Note: Questa è
una SasuSaku scritta per la mia migliore amica, che domani ha un esame
di Anatomia. Non è niente di che, ma spero che la tirerà su *forza e
coraggio*. Non ci sono spoiler anche se è ambientata dopo la serie.
Buona lettura,
Alexiel.
Le conseguenze di un sapore
“... la struttura microscopica del tessuto osseo compatto.”
La voce di Sakura gli giunse ovattata, come se fosse più
lontana di quanto avesse calcolato. O come se stesse sussurrando.
Strano, la ragazza solitamente urlava, o comunque non teneva
dignitosamente basso il tono della voce, neanche quando ripeteva o
studiava. Lui lo sapeva bene: conviveva con quella voce squillante da
mesi, ormai. Facendo un calcolo veloce, in effetti, da un anno e
qualche mese.
Sasuke si accigliò davanti allo shoji mentre continuava a
sentire la voce stanca e flebile di Sakura. Era insensibile e si
meritava, probabilmente, tutti i vari epiteti che gli erano stati
affibbiati, ma certe situazioni riusciva a leggerle anche lui. E la
voce di Sakura era un particolare che neanche il dobe si sarebbe
lasciato sfuggire. Era in momenti come quello che si chiedeva se non
fosse così diverso da Naruto, per poi minacciare il suo subconscio
di infilzarlo a morte se solo avesse osato spingere
quell'argomentazione ridicola più in profondità.
“... simmetria bilaterale apparente.”
Oltre al sussurro, ora Sasuke poteva sentire qualcosa fendere l'aria.
No, non era il rumore di uno shuriken né di un kunai.
Era più leggero, quasi inconsistente e, soprattutto, non pericoloso.
La voce di Sakura, intanto, si era fatta più decisa e vivace di
prima, nonostante mantenesse ancora un tono più basso del solito.
Si accigliò ulteriormente e decise di “passare casualmente” per
l'engawa a prendere un po' d'aria. Fece scivolare lo shoji
e vide Sakura seduta su un cuscino, sotto il tetto spiovente, con un
libro abbastanza voluminoso sulle ginocchia, un piatto con degli
onigiri da un lato e un ventaglio di carta rosa in mano. Ecco
il suono sospetto. Ormai non poteva evitarlo: sospettare qualunque
cosa, sentire la schiena irrigidirsi e la mano correre alla katana –
che gli era stato proibito di portarsi in giro, ma a casa era
un'altra storia – e prepararsi ad agire. In quel caso, tuttavia,
l'unica cosa che avrebbe potuto fare a pezzi era la farfalla che
svolazzava quietamente intorno a Sakura. Decise di no, poteva
lasciarla volare tranquilla per il momento.
Il giardino davanti a loro era inondato di sole e l'aria era calda,
quasi soffocante. Probabilmente Sakura, immersa com'era nei suoi
studi, aveva finito per lasciarsi infiacchire dal clima estivo senza
rendersene conto. Dopotutto sapeva che ce la metteva tutta per non
deludere le aspettative di Tsunade o le proprie.
Sakura si voltò quasi immediatamente, facendo scivolare il cuscino
da un lato per guardare Sasuke.
“Ciao.” lo salutò, rivolgendogli un sorriso. Delle goccioline di
sudore le scendevano lungo la linea del collo e alcune ciocche di
capelli erano appiccicate al volto stanco.
Sasuke sospirò impercettibilmente: un lampo di preoccupazione e un
istinto protettivo tardivi lo attraversarono. La scusa “passavo a
prendere un po' d'aria” andò a farsi benedire.
Si sentiva strano quando succedeva, come se fosse passato troppo
tempo dall'ultima volta. Non gli piaceva neanche ricordare per quali
motivi fosse arrivato a preoccuparsi le “ultime volte”, perché
gli tornava in mente Sakura intrappolata nella sabbia dello Shukaku,
Sakura che lo proteggeva ferendosi, Sakura che...
Allontanò lo sguardo da lei e fissò dritto davanti a sé, al
giardino di pietra poco lontano. Le pietre tremolavano nella luce del
sole forte e intensa.
“Ciao.” rispose finalmente lui, senza dare al suo tono
un'inclinazione particolare. Tanto sarebbe stata quella sbagliata,
quindi tanto valeva restare sul neutro.
“Che fai? Non ti siedi?” chiese Sakura, indicando con una mano il
posto vicino a lei. Gli sorrise, come per incoraggiarlo, e si portò
una ciocca di capelli rosa dietro l'orecchio. Lui sbatté una volta
le palpebre e si chiese se fosse una buona idea. Poi si disse che
stava cominciando a somigliare fin troppo al suo rimpiazzo, tale Sai,
e decise che, magari, poteva lasciare le riflessioni per dopo. In fin
dei conti, in quel giardino c'era solo Sakura, un libro, un piatto di
onigiri e una farfalla risparmiata al suo giudizio spietato. Niente
di che, poteva gestire la situazione al meglio senza affettare
nessuno.
“Sì.” rispose. Si accomodò accanto a lei sull'engawa,
solo il piatto a dividerli.
A guardare Sakura da vicino, era ancora più evidente che fosse
stanca. Forse avrebbe affettato il libro, ma poi Sakura avrebbe
affettato lui e non sarebbe stato l'ideale.
“Stavo per fare una pausa, ti andrebbe di mangiare insieme a me?”
gli domandò, chiudendo il libro e sollevando il piatto di onigiri.
Aveva un'espressione serena, Sakura, nonostante fosse evidentemente
stanca. E non arrossiva più come una volta quando lui era nelle
vicinanze. In effetti, in quel momento sembrava lui quello quasi a
disagio. Ma non era colpa di Sakura, era colpa di quello che c'era
nella sua testa, colpa delle immagini che vedeva continuamente e che
si riflettevano come un sogno destinato a tingere di rosso i contorni
delicati e soffici della realtà che ora stava vivendo.
“Sì, dovresti.” rispose Sasuke. Si rese conto solo dopo un
secondo di aver aggiunto un “dovresti” su cui non aveva
riflettuto. Sakura lo guardò e trasformò il sorriso in una risata
allegra, piena di vivacità. Poi, per impedire a Sasuke di cadere
nell'imbarazzo e nell'irritazione per quella reazione, prese
immediatamente un onigiri e l'avvicino al suo viso.
Davvero, se non fosse rimasto da una parte sorpreso da se stesso per
quell'ultima parola e dall'altra stordito per la risata di Sakura
avrebbe messo su un'espressione come per dire “io mangio da solo”.
Ed era quello che Sakura si aspettava. Ma, sorprendentemente, Sasuke
aprì la bocca e diede un piccolo morso all'onigiri. E poi prese a
masticare come se niente fosse.
Sakura nascose la sorpresa, per mantenere quell'atmosfera così
com'era: naturale e rilassante. Si lasciò sfuggire solo un altro
sorriso, diverso da quello di prima, pieno di sollievo, di una
felicità che a momenti l'avrebbe portata alle lacrime, e di forza.
Addentò a sua volta l'onigiri e si godette il momento in silenzio.
Intanto, mentre masticava, Sasuke cominciò ad avvertire una
sensazione strana: il sapore dell'onigiri. Si irrigidì vistosamente
e tossicchiò senza poterlo evitare. Per un momento gli sembrò di
essere ancora una volta il Sasuke di qualche anno prima – e chi se
lo ricordava – e quando Sakura cominciò a dargli dei colpi sulla
schiena, forse troppo vigorosi, incrociò il suo sguardo e notò che
neanche lei doveva aver apprezzato il sapore. Aveva una mano davanti
alla bocca e il viso arrossato, come se stesse facendo di tutto per
non sputacchiare il riso. O per tossire via l'anima come stava
facendo lui.
“Sakura... va bene così.” disse Sasuke mentre lei continuava a
dargli colpi sulla schiena.
“Oh, scusami!” esclamò, facendo sparire immediatamente la
polpetta di riso.
Sasuke tornò a sedersi in maniera composta, il viso chinato e i
capelli neri a nasconderne il profilo alla vista di Sakura.
Quest'ultima si preoccupò per un attimo: forse aveva esagerato.
Prima l'aveva costretto a mangiare quei cosi disgustosi, poi l'aveva
quasi ammazzato e ora... Ora Sasuke doveva essere arrabbiato. Avrebbe
voluto avvicinarsi un po' di più e scostare le ciocche di capelli
neri per guardarlo e, forse, chiedergli scusa.
Cominciò a farsi aria con il ventaglio, aspettando una qualsiasi
reazione da parte del ragazzo. Era meglio che sbollisse prima di
azzardare qualunque altra mossa pericolosa.
Sussurrò solo un “scusami” a mezza voce, il volto nascosto
dietro il ventaglio rosa.
Sakura non avrebbe mai scoperto che Sasuke stava solo cercando un
modo per gestire una strana “onda” che stava sorgendo
direttamente al centro del suo petto, da dentro, e che se non fosse
stato per quel “scusami” sussurrato e veramente sentito sarebbe
scoppiato a ridere in maniera abbastanza imbarazzante, visto che non
aveva idea di come fare. Né sapeva che quella in arrivo fosse una
risata.
Fu solo la voce di Sakura, un po' intristita e dispiaciuta, a fermare
il processo e a farlo voltare un'altra volta.
Sakura aveva dei residui di riso vicino agli angoli della bocca ed
era buffa, così. C'era un'altra sensazione, adesso, al centro del
petto di Sasuke. Perse così tanto tempo a pensarsi, ad analizzarla,
che non si rese praticamente conto che il suo braccio si era
sollevato, spinto da chissà quale volontà, per sfiorare con le dita
il volto di Sakura e far sparire quei pochi chicchi di riso. Non si
accorse neanche che lei, nel frattempo, era rimasta a fissarlo senza
muovere un muscolo. Non perché avesse paura di farsi toccare da lui,
ma perché era la prima volta che Sasuke decideva di farlo senza che
fosse lei, per esempio, ad abbracciarlo.
Quando anche l'ultimo chicco ricadde nella sua mano, Sasuke si
accorse di quello che stava facendo. La prima cosa che vide furono
gli occhi verdi di Sakura. Non erano sgranati o pieni di paura, come
si sarebbe aspettato. C'era un sentimento che lui, ancora perso in
una spirale di confusione e dolore, ancora non riusciva a
comprendere. Ma non era paura, non era odio, non era risentimento;
quei sentimenti li avrebbe riconosciuti.
Era qualcosa di più chiaro e trasparente, esattamente come i suoi
occhi, e gli infondeva una strana sensazione di pace. Erano mesi che
il suo corpo e la sua mente la rifiutavano, distruggendola sotto i
colpi dei ricordi, ma ora era lì. Sotto le sue mani, intorno a lui
nella forma del sole, nel vento caldo e anche nel sapore disgustoso
degli onigiri.
Intanto Sakura gli aveva preso la mano, allontanandola dal suo viso,
e l'aveva stretta, intrecciando le loro dita.
“La prossima volta mi farò aiutare da Hinata.” rise Sakura. La
coscienza di Sasuke riemerse completamente al suono di quella risata.
Se ci si aggrappava con forza, allora riusciva a non cadere. O forse
era la mano calda di Sakura stretta alla sua.
“Sarebbe meglio.”
Come per quel “dovresti”, Sasuke non riuscì a trattenere la
voce.
Né un gemito di dolore quando la mano di Sakura stritolò la sua
subito dopo.
|