Mi vergogno, ma…
Ronald Weasley camminava lungo il lago,
aveva i pugni serrati, e un’espressione di collera dipinta sul volto
solitamente sereno e allegro. Collera e rabbia che gli deformavano i
lineamenti, si abbandonò sul terreno, la sabbia era morbida ed in parte attutì
la caduta, non voleva piangere, non voleva e non poteva, eppure, in quel
momento quello gli pareva l’unico modo per sfogare la propria ira.
Beh anche picchiarlo non sarebbe stata
una brutta idea. Sentiva che dentro di se si stava combattendo una battaglia,
una parte di sé, quella istintiva voleva correre al castello e spaccare la
faccia al suo cosiddetto migliore amico, ma l’altra, quella più piccola ma più
forte, gli ordinava di restare lì a prendere a calci i sassi e a sfogare la
rabbia, e poi di tornare stampandosi in faccia un bel sorriso.
Sapeva quale
parte avrebbe vinto alla fine, e gli pareva anche strano, lui non era mai stato
un tipo riflessivo, non credeva di poterlo essere, eppure sapeva che non
avrebbe preso a pugni Harry, anche se lo avrebbe voluto, non lo avrebbe fatto
perché non avrebbe potuto sopportare di perderla definitivamente.
Lanciò un sasso nell’acqua e lo osservò
andare a fondo, piano piano, e con tranquillità, lasciando come unica traccia
del passaggio alcuni cerchi che si allargavano verso l’esterno, chiuse gli
occhi, e rivide quella scena vivida come qualche ora prima.
Si morse il labbro superiore fino a
farlo sanguinare, doveva dominare l’impulso di andare a pestare il suo migliore
amico, del resto lui non lo doveva nemmeno sapere, non avrebbe dovuto essere in
quel corridoio, non avrebbe dovuto vedere il modo con cui la ragazza che aveva
scoperto di amare aveva premiato il capitano di Grifondoro per la vittoria.
Doveva fare qualcosa, accidenti, non poteva restare su quel lago in eterno, non
poteva restare lì per il semplice motivo che prima o poi lo sarebbero venuti a
cercare, se no, chissà…
Un senso di oppressione si insinuò
dentro di lui, si sentiva oppresso da quei sentimenti, già provati, ma mai con
quella intensità, si sentiva male, come se un sasso gli si fosse depositato
nello stomaco, come se improvvisamente avesse voglia di vomitare.
Era stufo, stufo di vedere Harry James
Potter avere tutto, mentre lui non aveva mai nulla, stufo di complimentarsi
falsamente col suo migliore amico, stufo di dovergli mentire, stufo di vedere
tutte le cose che lui desiderava finire nelle mani del Prescelto. Non era
giusto! Perché Potter aveva tutto, mentre
lui, Ronald Weasley, nulla?
Quei pensieri vorticavano nella mente
di Ron ad una velocità straordinaria, convincendolo sempre più a fondo che non
era affatto corretto, che non era valido, gli parve di essere un bimbo geloso
di un giocattolo che il suo migliore amico aveva, mentre lui no. Si pentì di
quei pensieri, lei non era un giocattolo.
Serrò nuovamente gli occhi cercando di
evocare un ricordo felice, un qualcosa che lo facesse sentire meglio, ma
niente, quelle immagini che gli rodevano il fegato, continuavano a
riaffiorargli dietro le palpebre.
Desiderava dimenticare, desiderava
venirlo a sapere tramite loro, i suoi migliori amici, e non vedendolo, e poi
chissà da quanto andava avanti.
Però ora era ingiusto, disse a se
stesso, doveva essere stata la prima volta che accadeva, lo aveva capito
dall’intensità del loro sguardo, dalla gentilezza con cui tutto era successo,
dalla lentezza con cui lui le si era avvicinato.
Coraggiosamente Ronald Weasley tentava
di trattenere le lacrime, ci riusciva a stento, trattenendo ogni goccia con
forza, ma ogni lacrima trattenuta rievocava un attimo di quel pomeriggio.
Stava camminando nel
corridoio, voleva parlare ad Hermione dirle quello che provava per lei, aveva
voltato l’angolo, aveva ancora addosso la divisa, poi l’aveva vista. Non era
sola.
Una lacrima silenziosa gli scivolò
lungo il volto, ma Ron non se ne curò, del resto era solo,totalmente, o almeno
in quel contesto.
C’era Harry con lei, erano vicini,
troppo per parlare solamente, troppo per congratulandosi solamente, poi lui
l’aveva spinta leggermente contro il muro, con tenerezza.
Ron tirò un altro pugno contro
il vuoto, si vergognava di quei pensieri, ma non poteva farne a meno, stava
male, veramente, perché lui poteva avere tutto ciò che lui aveva sempre
sospirato. Semplicemente, perché Harry si e lui?
Le aveva detto
qualcosa che l’aveva fatta arrossire e ridere al contempo, avevano riso, poi
Harry le si era avvicinato lentamente, e lui? Lui che aveva fatto per
impedirlo? Nulla era restato immobile, non riuscendo nemmeno a reagire.
Ron cercò di scacciare quei ricordi, di
allontanarli da lui, bastava una volta, perché la sua mente gli riproponeva con
insistenza quella scena che avrebbe tanto desiderato scordare?
Con dolcezza gli aveva posato le labbra
sulle sue, li aveva visti scambiarsi quel bacio, con ardente passione, a tratti
incorniciata da estrema dolcezza, un bacio desiderato e sospirato, un desiderio
che avevano condiviso, un desiderio che per entrambi si avverava. E lui, lui
faceva parte di quel disegno che i suoi amici avevano pensato?
Gli ritornò in mente quella domanda,
con forza ed insistenza scavalcò le altre, con furia le mise da parte,
ponendosi prima. Ron spalancò le sue iridi azzurre, cercando di trovare una
risposta capace di soddisfarlo. Però sapeva che lui non era compreso,
nell’universo di Harry James Potter e Hermione Jane Granger, lui non era
previsto, o meglio non era previsto se non come l’amico allegro che si sarebbe
congratulato con loro, pronto ad essere sempre lo stesso. Con rabbia Ronald si
alzò in piedi, con altrettanta rabbia si tuffò nel lago, vestito, fece molte
bracciate, facendo lavorare il corpo, per rendere alla mente impossibile
proporgli nuovamente quelle immagini e le dolorose domande che ne derivavano.
Si vergognava di quello che pensava, ma
non poteva impedirlo, come poteva dimenticare semplicemente? Harry sapeva che
cosa lui provava per Hermione, eppure non si era certo fatto troppi problemi,
d’un tratto non era più tanto sicuro di quale delle due parti avrebbe vinto.
Inspirò ed espirò un paio di volte, concentrandosi su un unico obbiettivo,
mantenere la calma. E poi doveva parlarne a Ginny. Una nuova ondata di rabbia
gli risalì il corpo, e Ginny? Nemmeno lei era prevista, vero? Neppure a lei
avevano pensato! Era insopportabile stare lì immobile, mentre, probabilmente la
sua sorellina stava aspettando Harry per continuare a sostenerlo sebbene lui
l’avesse lasciata, per proteggerla aveva detto, ma ora lui era l’unico a sapere
il perché, doveva aprire gli occhi a sua sorella.
La domanda che da ore gli vorticava per
la testa crebbe d’importanza. Lui aveva tutto, mentre lui, il caro amico su cui
si può sempre fare affidamento, era solo e non aveva nulla. Odiò in quel momento
Harry Potter.
Ma si ricompose, lui non poteva far più
nulla, tranne vergognarsi di provare quei sentimenti. Con esasperante lentezza
Ronald si voltò verso il cestello, la rabbia gli regnava in corpo,
probabilmente avrebbe fatto a pugni, ma non gli importava, ormai nulla sarebbe
stato lo stesso, ora non aveva nulla, né un migliore amico, né una persona da
amare, però aveva la sua famiglia, e quella per molto gli sarebbe dovuta
bastare.
Com’è? Beh ecco
cosa immagino pensi Ron dopo aver visto Hermione baciarsi con Harry.
Probabilmente adesso Ron andrebbe a picchiare Harry, ma doveva pensare prima,
so che la prima impressione è: ma Ron si sarebbe buttato contro Harry e basta.
Secondo me no. In sei libri Ron si è dimostrato anche un personaggio insicuro,
non solo irruente e impulsivo. Io l’ho immaginato così. E spero che questo mio
“lampo di pazzia” vi possa essere piaciuto.
Ehi, ora vi devo salutare.
Ski