Chapter
twenty, The Last Matriarch
Il
suo
corpo, morto a causa di quell’Avada Kedavra, giaceva a terra
in posizione
scomposta dopo il forte urto con il suolo. A nulla erano valsi il suo
vispo
intelletto e le sue grandi capacità, perché da
quell’attacco non avrebbe mai
potuto difendersi. Così, con quella Maledizione, il
Mangiamorte aveva spento la
sua vita, soffiando sull’ardore di un’oramai
consolidata speranza.
Solo
carne e
sangue, impossibilitati nel movimento dal gelo del trapasso, che erano
stati
privati della loro luminescente guida, della valorosa anima di ogni
erede di
Godric Gryffindor.
Chi
aveva
amato il suo spirito, presto avrebbe cominciato a soffrire per la sua
mancanza
e per l’ampio spazio vuoto di cui il suo decesso sarebbe
stato la cagione.
In
molti
avrebbero versato lacrime di dolore, in molti lo avrebbero compianto.
Perché,
tradito dall’uomo in cui riponeva maggiore fiducia, Albus
Silente era caduto,
piegato dagli anni e dalla sua bontà.
Per
lui si
erano dischiusi gli aurei cancelli dell’Eterno Riposo.
Per
lui,
presto, nell’aria avrebbe risuonato il malinconico canto
della Fenice Fanny.
***
La
sua voce fu la prima cosa che
avvertì
non appena si riprese. Sentiva i suoi urli, i pesanti insulti che
rivolgeva ai
Mangiamorte con cui stava combattendo e persino i respiri poderosi di
un
guerriero sfiancato e di un uomo improvvisamente troppo solo. Avrebbe
voluto
alzarsi, avrebbe voluto rassicurarlo, avrebbe voluto combattere al suo
fianco.
Ma non poté farlo.
I
suoi
sensi, dopo quell’attacco da cui non era riuscita a
difendersi e in seguito
alla possente collisione che aveva avuto con il pavimento, sembravano
far
fatica a riprendere la loro usuale funzione. A causa di una forte
emicrania,
che le riempiva la mente di dolorose stilettate, era costretta a tenere
gli
occhi chiusi, schermandola da ciò che la circondava. Il suo
olfatto, poi,
sembrava concentrarsi solamente sull’insopportabile odore
ferroso del sangue
che riempiva l’aria attorno al suo corpo. Percepiva, infine,
i singhiozzi
disperati di Ginny, i quali, spesso, coprivano con le loro lacrime
anche le
urla di Draco.
Il
resto era
solo un continuo contrasto tra caldo e freddo. Il gelido pavimento,
sferzandole
la pelle, la manteneva sveglia e donava sollievo ai numerosi lividi
che, di lì
a poche ore, avrebbero maculato la sua pelle ambrata. Un avvolgente
rivolo di
puro calore le scendeva lungo la nuca, diramandosi in minuscoli
ruscelli fino a
divenire piccole gocce cremisi sui suoi capelli ricci. Poco oltre
l’elegante
confine segnato dal suo collo sottile, sovrastando il suo petto che
quasi non
si muoveva per accompagnare il continuo movimento dei suoi polmoni che
le
permetteva di respirare ancora, Vulcano, il fabbro degli dei, sembrava
torturarla con un puntello arroventato.
Cercò
di
rimettersi in piedi, ma non appena l’intenzione di quel
movimento raggiunse la
parte inferiore del suo corpo, una fitta, simile ad una lama conficcata
nella
carne e trascinata fino a recidere ogni muscolo,
l’attraversò togliendole il
respiro.
Fu
proprio
in quell’istante, quando già stava per darsi
sconfitta, che quel ringhiò,
simile a quello di una bestia ferita, raggiunse il suo cervello. Draco.
Dischiuse
appena gli occhi.
-
Ginny –
Sussurrò
Hermione, cercando di attirare l’attenzione della ragazza che
la fiancheggiava,
facendo attenzione affinché i loro corpi non si sfiorassero
neppure, e che
tentava inutilmente di fermare con le mani le lacrime che le rigavano
il viso.
-
Hermione!-
urlò l’altra in risposta, fiondandosi addosso al
suo corpo dolorante.
-Sei
viva?-
le domandò la rossa, intontita dalla situazione, mentre
l’aiutava ad alzarsi.
Quel supporto fu subito ben accetto e, gettando un braccio attorno alle
spalle
dell’altra e zoppicando con il piede sinistro, Hermione si
rialzò.
Si
guardò
attorno cercando la propria bacchetta, ma il suo sguardo si
fermò subito sul
centro del campo di battaglia.
Vide
solo la
profonda ferita sulla gamba di Draco e Daphne, che, inginocchiata al
suo
fianco, continuava a lanciare incantesimi Scudo per proteggere
entrambi.
Evidentemente, si disse la Granger, non voleva essere ricordata come
quella che
non aveva avuto il coraggio di combattere. Perché questo era
accaduto: quando
lei era stata colpita dall’Avada Kedavra solo i due Slytherin
aveva continuato
a dar battaglia, mentre gli altri erano rimasti immobili ed ammutoliti.
Presto
Ron,
che continuava a ripetere a Denise di stare dietro di lui, le raggiunse
porgendo all’amica la bacchetta che le era scivolata di mano
durante la caduta.
-Come
hai …
- cominciò il ragazzo, venendo bruscamente interrotto da
Hermione.
-
Stupeficium!-
esclamò non appena si fu rimpossessata della sua arma.
L’attacco
fu
blando, ma, avendo colpito Fenrir in pieno petto, fu sufficiente ad
impedirgli
di colpire i due Slytherin.
Non
appena
la sua voce era risuonata nella stanza, tutti i combattimenti erano
cessati e
l’attenzione era stata rivolta solo a lei.
-
Hermione?-
le domandò la Greengrass incredula.
Lei,
affaticata e indolenzita, annuì piano in risposta, prestando
pochissima
attenzione alla ragazza. Lui era lì, ferito e sbalordito,
incredulo dinnanzi a
quello che non poteva essere chiamato in nessun altro modo se non
miracolo.
Draco muoveva adagio le labbra, cercando inutilmente di formulare
almeno una
parola. La paura, però, che lei sparisse di nuovo alla prima
emissione di un
suo suono, inghiottita dal profondo baratro dell’Ade, lo fece
desistere. Decise
d’attendere che le braccia di lei lo stringessero, che le sue
mani gentili lo
accarezzassero e che le sue labbra morbide lo baciassero, cancellando
definitivamente quell’incubo che era stato costretto a
vivere.
Hermione
provò a muovere un passo, ma sarebbe irrimediabilmente
crollata al suolo se non
fosse stato per la rapida presa di Ginny, più forte e
scattante di lei, la
quale la sorresse premurosa e preoccupata.
In
quell’istante, un oggetto luminoso scivolò lontano
dalla pelle del seno della
Granger, adagiandosi, con un piccolo balzò, sulla camicetta
sporca di sangue.
Lo riconobbe subito, nonostante da mesi non vi facesse più
caso. Quello,
immutato nell’aspetto esteriore, era l’anello che
Drew le aveva detto di
indossare sempre in cambio delle loro lezioni private. Ricordava ancora
quelle
parole, che il tempo aveva sommerso tra altre migliaia, spegnendo
l’interesse
da lei nutrito a riguardo.
E, infine, la settima condizione: da oggi in
poi, non dovrai mai più separati da quest’anello.
Aveva
ubbidito. Aveva allacciato quella catenina d’oro, in cui
l’anello era infilato,
attorno al proprio collo, trasformando quell’azione insolita
in una usuale
abitudine. Si era dimenticata di chiedersi il perché,
accontentandosi di
mantenere ad ogni condizione la propria promessa, che, prima o poi, le
avrebbe
permesso di difendersi dagli attacchi Oscuri di Voldemort e dei suoi
Mangiamorte. Osservò l’oggetto con maggior cura,
venendo subita attratta dalla
gemma incastonata nel metallo.
Lo
zaffiro,
infatti, solitamente dello stesso blu profondo degli occhi di Drew,
sembrava
essere illuminato da un’accesa luce cremisi, che tingeva le
numerose facce del corindone
di volubili sfumature violacee. All’interno, poi, il nome
della proprietaria di
quell’oggetto prezioso era cambiato.
Ora,
al
posto di quello della signora Bright, vi era il suo.
Si
guardò
intorno, incontrando molti sguardi basiti.
Ginny
e Ron
continuarono a guardare la catenina per alcuni istanti, per poi
inchiodare
vicendevolmente i loro occhi azzurri, come se così facendo
potessero riempire
il silenzio di infinite parole elegantemente vergate e miniate da un
abile
amanuense. Neville, intanto, parlottava con Luna, la quale sembrava
raggiungere
una sconvolgente consapevolezza ad ogni parola del ragazzo. Daphne
aveva
spalancato la bocca, in un’espressione decisamente poco
elegante e fine, quindi
particolarmente insolita sul suo viso, e Draco, unico tra tutti, dopo
un
iniziale stupore, aveva preso a scuotere la testa con un sorriso sulle
labbra.
L’agghiacciante
risata di Alecto Carrow saturò l’aria stantia
della biblioteca.
-E
così tu
sei un’Impura?- gracchiò, affogando
nell’ennesimo sghignazzo – Quando il
Signore Oscuro lo saprà vorrà averti nelle sue
file ad ogni costo!-
Nessuno
ebbe
il tempo di comprendere il peso di quelle parole, perché le
ante della porta
della stanza si spalancarono con un tonfo.
Lupin,
con
la bacchetta puntata dove fino a pochi istanti prima il legno, ora
frantumato
al suolo, stava celando il duello impari tra i ragazzi e i Mangiamorte,
era
pronto a dare battaglia, fiancheggiato da Bill Weasley e Drew Kennan.
La
scena
mutò rapidamente.
Due
gatti,
spuntati da dietro le spalle dei tre uomini, si era lanciati in corsa
all’interno della biblioteca e, dopo aver scavalcato i servi
di Voldemort
saltando sulle loro teste, si erano subito messi a difesa di Draco e
Daphne. In
un battere di ciglia, l’aspetto di quei felini era cambiato,
lasciando due
donne al posto di quegli animali. La rapida metamorfosi aveva riportato
Minerva
McGranitt al suo usuale aspetto, abbandonando le vesta del soriano con
un
particolarissimo segno squadrato attorno agli occhi. Mentre
l’anziana
professoressa si sistemava gli occhiali dalla forma tanto similare sul
naso, al
suo fianco l’arruffato randagio dallo sbiadito pelo color
grigio topo, che
ricopriva tutto il suo corpo sinuoso tranne le zampe, tinteggiate di
un’improponibile fucsia brillante, ritornò ad
essere la solita Ninfadora Tonks,
la quale era decisamente elettrizzata dalla situazione.
Il
primo a
muovere la bacchetta, troppo veloce per ognuno dei Mangiamorte
lì presenti, fu
Drew, che, dopo essersi rimboccato le maniche dell’ampia
felpa blu, aveva fatto
fuoriuscire dalla punta della propria arma un fascio luminoso
rossastro, che,
come animato di vita propria, si strinse al collo di Amycus Carrow,
togliendogli il respiro. Non appena il ragazzo tirò la
frusta magica, l’uomo,
pur essendo tarchiato e molto saldo nella propria posizione, fu
sollevato da
terra e sbattuto al suolo oltre i confini della biblioteca. Bill e
Lupin,
intanto, non erano rimasti fermi a guardare. Il primo aveva ingaggiato
un
duello molto ravvicinato con Thorfinn e, dopo essergli girato attorno,
era
riuscito, con un paio di affondi, a spingerlo verso il corridoio da cui
si
aveva accesso a quella stanza. Per Remus, invece, le cose furono molto
più
semplici: non appena lo vide, Fenrir, il licantropo che molti anni
prima
l’aveva maledetto conficcando le proprie zanne nella sua
carne, gli si buttò
addosso, mirando al collo dell’ex professore di Difesa contro
le Arti Oscure.
Poi,
fu il
turno della Metamorfomagus che in pochi istanti ebbe la meglio su
Gibbon,
ancora intontito dal rapido cambiamento degli eventi.
Infine,
quando nella stanza erano rimaste solamente la McGranitt e Alecto
Carrow, la
prima si curò di rassicurare l’altra.
-Avete
poche
possibilità di scappare da Hogwarts, stasera- disse con un
sorriso appena
accennato sulle labbra – Drew è a dir poco
furioso, sa? Questi che avete
cercato di assassinare, senza riuscirci, sono i suoi studenti
… -
E
così
dicendo, senza dare all’altra neppure il tempo di mettersi in
posizione
difensiva, la bacchetta della Vicepreside si trovava appoggiata al
petto
dell’altra.
-
Depulso –
disse tranquillamente Minerva McGranitt, scagliando ad almeno tre metri
di
distanza la sua avversaria.
Con
un cenno
della bacchetta, le ante della porta, distrutte da Remus, ritornarono
al loro
posto, perfettamente sigillate dall’ennesimo incantesimo
della Direttrice
Gryffindor, la quale, svolti i suoi compiti più imminenti si
voltò verso i
ragazzi.
-So
che non
è il momento ideale, ma comunque credo sia il caso di
rendervi merito per ciò
che avete fatto- dichiarò severa, osservando prima Draco e
poi Daphne –
Signorina Greengrass, Signor Malfoy, venti punti a testa per Slytherin,
visto
che avete continuato a combattere nonostante i vostri compagni non
fossero in
grado di farlo- concluse, sorridendo ad entrambi.
Minerva
McGranitt si era solo rapidamente accertata delle condizioni di Draco
ed Hermione,
gli unici feriti, se esclusi i lividi di Daphne, Neville, Luna e Ginny.
La
ferita sulla gamba del ragazzo era abbastanza profonda, ma era stata
già
bendata dalla Greengrass non appena questa ne aveva avuto la
possibilità
durante la scontro con i Mangiamorte. La Granger, invece, con buona
probabilità
aveva preso una brutta storta alla caviglia sinistra e, a causa del
pesante
urto con il suolo, si ritrovava un taglio poco sopra la nuca.
Fortunatamente,
sembrava essere superficiale.
Dopo
aver
fatto comparire dal nulla un panno che la Weasley avrebbe dovuto
premere sulla
lesione, l’anziana donna diede solo una rapida occhiata
all’anello un tempo
appartenuto alla madre di Drew, ma sul suo viso imperscrutabile non vi
fu
alcuna inflessione.
-Ora,
ragazzi, dovrete seguirmi- annunciò finito il veloce
controllo – Signor Zabini,
credo che ora possa tranquillamente uscire dal suo nascondiglio e
aiutare la
signorina Greengrass a reggere il suo compagno-
A
quelle
parole, Blaise, rimasto fino a quell’istante nascosto dietro
ad alcuni scaffali,
uscì allo scoperto.
Il
suo passo
era tranquillo, il suo sguardo fisso sul pavimento.
-Non
potevo
… - provò a scusarsi, venendo subito interrotto
dalla McGranitt, che gli posò
gentilmente una mano sul braccio.
-Conosco
perfettamente la sua situazione, non si preoccupi-
Puntò
la
bacchetta contro il ragazzo e lanciò un incantesimo non
verbale.
Il
suo
aspetto esteriore mutò. Il suo fisico si
irrobustì, i capelli si accorciarono e
si tinsero di nero, gli occhi, non più celati, divennero
d’un verde sbiadito e
lo stemma degli Slytherin sui suoi abiti divenne quello rosso ed oro
dei
Gryffindor.
-Così,
nessuno dovrebbe riconoscerla- concluse soddisfatta la donna dopo
un’ultima
occhiata.
Zabini,
con
una voce più allegra della sua, la ringraziò.
-Sono
una
Gryffindor, ma resto comunque in grado di riconoscere
un’azione giudiziosa ed
una scelta intelligente-.
Non
diede il
tempo a nessuno di controbattere e, invitandoli a tenere il passo, si
mosse
lungo il corridoio dedicato ai libri di Trasfigurazione. Nonostante la
situazione, la Vicepreside sembrava essere pienamente in grado di
controllare la
situazione. Forse, come molti di loro, dubitava che, prima
d’andare a dormire,
avrebbe dovuto sguainare la bacchetta e intraprendere un duello,
tant’è che
aveva già indossato la sua vestaglia in stile scozzese. Per
riparare il suo
corpo dal freddo, poi, si era gettata sulle spalle un pesante mantello
verde,
il quale rendeva la sua figura fluttuante e leggera. A completare il
ritratto
di quella grande strega, poi, la lunga treccia, con cui aveva ordinato
i suoi
capelli un tempo corvini, che le ricadeva dolcemente sulla spalla.
Percorse
l’androne nella sua interezza e, giunta al termine di questo,
si fermò davanti
ad un grande quadro addossato alla parete. Ambientato in una piccola
radura,
nei cui pressi scorreva un fiumiciattolo dall’acqua
cristallina, l’effige
raffigurava un piccolo cerbiatto che si abbeverava.
-Buonasera,
signora Fickle – disse la McGranitt.
Immediatamente,
l’animale ritratto voltò il muso gentile e,
allontanandosi dalla fonte, si
avvicinò ad un ciliegio in fiore dipinto in primo piano. Nel
correre la sua
posizione si era fatta eretta, il viso era divenuto umano e il pelo
morbido era
stato sostituito da un semplice abito bianco.
-Minerva!-
esclamò la fanciulla dai fluenti capelli castani che le
incorniciavano il volto
– Hai deciso di rimettere in uso il tuo passaggio segreto?-
A
quella
domanda, gli studenti della donna sbiancarono e spalancarono la bocca.
-
Hogwarts è
sotto attacco, signora Fickle, devo mettere al sicuro questi ragazzi il
prima
possibile-
La
ragazza
annuì in risposta e, ruotando su dei cardini presenti
solamente su un lato del
quadro, si discostò dalla parete.
Ciò
che gli
studenti videro gli stupì. Di fronte a loro, c’era
solamente una cosa: il muro.
-Professoressa,
credo che il suo passaggio segreto sia stato chiuso- si
arrischiò Ron.
-Oh
no,
signor Weasley, in realtà è solo ben nascosto-
gli rispose quella,
picchiettando su una delle mattonelle che componevano il muro.
In
pochi
istanti, si aprì una porta che dava sul corridoio opposto a
quello in cui Drew
e gli altri stavano combattendo.
-Non
sapevo
dell’esistenza di quest’entrata secondaria!-
esclamò Hermione, infervorata dalla
notizia.
-In
realtà,
solo il professor Silente, quando all’epoca occupava la
cattedra di
Trasfigurazione, si accorse di questo piccolo buchetto che avevo aperto
nella
parete per poter venire a studiare in biblioteca anche di notte-
rispose la
McGranitt ridacchiando entusiasta.
-Chi
le dice
che il suo “buchetto” sarebbe sufficiente per far
passare una mandria di
centauri?- chiese Daphne a Draco, il quale alzò le spalle,
troppo sconvolto
dall’aver scoperto che quella donna, la Severità
personificata, gli aveva fatto
fare un tour della Foresta Proibita, con Voldemort a piede libero e con
quel
troglodita di Hagrid come unico difensore, solo perché era
uscito dalla scuola
fuori dall’orario concesso, quando lei, ai suoi tempi, lo
faceva molto più
spesso di lui.
Fu
lei, la
Direttrice della Casa Gryffindor, ad uscire per prima da quella porta
celata
dalla magia. Poi, non appena si fu assicurata che il corridoio fosse
scombro,
spronò i ragazzi a velocizzare i loro movimenti.
-Andate
in
infermeria da Madama Chips, è già stata avvisata
del vostro arrivo- spiegò
rapidamente loro, troppo presa dai rumori della battaglia che, a pochi
metri da
loro, si stava svolgendo – Signor Zabini, visto il momentaneo
infortunio della
signorina Granger, lascio a lei il comando. Nel caso sia necessario, la
prego
di arrivare ad usare la forza, pur di non permettere ai suoi compagni
di
compiere qualche sciocchezza. Quando vi sarete messi al sicuro, poi, le
sarei
grata se sciogliesse il mio incantesimo di Trasfigurazione, in quanto
questi
incantesimi, a lunga distanza, diventano veramente difficili da
controllare
senza disperdere eccessivamente l’energia di colui che li
lancia-
Il
ragazzo
aveva mosso impercettibilmente la testa, la bacchetta stretta nel
pugno.
L’anziana donna voltò loro le spalle, pronta a
dare man forte ai suoi compagni.
Pronta a combattere.
Tra
i
Gryffindor lì presenti, molti si chiedevano per quale motivo
la loro Direttrice
avesse lasciato il comando ad uno Slytherin, ma i loro dubbi si
acquietarono
quando capirono che Hermione, nonostante le ferite, era ancora
pienamente in
grado di controllare la situazione con la sua innata
razionalità.
-Avanti,
Blaise, il comando è nelle tue mani, decidi cosa fare-
disse, infatti, quella.
Il
ragazzo,
nonostante il suo inusuale aspetto, sembrava essere scivolato in uno
dei suoi
soliti silenzi. Stava pensando, scartando i percorsi meno rapidi per
raggiungere l’infermeria e badando a non attraversare strade
solitamente molto
trafficate, per evitare in ogni modo Marcus Belby. Perché
non era un’ipotesi da
scartare che il ragazzo convocasse niente meno che il Signore Oscuro,
ora che
era riuscito a far introdurre tanti Mangiamorte ad Hogwarts. Se solo
avesse
saputo qual’era la missione che era stata affidata al
Ravenclaw da Voldemort,
avrebbe potuto supporre dove fosse diretto e, di conseguenza,
allontanarsi il
più possibile.
-
Weasley,
Paciock, reggete Draco –
Con
quella
frase si era attirato un’occhiata incredula da Daphne, che lo
stava aiutando a
reggere il biondo, il quale, a causa della ferita alla gamba, faticava
a
camminare. L’espressione schifata dello Slytherin, quando si
ritrovò stretto da
quei due Gryffindor, fu memorabile.
-
Denise,
lascia che siano Luna e Ginny a portare la Granger –
Stupita,
la
Millay, dopo aver aiutato la compagna di Casa a caricarsi in spalla il
minuto peso
di Hermione, raggiunse Zabini.
-Perché
… -
provò a dire la Greengrass, venendo interrotta dal
capogruppo che, dopo quest’ultima
frase rimase silenzioso fino al raggiungimento della meta.
-Preferisco
essere fiancheggiato dalla persona più preparata- disse
indicando Denise – e da
quella di cui mi fido di più- concluse, inchiodando il suo
sguardo a quello di
lei.
Reggeva
la
vestaglia tra le mani, mai state salde e sicure nella presa della
propria
bacchetta come in quel momento. Spettava a lei, Vicepreside di
Hogwarts,
difendere la scuola in assenza di Silente.
I
suoi passi
rapidi, ben presto divennero una corsa leggera e, poi, la
rappresentazione di
un ardente desiderio di agire. Perché lì, in quel
corpo che si era ingracilito
irrimediabilmente dopo gli eventi sventurati a cui la donna aveva
dovuto
assistere, un animo Gryffindor, pulsante di coraggio, combatteva senza
sosta
contro una vecchiaia percepita solo negli acciacchi del fisico, ma non
nello
spirito.
Questo
era
Minerva McGranitt: una delle streghe più potenti in
circolazione che aveva
avuto la sfortuna d’assistere alla formazione del Signore
Oscuro, di soli due
anni più giovane di lei, e che, grazie alle proprie
capacità, era sopravissuta
alla prima guerra contro colui che era stato Tom Riddle. Tanto sangue
era stato
versato e molti dei suoi studenti erano caduti, ma lei non si era mai
fermata,
perché anche una brevissima sosta avrebbe causato
l’allontanamento di quel
futuro migliore da lei tanto bramato.
Quando
svoltò l’angolo, la scena che vide fu
raccapricciante. Bill Weasley,
sopraffatto dal proprio avversario, giaceva al suolo in una pozza di
sangue.
Sul suo corpo, ghignante per la piacevole consumazione, il Mangiamorte
Fenrir
si preparava ad un ennesimo affondo, nonostante la sua forma fosse
ancora umana
e, quindi, avesse il pieno controllo sulle proprie azioni. Una goccia
scarlatta
scivolò lungo il mento barbuto dell’uomo, dando un
inequivocabile significato
alle profonde ferite sul viso di Bill.
La
voce
della donna, trasfigurata dall’ira, risuonò
chiara, facendo gioire i Membri
dell’Ordine della Fenice.
-Non
osare
toccarlo, bestia!-
Il
lupo mannaro
le rivolse un ghignò tremendo. Tra i denti, scarlatti per i
morsi inferti al
ragazzo, vi erano brani di pelle e di carne.
Il
primo
attacco fu della donna.
Una
possente
onda d’urto sbalzò Fenrir di qualche metro. Subito
la McGranitt infierì con un
altro incantesimo, il quale, però, venne intercettato e
bloccato dall’altro. Presto,
i due furono di nuovo pronti a fronteggiarsi. Mentre i colpi del
Mangiamorte,
però, erano principalmente Maledizioni Senza Perdono, la
Vicepreside rispondeva
con il solo scopo di mettere temporaneamente fuori gioco
l’avversario, cosicché
successivamente potesse essere interrogato, processato e rinchiuso ad
Azkaban.
Fu
quando lei
fu costretta a piegarsi di lato per schivare un Avada Kedavra che la
situazione
volse in suo vantaggio. Da quella posizione, infatti,
approfittò del fianco
scoperto dell’avversario e lo colpì. Pesanti
catene di metallo gli bloccarono i
movimenti, impedendogli di difendersi a causa del grosso collare e
delle
cinghie attorno agli arti. Con un urlò di liberazione, lo
lanciò contro il
muro, dove le marmoree braccia di una statua lo chiusero in un
abbraccio
stritolante. Dopo averlo facilmente disarmato, lo Schiantò,
eliminandolo dalla
battaglia.
Affaticata,
la donna si guardò intorno. Remus e Ninfadora stavano
fronteggiando i fratelli
Carrow senza incontrare in questo grosse difficoltà.
Drew,
invece, era stretto nel gioco di due Mangiamorte dal capo velato.
No,
non
avrebbe permesso che anche il sangue del figlio che non aveva mai
potuto avere
venisse versato per tracciare il percorso di un folle.
Non
appena
Minerva si introdusse in quel rapido ballo in cui tutti mettevano in
gioco la
propria vita, Drew non poté non trarre un sospiro di
sollievo. Avrebbe potuto
sovrastarli e sconfiggerli entrambi in poco tempo se non fosse stato
per il
fatto che uno dei suoi avversari continuava a lanciare Maledizioni in
modo
quasi casuale ed estremamente disordinato. Non c’era tattica
nei suoi
movimenti, non c’era alcun progetto dietro alle sue
decisioni. Si limitava, con
dispiacere anche del suo collega, a sparare al buio, augurandosi di
mandare
qualcuno dei nemici all’altro mondo. Così, ogni
volta che Drew aveva usato la
Legilimanzia su di lui, si era solo affaticato inutilmente senza aver
ricavato
alcun guadagno degno di nota. Conseguenza di questa tattica tanto
banale era
che il ragazzo, dovendo far attenzione a schivare tutti quegli Avada
Kedavra,
non riusciva a concentrarsi neppure sull’altro Mangiamorte,
il quale,
ovviamente, stava approfittando della situazione per sfoderare tutti
gli
incantesimi Oscuri di cui era a conoscenza.
Percepire
il
corpo di quella donna poggiato sulla sua schiena gli aveva dato una
sicurezza
che poche volte nella sua vita aveva provato. Perché Minerva
McGranitt era
stata l’unico punto di luce della sua infanzia, dopo la morte
di sua madre
Sheila, e perché lei, nonostante non fosse stato un alunno
della propria Casa,
aveva avuto per lui sempre un particolare occhio di riguardo, anche
quando
oramai lui era già divenuto un giovane uomo. Per lui aveva
riservato la
dolcezza di una madre premurosa e la severità di un genitore
coscienzioso.
Le
loro
bacchette si muovevano all’unisono, allontanando gli
avversari e difendendo
entrambi dai loro attacchi. La loro vittoria, però, fu
sancita da una buona
dose di fortuna e dall’ingenuità di coloro che
stavano combattendo. Minerva era
appena riuscita ad Impastoiare il Mangiamorte con cui si stava
divertendo,
quando Drew, per evitare una delle tante Maledizione lanciate
casualmente
dall’altro, si gettò a terra. Il raggio verde
percorse la breve distanza che lo
separava dalla professoressa di Trasfigurazione, la quale
sfruttò la propria
abilità di Animagus e divenne un gatto, evitandolo in
completa tranquillità.
Così non fu per Gibbon, che, essendo pietrificato, fu
colpito in pieno petto.
Dopo
una
bestemmia colorita, Thorfinn Rowle, l’omicida,
ricominciò a battersi. Gli
attacchi incrociati dei due, però, ben presto lo misero con
le spalle al muro e
con due bacchette a premere sulla carne del suo collo.
***
Aveva
assistito immobile a tutta la scena: Silente aveva lanciato la propria
ultima
magia per proteggerlo. Si era ritrovato obbligato ad essere spettatore
della caduta
del più grande mago che aveva avuto l’onore di
conoscere, Impastoiato contro il
muro e celato dal proprio Mantello
dell’Invisibilità.
E
in
quell’istante, quando l’incantesimo che lo
costringeva all'immobilità si
sciolse, confermandogli la morte del Preside, la sua mente stava
ripercorrendo
gli atroci momenti di quell’uccisione ingiusta.
Belby
era
entrato proprio dalla porta che lui stava per aprire per andare a
cercare
aiuto. Silente era debole, avvelenato da una pozione messa da Voldemort
a
protezione dell’Horcrux, lurido frammento della sua anima
immonda. Nonostante
ciò, quando aveva visto risplendere nel cielo di Hogwarts il
Marchio Nero,
firma del Signore Oscuro, una forza assente fino a
quell’istante gli aveva
ridato vigore. Lo aveva mandato a chiedere a chiunque un qualsiasi
mezzo di
trasporto per raggiungere la scuola e lui aveva obbedito. Lui, Harry
Potter,
aveva bussato alla porta di Madama Rosmerta fino a quando questa,
svegliata nel
pieno della notte, gli aveva aperto, indossando una vestaglia di seta
ricamata
con draghi orientali e con ai piedi un paio di ciabattine soffici e dai
tacchi
vertiginosi. L’aveva implorata di seguirlo, portando delle
scope. Lei aveva
acconsentito dopo che era stato costretto ad indicarle il Marchio.
Alla
vista
dello stato pietoso di Silente aveva squittito spaventata e, dopo aver
aiutato
il ragazzo ad alzare il vecchio sulla scopa, aveva augurato loro buona
fortuna,
affrettandosi in casa per comunicare l’accaduto al Ministero.
Il viaggio in
scopa era stato breve e, contemporaneamente, troppo lungo. Aveva
seguito
perennemente con lo sguardo il suo mentore, il quale si stringeva con
forza al
manico del proprio mezzo su cui era completamente chino. La lunga e
fluente
barba bianca svolazzava dietro la sua imponente figura, tanto fragile
in
quell’istante da sembrare sul punto di spezzarsi a
metà. Aveva percepito la sua
voce, ridotta ad un sussurro rauco, sciogliere le barriere che
proteggevano
Hogwarts per permettere loro di passare, mentre i suoi occhi venivano
catturati
dai bagliori verdastri di quel teschio maledetto che sembrava sminuire
la luna
con la propria luminosità. Erano atterrati oltre i bastioni
merlati e, poco
dopo, la fine aveva trovato il suo inizio.
Belby,
ignorando
la presenza di Harry, aveva disarmato Silente. La bacchetta
dell’uomo volò
verso il vuoto e cadde, come poco dopo sarebbe toccato anche al suo
legittimo
proprietario. Il Mangiamorte gli aveva svelato che aveva lasciato tutti
i suoi
inseguitori, che Potter conosceva bene, in compagnia di sei servi del
Signore
Oscuro. Aveva assicurato all’uomo, dandogli un ultimo grande
dispiacere, che
Voldemort aveva dato loro il compito di uccidere tutti coloro che
avrebbero
incontrato e che, quindi, molti dei suoi amati studenti, a quel punto
della
nottata, lo aveva già preceduto nel regno dei Morti. Il
Preside non si era
scomposto ma, anzi, sembrò interessato a come Belby era
riuscito ad eludere la
sorveglianza di Hogwarts. Sembrò essere la domanda giusta,
perché il ragazzo,
affogato nel proprio ego, descrisse tutto ciò che aveva
fatto senza tralasciare
alcuna minuzia.
Quella
maledetta porta, però, sbatté ancora quella
notte. Harry vide Piton entrare,
trafelato ed affannato. Nessun sentimento attraversò il suo
volto quando alzò
la sua bacchetta contro l’anziano uomo che lo aveva sempre
difeso. I suoi
occhi, però, sembravano vomitare disprezzo. Lui, che tra
tutti gli esseri
impuri era il più squallido, stava denigrando un uomo debole
e disarmato prima
di ucciderlo.
Un
raggio
verde colpì Silente in pieno petto, alzando dal suolo le sue
membra esili. Per
un istante solo, Harry sperò che quell’uomo avesse
un ultimo asso nella manica.
Poi, vi fu solo la caduta.
Sentì
Belby
insultare Piton per aver ucciso quell’uomo al suo posto, ma
non lo ascoltò
veramente: nella sua testa vi era un’improvvisa e dolorosa
solitudine. I suoi
pensieri, ora, erano di nuovo solamente suoi.
***
Procedettero
rapidamente, senza incontrare alcuna difficoltà. Ad ogni
angolo, Blaise si
assicurava personalmente che nessuno li stesse seguendo o fosse pronto
a far
loro un’imboscata. Presto, quando i metri aumentarono tra
loro e il campo di
battaglia, i rumori si acquietarono. Il silenzio, mai come in quel
momento, lo
spaventava.
Perché
Marcus Belby era ancora libero d’agire indisturbato nella
scuola, con la
possibilità, quindi, di adempiere in totale
tranquillità ai compiti che
Voldemort gli aveva dato. Zabini, mentre procedeva con il gruppo che
gli era
stato affidato, non riusciva a non pensare a quale missione fosse stata
data
dal Signore Oscuro al proprio tirapiedi e questa mancanza di controllo
lo
agitava. Scegliere la strada sbagliata in quell’istante,
avrebbe potuto causare
la morte di tutti loro. E lui, non poteva permetterlo,
perché tra la
moltitudine di quei visi c’era anche quello grazioso di
Daphne. Commettere una
sola disattenzione, ora che lei aveva sfidato così
apertamente il proprio
padre, opponendosi a lui e al suo Padrone, l’avrebbe condotta
ad un ingiusta
dipartita. Mai avrebbe potuto accettare che la sua splendida farfalla
cadesse
quando così poco la divideva dallo spalancare per la prima
volta le sue ali
colorate. I suoi sensi erano in allerta, i suoi muscoli tesi e pronti a
scattare, la sua mente concentrata sul più piccolo
spostamento d’aria.
Quando
arrivarono davanti alla porta dell’infermeria, la
professoressa Sprite e
Lumacorno stavano facendo la guardia a quell’ingresso.
Entrambi lo fissarono
come avrebbero guardato un redivivo. Daphne posò la propria
bacchetta sul
braccio di lui.
-Finite
Incantatem – sussurrò.
Immediatamente,
il suo aspetto tornò ad essere quello usuale e non appena i
due insegnanti
compresero la situazione, sembrarono trarre un sospiro di sollievo.
-Signor
Zabini, è lei!- esclamò subito il professore di
Pozioni, sorridendo sornione e
avvicinandosi al ragazzo.
La
mano
della donna si parò immediatamente davanti al viso del
signore grassoccio,
fermandolo. Hufflepuff, certo, ma non per questo una sprovveduta.
-
Neville,
dove siamo stati domenica mattina?- domandò, rivolgendosi al
Gryffindor che
stava sorreggendo Malfoy assieme a Ron.
L’interrogato
la guardò stupito. Inizialmente pensò che la
donna avesse battuto la testa, ma
quando vide la severità del suo sguardo, celato appena
dall’ampio cappello
giallo canarino pieno di rattoppi, si convinse di dover rispondere
senza
provare a protestare.
-Durante
la
notte tra sabato e domenica c’è stato il
plenilunio, quindi abbiamo sfruttato
l’occasione per andare a raccogliere Funghi Saltellanti nella
Foresta Proibita,
perché, come lei sa, questi prolificano durante le nottate
di luna piena-
rispose sicuro, ottenendo da Pomona Sprite un sorriso rassicurante.
-Ok,
entrate- disse loro, dopo aver scambiato un paio di parole con il
collega.
Non
appena
Madama Chips li vide, disordinati, arruffati e, nel migliore dei casi,
coperti
di lividi, si lasciò scappare una risatina isterica. Fece
sedere Draco ed
Hermione sullo stesso lettino, uno di fianco all’altra,
mentre con un gesto
invitava gli altri, feriti in modo più lieve, ad accomodarsi
dove volevano,
promettendo loro che li avrebbe visitati il prima possibile.
Valutò con
espressione esperta i due, soffermandosi principalmente sul taglio alla
testa
della Gryffindor e sullo squarcio dello Slytherin.
-
Malfoy,
per favore, tenga tamponata la lacerazione della signorina Granger,
mentre io
mi occupo di lei- disse, dopo aver preso deciso chi dei due avesse la
precedenza.
Inutili
furono i cavallereschi tentativi del biondo di cedere il posto alla
fidanzata,
affermando di sentirsi nel pieno delle proprie energie.
-Chi
è qui
quella con la laurea in Medimagia, signor Malfoy?- domandò
Poppy tingendosi di
una preoccupante tinta paonazza.
-Lei,
signora Chips - rispose con un filo di voce Draco, realmente spaventato
per la
salute fisica e mentale della donna.
-Corretto!
Quindi mi faccia il piacere di non contestare più le mie
decisioni, ha capito?-
Ammutolito,
si voltò verso Hermione. Gli stava sorridendo, mentre con
una mano gli porgeva
un panno sporco di sangue e con l’altra si reggeva i capelli
ricci e spettinati
sopra la nuca. Sul polso sottile, il braccialetto brillava alla luce
delle
candele che illuminavano a giorno quella stanza. Su di lei,
c’era l’iniziale
del suo nome, che lei aveva deciso di indossare. Su di lei, come sul
suo petto,
c’era il simbolo del loro amore.
Prese
l’oggetto che le stava offrendo, invitandola a girarsi un
po’ per facilitarlo.
Lei lo fece, presentando alla vista di lui le linee armoniose del suo
collo
perlaceo, che tante volte aveva baciato. Se chiudeva appena gli occhi,
poteva
ancora percepire la consistenza della sua pelle sotto le labbra e il
profumo
alla vaniglia di lei che tanto lo inebriava.
-Non
ti fa
schifo il mio sangue?- domandò all’improvviso
Hermione.
La
domanda
lo stupì, nonostante da tempo sapesse che, prima o poi,
gliel’avrebbe posta. La
eluse, come sapeva fare benissimo.
-Perché
dovrebbe?-
-I
miei
genitori erano Babbani – rispose sicura lei.
-Mio
padre è
un assassino rinchiuso ad Azkaban, mi lascerai per questo?- le chiese
ancora
lui.
-No-
Lui
sorrise.
Quella negazione, per lui, valeva più di mille altre
conferme.
-Stanne
certa, Granger: non ti libererai mai di me!-
***
Era
stata
l’assenza di quella presenza, tanto delicata e continua da
divenire
un’abitudine, a smuoverlo. Era stata la rabbia per
quell’uccisione ingiusta a
motivarlo.
Si
alzò,
gettando a terra il Mantello dell’Invisibilità. Da
quanto tempo quei due aveva
lasciato il luogo in cui Silente era stato ucciso? Per quanto tempo era
rimasto
immobile, sperando di svegliarsi da quell’incubo tanto
doloroso? Troppo, si
disse, prima di lanciarsi all’inseguimento. Potevano essere
lontani, potevano
aver già raggiunto i confini di Hogwarts, dove avrebbero
potuto attuare una
Smaterializzazione.
Doveva
impedirlo, in memoria del grande mago che, quella notte, era caduto.
Percorse
rapidamente gli scalini della scala a chiocciola, celata dietro la
porta da cui
quei due Mangiamorte erano fuggiti. Saltò, evitando un paio
di gradini, e
atterrando con un piccolo tonfo. Poi, corse.
Senza
fermarsi per prendere fiato, senza concedersi una pausa.
Nell’aria percepiva
l’odore del sangue e i rumori della battaglia.
Si,
qualcuno
stava combattendo quella notte, qualcuno era morto.
Nick-Quasi-Senza-Testa
tentò di fermare la sua corsa, ma senza alcun riguardo
Potter lo attraversò,
rabbrividendo a causa della terribile freddezza del trapasso.
Alla
fine,
raggiunse la battaglia. Nessuno osava avvicinarsi, anche a causa della
muraglia
di professori che impediva il passaggio. Non appena lo vide,
però, il centauro Fiorenzo
gli cedette il passo. Un piccolo spiraglio tra il muro e il suo corpo
equino
che il ragazzo non tardò ad utilizzare.
Vide
Piton,
lontano dagli scontri, e Belby, di pochi passi più avanti a
lui.
Il
terreno
di battaglia era stato pesantemente danneggiato: tutte le finestre
giacevano in
frammenti colorati sui fili d’erba del cortile interno, i
muri erano ricoperti
di bruciature e distrutti in più punti e le rovine di una
grande statua avevano
trovato riposo sul gelido pavimento.
Drew
stava
cercando di impedire a Fenrir di fuggire, ma il licantropo
trovò il supporto
dei Mangiamorte superstiti, i quali, fino a quell’istante
prima, si stavano
battendo con Lupin, Tonks e la McGranitt. Fu proprio
quest’ultima a notare il
suo arrivo, ma, a differenza delle sue aspettative, non gli
ordinò di
andarsene.
-Prendilo!-
urlò la professoressa, indicandogli l’angolo
dietro cui Piton era sparito.
Mai,
come in
quel momento, fu felice di obbedire alla sua Direttrice. Corse, mentre
dietro
di lui la situazione stava precipitando.
Due
dei
Mangiamorte con cui i professori e i membri dell’Ordine
stavano combattendo,
decisero di rimanere indietro per dare agli altri tre, il Licantropo e
i due
Carrow, la possibilità di fuggire. Ninfadora, caduta in
errore, venne
Schiantata e perse i sensi.
Quando
Harry
attraversò la porta d’ingresso di Hogwarts, si
rese conto di essere circondato
dai nemici. Una fattura lo colpì alla schiena, facendolo
gridare per il dolore:
i suoi inseguitori lo aveva già raggiunto. Si
voltò. Doveva fermarli, così da
potersi concentrare solo sul raggiungimento dei suoi avversari.
Tre
contro
uno.
-
Impedimenta!-
Quella
voce
ebbe il potere di riempirlo di speranze: Drew era venuto in suo aiuto.
-Corri,
Harry!- gli disse l’uomo prima d’ingaggiare una
lotta cruenta e rapida con i
tre Mangiamorte.
Harry
ripartì all’inseguimento.
Drew,
preso
dal combattimento, notò appena Harry che lanciava
incantesimi contro Piton, il
quale, dopo averli vanificati senza la minima difficoltà,
rispondeva al fuoco
del ragazzo. Capì immediatamente la situazione, per quanto
molteplici carenze
gli impedissero d’avere una visione completa, ma non potendo
raggiungere Potter
prima di aver sconfitto i tre Mangiamorte con cui stava combattendo, fu
costretto a desistere. Il trio avversario, fortunatamente, sembrava non
essere
molto in sincronia e fu proprio sfruttando ciò che
riuscì a sopraffarli.
Concentrò
i
suoi affondi mentali su Fenrir, che aveva perso gran parte delle
proprie
capacità in Occlumanzia a causa della lenta fusione della
sua natura umana con
quella da Licantropo. Al terzo assalto, l’uomo cadde al
suolo, prendendo a
rotolare mentre con le mani si teneva la testa. I Carrow, intimoriti
dalle urla
di dolore del compagno, alzarono subito le proprie barriere, sperando
che
fossero sufficienti per inibire le abilità di Legilimente di
Drew. La donna,
però, la quale non era molto preparata in questo ambito,
smise di prestare
attenzione agli attacchi fisici del professor Kennan. Costui, infatti,
dopo
aver puntato la bacchetta su Amycus, ruotò rapidamente il
polso, colpendo
Alecto con la propria fattura.
-Ottenebro!-
L’incanto
la
colpì in pieno volto, sbalzandola indietro. Quando si
rialzò, tastando il suolo
attorno al proprio corpo, le iridi dei suoi occhi erano divenute nere,
lasciandola completamente cieca.
-Ma
questa è
Magia Oscura di alto livello!- esclamò sconvolta non appena
comprese la gravità
della situazione.
-Oscuri
mezzi per un candido obbiettivo- rispose il ragazzo, pronta a colpirla
nuovamente.
Non
sapendo
da quale direzione provenissero gli attacchi nemici, Alecto fu presto
Disarmata
e Impastoiata.
-Sorella!-
urlò Amycus, prima di rimettersi immediatamente sulla
difensiva, pronto a
proteggersi da Drew.
Dopo
i primi
incantesimi, che a stento il Mangiamorte riuscì ad evitare,
questo cominciò ad
implorare pietà.
-Sei
così
vile da non riuscire neppure ad essere sconfitto in silenzio, Carrow?-
gli
domandò il ragazzo. Nei suoi occhi blu, gelidi e luminosi in
quella nottata
buia, vi era un disgusto che solo poco volte Drew aveva provato.
-
Umbras
Oppugno- concluse gelido, cominciando subito a correre verso Harry, il
quale, a
sua volta, rincorreva Piton e Belby. Spettrali figure senza volume
circondarono
il Mangiamorte e si avvolsero attorno al suo corpo, come una tela
preziosa
avrebbe fatto con le membra di una dolce fanciulla. Le sue urla,
presto, furono
soffocate da quelle ombre nere come il buio dell’Ade.
A
pochi
metri da Potter, Drew interruppe la sua corsa. Il ragazzo,
probabilmente, non
se ne era neppure accorto, ma, sul limitare della Foresta, la casa di
Hagrid
stava andando a fuoco. Ad appiccare l’incendio era stato
Belby, il quale precedeva
il professore di Difesa contro le Arti Oscure di una decina di metri.
Quest’ultimo,
infatti, sembrava voler duellare con colui che lo stava pedinando.
Kennan
osservò la scena in silenzio, deciso a prendere la decisione
che gli sembrava
più giusta.
Lo
avrebbe
lasciato solo, così che potesse combattere la propria
battaglia. Velocemente,
raggiunse la rustica capanna del guardiacaccia. Poco dopo, il mezzo
gigante
uscì dalla porta di legno bruciacchiata, reggendo sulla
schiena il suo cane
Thor. Entrambi sembravano stare bene.
-
Drew! Per
Merlino, questa si che è fortuna!- esclamò Hagrid
non appena lo vide.
Con
un paio
di “Aguamenti” ben lanciati, ovviamente solo da
parte del più giovane, l’acqua
che comparì fu sufficiente a spegnere il rogo.
Quando
si
decise ad osservare il duello in corso tra Severus e Harry, il secondo
era
steso a terra, in balia dell’altro che, con il viso
trasfigurato dalla rabbia,
lo sovrastava. Distinse chiaramente la mano di Piton alzarsi, pronta a
lanciare
una maledizione.
Agì,
irrompendo nella mente di quell’uomo. Tentare di oltrepassare
le sue difese
avrebbe richiesto troppo tempo e fatica, se mai queste fossero potute
cadere.
Si limitò, dunque, ad alcune immagini.
Gli
occhi
neri del Principe Mezzosangue perlustrarono l’ampio giardino
fino a quando non
incontrarono i suoi. Il suo viso era impassibile, ma le magie che
lanciò non
furono atte a ferire Harry. Si concentrò, infatti, sullo
scioglimento di quelle
che Drew aveva lanciato contro i Mangiamorte.
Presto
i
loro tetri mantelli neri, superati i confini di Hogwarts, svanirono nel
turbinio di affrettate Smaterializzazioni.
***
Madama
Chips, in quel momento, si stava prendendo cura di Daphne, la quale
aveva
cercato in ogni modo di evitare quel controllo. Come era prevedibile,
infatti,
la grande quantità di incantesimi Dissimulanti non
passò inosservata e
l’infermiera le chiese di scioglierli, così che
potesse controllare la sua vera
pelle e non quella creata mediante una magia. La ragazza, ovviamente,
si
oppose, ma nulla poté quando alla donna si aggiunsero anche
il professor
Lumacorno e la Sprite. I numerosi lividi ebbero il potere di spaventare
la
povera Poppy che prese ad armeggiare con tutti i suoi medicamenti per
alleviare
quella sofferenza alla ragazza. Tutte le domande che la professoressa
di
Erbologia le fece vennero abilmente schivate o evitate con scuse
fantasiose ma
credibili.
-E
questa
bruciatura vicino alla caviglia, te la sei fatta sempre cadendo?-
insistette la
signora Chips.
-A
dire il
vero, quell’abrasione pesa sulla mia coscienza. Non dovevo
proprio obbligarti a
salire su quella moto … stupidi trabiccoli Babbani!- si
intromise Blaise,
salvando la situazione e ottenendo un’occhiata riconoscente
dalla fidanzata.
Per
Draco ed
Hermione, tutto sommato, il controllo e la medicazione erano state
più rapide.
Il primo, dopo aver dovuto stringere i denti a causa delle gocce
d’essenza di
Dittamo che la donna aveva versato sul suo taglio profondo, era stato
fasciato
minuziosamente, con l’incontrovertibile prescrizione
d’evitare ogni sforzo
eccessivo. La Granger, invece, non aveva avuto alcun problema con la
sua ferita
alla testa, ma, in compenso, aveva urlato di dolore quando
l’infermiera le
aveva riassestato la caviglia malandata con una spinta leggermente
ruotata di
lato. Il povero Draco, che si era offerto di darle la mano durante
quell’operazione, se ne era immediatamente pentito,
rendendosi conto che, in
quel modo, si era quasi guadagnato anche la frattura di un paio di
dita. Quando
anche il piede della Gryffindor fu spalmato abbondantemente di unguento
e, poi,
bendato, i due furono liberi di rilassarsi su quel letto di infermeria,
luogo
da cui nessuno aveva la concessione di uscire fino a quando qualcuno
non
sarebbe venuto a dire loro che la battaglia era finita.
Per
precauzione, gli ingressi di tutte le Sale Comuni erano stati sigillati
con la
magia e ogni fantasma era stato messo a guardia della soglia della
propria
Casa. Un’intricata rete di comunicazione basata sul passaggio
di notizie da
quadro a quadro, poi, portava le informazioni fino
all’interno dell’Infermeria,
dove un dipinto di Dylis Derwent, gemello a quello presente al San
Mungo e
nell’ufficio del Preside, teneva ogni ora un dettagliato
rapporto su ciò che
stava accadendo. Purtroppo, spesso gli eventi venivano ingigantiti.
Petardi
Cinesi
liberi di scorazzare per i corridoi esclusi, comunque, l’ex
Preside di Hogwarts
sembrava essere certa che qualcuno dei “buoni” era
disteso a terra. Lo scorrere
del tempo, dunque, era divenuto una insopportabile attesa
dell’arrivo di
qualcuno ferito o, nel peggiore delle ipotesi, morto.
-Dovresti
cercare di dormire- disse Draco ad Hermione.
Sapeva
benissimo che la ragazza non gli avrebbe mai dato ascolto, ma non
preoccuparsi
per lei, lo avrebbe fatto soffrire più dei suoi rifiuti.
-Anche
se lo
volessi, non riuscirei a farlo. Stiamo tutti aspettando la stessa cosa,
qui-
Malfoy
si
guardò attorno.
Ron
e Ginny,
stretti in un angolo, sembravano non voler rivolgere la parola a
nessuno,
tant’è che il ragazzo rifiutò persino
il tè caldo preparato con le foglie
secche di una delle piante della Sprite che Denise gli porse. Entrambi,
evidentemente, sembravano essere in ansia per Harry, amico e fidanzato,
e per
un certo Bill, che Draco comprese essere loro fratello maggiore.
Neville e
Luna, intanto, si limitavano a guardare fuori dalla finestra, nella
speranza di
vedere chissà quale animale immaginario. Daphne, obbligata a
letto, si limava
nervosamente le unghie e Blaise, invece, seduto sulla sponda del letto
della fidanzata,
teneva gli occhi chiusi, spalancandoli ad ogni minimo rumore. I
professori,
infine, parlottavano piano tra loro: i loro volti erano mesti, le loro
espressione tetre e le loro conversazioni appena bisbigliate.
No,
non
c’erano buone nuove in arrivo.
Hermione
posò la testa sulla spalla di lui.
-Sei
preoccupata per Potter?- le domandò il biondo.
-È
con
Silente, perché dovrei esserlo?- gli rispose lei, con
un’altra domanda.
-Non
lo so,
dimmelo tu. Non sono io quello che guarda ogni dieci secondi la porta,
sperando
che qualcuno entri-
La
ragazza
rimase in silenzio.
-E
se ci
fossi io oltre quella porta?- insistette Draco.
Lei,
questa
volta, non ebbe dubbi sulla propria risposta.
-Io
sarei al
tuo fianco-
La
porta si
spalancò.
La
prima ad
entrare fu Minerva McGranitt. Scompigliata e con qualche strappo sulla
vestaglia,
ma salda nella sua autorità e nel suo portamento elegante.
Solo il viso, affaticato
e stanco, era segnato da un velo di preoccupazione. Si era fatta strada
in
quella stanza, senza badare a mezzi termini per entrare.
Subito
i
suoi colleghi accorsero, ma li fermò, scostandosi di lato e
indicando chi la
seguiva con un cenno. Remus Lupin, infatti, reggeva Bill Weasley, il
quale era
privo di sensi. Lungo la strada che avevano percorso, una scia di gocce
di
sangue, scivolate dal suo viso sfregiato, segnava la via verso quel
luogo.
-Madama
Chips, la prego, si occupi del ragazzo- disse sicura la donna, con
quella che
nella forma era una richiesta, ma che nei toni non poteva che essere
ritenuto
un ordine. L’infermiera annuì e, dopo aver
indicato un letto a Lupin su cui
l’uomo potesse posare il ferito, si mise all’opera.
Non ebbe bisogno di più
d’un rapido sguardo per riconoscere le tracce di un
Licantropo.
-Un
Mangiamorte è stato ucciso da una Maledizione Senza Perdono
lanciata da un suo
compagno, che abbiamo catturato assieme ad un altro. Tre,
però, ci sono
sfuggiti. Severus, Harry e Drew li hanno inseguiti-
sintetizzò la donna,
massaggiandosi le braccia doloranti – Pomona, Horace, avete
visto Filius? Era
andato a svegliare Severus, ma solo quest’ultimo ci ha
raggiunti in battaglia-
I
due
interpellati negarono con la testa. Minerva fu felice di aver mandato
Ninfadora
a cercare l’uomo.
Alle
fine,
però, giunse loro quella notizia che mai nessuno avrebbe
preveduto.
-
Albus
Silente è morto- disse Dylis dal suo quadro.
***
Tutti
in
silenzio, stretti attorno al capezzale di Bill Weasley, sperando che le
sue
ferite non gli fossero mortali e che, nello sventurato caso in cui lo
fossero,
Molly riuscisse a dire addio al proprio figlio, prima che questo si
lasciasse
scivolare nel Limbo. Ginny, nel frattempo, piangeva sulla spalla del
fratello.
Mai, prima, Hermione l’aveva vista così fragile.
Vederla così la impietosi a
tal punto da toglierle la forza di consolarla.
Si
ritirò
lontana da quel letto, trascinandosi dietro Draco, che la seguiva senza
fiatare. Si tenevano la mano, forse troppo rispettosi per la situazione
in cui
si trovavano per cercare un contatto più ravvicinato. Il
ragazzo non dovette
impegnarsi troppo per rivedere nei comportamenti di lei quelli che
avevano
riempito le ore successive alla morte dei coniugi Granger.
-Usciamo
un
attimo- le sussurrò, pronto a prenderla in braccio pur di
trascinarla fuori da
quel posto.
Stranamente,
lei obbedì senza fiatare.
Ebbero
solo
il tempo di percorre un corridoio, zoppicando entrambi, prima che la
ragazza si
fermasse, gettandosi tra le braccia dell’altro e afferrandosi
alla sua schiena.
Nascose il viso sul petto di lui, trattenendo a stento i singhiozzi.
-Se
solo non
fossi stata così cocciuta, se solo avessimo fatto
rinchiudere Belby ad Azkaban
prima che accadesse tutto questo- ripeteva, con le gote rigate dalle
lacrime.
Draco
si
limitava ad ascoltarla, a farla sfogare, facendole sentire che lui era lì con lei.
Alla
fine,
dopo averle dato il tempo di argomentare quelle che erano le sue tesi,
la
costrinse ad ascoltare.
-Silente
era
vecchio, sarebbe morto comunque. Certamente, non sei stata tu la causa
del suo
decesso- controbatté Malfoy, accarezzandole i capelli
– Per quanto riguarda
Bill, è cosa risaputa che i Weasley sono difficili da
estirpare, figurati se un
paio di graffi lo uccideranno. E Lupin è stato chiaro: non
sappiamo quanti
aspetti dell’essere Licantropo erediterà, visto
che Fenrir era in forma umana-
La
lasciò
riflettere per pochi istanti su ciò che aveva detto, in modo
che fosse in grado
solo di riconoscere la veridicità delle sue affermazioni,
senza, però, che
avesse la possibilità di trovare una argomentazione
contraria.
-Ok?-
le
chiese.
Lei
annuì
piano, prima di mormorare un ringraziamento. Lui, in compenso, esigette
un
bacio.
Quando
le
loro labbra si separarono, Draco sorrise.
-Ora
che ne
ho la possibilità, posso farti una domanda?-
Hermione
annuì.
-Perché
diavolo non hai dato un segno di vita mentre eri distesa in biblioteca?
Ho
creduto che fossi morta! E mi sono pure lanciato contro sei
Mangiamorte,
rischiando la pelle per nulla!-
Lei
rimase
basita.
-Ero
svenuta, come facevo a dirti che ero viva?- domandò,
sconvolta per il genere di
discussione che stavano intrattenendo, ma fondamentalmente divertita
– E,
comunque, dove era finita la tua nobile cavalleria? Quando sono
rinvenuta tu
avresti dovuto già aver vendicato la mia morte o essere
caduto durante
l’impresa!-
Interdetto,
l’altro non si fece pregare per darle una risposta.
-Ma
hai
visto lo squarcio sulla mia gamba?-
-Lo
“squarcio” sarebbe forse quel graffietto per cui
hai urlato come un bambino
quando Madama Chips ci ha messo due gocce d’essenza di
Dittamo?- gli rispose,
con l’ennesima domanda.
-Si,
esattamente
quello. E, sentiamo, se io fossi morto per vendicarti, poi tu mi
avresti
seguito con un romantico suicido d’amore?- la
interrogò Draco, ritornando
all’attacco.
-Assolutamente
no!- esclamò sicura Hermione – Io sono la
damigella indifesa, mi sarei limitata
a compiangerti per il resto della mia vita e a ricordarti in qualche
preghiera-
Lo
Slytherin
scoppiò a ridere.
-Tu
una
damigella indifesa? Tu sei più pericolosa di
un’Orca armata di clava!-
Nel
silenzio
innaturale che opprimeva Hogwarts, l’insulto della Granger
sembrò ancora più sprezzante.
-Stronzo!-
Lui
la
obbligò a baciarlo.
-È
per
questo che mi ami, no?-
***
Quando
avevano fatto ritorno all’infermeria, Harry e Drew li avevano
preceduti. Oltre
a loro, anche i coniugi Weasley, accompagnati da Fleur, si erano
riuniti a loro
figlio. Bill, fortunatamente, sembrava stare meglio, anche
perché, su richiesta
della McGranitt, Drew aveva arginato il più possibile la
diffusione della
maledizione del Licantropo. La cosa si era dimostrata piuttosto
semplice, in
quanto Fenrir, quando aveva assalito il ragazzo, si trovava in forma
umana.
Unendo
i
diversi punti di vista di quella serata, i professori, Harry e i
ragazzi
presenti in quella stanza erano riusciti a ricucire le diverse trame
formando
un unico drappeggio. Si scoprì così, tra lo
stupore di tutti, che colui che
aveva assassinato Silente non era Belby ma Piton.
Piton,
per
cui l’ormai deceduto Preside sembrava nutrire una completa
fiducia e che
nessuno, compresa la professoressa di Trasfigurazione, aveva pensato di
fermare
quando lo videro correre dietro al Mangiamorte che aveva ordito tutto
ciò.
Quello che parve loro un inseguimento, purtroppo, si era rivelato come
una
fuga. Harry, troppo scosso per riuscire a non farsi prendere dalla
rabbia, non
ebbe che parole rancorose per Piton, ma tacque completamente sulla
missione
fallimentare che aveva intrapreso con il proprio mentore.
Perché a breve
distanza dal corpo dell’anziano, che giaceva scomposto
sull’erba, circondato da
curiosi sconvolti, vi era il medaglione protetto dalla pozione che
aveva tanto
indebolito l’uomo, ma sulla superficie aurea di questo non vi
era traccia
dell’elaborata S, simbolo della Casa Slytherin, e
all’interno Potter aveva
trovato solo un biglietto firmato con un acronimo di tre lettere.
“R.A.B.”
Tra
lo
scompiglio generale, accresciuto dal tradimento di Piton, Molly e
Fleur, unite
come mai prima a causa del dolore comune, continuavano a spalmare con
un
unguento acre le ferite sul viso di Bill. Ron e Ginny, la quale era
rimasta vicina
al fidanzato fino a quel momento, si avvicinarono al letto dove il
fratello
giaceva, accompagnati dal padre che cercava di tranquillizzarli. Quando
Harry
fu solo, Hermione lasciò la mano di Draco, che continuava a
stringere
nonostante il ragazzo la tenesse stretta al proprio corpo, e lo
raggiunse per
abbracciarlo. I due, vittime entrambi dei propri sensi di colpa,
cercarono di
confortarsi a vicenda.
Lontano
dalla Granger, Malfoy notò che l’infermeria si era
decisamente svuotata. Non vi
era più traccia, infatti, né di Neville, Luna e
Denise né di Blaise e Daphne.
Scusandosi,
chiese spiegazioni agli insegnanti.
-Prima
di
venire qui, dopo che siamo riusciti a sopraffare i due Mangiamorte che
non
erano scappati, siamo andati a riaprire i dormitori. Così,
vista l’ora tarda,
Minerva ha invitato tutti coloro che non erano legati al ferito
– si intromise
Lupin, così che la McGranitt e i suoi colleghi potessero
continuare a discutere
– ad andare a letto. Credo sia il caso, Malfoy, che lo faccia
anche tu-
Il
biondo annuì.
Si
diresse
verso l’ingresso dell’infermeria, quando la porta
si spalancò per l’ennesima
volta. Trafelata, Ninfadora entrò reggendo tra le braccia il
piccolo professor
Vitious svenuto, che, poco dopo, depose su uno dei letti liberi. I
presenti non
impiegarono molto tempo a capire che era stato messo fuori gioco da
Piton,
visto che l’uomo era stato rinvenuto nei pressi della camera
di quest’ultimo.
Prima
che il
trambusto dato dai nuovi arrivati scemasse, la mano di Draco spinse la
maniglia
e permise al ragazzo di uscire da quella stanza.
-Te
ne vai
senza salutare la tua fidanzata?- gli chiese Hermione, la quale,
ovviamente, lo
raggiunse subito.
Si
voltò con
un sorriso vittorioso sulle labbra.
-Buonanotte,
Hermione –
Lo
rincorse
e, evitando di cadere a causa della propria caviglia fasciata, lo
afferrò per
la manica della camicia, costringendolo a baciarla.
-Buonanotte,
Draco – lo punzecchiò, sciogliendo il bacio.
Immediatamente,
le labbra di lui furono di nuovo attaccate alle sue, passionali e calde.
-Perché
non
vieni nella mia camera? Con tutto questo trambusto, nessuno si
accorgerebbe di
una Gryffindor intrufolata sotto le coperte del mio letto …
- disse lui,
esplicitando con il suo respiro caldo molte cose non dette.
Hermione,
in
risposta, che non avrebbe mai accettato di scendere in quel sotterraneo
buio e
pieno di serpi e che aveva decisamente troppi nodi da sciogliere nella
propria
testa, declinò l’invito, anche se con un certo
dispiacere.
Lui
non
sembrò troppo colpito dalla risposta di lei.
-Vai
e colpisci,
allora- concluse, infatti – Domani voglio essere informato su
tutto ciò che
Drew ti dirà, ok?-
Avevano
parlato molto di quell’anello che, oramai era ovvio,
l’aveva salvata da una
morte certa. Chiacchierando, poi, avevano scoperto che Malfoy sembrava
sapere
di cosa si trattasse, sebbene rispondesse ad ogni domanda con un
“credo che
dovresti chiederlo a Drew”. Così, lei aveva deciso
di dargli ascolto.
-Domani
mattina, in Sala Grande, potrei essere disponibile a farti un resoconto
completo- rispose Hermione.
-Domattina?
Ma sai che ore sono?- domandò lui turbato.
-Prendere
o
lasciare, Malfoy – insistette lei.
Lui
borbottò
qualche insulto al buon vecchio Merlino, ma alla fine gliela diede
vinta anche
questa volta.
-Prendo-
concluse, avvicinando di nuovo i loro visi e baciandola ancora
– Buonanotte –
Lei
lo vide
infilarsi le mani nelle tasche dei pantaloni e sparire dietro
l’angolo alla
fine del corridoio.
Buonanotte.
***
Soli,
nell’ufficio di Drew. Lui aveva fatto comparire due tazzine e
una brocca piena
di tè fumante, sufficiente per scaldare entrambi. Fuori
dalla finestra, la
notte era padrona. Poche ore prima avevano cominciato il loro duello
con i
Mangiamorte e lei era quasi morta. Quel quasi
stonava, perché un Avada Kedavra andato a segno non da
speranze di un ritorno
dal mondo dei defunti.
-Non
ho
molto tempo, la professoressa McGranitt vuole parlare con noi
professori per
prendere una decisione sul destino di questa scuola-
cominciò il ragazzo,
mettendo subito in crisi Hermione.
Le
era
bastato quel pensiero per mandare in tilt il suo sistema nervoso e
questo non
le faceva sperare in una reazione controllata quando avrebbe finalmente
capito
cosa portava legato al collo.
-Chiuderete
Hogwarts?- domandò preoccupata.
-Può
essere-
rispose lui, scuotendo piano la testa preda dello sconforto –
Affinché una
scuola possa essere definita tale, ci devono essere un Preside, degli
insegnanti, ma, soprattutto, degli studenti. Posto che nel giro di una
sola
estate riusciremo a trovare tutti i sostituti necessari, se a settembre
il
numero di iscrizioni non sarà sufficiente, i portoni di
questo edificio
resteranno chiusi, il prossimo anno –
La
Gryffindor bevve un sorso del proprio liquido ambrato, che
scivolò piano nella
sua gola, donando un piacevole calore alle proprie membra. Il tono di
Drew
sembrava essere quasi rassicurante, quindi la ragazza decise di porre
questo
problema in secondo piano, almeno fino a quando non avrebbe risolto i
problemi
che lei riteneva più urgenti.
-
Cos’è
questo?- gli chiese, tirando la catenina e svelando l’anello
celato dai suoi
abiti.
-L’anello
che ti ho chiesto di indossare sempre alcuni mesi fa-
replicò lui tranquillo.
-Questo
lo
so. Cos’altro è?- perseverò Hermione.
Drew
cambiò
subito espressione, facendosi più serio.
-Si
è
illuminato?- le domandò, senza rispondere alla domanda che
lei le aveva posto.
La
sua
allieva mosse il capo in segno affermativo.
-Quello
che
indossi è un oggetto appartenente alla famiglia di mia
madre, i Bright.
Purtroppo, per uno strano scherzo del destino, questo casato
è stata
caratterizzato da una grande quantità di nascituri del
gentil sesso e, per
questo motivo, molte volte è caduto in rovina. Io, per
esempio, sono il primo
maschio a nascere dal grembo di una Bright da almeno tre generazioni,
ma,
ovviamente, ho ereditato il cognome da mio padre- le spiegò
Drew, prima di
focalizzarsi su quella che era l’effettiva risposta alla
domanda della ragazza
– Quell’anello è da sempre stato il
simbolo dell’appartenenza a questo
lignaggio e della sua sfortuna. Era tradizione, infatti, che ogni
madre, in
punto di morte, donasse questo gioiello alla propria primogenita, la
quale, da
quel momento in poi, sarebbe divenuta la Matriarca della famiglia
Bright –
-Ma
com’è
possibile? Sono certa di non aver mai letto in alcun libro di manufatti
tanto
potenti da riportare in vita i morti e, nel caso in cui questi
esistessero,
sono certa che esisterebbero interi tomi in cui vengono descritti fin
nei
minimi particolari-
Drew
le
rivolse uno dei suoi soliti sorrisi.
-Ti
sbagli,
Hermione, quell’oggetto non ti ha riportato in vita- la
corresse, prima di
cominciare con un’altra spiegazione - Quell’anello
risale all’epoca in cui fu
forgiata la spada di Godric Gryffindor. Si, quello che tieni tra le
mani è
frutto della miglior manifattura folletta. Ma l’aspetto
più interessante di
quell’oggetto è che, in realtà, si
tratta di una specie di arcaica bacchetta,
di cui il metallo è l’involucro esterno e lo
zaffiro, invece, è l’anima.
Quell’anello, quindi, non ha fatto altro che azionarsi al
posto della tua
bacchetta quando non sei riuscita ad usarla. Se tu non avessi
conosciuto gli
incantesimi per difenderti dalle Maledizioni Senza Perdono e se tu non
avessi
voluto difenderti da quell’attacco, saresti morta. In
conclusione, non è stato
l’oggetto che porti al collo a salvarti, ma la tua
volontà-
La
ragazza
lo guardò poco convinta.
-È la bacchetta che sceglie il proprio
proprietario, lo dice il vecchio Olivander ad ogni giovane
mago che va a
fare acquisti nella sua bottega- disse improvvisamente Drew –
Scommetto che non
c’è più il nome di mia madre, inciso
all’interno-
Hermione
non
ebbe bisogno di controllare. Proprio quella sera, tra lo stupore
generale, lei
aveva letto il suo nome su quell’anello.
-Quindi,
se
un giorno un Mangiamorte dovesse attaccarmi alle spalle e io non me ne
accorgessi … - provò la ragazza, vedendo il
ragazzo che, con un certo
dispiacere, portava a termine la sua frase.
-Tu
moriresti. Il potere di quel manufatto sta solo
nell’abilità di chi lo usa-
Tutte
quelle
informazioni stavano per farle scoppiare la testa, ma, nonostante
ciò, voleva
sapere ancora.
-Perché
l’hai dato a me?- domandò, infatti.
Drew
rimase
in silenzio, portandosi le mani incrociate sotto al mento.
-Quando
non
riuscii a salvare i tuoi genitori, Hermione, mi sentii colpevole e
credevo che,
in futuro, avresti potuto aver bisogno di una certezza economica che
un’orfana
non può avere- le disse lui, guardandola negli occhi.
Altre
mille
domande si composero nella sua testa, tutte bramanti una risposta che
solo una
persona poteva dar loro.
-Cosa
sono
gli Impuri?-
Il
viso di
Drew, solo per un brevissimo istante, fu attraversato da
un’ira profonda e mai
dimenticata.
-È
l’aggettivo con cui vengono identificati i Mezzosangue e i
Nati Babbani che
entrano a far parte di una nobile famiglia Sanguepuro. In passato erano
figure
molto diffuse visto che spesso i matrimoni dell’aristocrazia
si tenevano tra
consanguinei. Questo, infatti, portava alla nascita di neonati deboli
e,
spesso, affetti da malattie genetiche, i quali se ne andavano prima
ancora di
poter donare un erede alla propria casata. Così, tutti
coloro nati da genitori
Non Maghi, dotati di particolari abilità magiche, venivano
addottati e
ricoperti con un cognome che, il più delle volte, non
avevano mai cercato. I
Bright, proprio per queste intere generazioni di figlie femmine, lo
facevano
spesso, ma con il passare degli anni questa pratica è
divenuta desueta, anche a
causa della nascita di famiglie come i Lestrange e i Malfoy, le quali
hanno
sempre fatto della “purezza” del proprio sangue un
motivo di vanto- le chiarì,
prima di concludere il proprio pensiero – Attualmente, credo
tu sia una delle
poche persone a rientrare in questa categoria-
La
notizia,
per lei che mai aveva fatto dei genitori da cui era nata un confine
limitante
od ostacolante, le scivolò addosso. In fondo, rimaneva pur
sempre Hermione
Granger, nonostante il mondo Magico la ritenesse una quasi Purosangue.
Un
piccolo
particolare, però, non le tornava. C’era qualcosa
di strano in quello che Drew
le aveva detto e lei, non se l’era fatto sfuggire.
-Mi
hai
detto che tu sei il primo maschio dopo tre generazioni di sole donne
–
cominciò, ponderando bene le proprie parole – ma,
allora, come è possibile che
tua madre avesse il cognome dei Bright?-
Il
ragazzo
sfoderò ancora una volta quel suo strano sorriso.
-Intelligente
come al solito, Hermione - si complimentò – Quello
che sto per dirti l’ho
protetto con un incanto Fidelius, quindi non potrai mai rivelarlo: in
realtà,
mia madre era una Mezzosangue e … -
***
La
Sala
Grande, quel giorno, era gremita di studenti e tutti, nessuno escluso,
indossavano abiti da cerimonia. Nonostante la grande
quantità di persone che
riempivano quella stanza, il silenzio era interrotto solo da alcuni
rari
sussurri al tavolo dei professori e dai rumori delle posate che
cozzavano
contro i piatti. Nell’ampio tavolo posto trasversalmente
rispetto ai quattro
occupati dagli studenti delle Case di Hogwarts, gli insegnanti avevano
lasciato
vuoto l’alto trono al centro, dove Silente soleva sedere. La
McGranitt e Drew
sedevano vicini, entrambi elegantissimi per la cerimonia, ma,
diversamente
dalle loro abitudini, i due non si scambiarono neppure una parola. Il
Preside,
però, non era l’unico assente: Hagrid, infatti,
sembrava non essere riuscito ad
affrontare la colazione, mentre la sedia Piton era stata occupata da
Rufus
Scrimgeour, il Primo Ministro. Tra i vari servi di costui, come ebbe il
dispiacere di notare Ron, vi era anche suo fratello Percy, il quale non
si era
minimamente preoccupato della salute di Bill.
Hermione,
come richiesto dal protocollo che Drew non aveva tardato a spiegarle,
aveva
indossato l’anello un tempo appartenuto a Sheila Bright e, ad
ogni boccone che
riusciva ad inghiottire, si guardava attorno triste e pensierosa.
Perché Silente
aveva una strana aurea benigna quasi avvolgente e la sua mancanza, era
impossibile negarlo, incupiva gli animi di tutti i presenti, Slytherin
compresi. Fu proprio su alcune delle persone su questa tavolata che il
suo
sguardo si soffermò: il primo fu Blaise, stranamente
ordinato, forse anche
grazie a Daphne, la quale, bellissima come sempre, continuava a curare
i minimi
dettagli dell’aspetto del ragazzo. Infine, osservò
Draco, a lungo.
Non
appena
lui capì d’essere osservato, alzò gli
occhi e, dopo averli incatenati a quelli
di lei, sorrise. Hermione gli aveva raccontato tutto ciò che
le era permesso
divulgare della sua conversazione con Drew e Malfoy aveva preso la
notizia
molto bene.
“Ora
che sei
una Purosangue” le aveva detto “devi capire che un
matrimonio con uno del tuo
rango, magari proveniente da due delle famiglie più
importanti di tutta
l’Inghilterra, quali casualmente sono i Black e i Malfoy,
è la cosa migliore
per una giovane donna come te. Quindi, eccomi pronto al
sacrificio”. Lei,
offesa, aveva precisato d’essere un Impura, non una
Purosangue, e gli aveva
detto anche che fino al giorno prima lei era ritenuta una Sanguesporco
e che
sposarla sarebbe stato un gesto sconveniente.
“Hermione,
io sono Draco Malfoy! Io posso tutto, soprattutto rendere mia moglie la
persona
che amo”. Visto che l’argomento si faceva troppo
serio per la Gryffindor,
concluse dicendo che lei non aveva intenzione di convogliare a nozze
fino a
quando non fosse diventata una trentenne in carriera, magari con un bel
ufficio
al Ministero.
Il
loro
scambio di sguardi fu interrotto dalla McGranitt, che si era alzata
mettendo
fine ad ogni funereo mormorio.
-
È quasi
ora- annunciò – Per favore, seguite i Direttori
delle vostre Case nel Parco.
Gryffindor, dietro di me-
A
capo della
colonna di Ravenclaw, il piccolo Vitious, ammaccato ma vivo, si
sistemava la
piccola giacca e Pomona Sprite, pulita ed ordinata come mai prima
Hermione
l’aveva vista, guidava gli Hufflepuff. Piton, invece, era
stato sostituito da
Lumacorno, il quale, pavoneggiandosi per la veste verde smeraldo
ricamata
d’argento che indossava, era divenuto il nuovo Direttore
degli Slytherin.
Infine, con incedere solenne, Minerva McGranitt si era messa a capo dei
Gryffindor.
Gli
altri
professori, tra cui vi era anche Drew, si accodarono a queste file
ordinate e,
quando raggiunsero la Sala d’Ingresso, vennero presto
raggiunti da Madama
Pince, finalmente libera dall’Imperius, e Gazza, prigioniero
di un antiquato
completo con la cravatta.
Raggiunsero
rapidamente il lago, dove centinaia di sedie erano state disposte in
modo che
fossero rivolte verso una grande tavola di marmo. Molte erano
già state
occupate, ma comunque, liberi dalla divisione tra Case, i ragazzi
riuscirono a
trovare posti per tutti loro. Draco ed Hermione sedevano vicini.
Tra
tutti i
presenti, solo alcuni vennero riconosciuti da quest’ultima:
principalmente si
trattava di componenti dell’Ordine della Fenice e abitanti di
Hogsmeade.
Qualcuno,
quando tutti gli invitati arrivarono, cominciò a parlare,
ma, nonostante i
tentativi della ragazza, questa non riuscì a sentirne che
piccoli brani. Da
quelle poche parole che le giunsero, comunque, non sembrava un discorso
di
particolare profondità, quando più un freddo
riconoscimento dei meriti di quel
grande uomo e una pomposa espressione del proprio cordoglio.
Trascinando
i piedi, Hagrid attraversò la navata centrale, portando tra
le braccia un
drappo di velluto viola, trapunto di piccole stelle dorate, dentro cui
era
stato avvolto il gracile corpo di Silente. Gli occhi del Guardiacaccia
era
gonfi di lacrime, come quelli di Hermione non appena lo vide arrivare.
Draco le
strinse la mano più forte. Anche Ginny, come lei, stava
singhiozzando, mentre
gli altri, più composti e forti, si limitavano a tendere i
muscoli del viso per
trattenere il pianto.
Nascosti
sotto un leggero velo di acqua verde, un coro di sirene e tritoni
cantavano in
una lingua incomprensibile. I loro visi increspati erano circondati da
corone
di capelli violetti. Con questo sottofondo, che parlava di perdita e
disperazione, il corpo di Silente fu poggiato dolcemente sulla tavola
di marmo.
Non
vi
furono altri stupidi discorsi quel giorno. Qualcuno urlò e
bianche fiamme
frementi e luminescenti crebbero attorno a quelle gelide spoglie,
divenendo
sempre più alte e maestose. Quel fuoco magico produsse un
fumo corposo e
candido come la neve, che salì in alte spirali, tracciando
strane forme. Ne era
certa, tra tutte quelle che vennero a crearsi, quella che raffigurava
una
fenice dalle ali spiegate era la più bella. Infine, quando
tutto ciò si
concluse, un sarcofago niveo aveva preso il posto del tessuto viola.
Una
pioggia
di frecce planò nell’aria, andando a conficcarsi
nel suolo ad alcuni metri di
distanza dalla folla, la quale, però, vide quel gesto dei
centauri, nascosti
tra gli alberi della foresta, non come un tributo ma come un tentativo
di
boicottaggio. Poche grida, comunque, che si spensero subito.
Quando
la
cerimonia finì, Harry radunò tutti i ragazzi in
un luogo silenzioso e descrisse
brevemente a tutti coloro che non ne erano informati, quale missione
gli aveva
lasciato Silente.
Lo
sguardo
di Potter si fermò su tutti coloro che lo stavano
ascoltando: Ginny, Ron,
Denise, Daphne, Blaise, Draco ed Hermione.
-Silente
mi
disse di parlarne con i miei amici e di accettare il loro aiuto, nel
caso in
cui questi si offrissero volontari. Io l’ho fatto.
Ritornerò qui a settembre,
se ci sarà un luogo in cui rincasare. Poi, però,
partirò per trovare gli
Horcrux. Non vi chiedo di partire con me, ma non nego d’aver
bisogno d’aiuto-
***
Tutti
gli
esami erano stati rimandati, tutte le lezioni sospese. Il treno per
Londra
stava per partire e loro stavano per separarsi. Ron e Ginny sarebbero
ritornati
alla Tana con la loro famiglia e Bill, finalmente in piedi. Daphne non
aveva avuto
il tempo di salutare nessuno, invece, perché suo padre,
afferrandola per un
polso, l’aveva trascinata via con la forza. Blaise, dopo la
scena a cui aveva
dovuto assistere, rimase in silenzio, forse troppo sconvolto
dall’aver visto la
propria fidanzata malmenata pubblicamente. Denise ed Harry, invece,
erano
saliti sul treno, dove presto Hermione li avrebbe raggiunti.
La
Granger,
infatti, aveva deciso che avrebbe passato l’estate nella casa
in cui un tempo
avevano abitato i suoi genitori. Viceversa, Draco, scortato da Drew e
da
Narcissa, che aveva voluto a tutti i costi assistere al funerale di
Silente,
sarebbe andato nell’attico dove, da alcuni mesi, viveva sua
madre.
Quel
luogo,
dunque, sarebbe stato dove le loro strade si sarebbero divise.
-Posso
salutare
un attimo Hermione, madre?- chiese Draco, rivolgendosi educatamente
alla donna
dai capelli biondi che, fino a quell’istante, aveva
amabilmente chiacchierato
con la fidanzata del figlio.
-Certamente,
Draco. Io e Drew ti aspettiamo nella Sala d’Ingresso- rispose
gentile la donna,
per poi rivolgersi alla Granger – Hermione è stato
un piacere parlare con te.
Potresti venirci a trovare quest’estate, no?-
La
Gryffindor aveva accettato l’invito e, in seguito, le due si
erano salutate
definitivamente.
-Scrivimi-
le disse Draco, mentre la stringeva al petto – Anche ogni
giorno, se vuoi-
-Farò
il
possibile- rispose lei, cercando le sue labbra per un ultimo bacio.
-Se
mi
tradisci lo verrò a sapere- la ammonì lui, prima
d’accontentarla.
-Se
lo fai
tu, pure. Ma soprattutto, lo saprai tu, perché i tuoi
amichetti la sotto-
rispose lei a tono, indicando la zona tra le gambe di Draco –
si ritroverebbero
in un vaso putrido di Magie Sinister prima che tu riesca a mormorare la
parola
“perdono”-. Detto ciò, i due si
scambiarono un lungo bacio.
Infine,
si
separarono, continuando a voltarsi per vedere l’altro e
scoppiando ogni volta
in risate sommesse.
Seduta
vicino a Denise, con Harry che, di fronte a lei, continuava a guardare
il
paesaggio fuori dal finestrino, Hermione ne sentiva già la
mancanza. Si, gli
avrebbe scritto non appena avrebbe potuto posare le proprie valige.
Sul
suo
petto l’anello della famiglia Bright.
Nella
sua
mente il riecheggio delle parole di Drew.
Nel
suo cuore,
solo il ghigno di Draco e quell’ultima frase che le aveva
detto.
“Solo tu ed io, un giorno”
The End
Note dell’Autore
Un
anno fa,
quando comincia You and Me, decisi che avrebbe narrato gli eventi fino
alla
fine de “Il Principe Mezzosangue” e, quindi, fino
alla morte di Silente. Oggi,
con un certo dispiacere, posso dire d’essere almeno riuscito
a mantenere questo
proposito. Lo avrete capito sicuramente, quel “The
End”, in realtà, altro non
dovrebbe essere che un “To be continued”. I misteri
lasciati tali sono molti e
gli eventi da narrare ancora molteplici. Al momento attuale, comunque,
dubito
che ci sarà un sequel. Non so se qualcuno ne
rimarrà dispiaciuto, ma, ahimè,
Jerry è volubile e si stanca facilmente.
Così,
prima
che tutto diventi troppo opprimente e che la scrittura diventi un
dovere, mi
fermo io, che ho già percorso questa strada e che ne sono
uscito sempre
sconfitto.
Un
finale
tronco e meglio di una storia interrotta e incompleta, no?
Con
questo,
non dico addio al mondo delle fanfiction, anzi. Resterò
nascosto nella mia
solita ombra, uscendo ogni tanto con qualche recensione troppo lunga e
ritornando immediatamente da dove sono venuto.
Ho
in testa
di scrivere la storia di Oscar, il padre di Blaise, ma credo che, pur
rimanendo
per ovvi motivi nel mondo della fantastica zia Row, di magico ci
sarà ben poco.
Quando lo farò? Non lo so, ma, se volete, vi
terrò informate.
È
questo
dunque il momento, di lasciare i miei recapiti.
Il
metodo
più semplice è quello di mettere un “mi
piace” sulla mia pagina Facebook, così,
con un semplice click, sarete certe di aver un metodo rapidissimo per
entrare
in contatto con la mia persona. Questo è il link: Jerry93's
Stories
La
seconda
modalità è quella di controllare assiduamente la
mia pagina autore qui su Efp.
Ovviamente,
sono sempre qui, quindi, se volete, contattami, vi
risponderò appena mi sarà
possibile.
Ringraziamenti
Ho
immaginato spesso questo momento, quando finalmente avrei concluso un
mio
racconto e avrei potuto scrivere alla fine i miei Ringraziamenti. Ci ho
pesato
così tanto che, con un po’ di forza di
volontà, potrei arrivare a scrivere un
libro solo per dire “grazie”. Perché per
quelli come me, per quelli che fino a
poco tempo fa potevano definirsi “novellini”, ogni
percorso è estremamente
impervio e ogni consiglio, ogni critica e ogni complimento un rifugio
più o meno
accogliente in cui rifocillarsi.
Lo
so per
certo, se fossi stato così metodico e paziente da tenere un
diario di bordo,
ora non avrei paura di dimenticare qualcuno e procederei a passo
spedito, senza
perdermi in riflessioni profonde come pozzanghere. Ovviamente, non lo
fatto,
quindi il timore di dimenticare qualcuno mi assilla.
Il
primo
“grazie” va a chi sopporta il me nascosto dietro
Jerry93, ovvero chi è prossimo
ad ottenere almeno la beatificazione. Quindi grazie alla mia
famiglia, che, pur andandoci molto vicino, non mi ha ancora
fatto rinchiudere in un manicomio, dove almeno potrebbe vedermi per
più di
quindici minuti al giorno, senza venirmi a cercare nel mio
“locus amenus” (noto
anche come antro, caverna, luogo di clausura, tana
dell’animale in letargo e,
per gli estranei, camera del sottoscritto). Poi, grazie a tutti i miei
amici,
quelli del cinema, quelli della colazione al Santo, quelli delle feste
e quelli
con cui ho maledetto e insultato ogni professore che mi ha pestato i
piedi. In
generale, i Soliti. Ma siccome sono logorroico, non intendo essere
così breve.
Grazie a Luca, per aver avuto la
pazienza di spiegarmi come diavolo creare una pagina Facebook e che
presto
renderò co-amministratore perché non ci capisco
niente, grazie a Laura, per aver
acceso in me il fuoco
della passione per Harry Potter (che ancora non si è spento
e che non si
spegnerà facilmente), e grazie a Caterina,
per le sue uscite imprevedibili, per le sue recensioni via sms da
svenimento e
per gli infiniti discorsi che teniamo via cellulare. Infine, grazie a Lady Annette, per
un’infinità di buoni motivi:
perché per prima ha creduto in me, perché ha
condiviso con me le gioie e i
dolori di una storia sofferta e bruscamente interrotta,
perché ha provato a
sopportarmi nell’ideazione di una storia mai andata in porto,
perché mi ha
sbattuto in faccia il mondo delle Fanfiction, perché per
prima ha letto tutto
ciò che ho scritto, trovando gli errori, analizzando le
frasi e annotando
particolari, perché ha fondato il Drew Kennan Fan Club,
pretendendo di ricevere
il professore in carne ed ossa (e in accappatoio), perché ha
combattuto,
astutamente e di nascosto, per la coppia Daphne e Blaise,
perché un po’ ha
cominciato a sopportare Draco, perché alla fine ha sempre
accettato ogni mia
scelta (qualche volta dandomi ragione, ma solo dopo molto tempo),
perché ha
accettato la mia follia, perché sta catalogando le mie
molteplici personalità,
perché sopporta la mia paranoia e, infine, perché
non ha mai capito come
comportarsi con me e di cosa ho veramente bisogno.
Ve
l’avevo
detto, no, che sarei stato prolisso?
Passiamo,
finalmente, a tutti i ringraziamenti di Jerry.
I
primi due
sono piuttosto controversi, ma ritengo sia il caso di metterli, visto
che sono
stati la causa della prima lettera della prima parola scritta in questo
universo alternativo.
Grazie
a Lady Thepesh, prima vera autrice
di cui
abbia mai letto una fanfiction. Non posso negarlo, sono stato
decisamente
fortunato. Riporto le parole (anche se le ho prese da due mail diverse
per
renderle più chiare) che mi scrisse, tempo fa, parlandomi di
questo sito “… Efp è un
po’ un campo da ginnastica per me …
Perché non
pubblichi qualcosa su Efp? Potrebbe essere un buon allenamento, credimi
…”. Devo
dirlo? Si, Lady, ti ho creduto e non posso che dirti grazie per questo
consiglio. Messaggio personale
politicamente scorretto: ogni buon servo continua a portare a
termine i
propri incarichi e doveri anche in assenza della propria Padrona, fino
a quando
questa non lo pregherà di congedarsi definitivamente. Non
voglio litigare con
nessuno, né richiedere aggiornamenti, ma spero che la Nostra
Signora si ricordi
ancora che qui, nella dimora che lei ha costruito per noi, molti la
aspettano
ancora. Intanto, chino il capo e torno a spolverare la porcellana per
il tè e a
lucidare l’argenteria.
Il secondo grazie, va ad un
vero e proprio mostro sacro, Savannah/Virginia
de Winter. Mai, prima
delle Sue storie, avevo osato immaginare Draco ed Hermione assieme e,
proprio
leggendo Lei, è spuntata nel mio cervellino bacato la voglia
di dire la mia, di
esprimermi. Quindi, Savannah, grazie perché tu, almeno
quanto la Rowling, hai
dato nuovo impulso al mondo dei libri, avvicinando giovani e adulti
alla
scrittura, e perché continui ad essere per me quel
obbiettivo prefissato che
mai raggiungerò. Il “tendere a”
sarà sempre per me una piacevole forma
d’apprendere. Messaggio promozionale:
sosteniamo i buoni libri e le grandi penne, andiamo tutti in libreria e
compriamo i libri della serie di Black
Friars (andiamo, quante copie ha venduto Moccia? La Domina
Virginia ne
merita almeno il quadruplo!!!).
Approfitto del momento per
ringraziare le altre grandi
fanwriter di Dramioni, a cui guardo con una certa invidia, ma,
soprattutto, con
grande stima: Mirya (grazie anche
per aver riacceso in me la speranza di trovare una prof di italiano che
scriva
fanfiction e per il grande coraggio, sinonimo di una grande donna, con
cui
affronti tutte le rogne che questo destino ingiusto ti appioppa), Lhoss e poison
spring.
Infine (per davvero
stavolta), grazie a tutte le persone
che hanno letto questa storia, che l’hanno messa tra le
ricordate, seguite e
preferite (e che mi hanno messo tra gli autori preferiti). Grazie a chi
ha
messo mi piace sui capitoli e sulla mia pagina Facebook. Grazie a chi
ha
recensito, di cuore.
Grazie a tutte le mie
coetanee con cui ho potuto avere
spesso un confronto (SweetTaiga,
detta “il Mignolo”, e libera_di_sognare,
in particolare) e a tutte le ragazze/signore leggermente più
“navigate” che
hanno saputo trovare per me le parole più dolci e gentili,
le quali non
smetterò mai di ringraziare per la loro bontà.
Perché non lo nego, sono un
bambinone e qui, su Efp, ho trovato l’affetto di molte
“mamme”.
Grazie a chi mi segue dal
primo capitolo, a chi ha
recensito ogni capitolo, a chi ha sopportato i miei aggiornamenti
sregolati, a
chi ha trovato da poco questa storia e l’ha letta tutta in
poco tempo e a chi
vorrà lasciare un commento a quest’ultimo
capitolo.
Ma soprattutto, grazie alla
mitica J.K. Rowling, senza la
quale tutto questo non sarebbe mai esistito e a cui appartengono tutti
questi
personaggi (ovviamente esclusi quelli inventati da me, che appartengono
... a
me). You and Me, infatti, è stata scritta senza alcuno scopo
di lucro.
Detto ciò, che mi
spettava di dovere, mi ritiro.
Come al solito, spero a presto,
Vostro, Jerry
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