Ogni nuvola ha il suo sole
Salve a tutti gente! Prima che iniziate a leggere la mia
one-shot, ci sono alcune premesse che dovete assolutamente sapere, onde evitare
dubbi e confusioni varie: siamo ad Hogwarts, la vecchia e amata Hogwarts, in un
ultimo anno che ha già archiviato la sconfitta di Voldy, e che soprattutto ha
ancora vivo e strampalato come al solito Silente, la vera anima del castello.
Dimenticate la guerra, gli scontri, il sangue, in un anno in cui le uniche
preoccupazioni dei protagonisti sono gli esami e…qualcos’altro, qualcosa che
accade senza preavviso, qualcosa per cui non serve a nulla studiare, qualcosa
che ne cambierà molte altre.
Ogni nuvola ha il suo Sole
«Bene ragazzi, su, su! Seduti! Ordine per piacere… - quello che
era partito come un ordine deciso e autoritario, sfumò in un piagnucolio
disperato – ragazzi…»
I ragazzi in questione, con molto comodo presero posto e con
altrettanto comodo smisero di chiacchierare per rivolgere una parte della loro
attenzione alla donna di mezz’età che ormai sospirava, rassegnata a riceverne
poca più dei gufi che si sgranchivano le piume fuori dalla finestra. Si
aggiustò meglio gli occhiali e inspirò profondamente, pronta a cominciare la
sua lezione, quando la porta si aprì con un colpo sordo, andando a sbattere
contro il muro.
«Ma…come…chi osa… - con un fruscio unanime l’orda di ragazzi
si volse, puntando gli occhi sulla figura che si stagliava nell’entrata, che,
conscia di essere al centro della scena, si godette il momento di celebrità –
ragazzo, su, entra…sai che sei in ritardo? Sì, sei davvero in ritardo
signor…signor?»
«Malfoy. Draco Malfoy»
Si rivelò compiaciuta la sagoma, emergendo in tutta la sua
tracotanza dall’ombra, tra i crescenti mormorii di stupore che si levavano da
ogni dove.
«E prima che lei si chieda perché sono qui, continuando a
balbettare parole senza senso – proseguì con voce glaciale, in cui si coglieva
un fondo di strafottenza e…disgusto? – glielo dirò io: sono in punizione,
costretto ad assistere alla sue misere lezioni su quanto i Babbani siano degni
di tutta la nostra stima e su quanto siano identici a noi…fino alla fine del
semestre» concluse stizzito.
Un silenzio assordante seguì le sue parole, poi
ricominciarono i bisbigli, che fecero rinsavire la professoressa, che, tentando
di riacquistare una parvenza di autorità, indicò al ragazzo un posto in fondo
all’aula.
«Ehm ehm… - tossicchiò imbarazzata – bene…per oggi non
apriremo i libri, perché ho una novità per voi…anzi, un ordine di Silente,
quindi indiscutibile! – concluse soddisfatta, certa che nessuno ora avrebbe più
osato protestare – Dunque…dov’ero rimasta? Ah sì, Silente…ecco, il nostro
preside ha pensato bene che, dato che il Ministero della Magia sta cercando di
aprire nuovi punti di contatto con il mondo Babbano, sarebbe bene averne un
primo assaggio. Perciò… - fece una pausa tattica gustando la nuova sensazione
di avere gente che pendeva dalle sue labbra – questo fine settimana verrete
mandati, a coppie, nel mondo Babbano per acquisire dimestichezza con le loro
usanze. Inutile dire che non potrete usare la magia se non in caso di assoluta
necessità…le coppie sono state formate da Silente in persona, associando un
ragazzo e una ragazza, preferibilmente di Case diverse, così da prendere due
piccioni con una fava (citazione Babbana, segnate, segnate!) e favorire i
rapporti »
Come no…favorire i rapporti! Ripensando a quello che aveva
detto la professoressa le prese un moto di stizza: non era lei che doveva
convivere per 48 ore con un Purosangue altezzoso con la puzza sotto il naso e
la mania del sangue puro…perché era ovvio che lei dovesse finire con
quello psicopatico di Malfoy! Per lo meno aveva la compagnia del Sole, che
bruciava la pelle, della sabbia, che solleticava piacevolmente la pianta dei
piedi e dell’acqua, che rinfrescava dalle torride giornate estive. La cosa
negativa era che doveva condividere una tenda con Malfoy…con Malfoy!
«Mezzosangue? Dimmi cos’è questo arnese che ha tentato di
accecarmi appena l’ho toccato!»
Ecco…ed erano arrivati lì da appena un’ora, durante la quale
si era dovuta sorbire le lamentele annoiate di quel biondino da strapazzo! La
prossima volta che vedeva Silente…
«E’ una crema solare, Malfoy – si affacciò alla tenda,
afferrando la porta per evitare di rotolarsi per terra dalle risate – e non
stava tentando di accecarti! Semplicemente l’hai schiacciata mentre ci guardavi
dentro…ed è uscita la crema»
«Una tattica di difesa davvero notevole per una aggeggio
Babbano» tentò di riparare con scarso successo alla colossale figuraccia che si
era appena fatto.
Scuotendo la testa, tornò a sedersi sulla spiaggia,
ripromettendosi di usare il prima possibile quella fantastica gaffe contro di
lui.
«Vado a fare una nuotata, mezzosangue – disse mentre le
passava accanto, diretto verso il mare – ti concedo di rimanere ad ammirare
tutto il mio abbacinante splendore, a patto che dopo non mi molesti»
«Cosa? – boccheggiò indignata più per il tono di seria
condiscendenza che per altro – Piuttosto…fai attenzione alle meduse –
sogghignò, sapendo benissimo che il ragazzo non aveva la più pallida idea di
cosa fossero – potrebbero staccarti a morsi una delle tue meravigliose gambe…e
allora non vedo come potrei riprendermi dal dolore!»
Vide la sua schiena irrigidirsi, ma continuò imperterrito a
camminare, lasciandosi scivolare nel morbido abbraccio delle onde. Ok,
effettivamente lo stava fissando, anzi, ammirando, ma che diamine! Lui era un
ragazzo dalla indubbia prestanza fisica e dall’indubbio fascino e lei era pur
sempre una ragazza sola su una spiaggia senza niente da fare ( no! Neppure leggere
un libro, dato che aveva potuto portare solo lo stretto necessario!). Mentre
era immersa nei suoi pensieri impuri, tentando di redimerli dal peccato in cui
erano caduti, sentì un urlo soffocato proveniente dalla sua destra, quasi
vicino ad un promontorio roccioso che si immergeva placido nel mare.
Gli occhi sgranati, si alzò di scatto, correndo veloce
quanto le permetteva l’infida sabbia, che la faceva affondare ad ogni falcata;
inciampò, cadendo malamente e sbucciandosi un ginocchio, ma si rialzò ignorando
il rivoletto rosso che contrastava così ferocemente con la pelle candida e
continuando a correre.
«Malfoy! Malfoy! Dove ti sei cacciato, dannato stupido!
Non…non puoi lasciarmi qui da sola, dannato furetto! Dove…dove sei?» la voce si
affievolì, diventando un sussurro spaventato, intriso di tristezza e panico.
Si fermò su uno scoglio, aggredita dagli spruzzi che si
infrangevano sulla pietra, mentre il mare si faceva gonfio e rabbioso; scrutò
l’orizzonte, ma non vide niente…possibile che…no! Non era così stupido da
affogare da solo…
«Cercavi qualcuno?» un sussurro gelido sulla pelle del
collo, che si accapponò involontariamente.
Si girò rapida, per trovarsi faccia a faccia con il sorriso
sdegnato del ragazzo, i cui occhi ferrei erano illuminati da una scintilla
indefinibile.
Una mano si mosse rapida verso la sua guancia, ma non
abbastanza: senza il minimo sforzo, i riflessi allenati di un Cercatore, le
bloccò il polso in quella che divenne ben presto una morsa dolorosa.
«Cosa credevi di fare, mezzosangue? Volevi per caso…darmi
uno schiaffo?» insinuò ironico.
Non rispose, chiudendo gli occhi che bruciavano sempre di
più.
«Allora? – strinse ancor più la presa – ora hai perso tutta
la tua voglia di schiaffeggiarmi, Granger? Cos’è? Hai finalmente capito quanto
sia inutile anche solo tentare di sopraffare un Purosangue?» la voce continuò
ad essere bassa ed ironica, ma gli occhi… se solo Hermione li avesse visti,
avrebbe avuto molto su cui riflettere, ma non li vide.
Quello che successe dopo, successe nella frazione di un
secondo, che venne vissuto quasi al rallentatore: Hermione si divincolò,
strattonando il polso, gli occhi ancora serrati. Riuscì a liberarsi, ma prima
che le sue palpebre si risollevassero, un piede cadde in fallo sulla pietra
scivolosa, provocandole un lungo taglio sulla pianta dalla pelle morbida e le
fece perdere l’equilibrio; le braccia si mossero grottesche nell’aria, alla
vana ricerca di un appiglio, gli occhi, ora spalancati, si fissarono in quelli grigi, dilatati ma pur sempre insondabili.
Poi ci fu freddo, tanto freddo che le si avvinghiava addosso, la trascinava in
basso, immobilizzandola nel suo abbraccio mortale, e poi ci fu il buio…buio
sempre più buio e denso, sempre più nero e profondo, sempre più…
«Ma…Malfoy?» tentò di sottrarsi al suo sguardo, alla sua
mano che si stava avvicinando al viso, ma appena si mosse sentì una fitta
lancinante alla testa e al piede destro, perciò dovette desistere e rimanere
immobile.
Il ragazzo non parlò, limitandosi ad appoggiarle un panno
bagnato sulla fronte, per poi alzarsi e sparire dal suo campo visivo. Passarono
quelle che sembrarono ore quando finalmente riuscì a sollevarsi su un gomito
senza avere le vertigini; il prossimo passo fu rialzarsi in piedi, cosa che le
fece stringere i denti dal dolore, ma non emise neppure un gemito. Non lo
vedeva da nessuna parte, ma presunse che fosse fuori, seduto in riva al mare,
inondato dalla luce del sole che aveva ripreso a splendere luminoso. Preparò in
fretta due panini, versò due bicchieri di succo, mise tutto su un vassoio e
uscì fuori tentando di appoggiare solo la puta del piede destro, cosa che di
sicuro non le dava molto sollievo. Una remota parte del cervello le chiese perchè lo stesse facendo, ma la zittì subito
non appena vide il ragazzo seduto a capo chino, con la testa tra le mani, lo
sguardo fiso sulla sabbia. Non si accorse della sua presenza se non quando lei
gli fu alle spalle; balzò in piedi, togliendole il vassoio dalle mani, lo
sguardo quasi vacuo mentre tornò a voltarsi verso di lei.
«Perché lo stai facendo?» la voce
anche era inespressiva, lievemente più bassa del solito.
Scosse la testa, non sapendo cosa
rispondere; si sedette, o meglio, si lasciò cadere sulla sabbia ardente,
facendo una smorfia di disappunto. Rimasero in silenzio a lungo, rotto infine
dalla sua voce bassa e sensuale.
«Perché lo hai fatto? - sarebbe
parsa una ripetizione, non fosse stato per quel tempo verbale, che creava una
differenza abissale – Non dirmi che non lo sai, o che l’hai fatto per
istinto…ho sentito quella nota di panico nella tua voce e…ho sentito cosa
dicevi mentre ti agitavi nel dormiveglia, prima. Quindi ti prego Granger…ti
prego davvero…sii sincera. Almeno tu, sii sincera»
«Perché ti importa tanto? –
replicò senza staccare gli occhi dall’orizzonte infuocato – perché ti importa
sapere quale motivo ha spinto una lurida mezzosangue a venire a cercarti? Non
dirmi che non lo sai, o che lo fai per curiosità…sii sincero Malfoy…ti prego,
sii sincero almeno una volta…almeno una volta con me»
Per un lungo, interminabile
attimo, pensò che si sarebbe arrabbiato o peggio, che sarebbe rimasto in
silenzio, che non sarebbe affatto stato sincero, ma alla fine parlò.
«Non so da dove cominciare…ma
proverò a fare un riassunto di quella che è stata la mia infanzia, solo per
darti un assaggio…per farti capire che non è colpa mia se sono così…o forse sì.
– tacque di nuovo – Sai benissimo chi sono i Malfoy, non ho voglia di
dilungarmi a decantare i miei natali…hai anche avuto qualche contatto con mio
padre, quindi hai visto quanto sia incisivo nei suoi ordini, ma allo stesso
tempo quanto ti incuta rispetto, paura e ammirazione…almeno per me. Sono
cresciuto desiderando rendere fiero mio padre, desiderando diventare un degno
erede della nostra casata, desiderando che chiunque avesse timore al solo
sentir pronunciare il nome “Malfoy”. Mio padre ha sfruttato al massimo
l’ascendente che aveva su di me, trasformandomi in quello che sono. Non ho mai
avuto il coraggio di disobbedirgli, neppure ora che ho capito quanto sia
vanesio e pieno di vecchi precetti muffiti…amore filiale forse? Forse…sta di
fatto che mi sono lasciato guidare da lui, poi da mia zia Bellatrix, infine da…
- si interruppe, ma allungò il braccio sinistro, girandolo verso i raggi del
sole. A tutta prima Hermione non vide nulla, ma pian piano si disegnò scuro il
noto simbolo dei Mangiarmote, in un contrasto abbacinante a confronto con il
candore perlaceo della pelle – Alla fine non so dove siano i miei genitori, non
so se mi interessa davvero saperlo, non so cosa fare, non so praticamente chi
sono…forse è per questo che è così importante sapere perché sei corsa al mio
grido, forse perchè voglio che qualcuno per una volta mi parli da pari a pari,
mi consideri una persona degna di…fiducia. – calò di nuovo il silenzio – Dio,
quanto sono patetico, vero? Draco Malfoy che vuole essere amico di qualcuno,
che desidera ricevere un amore senza secondi fini più di quanto non desiderasse
compiacere suo padre…»
«No, non è patetico…è umano,
Malfoy, semplicemente umano. Ed è giusto…è giusto che finalmente trovi un po’
di pace anche tu, che un balsamo lenisca le ferite provocate dal tradimento di
tuo padre, dall’essere attorniato da leccapiedi che non nutrivano per te altro
che timore reverenziale, dall’essere sempre considerato il solito arrogante
figlio di papà presuntuoso…anche se questa è l’idea che ti sforzi di dare con
ogni tuo gesto. – fece una smorfia contrita – Ecco quello che non capisco di te
Malfoy: perché ti ostini ad essere quello che non sei? Perché vesti una
maschera che non è la tua, che odi addirittura?»
«Forza dell’abitudine credo…» ma
suonò falsa a lui stesso quella risposta.
«Come vuoi, allora ti risolvo io
questo enigma: hai paura Malfoy…paura che se ti mostri per quello che sei
troverai qualcuno che si comporterà come tuo padre, ferendoti di nuovo…non
contraddirmi, so benissimo che è così. Sai perché lo so? Perché è quello che
provo un po’ anch’io…so che sembra folle…sono circondata da amici che mi
vogliono bene, eppure a volte ho l’impressione che vogliano più bene a quello
che io rappresento per loro che non a me in quanto me. – rise imbarazzata per
l’intreccio di parole – So che può sembrare pazzo, ma…»
Draco scosse la testa,
limitandosi a fissarla con i suoi occhi di quel grigio tanto innaturale quanto
magnetico, sempre senza proferire parola.
«Per quanto riguarda il tuo
“salvataggio” invece, la storia è più
complicata e più…dolorosa. – inspirò a
fondo, cercando di trarre un po’ della forza che proveniva da
quello sguardo –
Forse, anzi di sicuro, tu non sai nulla della mia infanzia…devi
sapere che fino
a sei anni sono stata una bambina normale, che passava le sue ore a
leggere al
posto di guardare la tv, questo è vero, ma tutto sommato felice.
Poi, un
giorno, sento un urlo disumano proveniente dal salotto, corro
giù per le scale
e vedo mia madre stesa per terra, in preda a convulsioni…mio
padre non c’era in
quel momento, era al lavoro, così chiamai subito
l’ambulanza, ma quando i
medici arrivarono mia madre si era già rimessa, perciò le
diedero solo qualche
sonnifero per riposare tranquilla e se ne andarono. Nessuno mi disse
cosa aveva
avuto mia mamma, né posso immaginarlo ora, dati i sintomi che
seguirono…per
qualche mese sembrò tornato tutto alla normalità, solo
ogni tanto la
sorprendevo con lo sguardo vacuo e fisso, ma appena la chiamavo si
riscuoteva,
tornando allegra come sempre. Poi…era una giornata
d’estate, un po’ come oggi,
con il cielo terso e un sole che non dava tregua; mamma decise di fare
una gita
al mare, ma andammo solo io e lei, perchè mio padre, tanto per
cambiare, doveva
lavorare. Sembrava andare tutto bene, ma ad un tratto alzo gli occhi
dal libro
che stavo leggendo e mi accorgo di essere sola; inizio a chiamare la
mamma, poi
alzo gli occhi alla scogliera e la vedo là in piedi, con i
lunghi capelli che
ondeggiavano al vento, le braccia spalancate, il solito sguardo
vacuo…corro,
corro come non avevo fatto prima e urlo, tanto che la voce mi si mozza
in
gola…spero di poterla raggiungere, lo spero fino
all’ultimo, quando mi mancano
pochi metri per raggiungerla… - la voce le si spezzò, ma
continuò lo stesso,
tentando di non lasciarsi sopraffare dalle lacrime - ed è allora che si gira, mi sorride e…fa un
passo avanti. – si fermò, guardandolo per sfidarlo a dire qualcosa, qualsiasi
cosa, ma lui tace, fissandola a sua volta – Sono rimasta su quello scoglio, da
sola, una notte intera prima che mi trovassero, una notte in cui ho combattuto
contro il freddo, la paura, ma soprattutto contro mia madre.»
Rimasero in silenzio, gli occhi,
specchio dell’anima, fusi in una sola entità, ciascuno consapevole del dolore
dell’altro, ciascuno desideroso di alleviare quella sofferenza.
Una brezza fredda si levò dal
mare, portando odore salmastro e brividi, interrompendo quella bolla di
intimità venutasi a creare tra di loro. Draco si alzò, rimanendo un attimo
indeciso, poi si chinò su di lei e la prese delicatamente in braccio, come si
fa con i bambini piccoli addormentati, per portarli a letto senza svegliarli;
non osò abbassare lo sguardo su di lei, ma sentì il suo cuore accelerare i
battiti, premuto contro il suo petto. Lei invece alzò lo sguardo, sorpresa e
quello che vide le fece quasi sciogliere il cuore: un lieve rossore si era
diffuso sulle guance diafane del ragazzo, creando un contrasto piacevole,
sfumato, mentre gli occhi illuminati dalla luce si erano fatti lucidi, ancora
più belli. Involontariamente alzò una mano, posandola su quella guancia
morbida, in una timida carezza; sentì il corpo che la sorreggeva fremere a quel
contatto e ritirò la mano, timorosa di essersi spinta troppo oltre.
Quando la posò attentamente per
terra, ebbe l’ardire di sollevare lo sguardo sul volto di lui, appena in tempo
per cogliere una sola, singola lacrima, nascere dalle sue ciglia, dondolarsi un
attimo e poi scivolare argentea seguendo il profilo aristocratico del viso;
prima che cadesse, la raccolse con il polpastrello, osservando i riflessi che
si infrangevano sulla sua superficie, poi, in un gesto che a mente fredda
avrebbe senza dubbio giudicato degno della peggiore perversione, si pose il
dito sulle labbra, lasciando che il sapore di sale e dolore le entrasse dentro,
lasciando che una parte di lui le entrasse dentro.
«Granger…» poco più che un
sussurro a fior di labbra.
Lo guardò, consapevole che ormai
non erano più una sporca mezzosangue di fronte ad un altolocato purosangue,
stupidi nomi dal vuoto significato, ma erano una ragazza di fronte ad un
ragazzo, accomunati da un’infanzia dolorosa e dalla voglia di essere amati per
quello che erano.
Fu lui ad abbracciarla,
avvolgendola tra le braccia, poggiando il capo sulla sua spalla, i capelli
biondissimi che le solleticavano la pelle, il suo profumo che le invadeva il
cervello, impedendole di formulare un pensiero coerente.
« Il cielo si sta rannuvolando…»
«Non importa Granger…ogni nuvola,
anche la più nera, alla fine trova il proprio Sole.»
Bene…ecco finita questa “breve”
one-shot su una giornata estiva. Non so se l’idea vi sia piaciuta, ma ho
pensato che non sempre estate, sole e mare sono sinonimo di allegria e
divertimento, ma possono essere occasioni per riflettere, per aprirsi davvero con
qualcuno di…insospettabile.
In ogni caso vi ringrazio se avete avuto la pazienza di giungere fin qui…grazie
davvero.
Alexia
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