cap 10
Saluto veloce perchè sono in ritardo. non ho scuse e quindi non le cerco.
il capitolo è un po' lungo e spero che vi piaccia.
BUONA LETTURA!!!
CAPITOLO 10 – JACOB
Tornarono in un ufficio il lunedì mattina e la vita
lavorativa riprese la sua solita routine, ogni giorno uguale a quello
precedente.
Per Isabella voleva dire, sveglia presto, corsa in ufficio, ritiro
colazione del suo capo e poi...e poi le solite inutili scaramucce con
Edward. quest’ultimo, invece, non faceva nulla per non far
saltare i nervi alla sua segretaria.
Lui si chiedeva spesso, mentre sorseggiava il suo caffè dopo
aver rivolto un saluto distratto a Isabella, impegnata come sempre al
suo arrivo a smistare la posta e a controllare i suoi appuntamenti,
dove fosse mancata la sua incredibile perspicacia.
E come accadeva quasi tutte le mattine, anche quel giorno, la stava
osservando senza che lei se ne accorgesse, appostato appena dietro la
porta di vetro smerigliato che faceva apparire la figura di ragazza,
un’informe macchia colorata. Tornò alla scrivania e si
immerse di nuovo nelle ultime carte riguardanti il contratto con
l’esercito per soddisfare in tutto un così esigente
cliente.
Ma era innegabile, Edward non le aveva ancora perdonato lo sgarro al
poligono. La credeva una ragazza assennata, non una stupida
ragazzina con la lingua lunga. Aveva davvero sbagliato il suo giudizio?
Strano, il suo infallibile fiuto era, appunto, infallibile. E non
poteva ammettere con se stesso di aver sbagliato, era una sconfitta per
se stesso.
Isabella, invece, era talmente presa dal suo lavoro che non badava al
cattivo umore del suo capo. L’episodio del poligono? Per lei era
già stato archiviato nel dimenticatoio del suo cervello, una
scaramuccia tra tante altre.
Il plin dell’ascensore l’avvisò dell’arrivo di
un visitatore. Come sempre, dopo che Edward l’aveva ripresa per
la freddezza con cui accoglieva le persone, rivolse un sorriso, il
più caloroso possibile, verso le porte scorrevoli, pronta ad
annunciare il nuovo arrivato a suo capo.
Peccato che non avesse nessuno da annunciare, il nuovo arrivato non era lì per Edward ma per lei.
“Jacob?” sussurrò sorpresa. Lui le sorrise dal fondo
del corridoio e si avvicinò alla sua scrivania a grandi falcate.
“Isi – Isi!” la salutò lui, chinandosi per
darle un bacio sulla guancia, che lei rifiutò, scostandosi.
“ti ho detto mille volte di non chiamarmi così. ma
aspetta...” Isabella fece finta di pensare, portandosi un dito
sotto al mento. “ti avevo anche detto di non farti mai più
vedere. addio.” Riprese a digitare il rapporto trimestrale sulle
vendite, infierendo sulla tastiera.
“sei sempre bellissima, anzi di più.”
“e tu sei sempre più sgradito, anzi di più.”
Rispose al penoso complimento senza degnarlo di uno sguardo. La sua
attenzione poteva essere solo per una cosa. Quei numeri sullo schermo
che dovevano essere perfetti.
“e dai, Isi – Isi!”
Isabella sospirando, allontanò la tastiera, non voleva
romperla, il suo capo gliela avrebbe fatta ricomprare con i suoi soldi.
Guardò negli occhi Jacob, senza tradire alcuna emozione.
“vuoi parlare con il mio capo? Sei qui per un affare?”
Lui scosse la testa. “sono qui per te, Isi –Isi.”
“lascia stare Jake. Vattene.”
“solo se vieni a cena con me stasera.”
“si può sapere che cazzo vuoi Jacob?” sbottò lei sempre più irritata.
“voglio te, Bella. Ho capito il mio err-“
“il tuo errore?! E quale sarebbe? Sei stato chiarissimo cinque
anni fa, prima del ballo. Per cui vai a farti fottere.”
Isabella si era alzata in piedi,riversando sul ragazzo tutta la sua
rabbia, tanto che sembrava sovrastarlo, nonostante la corporatura
più minuta.
“ho detto cose che non pensavo! Avevi vinto una borsa di studio, presto te ne saresti andata e io...”
“vattene! Hai cinque anni di ritardo. E no, non ti starò a
sentire nemmeno se ti ha chiesto Charlie di convincermi a tornare a
Forks.” La ragazza sospettava infatti che dietro la presenza del
suo ex si nascondesse la mano del padre, l'unico a sapere del suo
trasferimento a New York e di cui non era contento. “vattene
Jacob! Vattene!” Isabella, infuriata come non mai, batté i
pugni sulla scrivania, facendola traballare.
“Isabella..." E. Cullen, era uscito dal suo studio, richiamato
dal baccano. Con classe sfilò gli occhiali da lettura e depose i
fogli che stava esaminando sulla scrivania. “sta per caso urlando
con un cliente?”
“ma che cliente e cliente! É solo...é solo il mio
ex ragazzo che é passato a salutarmi. Ma ora se ne stava
andando, vero Jacob Black? Il discorso é chiuso.”
“é per questo damerino che rifiuti anche un invito a
cena?” Anche Jake, il quale aveva cercato di mantenere un minimo
di sangue freddo, si stava arrabbiando.
“Jacob, ti stai rendendo ridicolo. Non dare ad altri le tue colpe, parole tue, ricordi?”
Intanto Edward aveva afferrato il telefono, pronto ad agire, gli occhiali da lettura riposti nel taschino della camicia.
“signor Black, o se ne va da solo o la sicurezza sarà
così gentile da mostrarle l'uscita.” Il tono del capo era
tranquillo ma deciso e non lasciò molta scelta a Jacob che
dovette cedere e allontanarsi scortato da due uomini in divisa.
Isabella si lasciò cadere sulla sedia girevole e riprese a
battere il rapporto, come se nulla fosse successo e nulla la turbasse.
In realtà dentro di lei sentiva un gran trambusto. Aveva cercato
di essere indifferente, ma le era impossibile, rivedere Jacob dopo
quella sera di cinque anni prima l’aveva sconvolta, facendo
riaffiorare sentimenti che credeva perduti.
“bel tipo il tuo ex.” Commentò sarcastico Edward. Ma
lei lo ignorò, troppo presa a far restare a galla la sua
barchetta nel mare in tempesta dei suoi sentimenti.
“Isabella?!”
“mi dispiace per il disturbo, signore. Non accadrà mai
più.” La segretaria non distolse lo sguardo dal monitor.
“Questo me lo auguro. Stai bene?” Edward fermò il
ticchettio frenetico sui tasti, posando le sue mani su quelle di lei.
“si signore. Devo solo finire di battere la relazione.” Lui
non lasciò le sue mani, ma le avvolse in una calda stretta,
invitandola ad alzarsi.
“aspettami in ufficio.” Le disse solamente e così
lei fece, perplessa, mentre lui prese la direzione del cucinino, dove
si mise a preparare del caffè.
Mentre aspettava che fosse pronto, prese il cellulare.
“James? Si, Edward Cullen. Ho bisogno di un favore. scopra dove alloggia il signor Black.”
Il caffè fece bene a Isabella, aveva ritrovato la calma ed era
riuscita a scrivere senza errori la lettera che il suo capo le aveva
dettato alla cortese attenzione del Segretario della Difesa degli Stati Uniti. Si
stupì enormemente per il gesto carico di umanità, da lui
proprio non se lo aspettava. L'unica cosa di cui aveva bisogno era
concentrarsi sul suo lavoro, chiudendo al di fuori Jacob...e Charlie.
Quando la lancetta delle ore si spostò sulle cinque e mezzo,
Edward Cullen uscì dal suo ufficio e congedò Isabella,
quella giornata per lei era stata pesante. E poi lui aveva appena
ricevuto un messaggio da James, il capo della sicurezza e un vero
segugio.
Mr. Black alloggiava all’Hoyt Hotel, dall’altra parte della città.
***
“signor Black, posso sedermi?” Jacob era seduto a uno degli
sgabelli del bar dell’albergo, i gomiti sul bancone e lo sguardo
perso nel bicchiere.
“ma guarda chi si rivede. Quel damerino che fa il filo alla mia
Bells.” Jake restò concentrato sulla sua birra.
“perché é a New York? Oltre che per Isabella,
ovviamente.” Edward prese posto su uno sgabello vicino,
voltandosi verso il suo interlocutore poco incline, però, alla
conversazione. Edward non era per nulla turbato dall’atteggiamento scontroso dell’uomo.
“e perché mai io dovrei risponderti, damerino dei miei stivali?”
Cullen fece segno al barista di servire altre due birre.
Black sembrò pensarci un minuto, poi prese un sospiro e incominciò a parlare.
“Charlie mi ha detto del lavoro di Bells. Speravo mettesse una
buona parola anche per me...si, sai. Mi trova un buon lavoro e poi
ricominciamo una vita insieme.” Il suo sguardo si perse nelle
bollicine ambrate.
“chi è Charlie?”
“chi è Charlie?!” Jacob ripeté la domanda,
sbiascicando leggermente ma rivolgendogli finalmente un’occhiata.
“è il padre di Bella.”
Nonostante le apparenze Jacob Black era disponibile a parlare, forse
era la birra a renderlo loquace per cui Edward proseguì il suo
questionario, che assomigliava più ad un interrogatorio.
“cosa è successo cinque anni fa?”
“cinque anni, fa...” sospirò. “un
disastro...Charlie la costrinse ad accettare il mio invito al ballo.
Arrivò con un vestitino...ah!” iniziò a ridere.
“Bells con un vestitino! Un’aliena!”
Rise per un po’, finchè Edward non si spazientì e
riottenne la sua attenzione. “e poi? Perché Isabella
è ancora arrabbiata per quel giorno?”
“sono stato uno stronzo...aveva rifiutato il mio invito
all’inizio. La buttò sul ridere e io non capì: non
si sarebbe mai sentita a suo agio in un vestitino che nemmeno aveva! Le
dissi che le sue erano tutte scuse, che il vero problema era lei.
L’accusai di mancare così tanto di sensibilità e
femminilità da non sembrare nemmeno una ragazza. Quella sera,
quando arrivò...rimasi a bocca aperta. Si era vestita
così per me, perché era la mia ragazza e non voleva farmi
sfigurare davanti all’intera scuola. Eppure io...la rifiutai
ancora, avevo persino trovato un’altra accompagnatrice per la
serata, una delle ragazze più desiderate della scuola. Ero
arrabbiato, aveva vinto una borsa di studio per il MIT...e io ero
arrabbiato. Dissi cose che non pensavo ma si offese.”
Edward annuì, Black aveva ferito i sentimenti della sua
segretaria, in fondo ogni donna vuole sentirsi apprezzata, soprattutto
se compie un gesto così carico d’amore verso un uomo.
“Isabella veste sempre in modo elegante al lavoro e l’ho
vista anche in abito da sera. Non si può certo dire che sia
carente da quel punto di vista, è una bellissima donna...anche
sexy devo dire...”
“ehi ehi, damerino! Non fare apprezzamenti sulla mia
Bells!” Jacob gli puntò il dito contro. Poi spinse avanti
il suo bicchiere vuoto. “questo commento inappropriato ti costa
un’altra birra.” Edward fece segno al cameriere di
servirgliela. “stiamo parlando sempre della mia Bells?”
Edward inarcò le sopracciglia sconcertato. “l’ho
vista oggi, in blu. Le dona come colore, ma non era lei. Insomma...non
era lei.” Prese un sorso di birra scuotendo la testa.
“che intende dire?”
“cosa mi dai in cambio Cullen? Questa storia vale molto di
più di una birra.” Sembrava quasi che Jacob si stesse
divertendo. Edward si fece ancora più serio, intenzionato come
non mai a scoprire il passato della sua segretaria, per individuare il
suo errore di valutazione.
“avrà un compenso per le sue risposte, ovviamente. Un
lavoro nella sede della Guns n’ Cullen di Seattle. L’hanno
appena aperta e stanno cercando personale, in qualsiasi settore. Mi
basta una telefonata e domani sarà assunto.” Jacob era
sbalordito.
“ma non è a New York...” l’altro
asserì, lo voleva lontano da Isabella, visto come l’aveva
turbata rivedere il suo ex. “deve essere un bel lavoro e ben
pagato perché ti lasci con la mia Bella...avrai campo
libero.” Edward pensò che campo libero l’avrebbe
avuto lo stesso, con o senza Jacob Black nella Grande Mela.
Asserì e gli porse la mano, che prontamente l’altro
afferrò per suggellare il patto. Black era alla disperata
ricerca di un lavoro, meglio se vicino a Forks.
“le lattine che bevevamo a mensa non le gettavamo, le
conservavamo per il week – end o per il pomeriggio, dopo scuola.
Dietro a casa mia, vicino al bosco, c’era un muretto abbastanza
alto. Posizionavamo le lattine su di esso e sparavamo a turno con il
fucile di mio padre.” prese fiato e ricominciò.
“eravamo un gruppo di soli ragazzi, qualche ragazza, si...ma
occasionale. Tranne Bella, lei era una presenza fissa, forse
perché la consideravamo più maschio che femmina.”
L’uomo era perso nei suoi ricordi, lo sguardo vacuo oltre il bicchiere stretto tra le mani.
“fu uno dei tanti pomeriggi. Mio padre era fuori con Charlie e
aveva lasciato a casa sia il fucile che la pistola. Era il
guardiacaccia di Forks...comunque era fuori. Bella non aveva mia
sparato, ma si vedeva che voleva provare. Così uno della
compagnia la sfidò a farlo. Lei non si perse d’animo,
scelse la pistola e colpì tutte le lattine. Eravamo
sbalorditi!”
Quello sbalordito era Edward. Isabella aveva clamorosamente sbagliato
il bersaglio al poligono. Forse in quel lontano pomeriggio aveva
giocato un ruolo fondamentale la fortuna del principiante? Si chiese lo
stesso se la Bella del racconto fosse davvero la sua segretaria.
“aveva appena abbattuto l’ultima lattina nel silenzio
più totale, quando Charlie iniziò ad urlare. Era appena
arrivato con mio padre, nessuno di noi li aveva notati. Non l’ho
mai visto così arrabbiato. Strappò di mano la pistola
alla figlia e la costrinse a salire sul loro pick up. Lei non venne mai
più ai nostri incontri pomeridiani e iniziò a vestirsi in
modo più femminile anche se sotto sotto era sempre il solito
maschiaccio. A Forks erano comunque tutti intimoriti da Bella Swan, le
cose non erano cambiate. Quando le chiesi il perché, rispose solo Charlie e storse il naso.”
Cullen si alzò al termine del racconto, la sua birra ancora
intatta, lasciò qualche banconota sul bancone e il suo biglietto
da visita.
“domani è venerdì, Isabella fa solo mezza giornata.
L’aspetto nel mio ufficio alle quindici in punto, avrà il
suo lavoro. La voglio su un aereo per Seattle non più tardi di
sabato.”
E con questa velata minaccia lo Squalo, se ne andò.
p.s.: ed ecco l'apparizione come un fulmine di Jacob. che ne dite? vi piace, vi infastidisce? fate sentire la vostra voce!! =)
alcune domande per voi!! =)
vi piacerebbe se il prossimo capitolo fosse un flashback su quel famoso ballo?
preferite che la storia venga sospesa per agosto e ripresa a settembre?
per chi avesse voglia e tempo, ecco una mia nuova, piccola creazione, originale (one shot):
LUCCIOLE
se trovate errori di battitura, sorry =) l'ho letto più volte ma qualcosa può sempre scappare...alla prossima!! =)
|