una volta si era visto allo specchio in quello stato, e dava
sempre l’impressione di essere passato sotto un enorme schiacciasassi, con la
sua adorata tutina blu tutta arrotolata sulle caviglie, il cappellino tanto
calcato sulla testa che praticamente la visiera gli faceva da sopracciglia, e il
collo tanto incassato nelle spalle che… aspetta, collo? Quale collo?
Quando Sam zompò abilmente in testa alla fottutissima talpa
– o quel diavolo che era quell’infido e bastardo di un animaletto peloso –
riuscendo nel frattempo a collezionare non solo un agognato soldino, ma anche un
fiammante fiore arancione, sgorgato - con la nonchalance del porcospino che
sterra una serpula succosa - dal mattoncino coronato da punto di domanda lì
accanto, Dean mollò un’imprecazione tanto poco carina, che l’erbetta verde e
perfino la sua bella tartaruga nera diventarono rosse tutto d’un tratto.
Al piccolo meccanico, però, non era per niente sfuggito il
magnifico fiore arancione, e sapeva benissimo che agguantandolo non solo avrebbe
riacquistato un’altezza accettabile – e qualche brandello di dignità con essa –
ma anche la capacità di lanciare palle di fuoco – palle di fuoco,
capite?! – dalle mani. Con l’agilità di un furetto, – o almeno così pensava -
Dean si avvicinò al muretto, pronto a spiccare il balzo che lo avrebbe portato
all’agognato fiorellino, ma proprio quando stava per stendere le ridicolmente
corte gambette, vide un fulmine blu e verde passargli di fianco ed andare con
tutta comodità a papparsi il bel fiore, acquistando come d’incanto una splendida
tutina candeggiata e una bella maglietta arancione.
Dean imprecò di nuovo e tornò ad arrampicarsi sulla sua
tartaruga, prendendo le redini e cercando disperatamente di sentirsi più alto,
mentre suo fratello volteggiava giù dal muretto, dopo aver recuperato le ultime
monetine, con la leggiadria di un elefante in tutù.
“Sembri un dannato gelataio con quella tutina bianca” lo
apostrofò Dean, spronando la sua tartaruga metallizzata, che non abbandonava mai
il sorriso minacciosamente ebete, e tentando di non guardare neppure gli enormi
‘puppy eyes’ che gli stava rivolgendo quell’ipocrita del suo fratellino.
“Avevi detto che potevo salire sulla tartaruga” protestò
titubante Sam, ma quando il meccanico rosso si voltò a scoccargli un’occhiata
furente, riprese semplicemente a camminare, saltellando ogni tanto mentre
lanciava –perché chissà come mai non gli riusciva proprio di lanciare senza
saltare - qui e là allegre e zompettanti palline di fuoco – che, grazie a chissà
quale dio dei videogiochi arcade di vent’anni fa, non andarono mai a
bruciacchiare il già piccolo e schiacciato culo blu di suo fratello.
“Vai avanti, perlomeno, e renditi utile con le tue palle!”
ordinò Dean, dopo che si fu fermato a scrutare l’orizzonte fastidiosamente
bidimensionale davanti a sé – e anche questo lo faceva incazzare: era già
abbastanza frustrante avere solo due dimensioni, e vivere appiccicato a quel
dannato sfondo perennemente azzurro-M&M’s, ma essere anche alto meno di un
centimetro? Dannatamente inaccettabile! – “Lì avanti ci sono i maledetti
vermiciattoli gialli con il mantello[2]”
L’unico lato positivo di avere il fratellino trasformato in
un gelataio sputa fuoco, fu che non solo non dovette muovere un muscolo per
superare quelle tre torrette di terra – ovviamente coronate di erbetta verde
psichedelico – e i corrispondenti vermiciattoli svolazzanti, ma zampettando qui
e là con la sua tartaruga, riuscì perfino a prendere al volo una piuma prima che
cadesse a terra, e non solo riottenne il suo meraviglioso centimetro e mezzo di
altezza, ma si guadagnò anche un bel mantello giallo nuovo fiammante. Adesso sì
che poteva presentarsi al castello di Gabriel per salvare Cas, nel suo vestitino
rosa. L’unico effetto collaterale era che, chissà perché, quel mantellino
sembrava farlo funzionare come un elicottero, e quando atterrava dopo aver
roteato vorticosamente su se stesso, gli veniva sempre da vomitare tutti i
funghi che aveva mangiato prima.
Finalmente, dopo l’ultima discesa – che Sam superò con un
saltello ed un pallina di fuoco – arrivarono in vista dell’imponente – si fa per
dire, ma per uno alto un centimetro e mezzo anche un 5x6 centimetri sembra una
reggia, no? – Castello grigio di Gabriel. Dean si rimboccò le maniche, pronto ad
arrampicarsi su reti e reticelle, sfidare laghi di fuoco, sciabole di fiamme che
ruotavano cercando inutilmente di bruciargli le chiappe, lumache più o meno
puntute e più o più o meno brutte, fino ad arrivare alla fossa del malefico
Gabriel, dove gli sarebbe zompato coraggiosamente in groppa tre volte, per poi
liberare il povero Cas prigioniero. O almeno, questo era quello che sarebbe
dovuto accadere, se Gabriel con tutto il suo grosso carapace puntuto e il suo
ridicolo ciuffetto di peli arancioni in fronte, non se ne fosse stato fuori
dalla porta del castello, fumando quella che a Dean sembrò proprio una sigaretta
post-coito, con di fianco un arruffato Castiel in un vestito che di rosa non
aveva niente.
“Perché Gabriel non è nella sua fossa ad aspettare che
arriviamo? E cosa ci fa Cas lì fuori?” chiese Dean, dall’alto della sua
tartarughina.
Sam lo guardò con espressione perplessa e si strinse nelle
spalle “Andiamo a chiederglielo”
Dean spronò la tartarughina, che si lanciò alla vertiginosa
velocità di 10 centimetri al minuto, e la bloccò solo quando fu davanti al
ghigno soddisfatto di Gabriel, che aveva appena spento la sigaretta sull’erba
non più tanto verde sotto il suo piede.
“Dean! Sei qui riprenderti la tua bella vero? Te l’ho
rodata un po’, spero non ti dispiaccia” esordì Gabriel, prima che Dean potesse
dire alcunché.
Il meccanico dal mantello giallo lanciò un’occhiata di
fuoco al nemico dal ciuffo arancione, poi si concentrò su Cas.
“Cas! Cosa ci fai qui fuori con questo qui? E da quando in
qua hai un vestito beige?” domando completamente esterrefatto.
“Me l’ha dato Gabriel, l’altro… ehm, si è strappato”
rispose Castiel, abbassando il volto per nascondere le guance che si coloravano
pudicamente di rosso.
“Cas!” sbottò Dean incredulo.
“Scusa Dean, volevo solo imparare qualcosa per farti
divertire quando fossi arrivato a prendermi” si giustificò il povero rapito,
lisciandosi il vestitino beige.
“Tu! Me la pagherai!” ruggì alla fine Dean, piegandosi
sulla sua tartarughina e preparandosi a farla saltare, ma Gabriel fece un passo
vanti, sollevando una mano – completa di braccialetto nero con borchie, ovvio –
in un gesto di STOP.
“Non ti arrabbiare Dean-o. Questa volta non voglio mal di
testa e schiena rotta. Facciamo così: tu mi presti il tuo fratellino” continuò,
strizzando l’occhiolino all’alto meccanico in verde “e io ti ridò subito subito
il piccolo e disponibile Castiel. Sono perfino disposto a restituire il
vestitino rosa strappato…”
Dean sentì che stava per fumare dalle orecchie, ma prima
che potesse insultarlo come si deve, suo fratello si fece avanti, le mani
orgogliosamente infilate nelle bretelle bianche della sua tutina da gelataio, e
scoccando un sorrisetto a Gabriel si voltò, per dire: “A me va bene, Dean”
quindi proseguì fino ad infilarsi nella porticina di legno viola del castello di
Gabriel, seguito a ruota dal nemico ciuffuto e coriaceo.
Mentre Castiel si avvicinava a lui con un sorrisetto
timido, per montare sulla prode tartarughina e partire verso nuove e più
mirabolanti avventure, cavalcando incontro al sole deplorabilmente privo di
tramonto del loro mondo in 2D, Dean smontò dal guscio, si girò verso il perenne
sorriso minacciosamente ebete del suo rettile nero metallizzato, poggiò entrambe
le mani al suo carapace, e iniziò a prenderlo a testate con il ritmo
fastidiosamente costante e ripetitivo che solo un videogame arcade di vent’anni
fa può generare.
1.
Ovvero un
GOOMBA, che ho scoperto solo ora essere un fungo semovente -_-' (se a
qualcuno interessa)
2. Ovvero un
KOOPA
senza guscio ma con il mantello. (Nell'immagine che ho trovato ha già perso il
mantello, in realtà...)
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