Capitolo 17
Capitolo 18
“Sarah…Sarah…” una voce giunge lontana alle mie
orecchie.
E’ insistente, ma io non riesco ad aprire gli occhi; mi
sento le palpebre pesanti, la mente è ancora annebbiata dal sonno. So che
dovrei svegliarmi, ma mi sembra uno sforzo impossibile.
“Sarah, svegliati!” la voce è più urgente, più
autoritaria e io finalmente spalanco gli occhi.
La luce del primo mattino mi arriva diretta in viso e io
faccio una smorfia di dolore. Mi alzo a sedere, la testa mi rimbomba e comincio
ad essere irritata verso chi continua a disturbarmi, ma mi avvicino alla porta
chiusa e faccio scattare la serratura.
Mi ritrovo davanti Amy e Natalie, quest’ultima ancora con
il braccio alzato, pronta a bussare.
“Ancora in pigiama?!” esclama lei, “Sarah sono quasi
le otto, farai tardi a lezione!”
“Le otto? Lezione…?”
Fatico a comprendere quello che la mia amica sta dicendo,
mi sento distrutta, come se qualcuno si fosse divertito a usarmi come un pallone
da calcio per tutta la notte.
“Se sapevo che non reggevi il vino, io e Charlie non
avremmo rubato quella bottiglia di champagne per te!” continua Natalie.
Le sue parole lentamente mi fanno ricordare. Ieri sera
abbiamo festeggiato il mio compleanno al Pensatoio. Abbiamo bevuto lo champagne
del nonno dei gemelli e, in effetti, mi ero sentita un po’ strana quando ero
tornata in stanza; ma non pensavo di essermi ubriacata! Però, a pensarci bene,
il mal di testa, le ossa rotte, sono tutti sintomi di un bel post sbornia, ero
fortunata a non avere lo stomaco sottosopra, però di certo non avevo voglia di
mangiare.
“Sei sicura di sentirti bene?” mi chiede Amy, “se
vuoi ti giustifichiamo noi con la prof della prima ora…”
“Si grazie…” dico io, “credo di aver bisogno di una
bella doccia per riprendermi, sono ancora tutta addormentata.”
“Ok, Sarah, non c’è problema. Ma se non ti vediamo per
la seconda ora andiamo ti veniamo a prendere per le orecchie!” scherza Natalie.
******
La doccia per fortuna mi aiuta a
svegliarmi. Dopo un bel quarto d’ora sotto l’acqua bollente mi sento
decisamente meglio e pronta per affrontare le due ore di matematica che mi
aspettano. Purtroppo però, la mensa è ormai chiusa e, per quanto non sia
affamata, so che se non mangio nulla sarà una tortura arrivare fino all’ora
di pranzo.
E’ tempo di ricorrere alle
scorte di emergenza che ho in camera, apro il cassetto della mia scrivania e
sospiro. La mia camera a casa era l’immagine della precisione. Tutti i miei
pupazzi, le mie statuine, i miei trucchi e costumi erano posizionati secondo un
ordine preciso noto solo a me e mi dava davvero fastidio se qualcuno toccava le
mie cose.
Ricordo ancora che una volta
feci una scenata a mio padre e Karen, solo perché avevano messo Lancillotto
nella culla di mio fratello. E pensare che ora il mio vecchio orsacchiotto è il
pupazzo preferito di Toby! Quando mi sono trasferita qui alla Prescott ho
lasciato quasi tutte le mie cose lì, vivendo questo passaggio come un lasciarsi
indietro le cose dell’infanzia; e devo dire che non me ne sono pentita.
Certo, mi sono portata alcuni
dei miei ricordi più cari, ma non li ho messi in bella mostra per tutta la mia
stanza come avrei fatto da bambina, li ho messi tutti nel cassetto che ho appena
aperto; cassetto che, ahimè, è davvero disordinato!
Sposto il vecchio carillon con
la ballerina che mi regalò mia nonna, il pupazzo di un elfo biondo che mi
piaceva immaginare fosse il principe azzurro delle mie favole e finalmente trovo
i biscotti che avevo comprato l’ultima volta che ero andata al supermercato
con gli altri.
Mentre mangio approfitto per mettere a posto i miei
ricordi. Mi mette malinconia riguardarli, quando ero piccola, mi piaceva
immaginare che le storie che leggevo e che inventavo fossero vere. Mi piaceva
immaginare di essere una principessa, un eroina, qualcuno abbastanza forte da
poter decidere della sua vita. E mi immaginavo un principe azzurro, un re
fatato, che mi venisse a salvare da una vita che non mi piaceva più.
Povera Karen, mi ritrovo a pensare, la consideravo la
matrigna delle favole e ero davvero insopportabile, volevo la mia vecchia vita,
con mio padre e mia madre ancora sposati e volevo che qualcuno mi portasse via
dalla nuova famiglia in cui non ero
più io il centro del mondo di mio padre, ma in cui un nuovo fratellino aveva
preso il mio posto.
Mi vergogno un po’ a pensare che mi piaceva fantasticare
di come qualcuno rapisse Toby per farlo sparire per sempre, magari dei folletti
o dei goblin che con la magia lo portassero via e facessero dimenticare a mio
padre di aver mai avuto un figlio.
Per fortuna ora le cose non erano più così; Karen non è
affatto malvagia, anzi è più attenta ai miei bisogni di quanto la mia vera
madre, la famosa attrice Linda Williams, sia mai stata. E Toby, beh, Toby è la
mia adorabile piccola peste.
*******
“Come vanno i tuoi mal di
testa, Sarah?” mi chiede Natalie.
Io alzo gli occhi dal libro che
sto studiando con una smorfia.
“Non troppo bene, purtroppo,
ma ormai ho imparato a conviverci.”
Dalla mattina dopo il giorno del
mio compleanno, ormai tre mesi fa, ho cominciato a dormire male e a soffrire di
lancinanti mal di testa che, alle volte, mi impedivano addirittura di seguire le
lezioni.
All’inizio avevo minimizzato,
adducendo il mio malessere alla stanchezza, allo stress dovuto al fatto che
questo era il nostro ultimo anno di scuola e quindi dovevamo impegnarci di più,
o a qualche malanno di stagione.
Ma purtroppo non accennavo a
migliorare, tanto che il medico che seguiva noi ragazzi della scuola aveva
invitato mio padre a farmi fare delle analisi più approfondite; non era
risultato nulla di grave, per fortuna, ero solo un po’ anemica e debilitata e
quindi mi avevano prescritto vitamine e qualche integratore che mi avrebbero
fatto sentire meglio. In effetti ero migliorata, non mi sentivo più così priva
di energie come all’inizio, ma i mal di testa continuavano ad apparire nei
momenti più impensati.
Poggio il libro “Simboli
nell’arte nei secoli” e premo i palmi delle mani sugli occhi per alleviare
un po’ la sofferenza. La nostra professoressa di storia dell’arte ci aveva
dato una relazione sugli elementi simbolici che ricorrono nelle opere d’arte e
noi Topi ci eravamo andati a nozze, affascinati dalle leggende come siamo.
L’argomento che ho scelto io
“Il Labirinto come simbolo di iniziazione e di scelta” mi piace un sacco; ma
purtroppo, ogni volta che inizio a lavorare sulla mia ricerca, mi scoppia il mal
di testa. I gemelli mi prendono in giro, Charlie dice che il Labirinto non vuole
che io scopra i suoi segreti, ma la sua battuta mi inquieta invece che farmi
divertire.
Forse il motivo sta nei miei
sogni, sogni in cui mi ritrovo a vagare senza meta in un dedalo sconosciuto;
sento che sto cercando qualcuno, ma non so chi e non so nemmeno dove trovarlo,
spesso sono circondata da una fitta nebbia, altre volte c’è una soffusa luce
dorata che avvolge tutto, ma in entrambi i casi sento uno strano senso di vuoto
e nostalgia che mi accompagna fino al risveglio. Ma come posso sentire la
mancanza di un luogo così tetro?
“Ragazzi, che ne dite se
facciamo una pausa?” dice Amy alzando gli occhi dalla sua relazione.
I margini dei suoi fogli sono
pieni di ninfe, fatine e chissà cos’altro disegnato la sua mente fantasiosa e
quello è un chiaro segnale che anche la diligente Amy Bloomfield non ne può più
di studiare.
“E’ un’ottima idea!”
esclama Natalie chiudendo di scatto i suoi appunti e stiracchiandosi, “stavo
giusto aspettando che qualcuno lo dicesse! E, visto che siamo in pausa,
approfitto per farvi una proposta per sabato.”
“Che cosa?”
chiede Danny cauto, non si può mai sapere che ha in mente la nostra
amica.
“Visto che tra poco è
Halloween e visto che la scuola organizza la solita festa…che dite di andare a
cercare i nostri costumi?”
“Ottima idea!” esclama Amy
entusiasta.
In genere è più calma e pacata
di Nat ma quando si tratta di costumi e maschere anche lei diventa super
eccitata. Non c’è cosa che appaghi di più il suo senso artistico di una
maschera ben realizzata. Beh, in di certo non posso darle torto, visto che
–fino a qualche anno fa- indossavo maschere anche nei giorni normali, per
recitare nel parco dietro casa.
“Sono d’accordo anch’io”
dico allora con un sorriso, l’idea di passare un pomeriggio a provare costumi
e fingere di essere qualcun altro mi alletta.
“Perfetto!” continua la
nostra bionda amica, “e voi, ragazzi, venite con noi?” chiede a Danny e
Charlie.
Loro sono decisamente meno
entusiasti di noi dall’idea, ma alla fine accettano. Credo perché temono di
finire in calzamaglia come l’anno scorso. Devo ammettere che non stavano
affatto male, ma loro due –poveretti –erano rimasti in imbarazzo tutta la
sera; dopotutto ci vuole una personalità piuttosto forte e sfacciata per andare
in giro con dei pantaloni così stretti!
“D’accordo sorella,”dice
Charlie, “ma quest’anno niente calzamaglia!”
“Uff…d’accordo,” mette
il broncio lei, “ma in ogni caso dobbiamo vestirci uguali, o almeno a coppie,
l’anno scorso eravamo fichissimi tutti vestiti da cavalieri e dame
medioevali.”
“Per quello che mi importa
dalle festa di quest’anno…” borbotta a mezza bocca Charlie.
La sua fidanzata, un dolce
ragazza dai capelli rossi di nome Meg, non frequenta la Prescott e quindi lui
non poteva portarla al ballo della nostra scuola.
“Dai Charlie, non fare il
guastafeste, Meg la puoi vedere sempre dopo. Intanto vieni alla festa con noi.
Tu puoi andare con Sarah, tanto lei non ce l’hai un accompagnatore, vero?”
In effetti era vero, non ce
l’avevo un accompagnatore per la festa; e nemmeno l’avevo cercato a dire la
verità. Sebbene mi piacessero le storie romantiche, nella vita di tutti i
giorni non riuscivo ad interessarmi ai ragazzi intorno a me. Non che non li
sentissi alla mia altezza o chissà che cosa, è solo che dentro di me ero
convinta che ci fosse qualcuno di diverso per me. Ma chissà, forse le mie erano
solo sciocche fantasie e, se non mi fossi data una svegliata, mi sarei ritrovata
come una di quelle vecchie zitelle che leggono romanzi d’amore in case piene
di gatti.
“Charlie, per me non c’è
problema, se vuoi vengo io con te.” Ecco questo era proprio da zitella, fare
la sostituta per un amico che non può portare la fidanzata.
“Ok Sarah, grazie, però cerca
di non trovare un costume troppo assurdo, eh?” scherza lui.
“Bene! Tutto è risolto
allora,” sorride Natalie, “Charlie va con Sarah, Amy e Danny vanno insieme e
io invece andrò al ballo con quel fico stratosferico di Jimmy Walsh!”
“Jimmy Walsh?!” esclamiamo
io e Amy stupite.
Era il ragazzo più popolare del
nostro anno, il classico bello e tenebroso, il ribelle che fa sospirare tutte le
ragazze; ma – per quanto fosse amico di Danny e Charlie- mi era sempre
sembrato un tipo abbastanza solitario, come dimostrava il fatto che nessuna
delle Splendide, nonostante tutti i loro sforzi, era riuscito ad
accalappiarselo. E invece la nostra Natalie c’era riuscita, beh… almeno per
il ballo.
“Jimmy? E come mai io non ne
so nulla?” chiede Charlie
Jimmy era
loro compagno nella squadra di pallacanestro e, il fatto che lui era
all’oscuro di un suo appuntamento con sua sorella, evidentemente non gli
piaceva molto.
“Io non sono tenuta a dirti
con chi esco, Charles William Prescott,” esclama allora Natalie con le mani
sui fianchi, pronta a dare battaglia. “Si da il caso che Jimmy mi trovi carina
e interessante ed abbia deciso di uscire con me, c’è qualche problema in
questo?”
Davanti ai feroci occhi nocciola
della sorella, Charlie non ha il coraggio di ribattere e così viene
stabilito che sabato saremo andati a cercare i nostri costumi.
*******
“Stai benissimo Nat” esclama Amy quando la nostra
amica esce dal camerino e, in effetti, ha ragione. Con i suoi corti capelli
biondi e la sua espressione sbarazzina, Nat è una perfetta Tinker Bell.
Fa un giro su se stessa, mostrandoci le ali fissate al
corto abitino verde che indossa. Eh si, è proprio deliziosa.
“Il problema è che ora dovrò convincere Jimmy Walsh a
mettersi una calzamaglia per fare Peter Pan,” dice un po’ scoraggiata.
“Beh…potresti chiedergli di vestirsi da Capitan
Uncino invece che da Peter Pan, non credi?” suggerisce Amy.
“Già, hai ragione! Come ho fatto a non pensarci!”
Mentre loro due si mettono a discutere su quale sia il
costume migliore da proporre all’accompagnatore di Natalie, io mi allontano a
dare un’occhiata agli altri costumi.
Quel negozio, uno dei nostri
preferiti, non vende semplici maschere di Halloween; è un’enorme magazzino
pieno di costumi di scena dimessi, abiti d’epoca e vestiti ‘vintage’ che
le solerti proprietarie avevano scovato chissà dove. Fare un giro li dentro
significava catapultarsi in mondi ed epoche diverse, bastava fare qualche passo
e ti trovavi di fronte a corti abitini pieni di frange anni ‘20, a casacche
cappelli da cowboy e copricapo piumati perfetti per girare film western, e poi
ali d’angelo e di fata, vestiti degni della corte del Re Sole, nasi finti,
trucchi di scena e accessori di tutti i tipi.
Mi piaceva girare lì dentro;
ormai non recitavo quasi più ma, guardando quei vestiti, potevo immaginare di
indossarli e interpretare Ofelia, Giulietta, l’intensa Nora di ‘Casa di
Bambola’ e, perché no, la soprano Christine del Fantasma dell’Opera o
l’eroina di una tragedia greca. Avevo smesso di coltivare il mio sogno di
attrice, ma questo non mi impediva di sognare ancora, di tanto in tanto.
Ad un tratto scorgo un abito di
un verde pallido molto delicato, ha ampie maniche lunghe, in stile medioevale.
Lo tiro fuori per ammirarlo, mi ricorda tanto l’abito che ho a casa, quello
che usavo per recitare la parte della principessa. C’era stato un periodo che
ero cosi fissata con quell’abito, lo indossavo quasi tutti i giorni e passavo
i miei pomeriggi al parco a recitare.
Cerco di ricordare la storia che
mi ero inventata; era qualcosa a cui tenevo molto, non era un’opera teatrale,
era piuttosto un libro, un libro che raccontava le vicende di una ragazza a cui
mi sentivo molto vicina…aggrotto le sopracciglia. Come è possibile che mi sia
dimenticata di quella storia? L’avevo imparata a memoria! Era su un piccolo
taccuino, no su un libretto…chissà che fine aveva fatto quel libro? L’avevo
forse lasciato nella mia vecchia camera?
Sento il mal di testa cominciare
a montare, la pressione pulsare dietro ai miei occhi, così lascio andare la
manica verde, frustrata. Ricomincio a camminare tra gli abiti con la mente
soprappensiero, cosicché quando mi trovo davanti un viso grottesco faccio un
salto indietro, spaventata.
E’ solo una maschera; sembra
quella di un folletto o di un fauno, non si capisce bene. E’ di fattura
raffinata, mi fa venire in mente le maschere che qualche nobile…qualche
Cortigiano… dei tempi passati avrebbe potuto indossare in una festa in
costume. Do un’occhiata intorno a me, gli scaffali sono pieni di quelle
maschere, alcune coprono solo gli occhi, altre tutto il viso. Hanno espressioni
maliziose, ghigni più o meno rassicuranti, alcune hanno anche delle corna,
altre nasi grotteschi o orecchie a punta.
Sento il cuore che comincia a
battermi forte, senza motivo, è come se quelle maschere mi stessero guardando,
mi immagino di sentire risatine sommesse. Scuoto la testa, oddio, da quando sono
diventata così suggestionabile?
Mi allontano da
quell’angolo…è meglio che ritorni dalle altre e faccia qualcosa di utile
come cercare il mio costume, invece che perdermi dietro le mie fantasie.
In quel momento lo vedo.
Un abito bianco e argento, dalle
maniche a sbuffo e dall’ampia gonna. E’ ingombrante, eccessivo, sembra
l’abito della mia ballerina del carillon, un abito che avrei indossato se da
ragazzina mi avessero chiesto di mascherarmi da principessa. Eppure non posso
fare a meno di continuare a fissarlo. Il cuore comincia a battere, perché?
Perché mi sto emozionando così davanti a uno stupido vestito che sembra uscito
da un film fantasy degli anni ottanta?
Che mi sta succedendo? C’è
davvero qualcosa che non va nella mia testa!
Ritorno velocemente dalle mie
amiche. Natalie ha deciso di comprare il costume da Tinker Bell, mentre Amy si
sta provando un peplo. Con i suoi riccioli scuri starebbe benissimo vestita da
antica romana, e sono sicura che –per amor suo- Danny sarebbe anche disposto a
mettersi una corta tunica e starsene a gambe nude.
“Ehi Sarah, dov’eri
finita?” mi chiede Nat, “Amy sta proprio bene vestita così, eh?”
Io annuisco e cerco di
concentrarmi su quello che mi dicono le mie amiche, ma il mio cuore è stretto
da un magone inspiegabile.
Alla fine usciamo dal negozio,
io ho comprato un costume da cantante da night anni ’30 non è quello che
avrei scelto di solito ma almeno da a Charlie la possibilità di indossare un
completo da gangster davvero elegante e quindi di fare un figurone con la sua
Meg.
Quando, alla fine della
giornata, mi trascino in stanza sono abbastanza distrutta e il mal di testa è
tornato a farsi sentire. Per quanto tentassi di pensare ad altro, il pensiero di
quella storia che non ricordavo più continua a tormentarmi. Non era il semplice
fastidio di non ricordarsi il titolo di un vecchio film che ti era piaciuto o il
titolo di una canzone che ti è entrata in testa, era qualcosa di più profondo.
Era stupido, ma sentivo che il ricordarsi quel libro e quella storia fosse una
cosa di vitale importanza.
Mi butto sul letto e fisso il
soffitto, nella penombra della stanza il quadro di Escher che ho appeso alla
parete vicino alla testiera sembra risucchiarmi dentro si se. Mi ritrovo a
percorrere con lo sguardo quelle scale senza senso, quelle porte che si aprono
sul vuoto, finchè sono costretta a distogliere lo sguardo. Per una che ha
l’emicrania un quadro come quello non è certo l’ideale!
Eppure sono attratta da esso,
così come ero stata attratta da quell’abito nel negozio…allo stesso modo in
cui ho sentito il bisogno di tirar fuori dal mio cassetto il mio vecchio pupazzo
del principe elfo e di metterlo vicino al comodino.
Lo afferro e me lo porto vicino al viso, per guardare da
vicino i suoi lineamenti affilati e i suoi occhi azzurri. Adesso che ci penso è
affascinante e inquietante nello stesso tempo; non è il classico Ken e non
credo sia molto adatto come giocattolo per una bambina, eppure mi ero sempre
rifiutata di farmi comprare il classico bambolotto della Barbie, preferendo di
gran lunga il mio originale principe degli elfi.
“Principe, sei tu a farmi
questo?” chiedo guardandolo fissa. ‘Oddio, ora mi metto a parlare con le
bambole ora!’ penso tra me e me, però continuo.
“Aspetta, tu non sei un
principe vero? Tu sei…tu sei un re! Tu sei il re dei…goblin. Tu sei…”
Nella mia mente si forma
l’immagine nebulosa di un sorriso felino e di stranissimi occhi azzurri, di
una massa di capelli biondo argento e di sfere di cristallo.
“Tu sei Jareth!” esclamo
infine trionfante. “Tu sei Jareth, il protagonista della mia favola!”
Come un palloncino che scoppia
sento un po’ della tensione che era cresciuta nella mia testa svanire. Mi
accoccolo sotto le coperte e poggio Jareth sul cuscino vicino a me. “Tu sei
Jareth, il Re dei Goblin, il mio innamorato nei miei sogni da ragazzina.”
Sorrido come una sciocca, ma mi
sento felice che quel ricordo mi sia finalmente tornata alla mente. Ancora non
ricordo nulla della mia storia inventata, ma il mio inspiegabile magone era
passato. Non voglio concentrarmi adesso su quanto sia assurdo che il mio stato
d’animo sia così influenzabile da qualcosa che non è reale; invece mi godo
la sensazione di soddisfazione e serenità e, per la prima volta in tanto tempo,
mi addormento serena.
******
“L’avete sentito?” il nano chiede alla donna vicino a
lui.
“Si, l’ho sentito Hoggle, Sarah ha pronunciato il suo
nome.”
Hoggle e Tearlag si voltano verso la figura supina stesa
vicino a loro, molte altre creature si trovano lì, circondando quel corpo
esanime in una veglia silenziosa. Si trovava sul quel giaciglio, nel giardino al
centro del Labirinto, dalla sconfitta di Wysa.
Ma quando la voce di Sarah che pronuncia il nome di Jareth
riecheggia nel giardino. Il Re dei Goblin finalmente apre gli occhi.
To be continued…
Tadaann! Potete odiarmi per questo capitolo vi capirò.
Come al solito vi lascio con un colpo di scena e non rispondo a nessuno degli
interrogativi che vi siete fatte l’ultima volta. E’ solo che questo capitolo
si è allungato più del previsto e quindi ho deciso di posticipare la fine
della mia storia ancora un altro po’!
Ah...per il vestito di Sarah mi sono ispirata a
questo: http://ilybridal.blogspot.com/2011/04/easy-virtue-retro-dresses-that-inspired.html
So che centra poco con il personaggio ma penso che Sarah
starebbe molto bene vestita così!
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