Fuyu no Umi- Il mare d'inverno
Fuyu no Umi- Il mare d'inverno
Non è strettamente necessario, ma dato che questa è una song-fic vi consiglio l'ascolto di "Il mare d'inverno", cantato da Loredana Berté
"Si ha l'impressione che tu provenga da un mondo fatto solamente di acqua."
(Michiru a Ami, episodio 97)
- Mamma, guarda! - rientrando in casa dietro a sua madre, Ami aveva
guardato dentro la cassetta della posta, e vi aveva trovato una
lettera. Una di quelle lettere – È di papà!
- Allora aprila subito – le suggerì la madre. Sapeva
già che sua figlia sarebbe stata di ottimo umore fino al
giorno seguente, e mentre sistemava la spesa pensò che era da un
po' che non aveva notizie del suo ex-marito.
Sospirò, sistemando in frigo un cespo di insalata, chiedendosi
per l'ennesima volta se Ami sarebbe stata influenzata dalla loro
incoscienza. E come sempre si ripeté che avrebbe dovuto pensarci
prima, dato che quella dotata di senso pratico era lei.
La loro era stata la storia più banale del mondo: la dottoressa
in carriera che perde la testa per l'artista giramondo, e viceversa. I
soliti opposti che si attraggono. E come la storia più banale
del mondo era finita, perché i veri pittori non si possono
rinchiudere in un quartiere di Tōkyō. I soliti opposti che non possono
stare insieme a lungo.
Comunque era grata che il suo ex-marito non fosse il classico artista
maledetto. Non lo era mai stato, in effetti, e dopo il divorzio non si
era mai dimenticato di avere una figlia. Pur trovandosi sempre lontano
le inviava spesso delle cartoline dai luoghi in cui si trovava, a volte
comprate e a volte dipinte da lui stesso. Ami era raggiante da mattina
a sera nei giorni in cui riceveva una lettera del padre, e quando
finalmente lo rivedeva era come se in cielo fossero sorti due soli.
La signora Mizuno non era gelosa di tutto quell'affetto: sapeva
perfettamente che la gentilezza e l'estrema sensibilità di Ami
non facevano parte della sua metà di cromosomi. Ma era felice
che si stesse rivelando una bambina con la testa sulle spalle,
ubbidiente e responsabile. E questo- modestamente- era tutto merito suo.
- Arriva papà! - Ami
non urlava mai, praticamente non faceva rumore; ma una notizia simile
sarebbe andata a gridarla all'intera città – La settimana
prossima, per una mostra! Dice che passeremo tantissimo tempo insieme!
- Allora dobbiamo festeggiare in anticipo – alla signora Mizuno
non sarebbe dispiaciuto rivedere l'ex-marito: erano rimasti in buoni
rapporti, anche se sapeva che al momento lui aveva una storia con la
donna responsabile della mostra. Ma era certa che Ami avrebbe avuto la
sua meravigliosa settimana con il suo papà – Ceniamo
fuori?
Ami annuì, radiosa. Se era così bello quando tornava suo
padre, era anche perché sua madre non se ne andava mai.
Era l'inizio di marzo, un marzo freddo come pochi, che faceva
rabbrividire gli adulti nelle sciarpe e i bambini sotto i loro
berretti. Quella domenica, che dovevano passare interamente insieme,
suo padre le annunciò:
- Oggi andiamo al mare.
Per una frazione di secondo Ami si chiese se dovesse portare il costume
da bagno. Ma l'istante dopo si ricordò che di notte la
temperatura andava sotto zero, quindi prese solo cappotto e sciarpa.
- Come mai?
- Voglio dipingere il mare d'inverno.
Quella singola frase le sembrò da subito così piena di
poesia che non chiese nient'altro. Salutò sua madre e
uscì, tenendo una mano guantata in quella di suo padre.
- Se vuoi posso portare la scatola con i colori – si offrì
Ami. Quando l'ebbe nella mano libera, mentre il padre teneva tutto il
resto della sua attrezzatura per dipingere, si sentì in tutto e
per tutto una piccola assistente.
Il signor Mizuno aveva sempre amato ritrarre l'acqua, che non per
niente scorreva anche nel suo cognome. (¹) I giochi di luce col
sole, i salti fra le rocce dei ruscelli di montagna, la pacata dolcezza
di un lago, il pigro distendersi di un fiume nel calore dell'estate.
Non era un caso, secondo lui, che lo shintoismo giapponese ritenesse i
corsi d'acqua abitati dai draghi: perché l'acqua è la
prima fonte della vita, certo, ma è anche più letale di
qualsiasi incendio. Non c'è nulla che possa fermare l'acqua.
- Il posto dove andremo non è lontano – disse ad Ami,
quando ebbero preso posto in treno – D'estate è pieno di
gente, ma oggi dovremmo starcene tranquilli.
Il mare d'inverno
è solo un film in bianco e nero visto alla tivù
e verso l'interno
qualche nuvola dal cielo che si butta giù
Non era mai stata in quella piccola cittadina sul mare, nemmeno
d'estate. Ma poteva immaginarsela piena di gente, di bambini in costume
e donne in prendisole con grandi cappelli bianchi. Di negozi colorati
che vendevano gelati e granite, salvagenti e asciugamani.
Poteva immaginare la forte luce estiva, la sabbia che scottava e
l'odore di acqua salmastra del mare pronto a rinfrescare chiunque si
fosse tuffato nelle sue acque.
Erano ormai tre anni che Ami prendeva lezioni di nuoto, e si era
rivelata fin da subito piuttosto portata; di certo aiutava il fatto che
non avesse mai avuto paura dell'acqua, come succedeva a tanti altri
bambini. Era come se, quando entrava in acqua, tornasse in qualche modo
a casa. Una casa talmente morbida da essere liquida, con braccia
così grandi da avvolgerla completamente, in cui si poteva
effettuare qualsiasi movimento con uno sforzo minimo rispetto a quando
ci si trovava sulla terra. L'acqua aveva una forza di gravità
tutta sua, in effetti.
- Non sento l'odore – disse Ami a suo padre.
- L'odore del mare? Quando fa così freddo si sente molto meno. È strano, vero?
Ami annuì. C'erano anche molti meno gabbiani, ma non erano
ancora arrivati alla spiaggia. I colori stessi erano diversi:
più pacati, quasi spenti, nella luce grigia di un mattino
leggermente nuvoloso.
Poi Ami vide il mare, e le piacque da morire.
Sabbia bagnata, una lettera che il vento sta portando via,
punti invisibili rincorsi dai cani,
stanche parabole di vecchi gabbiani,
e io che rimango qui sola a cercare un caffé
- Sembra... lo specchio del cielo – mormorò Ami,
osservando il grigiore delle nuvole riflesso sulle onde. La spiaggia,
scura e umida, si stendeva lungo il mare argenteo, come lo spicchio
ancora oscuro di una luna crescente.
- Potrebbe essere il primo verso di una poesia – le disse suo
padre. Ami arrossì, lusingata: se lo diceva lui, era sicuramente
vero. Forse aveva preso un po' del suo talento, forse era anche lei un
po' un'artista. Sorrise, pensando che una volta tornata a casa avrebbe
provato a scrivere qualcosa su uno dei suoi quaderni ancora bianchi.
- Allora, vediamo di trovare un angolo adatto. Ci entrerà di
sicuro un po' di sabbia nelle scarpe, ma è anche questo il bello
– si incamminarono lungo spiaggia, a un pelo dalla battigia su
cui le onde rigurgitavano spuma bianco latte. Solo che non era dolce,
ma salata.
Ami ebbe quasi voglia di togliersi le scarpe per lasciare delle
impronte sull'onda della risacca, ma quando si tolse i guanti decise
che era meglio di no: magari ci avrebbe provato dopo mezzogiorno, nelle
ore meno fredde della giornata.
Per il momento avrebbe solo aiutato suo padre.
Il mare d'inverno
è un concetto che il pensiero non considera
È poco moderno,
è qualcosa che nessuno mai desidera
Ma non erano soli, su quella spiaggia una mattina di tardo inverno.
C'erano alcuni anziani che passeggiavano solitari, forse abitanti del
posto, e qualche coppietta che camminava mano nella mano, specialmente
ragazzi in età da liceo.
- Magari ci porterai anche il tuo ragazzo, qui. Quando lo farai, ricordati che la prima volta ci sei venuta con me.
- Come? - Ami lo stava ascoltando, ma non capiva cosa intendesse dire – Stai parlando di me?
L'uomo fece un largo sorriso, pensando che a otto anni compiuti la sua
unica figlia sembrava non avere idea di cosa fossero i problemi di
cuore. La sua ex-moglie gli aveva raccontato che lei stessa non si era
interessata ai ragazzi fino all'ultimo anno delle medie.
- Alla tua età, io avevo già detto addio al mio primo amore.
Ami sorrise, chiedendosi se suo padre stesse scherzando o parlando sul serio.
- E chi era?
- Una ragazza di undici anni... credo.
- Credi? - Ami era ancora più confusa.
- So solo che in quella casa viveva una coppia con una figlia di
quell'età, e che era lei a prendere lezioni di musica.
Però non l'ho mai vista, e non posso esserne del tutto sicuro.
- Non l'hai... mai vista? - Ami alzò le sopracciglia, incredula.
Come ci si poteva innamorare di qualcuno che non si era mai visto?
- Suonava il sassofono in maniera fantastica, Ami. Te ne saresti innamorata anche tu.
Ami rise prima di chiedersi se suo padre si sarebbe offeso: magari da
sua figlia si aspettava più partecipazione al suo primo cuore
spezzato.
- Ah, ma i musicisti sono i più complicati fra gli artisti.
Sapevo che litigava molto con i suoi genitori, e fu mandata in un
collegio privato. Poi si trasferirono anche loro, e non la rividi
più. Cioè... - il signor Mizuno sorrise assieme ad Ami
– ... non la risentii più. Ma forse quel sassofono saprei riconoscerlo ancora.
Alberghi chiusi, manifesti già sbiaditi di pubblicità,
macchine tracciano solchi su strade
dove la pioggia d'estate non cade,
e io che non riesco nemmeno a parlare con me
- Direi che qui è perfetto – decretò il padre di
Ami, mentre lei si guardava intorno cercando di capire cosa rendesse
quel punto diverso da tutti gli altri. C'erano sabbia, mare e cielo
grigio come su tutto il resto della spiaggia, oltre a una bambina che
raccoglieva conchiglie lì vicino. Ami si rassegnò: forse
non aveva ancora l'occhio dell'artista.
Il signor Mizuno sistemò il cavalletto e uno sgabello,
preparando poi la tela. Ami appoggiò la scatola dei colori per
terra, ben sapendo che il padre si sarebbe prima dedicato al disegno
con i carboncini, cominciando a dipingere solo in seguito.
- Ho portato una seggiolina anche per te – si sentì dire
Ami, prima di vedere una di quelle sedie ripiegabili aperta e pronta
per lei.
Si sedette accanto al padre, sulla sabbia e davanti al mare, sentendosi incredibilmente orgogliosa.
Le piaceva osservarlo mentre disegnava. Il carboncino scorreva sicuro
sul piano grezzo della tela, lasciando scie scure che poi sarebbero
state coperte dal colore. Il disegno di partenza sarebbe stato molto
semplice, quasi grezzo: la linea dell'orizzonte, quella del
bagnasciuga, qualche accenno dei movimenti delle onde e delle nuvole.
Minuscoli segni ad indicare i gabbiani.
Dopo alcuni istanti di profondo silenzio- o meglio, di sciabordii di
onde e stridi di gabbiani- Ami sentì il peso di uno sguardo su
di sé. Si voltò, e vide che la bambina prima intenta a
raccogliere conchiglie li stava osservando. Anzi, più che lei
osservava suo padre al lavoro.
Ami sorrise, ma l'altra non rispose. Sembrava talmente concentrata su
suo padre da non averla nemmeno notata, così Ami si prese tutto
il tempo di sbirciarla con calma. Doveva essere più grande di
lei, ma non di molto: forse uno o due anni, anche se la serietà
del suo sguardo la faceva sembrare quasi più adulta. Più
che carina, era davvero bella, se lo si poteva dire di una bambina:
lunghi occhi azzurri su un viso già elegante a quell'età,
capelli ondulati di cui alcune ciocche erano raccolte in un fermaglio
dietro la testa. Ma forse, le avrebbe detto il padre più tardi,
era il portamento a darle quel "qualcosa": secondo lui era sempre il
portamento di una persona a fare la differenza, e quella bambina ne
aveva uno molto particolare. "Elegante come un'onda", avrebbe detto
mentre erano seduti in treno, sulla via del ritorno.
Suo padre faceva sempre paragoni simili quando parlava delle persone,
ma al momento Ami stava solo osservando una ragazzina poco più
grande di lei con un cappotto color panna e una sciarpa beige al collo,
che non aveva ancora distolto lo sguardo dalla tela.
Dato che quella bambina sembrava essere da sola, forse toccava a lei dirle qualcosa per prima.
- Vuoi vedere più da vicino? - le chiese, scendendo dalla sua
seggiola. Solo in quel momento l'altra sembrò notarla, e si
avvicinò senza dire niente.
Mentre osservava i contorni già tracciati, il signor Mizuno
sembrò finalmente notarla. Quando era intento a dipingere si
estraniava da tutto il resto, come se si racchiudesse in una bolla di
sapone, esprimendo una capacità di concentrazione davvero rara.
Sapeva che Ami aveva ereditato anche questo da lui, e perciò
poteva capirlo, mentre gli sedeva accanto in silenzio.
Disegnando le linee base col carboncino, aveva avuto la sensazione che a quel quadro mancasse fin da subito qualcosa, qualcosa che avrebbe davvero reso completo un ritratto del mare d'inverno.
E quando si voltò, posando lo sguardo sulla piccola spettatrice sconosciuta, capì cos'era.
Mare, mare,
qui non viene mai nessuno a trascinarmi via
Mare, mare
qui non viene mai nessuno a farci compagnia
- Un ritratto? A me? - erano le prime parole che pronunciava quella bambina.
- Esatto. A te e al mare – rispose il padre di Ami.
La bambina sembrò colpita da quell'accostamento, e dopo un istante di riflessione annuì.
- Allora ti spiacerebbe metterti qui davanti a me? Non troppo
lontano... ecco, così – trovata la distanza giusta, il
signor Mizuno posò la punta del carboncino sulla tela con
rinnovata ispirazione – Non serve che stai in posa, solo non
muoverti troppo.
La ragazzina annuì, mentre Ami riprendeva posto sulla sua
seggiola di assistente, incredula di aver appena assistito ad
un'ispirazione improvvisa. Era così, dunque? La cosa giusta al
momento giusto, che si sarebbe riconosciuta all'istante? Una
sconosciuta poteva diventare il volto giusto per un quadro, il volto
che si stava aspettando?
Ami cominciò a spostare lo sguardo dalla tela alla bambina,
mentre il padre tratteggiava le linee delicate del viso e delle spalle.
In pochi minuti una forma esistente solo nella realtà era stata
trasportata in un quadro, ferma per sempre nel tempo e nello spazio.
Dopo un po', suo padre iniziò a dipingere.
Mare, mare
non ti posso guardare così perché
questo vento agita anche me
questo vento agita anche me
- Quella bambina sembra proprio lo spirito del mare –
commentò suo padre, catturando in un'onda del pennello una
ciocca di capelli sfuggita al fermaglio.
Ami strinse leggermente le labbra, presa alla sprovvista. Non era
gelosa di una sconosciuta appena incontrata sulla spiaggia, che
comunque non avrebbe più rivisto. Non era gelosa perché
non era nella sua natura, ma suo padre aveva sempre paragonato lei all'acqua che tanto amava. A...
- Mentre tu sei lo spirito delle acque dolci – continuò
lui senza distogliere lo sguardo dalla tela, ma era come se le avesse
letto nel pensiero – Dei fiumi, dei laghi e dei ruscelli.
Dell'acqua più gentile.
- Il mare non è gentile? - non poté fare a meno di
chiedere Ami. In realtà sapeva che poteva essere molto
pericoloso, come in fondo lo erano anche fiumi e laghi. Ma con l'acqua
bisognava sempre stare attenti.
- Il mare è... salato – rispose suo padre, mentre lanciava
una fugace occhiata alla bambina e perfezionava il blu dei suoi occhi
– E dato che anche le lacrime lo sono, l'uomo l'ha sempre
ritenuto più... triste. Chi conosce il dolore e si rivolge al
mare, trova sempre una risposta.
Da tempo non temeva più di parlare ad Ami come a un'adulta,
perché lo era molto più di tanta gente che conosceva.
Avrebbe capito molte cose della vita solo crescendo, ma intanto avrebbe
fatto tesoro di qualunque cosa lui le avesse detto. Mizuno sentì
il pungolo del senso di colpa, breve ma intenso: era anche
perché si vedevano così poco spesso, che sua figlia
trovava così preziosa ogni sua parola.
Ami lasciò perdere il dipinto per qualche minuto e si
concentrò sulla bambina, che aveva rivolto lo sguardo al mare.
Anche lei era triste, come il mare? Aveva sempre ritenuto il dolore una
cosa da adulti, ma guardando quella bambina non ne era più tanto
sicura: era dolore, quell'ombra scura nei suoi occhi che suo padre
stava cercando di ritrarre?
L'acqua che conosceva lei non era così: era quieta e serena,
appena increspata da una leggera brezza che sembrava accarezzarla. Non
sconvolta da correnti profonde e venti di tempesta, fonte di maremoti e
piena di abissi, anche quando la superficie sembrava
così calma.
... anche quella bambina era così?
Passerà il freddo,
e la spiaggia lentamente si colorerà
La radio, i giornali,
e una musica banale si diffonderà
Era passato parecchio tempo, e qualche pallido raggio di sole aveva
perforato le nubi, colorando la sabbia e il mare di sfumature appena
più calde.
Prima Ami non ci aveva fatto caso, ma adesso capiva che cosa avesse
visto suo padre in quella bambina: nel quadro aveva usato gli stessi
colori nel dipingere lei e il mare. Gli stessi blu oltremare e cobalto,
verde acqua e turchese; una scala di grigi e marroni perché
quando la schiuma si sporcava di sabbia prendeva lo stesso colore del suo cappotto e della sua sciarpa. Nel
dipinto il mare appariva quasi vivo, vivo come la bambina che vi stava
davanti, mosso dallo stesso vento.
Ami aveva l'impressione che si stessero ascoltando a vicenda.
Nuove avventure, discoteche illuminate piene di bugie,
ma verso sera uno strano concerto
e un ombrellone che rimane aperto,
mi tuffo perplessa in momenti vissuti di già
- Finito – il padre di Ami lanciò un'occhiata critica alla
sua opera, come a volerlo osservare dall'esterno dopo esservi stato
immerso fino a quel momento – Magari c'è qualche ultimo
ritocco da fare, ma ci posso pensare anche stando al caldo.
Si rivolse alla figlia.
- Cosa te ne pare?
- È bellissimo – esclamò Ami di slancio. Era la
prima volta che osservava il padre dipingere un quadro dall'inizio alla
fine, ma era sicura che quello fosse di gran lunga il migliore di
tutti. Niente a che vedere nemmeno con quella veduta di Venezia, in
Italia.
- Posso vederlo? - chiese la modella dell'opera, rimasta in silenzio ad ascoltarli senza dire una parola.
- Certo, ci mancherebbe. Vieni pure – le rispose il signor
Mizuno, pulendo i pennelli nell'acqua e iniziando a metterli via.
La bambina si avvicinò, osservando il quadro con attenzione, e
anche se non disse nulla per un po' Ami capì che doveva trovarlo
straordinario quanto lei. Perché i suoi occhi si fecero
più grandi, le labbra si socchiusero e fu come se qualcuno le
avesse appena mormorato un'incredibile rivelazione all'orecchio. E poi
sorrise.
- È bellissimo – disse anche lei, come Ami – Anch'io voglio dipingere così.
- Ti piace disegnare? - le chiese il signor Mizuno, sorpreso, andando
con lo sguardo alle sue mani. Nel dipinto e nella realtà –
Con quelle dita, pensavo suonassi uno strumento.
- Beh... anche – ammise la bambina, stupita che qualcuno l'avesse
capito solo osservando le sue mani – Suono il violino, ma non so
ancora quale delle due cose mi piace di più.
Il padre di Ami approvò.
- Un vero artista a volte ha bisogno di tempo per trovare la sua
strada. Io non ho mai vissuto questi dilemmi, perché sono
stonato come una campana.
Le bambine accanto a lui, sua figlia e la modella del suo quadro, gli
sorrisero entrambe divertite. Due vere ninfe dell'acqua: se un giorno
avesse rivisto quella ragazzina, le avrebbe ritratte insieme. Promessa
di pittore.
- Ami, se vuoi provare a mettere i piedi in acqua direi che questo
è il momento migliore – era ormai mezzogiorno, e il sole
che aveva iniziato a far capolino tra le nubi riusciva a riscaldare un
po' la sabbia – Dopo andiamo a mangiare, che ne dici?
Ami annuì, e senza accorgersene si voltò a guardare
l'altra bambina, di cui in effetti non sapeva ancora il nome. Lei fece
un cenno col capo, senza parlare, ed entrambe iniziarono a togliersi le
scarpe.
Mare, mare,
qui non viene mai nessuno a trascinarmi via
Mare, mare
qui non viene mai nessuno a farci compagnia
Ami rabbrividì.
- È gelida! - esclamò, in un attacco di pelle d'oca.
L'altra bambina annuì, trattenendo il respiro per il freddo che
le aveva appena attanagliato le caviglie, ma sorridendo di riflesso.
Il sole non riusciva a scaldare minimamente l'acqua, fredda come vetro, mentre colorava di riverberi la superficie del mare e i loro
capelli.
- Tuo padre – mormorò la bambina, come se non volesse
farsi sentire dal padre di Ami intento a coprire il quadro ormai
asciutto – ha detto che tu sei lo spirito delle acque dolci.
Ami arrossì d'istinto: doveva averli sentiti, mentre parlavano come se non fosse stata presente un'altra persona.
- E ha detto anche che tu sei quello del mare – rispose, chiedendosi se l'avrebbe trovata una sciocchezza.
Ma quella bambina si voltò verso le onde, improvvisamente seria.
- Lo senti anche tu? - tacque un momento, e ad Ami sembrò che
stesse tendendo le orecchie – Quando il mare stormisce in
tempesta?
- Il mare... che stormisce in tempesta? - ripetè piano.
- Lo senti, quando sei a letto la sera? Ne senti l'odore, anche se sei
chiusa in una stanza e qualcuno apre la finestra? - il sussurro della
bambina si fece quasi apprensivo, anche se Ami non ne capì il
motivo.
Comunque tacque, e provò ad ascoltare. Più che il mare,
lei sentiva l'acqua: lo sciabordio delle onde, lo scintillio dorato
sotto il sole e le gocce degli spruzzi che le arrivavano sui polpacci.
- No, io lo sento... quieto. Calmo – sorrise, perché in
fondo quella bambina poco più grande di lei la capiva benissimo
– In pace.
- In pace – ripeté l'altra, come se fossero state le
parole di una lingua straniera. Respirò a fondo, sentendo
quell'odore farsi strada nella sua gola, e Ami la imitò.
Sapeva che la Terra era per tre quarti coperta dagli oceani, ma chissà come sarebbe stato un pianeta fatto solo d'acqua.
- Oggi la marea sarà più alta – la informò la bambina – C'è luna piena, stasera.
Ami annuì.
- La marea... sigiziale – aggiunse, ricordando quel che aveva
studiato da poco in scienze. O meglio, quel che aveva letto in
più nel capitolo del libro di testo che non erano tenuti a fare,
ma che era stato davvero molto interessante.
L'altra la guardò sorpresa, ma le sorrise. Ami sorrise a sua
volta: era bello incontrare qualcuno che sapesse cosa fosse una marea
sigiziale.
- Ami, non hai fame? Andiamo a mangiare un boccone? - la voce di suo
padre interruppe il loro silenzio. Aveva finito di coprire il quadro e
aveva messo via tutta l'attrezzatura, ripiegando anche le due seggiole.
La stava aspettando a pochi metri di distanza, ma per un momento fu
come se fossero stati anni luce. Come se quel bagnasciuga lambito dalle
onde, la sabbia risucchiata dalla risacca e la spiaggia che aspettava
l'alta marea si fossero trovati in un altro punto dell'universo. Come
se quella bambina fosse l'unico essere umano che poteva capire una cosa
simile.
- Arrivo – rispose, dopo quell'istante di apnea in cui l'acqua
aveva invaso l'aria. Guardò l'altra, i cui piedi dovevano essere
ormai intirizziti quanto i suoi – Tu... sei da sola?
- No – sembrava tutto normale, eppure il suo sguardo era diverso
da poco prima – I miei genitori stanno passeggiando sul
lungomare, devo tornare da loro. Anzi, eravamo d'accordo di incontrarci
davanti a quel ristorante, probabilmente mi staranno aspettando.
Ami seguì il suo sguardo fino ad un locale di cucina
occidentale, la cui insegna elegante faceva capolino dalla strada. Si
spostarono dalla battigia, ritrovandosi ai piedi delle scarpe di sabbia
fredda, mentre il signor Mizuno si godeva lo spettacolo di due impavide
bambine che uscivano dalle acque invernali.
- Allora... ciao – mormorò Ami un po' incerta, come se avesse dovuto dirle ancora qualcosa. Ma cosa?
- Ciao – la bambina guardò per un attimo il mare, per poi chiederle: - Sai nuotare?
Ami fece di sì col capo, chiedendosi se avesse intenzione di
tuffarsi in quelle acque gelide. Ma l'altra le sorrise piano,
evidentemente infreddolita quanto lei.
- Magari la prossima volta facciamo una gara – la salutò. Un saluto strano, ma Ami annuì.
Tornò da suo padre, a pulirsi i piedi e a rimettersi calze e
scarpe, pensando solo al resto della giornata che avrebbe trascorso con
lui.
Mare, mare
non ti posso guardare così perché
questo vento agita anche me
questo vento agita anche me
Ma quella sera, sotto le coperte calde ben diverse dal mare gelato, Ami
si ritrovò a pensare che non le aveva nemmeno chiesto come si
chiamava. Da quando era così maleducata? Suo padre aveva detto
che avrebbe presentato quel quadro alla prossima mostra, come uno dei
pezzi migliori. Ami era certa che gli avrebbero dato un premio, ed era
fiera di essere stata al suo fianco mentre lo creava da una tela
bianca, un carboncino e una vasta gamma di grigi, verdi, blu e marroni.
A pensarci ora, quella bambina sulla spiaggia poteva anche essere stata
una sirena: se una di loro fosse uscita dal mare, avrebbe sicuramente
avuto quell'aspetto.
Ma in fondo era inutile continuare a pensarci; di certo non l'avrebbe mai più rivista.
Quella sera, Ami si addormentò col profumo del sale nelle narici
e il rumore delle onde nelle orecchie. Sognò un mare calmo e
tiepido, che la cullava nelle sue correnti e le sussurrava di non aver
paura, perché la tempesta era lontana.
Per una volta, lo stesso accadde anche a Michiru.
"Sento che il mare è in tempesta."
(Michiru, episodio 96)
(¹) "Mizu" in giapponese significa "acqua"
Era da un po' che volevo scrivere
qualcosa in cui ci fossero soltanto Ami e Michiru. Perché ho
sempre trovato affascinante il loro "legame", se così si
può chiamare, essendo le uniche guerriere Sailor che in qualche
modo hanno in comune l'elemento che le caratterizza- anche se Michiru
è più orientata verso il mare che l'acqua in generale.
Questa storia non è
assolutamente un tentativo di Michiru/Ami, non pensateci neanche.
Però ho sempre pensato che in fondo Michiru riconoscesse di
avere una certa affinità con Ami, fin dal loro primo incontro in
piscina.
Mi sono presa tutte le libertà
del caso nel tratteggiare la madre e soprattutto il padre di Ami, di
cui non sappiamo praticamente nulla, eccetto le loro professioni. Anche
Ami e Michiru, pur cercando di rispettare i loro caratteri, le ho
ovviamente rese più bambine. Non so se possa essere un missing
moment legittimo, ma mi piaceva l'idea che le due Sailor di pianeti
legati all'acqua potessero essersi incontrate prima dell'inizio della
loro avventura, semplicemente grazie ad un quadro- tra l'altro Michiru
dipinge e il padre di Ami è un pittore, altra cosa in comune. ^^
Inoltre il compleanno di Michiru cade
il 6 marzo, quindi in fondo è proprio lei il "mare d'inverno". E
la canzone è degli anni '80, esattamente il periodo in cui
è ambientata questa storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate! ^^
|