L’odore dei libri.
Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta
e magia che inspiegabilmente a nessuno era
venuto in mente di imbottigliare.
( C. R. Zafòn, Il
gioco dell’angelo.)
Remus John Lupin, sin da piccolo, aveva
dimostrato un tutt’altro che lieve attaccamento ai libri.
Ovunque ce ne fosse almeno uno, lui era
lì. Lo guardava un po’, prima, sfiorandolo con quelle pozze d’ambra che aveva
al posto degli occhi. Lentamente, quasi per paura di rovinarlo, lo prendeva in mano,
saggiandone la consistenza e lo apriva, per aspirarne l’odore.
Quello, l’odore, era uno dei tanti fattori chiave perché lui entrasse in
possesso del libro scelto. Se l’odore lo convinceva, infatti, non lo rimetteva
più a posto. Perché l’odore della carta impregnata d’inchiostro, per Remus John
Lupin era quanto di più bello esistesse al mondo.
Se solo avesse potuto, si sarebbe
trasferito in una libreria, pur di non separarsene mai.
Era proprio per quel motivo che, a sei
anni, alzandosi per prendere dell’acqua sua madre lo trovava raggomitolato ai
piedi della piccola libreria di suo padre.
Era proprio per quel motivo che a undici
anni, ormai ad Hogwarts, si risvegliava sempre dolorante sotto il mantello di
James, dopo aver passato l’ennesima nottata in biblioteca.
Era proprio per quel motivo che a Grimmauld
Place, quando qualcuno aveva bisogno di parlargli, lo trovava sempre in
biblioteca.
E questo, Ninfadora Tonks, l’aveva
imparato ormai bene. Tutte le volte che aveva bisogno di Remus, sapeva che
doveva soltanto aprire quella porta in legno. Sapeva che l’avrebbe trovato
sulla vecchia poltrona di Orion, la luce di una lanterna sul tavolino accanto e
un libro – preferibilmente di Difesa Contro le Arti Oscure – sulle gambe. E se
all’inizio quel professore secchione le aveva provocato un moto di stizza (perché, per le mutande di Merlino, con la
guerra che imperversava lui trovava anche il tempo di leggere) e aveva
minacciato quei libri che sostavano sulle sue gambe (perché sulle sue gambe ci doveva essere lei e lei soltanto), dopo
un po’ aveva dovuto ammettere che non c’era nulla di più bello, per lei, che
rimanere ore ad osservare Remus mentre leggeva. Le infondeva un misto di pace,
sollievo e dolcezza che in momenti del genere tutti i problemi del mondo
scomparivano, lasciando liberi solo loro due, all’ombra di una lanterna.
E col passare del tempo, anche lui aveva
capito una cosa di vitale importanza: che sì, l’odore dei libri era qualcosa di
unico e spettacolare nel suo genere, ma per Remus John Lupin c’era un’altra cosa che veniva al primo posto, ed era
Ninfadora Tonks.
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Ehm ehm …
no, diamine, non sono quella palla di pelo rosa della rospa.
Nuova citazione,
stesso quadernetto, stessa coppia. Ammetto che inizia a divertirmi questa
storia delle citazioni … ma ve l’ho detto, anche loro amano Remus!
Credo però
che per un po’ questa sarà l’ultima ad essere pubblicata qui. Dopodomani parto (dieci
giorni in Sicilia, finalmente) e al ritorno i miei spediscono me, mio fratello
e Toshi (il mio pc, per chi non lo sapesse) da mia nonna, come tutte le estati.
Dovrei iniziare a ribellarmi, ma lì ci sono così tanti libri che il mio
cervello me lo impedisce. Siate contenti però (se, come no), nuove citazioni!
Quando ho
iniziato a scrivere questa cosa (che
nel gergo delle fan fictions dovrebbe essere una flash fic, ma io mi diverto di
più a chiamarla cosa) ero indecisa
tra la citazione sui libri – riguardante Remus – e quella sulla musica –
riguardante Tonks. Perché se i libri sono il mondo di Remus (io e lui insieme
saremmo perfetti **), la musica nel mio cervellino idiota rappresenta il mondo
di Tonks.
Comunque
l’avete scampata solo per questa volta, perché intendo scriverla comunque, in
vacanza.
E ora la
smetto di blaterare a vanvera e vado a buttarmi dalla finestra perché mi sembra
una scusa adatta per non uscire stasera.
Smack!