Compagnia da gay bar

di Rota
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Cap. 11





All day long I think of things but nothing seems to satisfy
Think I'll lose my mind if I don't find something to pacify
Can you help me occupy my brain?
Oh yeah(6)


Gilbert trattiene a stento l’impulso di sputare per terra. È nervoso e gli duole la testa in una maniera incredibile.
Alza la mano alla tempia, cercando di toccarsi in modo tale da non farsi ancora più male. Inutilmente, perché un’altra fitta gli prende tutto il cranio, facendolo imprecare. Si guarda la propria mano, scoprendo le dita ancora sporche di sangue fresco. Impreca un’altra volta, incrociando le braccia al petto.
Idiota di un Braginski. Idiota. Idiota. Idiota totale. E idioti quelli che erano rimasti lì fermi, a guardarlo, mentre massacrava quel povero disgraziato per terra. Tutti, in realtà, tranne lui.
Forse, Gilbert potrebbe ammettere che una bestia come Ivan fa paura solo a guardarla, e che non molti hanno in sé il fegato di fare anche solo un passo – arrischiarsi persino a respirare – quando lui è in moto. Ma per lui è stato umiliante il solo irrigidirsi ed avere paura di fronte alla sua ferocia.
Si guarda attorno, notando le facce sconvolte degli altri.
Francis è accanto a lui, ha appena rimesso a posto il piccolo Alfred.
Alfred, già… Lui ha persino ragione a essere in quello stato, anche se Gilbert non ha mai davvero capito cosa trovasse in quell’energumeno violento e ubriacone.
La testa gli fa male, tanto che è costretto ad abbassarla e a prenderla tra le proprie mani.
-Ti sembra forse il modo di comportarti, questo? Non sei un bambino, Ivan! Non lo sei più!-
-È per persone come voi che succedono queste cose. Perché la vostra non è tolleranza, è indifferenza. La vostra è sottomissione al potere! Sottomissione all’odio!-
Si rialza quasi all’improvviso, e un senso di vertigine lo costringe all’immobilità.
Suo fratello Ludwig, poco più lontano, è rigido e fermo come potrebbe esserlo solo un palo. Non gli piace l’espressione che ha sul volto, non gli piace davvero per nulla – preferisce quella, seppur concentrata e distante, di quando suona con le sue bacchette in mano.
Gli fa rabbia a pensare che, in quel momento, dovrebbero essere tutti alla festa, a cantare e a divertirsi. E invece, per colpa di quel pazzo ubriaco, sono costretti lì, sopra delle sedie fredde, impotenti e ignari di ogni cosa.
Impreca ancora una volta, chiudendo gli occhi.
La testa gli pulsa per il dolore e sente il sangue che gli sporca la faccia. Impreca.
Non ha voluto andare al pronto soccorso, con il preciso intento di essere il primo a prendere a calci il russo nel momento in cui l’avrebbe visto. Tanto era il suo odio che non avrebbe davvero provato rimpianti a riempirlo di calci e pugni.
Come lui aveva fatto, non più di un’ora prima, con Bruce.
Decide di non pensarci, concentrandosi invece sul dolore che gli rende difficile il pensiero.
Sospira, concentrandosi nel nulla.






(6)Paranoid, Black Sabbath




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