È stato un incidente!
Finalmente quel dannato mese d’attesa era finito.
A breve avrebbe potuto rivedere Shinichi, questione di mezz’ora -
forse meno. Il tempo che l’aereo atterrasse e permettesse ai suoi
passeggeri di scendere a terra ed infiltrarsi nella caotica ressa che
occupava l’atrio davanti ai gate dei voli in partenza e in arrivo.
Heiji era impaziente, ma sapeva che il momento in cui si sarebbero rivisti non era troppo lontano e se ne rallegrava.
Forse in modo troppo evidente.
«Heiji, come mai quell’espressione così allegra?».
L’entusiasmo del giovane detective di Osaka venne smontato dalla
domanda tutt’altro che ben accetta di Kazuha, che si era offerta
- assieme a Ran e, ovviamente, alla famiglia di Shinichi - di andare ad
accogliere il giovane Kudo al suo ritorno.
«Sì, è vero. Sembri molto diverso, considerato il
tuo atteggiamento nell’ultimo periodo» commentò Ran
sulla scia della constatazione dell’amica «Ti è
mancato particolarmente Shinichi, eh?».
La domanda non era posta con alcun significato ambiguo né
tantomeno provocatorio. Così il ragazzo rispose semplicemente
con un sostenuto: «Un po’...».
«Altro che un po’»
contestò Kazuha, stringendosi nelle spalle e scuotendo il capo
«Si vedeva proprio che ti mancava il tuo compagno di
deduzioni».
«Sì, certo... come dici tu...» gliela diede vinta
Heiji, distogliendo lo sguardo, ostentando un’espressione di mal
sopportazione: non avrebbe capito neanche se gliel’avesse
spiegato - e non ne aveva né voglia né intenzione.
In realtà, nessuno in tutta la comitiva - inclusi i genitori di
Shinichi - era a conoscenza del particolare legame che vincolava i due
giovani detective, un qualcosa che aveva da tempo superato il confine
dell’amicizia fino a raggiungere un territorio ben più
lontano e proibito.
Era convinto che, se qualcun altro l’avesse saputo, tutta la loro
relazione avrebbe perso quella scintilla di divertimento proibito che
stuzzicava un po’ entrambi e che rendeva il tutto più... eccitante.
In fondo, non era affatto una cosa normale che intercorresse un feeling come il loro tra due ragazzi dello stesso sesso, ma non se ne facevano un problema.
Semplicemente, se non si sapeva in giro, non c’era niente di cui
preoccuparsi. Una logica tanto banale quanto inoppugnabile.
«Ah, chissà come sarà andato quel caso che è
andato a risolvere...» esclamò Ran, alzando pensosa lo
sguardo al cielo.
«Dev’essere stato complicato, se ci ha messo tanto a risolverlo» constatò Kazuha.
«Shinichi non è partito per andare a risolvere un
caso, ma per dare una mano alla polizia del posto, letteralmente
sommersa da casi d’omicidio irrisolti» intervenne Heiji
puntiglioso.
«Shinichi è sempre stato un ragazzo portato per i problemi macchinosi...!» s’intromise la signora Kudo.
La discussione pareva star per vertere sui ricordi della donna circa
l’infanzia da detective in erba di Shinichi, ma fu interrotta -
con gran sollievo di Heiji - dall’annuncio dell’arrivo
dell’aereo che avrebbe riportato tra loro il giovane detective.
Hattori cercò di nascondere al meglio l’entusiasmo, con
ottimi risultati. Le due ragazze al suo fianco, invece, furono
più aperte.
«Ah, era ora!» esclamò Ran.
«Evviva!» si aggiunse Kazuha.
«Tsk! Femmine...» mormorò tra sé e sé lui.
Dal gate dell’aereo in arrivo dell’annuncio di poco prima
cominciò ad arrivare gente, che si disperdeva nella sala,
aggiungendo le proprie voci a quelle che già componevano il caos
generale tipico di un aeroporto.
Gli occhi di Heiji scrutavano immancabilmente ogni volto che vedeva
comparire da lì, ansioso di incrociare gli occhi azzurri di
Shinichi.
E finalmente, dopo svariati minuti, li intercettò: un paio di
sorprendenti, allegri occhi azzurri che conosceva fin troppo bene da
tempo.
«Shinichi!» chiamò a gran voce, anche se il suo
grido in realtà non attirò molto l’attenzione,
poiché si disperse nella confusione; tuttavia, riuscì a
raggiungere almeno in piccola parte l’udito di Shinichi, il
quale, vedendolo, si diresse correndo verso di lui, la valigia al
seguito.
Heiji si avvicinò a lui a propria volta a passo rapido - anche
se non di corsa come l’altro e nemmeno lontanamente con il suo
entusiasmo - e la comitiva intorno a lui lo seguì a ruota.
Kudo continuava ad incedere velocemente e forse fu proprio per quello
che non notò - o forse considerò poco rilevante - una
valigia poggiata a terra, alle spalle di una giovane donna intenta a
discutere con un gruppo di conoscenti. E fu proprio per quella mancanza
di attenzione che il ragazzo incespicò nella valigia e cadde in
avanti.
Heiji se ne accorse e - visto che c’era solo una decina o poco
più di metri a separarli - prontamente accelerò per
slanciarsi a sorreggerlo, ma fu colto completamente alla sprovvista
quando Shinichi, nell’aggrapparsi a lui, per l’impeto della
caduta congiunse le proprie labbra con le sue.
Hattori ne fu sorpreso, ma non scioccato - dopotutto, si erano baciati
un sacco di volte. L’unica sorpresa era la coincidenza alquanto fortuita e strana, assolutamente insolita.
Kudo sgranò gli occhi e le sue guance si tinsero di un rossore
diffuso per l’incidente completamente indesiderato del quale si
sentiva interamente responsabile.
Il loro primo bacio dopo tanto tempo di lontananza lo immaginava un po’ più coinvolgente, non una cosa fatta per sbaglio - e oltretutto in un luogo affollato come l’atrio dei gate dei voli in arrivo e in partenza di un aeroporto.
In quel modo non era affatto romantico, bensì dannatamente imbarazzante.
L’altro lo aiutò a rialzarsi.
«Tutto okay?» domandò Heiji.
«Sì, tutto a posto».
«S-Shinichi...».
Un brivido freddo scese lungo la spina dorsale dei due giovani al
sentire la tremante voce di Ran - al che Heiji si ricordò che
non erano soli.
I due si voltarono a fronteggiare il resto del gruppo, che pareva visibilmente non scioccato, ma peggio: traumatizzato.
«V-vi siete...».
Kazuha era sconvolta.
«Shinichi...» mormorò la signora Kudo, allucinata.
«Non è stato intenzionale! È stato un incidente,
mamma!» si affrettò a giustificare Shinichi, arrossendo
violentemente, assumendo un’espressione decisamente imbarazzata
che mutò l’attimo dopo in una profondamente mortificata.
«M-ma... un bacio... tra due ragazzi...» mormorò Ran.
«Non fatene una tragedia, è stato solamente un
incidente» tagliò corto Heiji, affondando le mani in tasca
e deviando lo sguardo, arrossendo leggermente anche lui.
Doveva dare l’impressione di essere a disagio e - con sua gran
soddisfazione - ci stava riuscendo in pieno. Il prossimo passo sarebbe
stato cercare di rimanere da solo con Shinichi.
Kazuha gli si avvicinò e lo esaminò.
«Non sembri poi così schifato...» commentò, inarcando un sopracciglio con fare indagatore.
Il detective di Osaka avrebbe desiderato che in quel preciso istante divenisse muta: stava cercando di rovinargli il piano?!
«Tsk!» borbottò, dandole le spalle «Vado in bagno» aggiunse, avviandosi.
Vedendolo andarsene, Shinichi passò il proprio bagaglio a sua
madre e si avviò dietro all’altro con un: «Aspetta,
vengo anche io!».
Ran assunse un’espressione dubbiosa.
«Ma sarà sicuro lasciarli andare?» chiese.
«Non credo ci siano problemi... Shinichi mi sembrava abbastanza
pentito di quel che ha fatto» constatò Kazuha,
osservandoli mentre si allontanavano.
«Shinichi, non mi camminare così appiccicato...» borbottò Heiji a mezza voce.
«Da quando dai ordini...?» replicò a mezza voce l’altro.
Arrivarono al bagno dopo appena pochissimi minuti e - con sommo sollievo di entrambi - constatarono che era vuoto.
Hattori tirò un sospiro di sollievo nel chiudersi la porta alle spalle.
«Soli» commentò, fissando negli occhi l’altro
«Cavolo, c’è mancato veramente poco. A momenti ci
scoprivano...».
«Non avevo fatto caso alla valigia, non credevo
d’inciamparci...» ammise Shinichi, ma Heiji annullò
con poche e rapide falcate la distanza che li separava, circondandolo
ai fianchi con le braccia e stringendolo a sé, interrompendo
qualsiasi altro accenno di scuse.
In quella stretta sicura e familiare, Kudo finalmente si sciolse.
«M-mi sei mancato»
«Sì...? E io che credevo che tu volessi rimanere là
per qualche altra settimana, visto che non chiamavi mai per avvisare
che tornavi...» lo prese bonariamente in giro Heiji.
Non era tipo da smancerie, Shinichi lo sapeva bene, e quello era il suo modo di dire che era mancato anche a lui.
«Adesso, che ne dici di un bacetto di bentornato un po’ più serio?» fece Hattori e, senza lasciare all’altro il tempo di rispondere, incollò le proprie labbra alle sue.
Kudo rispose con fervore al bacio, che si prolungò per minuti
interminabili in cui tra le due parti si crearono un ardore ed una
passione profondi.
Alla fine, a malincuore, decisero di separarsi, rimanendo però
allacciati l’uno all’altro con le braccia, guardandosi
negli occhi.
«Credo sia meglio andare».
Shinichi fu il primo a rompere il magico silenzio carico d’intesa che si era creato tra loro.
«Ci staranno aspettando. Non voglio che sospettino niente» proseguì.
«Sì, hai ragione. Meglio andare» convenne Heiji, voltandosi e precedendolo.
Raggiunta la porta, si fermò con la mano sul pomello.
«Ma aspetta che rimaniamo da soli...» continuò,
senza guardare il suo interlocutore, in un tono che lasciava trasparire
una vasta gamma di prospettive, variabili a seconda del punto di vista,
dalle quali Shinichi non era affatto intimorito, anzi, semmai elettrizzato.
«Non vedo l’ora...» replicò
quest’ultimo, sorridendo alla schiena dell’amico mentre
uscivano.
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