Another kind of courage
"Non so, non ho ancora deciso. Mi piacerebbe insegnare, un giorno.
Magari proprio qui."
"Che spreco, Minerva." Alastor ruminava una caramella
schioccando la bocca, nonostante lei gli avesse detto mille volte che
le dava fastidio sentirlo masticare così rumorosamente.
Spreco. Con una parola sapeva
distruggere tutto ciò che lei immaginava, sognava, sperava.
Come se ci fossero solo maghi oscuri
da combattere, e nessun sorriso da donare.
Non che Minerva non provasse rabbia al pensiero di tutto quello che
stava accadendo,
di Gellert Grindelwald e dei suoi seguaci, di come avessero saputo
trascinare non solo il Mondo Magico, ma anche quello Babbano, in una
spirale di odio e follia. Eccome se li temeva... ma non era questo il
punto. Per Alastor, chiunque fosse in grado di tenere in mano una
bacchetta aveva il dovere di andar fuori a combattere.
Come se non esistesse nient'altro che
morte, morte, e nessuna poesia da dedicare.
Gli era presa una fissazione assurda: di incarnare l'ideale del
vendicatore, come il nome impostogli suggeriva. Avrebbe dedicato
l'intera vita ad "estirpare il Male dalla
faccia della Terra", parole sue, nonché a convincere gli altri a fare
altrettanto, se li considerava capaci di intraprendere la stessa
strada. Quel ragazzo riusciva a farla sentire in colpa, quando gli
ricordava che per se stessa aveva in mente un altro futuro:
"No, no, NO! Sei così intelligente, così dotata, Merlino mi sia
testimone! Sei stata persino più brava di me nel GUFO di
Trasfigurazione..."
"Forse perché è la mia materia preferita, ma non c'entra." Era la
sua materia preferita perché adorava il suo insegnante. Una cotta da
adolescente, dapprima, una stima inesauribile più tardi, man mano che
imparava a conoscerlo.
"Certo che c'entra, eccome. Ascolta: non è facile per una donna
diventare Auror, lo so, ma tu saresti perfetta. Sei una strega con i
fiocchi, i tuoi voti lo dimostrano. Non hai le fatine in testa come le
altre. Sei coraggiosa, e su
questo non ci piove..."
Quasi la convinceva, in quei momenti, gli occhi brillanti e indagatori
puntati nei suoi - ma senza malizia, almeno non ancora. Forse per
questo riusciva a tenergli testa:
"Ho un bel coraggio, già, a starti a
sentire."
"È uno spreco, ti dico!"
Era stato sempre così, tra loro due. La Sala Comune di Gryffindor
ronzava continuamente dei loro litigi, sussurrati e non gridati, è
vero, ma pur sempre vissuti con frustrazione.
Poi lui aveva cominciato a guardarla in un altro
modo. Ormai Minerva non l'ascoltava più del tutto, non controbatteva,
fingeva
di essere d'accordo con le sue decisioni. Alastor si era trasformato in
un Cacciatore,
anche se a Quidditch giocava in tutt'altro ruolo. Nessuna frase
romantica, certo, ma sguardi impossibili da fraintendere, a cui
istintivamente lei rispondeva in un gioco che, pure lo sentiva, era
pericoloso come un'Acromantula.
Si era lasciata andare. L'adolescente magra che conosceva un solo
piacere, quello della conoscenza e degli Oltre Ogni Previsione vergati
dalla mano antica ma salda di Albus Dumbledore, suggello delle sue
aspirazioni e incentivo a dare sempre il massimo per raggiungerle,
aveva imparato a sperimentarne una nuova forma, che si raggiungeva con
molta meno fatica. Il problema era che lasciava, una volta conclusa la
battaglia, un non so che di morboso a echeggiare tra i battiti del
cuore e la nuova consapevolezza del suo corpo. Una fame, una dipendenza
preoccupante.
Conoscevano i luoghi dove nessuno li avrebbe scoperti, e ogni volta ne
riemergevano odorosi di erba o solvente magico.
Aveva tutt'altro odore e sapore, però, quel punto esclamativo che lui
le offriva, risorsa inaspettata ed emblema del suo temperamento.
Mi vuole incastrare. L'anno prossimo
andrà all'Accademia e se non voglio perderlo, dovrò seguirlo.
Finivano incastrati davvero, gambe e braccia, le bocche l'una
nell'altra per non gemere e farsi scoprire dal custode. Iniziava a fare
freddo, ma lui non se ne curava, prendendo in blocco i brividi sulla
pelle di Minerva come scintille del suo personale trionfo.
"Verrai con me, allora?"
Quello fu il risveglio. Era ancora l'alba della loro storia, eppure
Minerva si era svegliata, cercando a tastoni la via per uscire da
quell'immenso equivoco.
"Forse non sei affatto coraggiosa come credevo."
No, non era il coraggio che le mancava. Solo, si rendeva conto che
l'attrazione che pure provava per lui non era riuscita a renderla così
ipocrita e falsa da scegliere una professione per cui non si sentiva
portata. Alastor era tutto ciò che desiderava in un ragazzo, ma non in
un uomo; e più si sentiva donna,
più capiva qual era il suo ideale. Un uomo che combatte i nemici, li
chiama con il loro nome e rifugge le tentazioni del potere e
dell'agiatezza, ma che sa anche ridere di mille sciocchezze, ascoltare
davvero gli altri e condividere le loro gioie e sofferenze, trovare
quanto c'è di buono in tutte le cose e le persone. Il suo ideale aveva
un volto, nonostante non volesse ammetterlo. Era colui che, mentre le
insegnava a modificare la natura degli oggetti, le trasmetteva un senso
di pace e infinita fiducia nel genere umano.
"Ti sbagli, Alastor. Ho il coraggio
di rinunciare a te."
Non sapeva cosa quelle parole avrebbero scatenato in lui, ma Alastor la
stupì. Forse si era già rassegnato, forse non la desiderava più: erano
abbastanza vicini da iniziare un'altra guerra, un'altra schermaglia di
lingue e capezzoli e dita sicure, ma lui non la sfiorò nemmeno.
Solo più tardi, quando si guardò nello specchio della Sala Comune, capì
perché lui non l'aveva considerata una sconfitta totale. Erano gli
occhi arrossati dal pianto, che non era riuscita a nascondere, ad
avergli lasciato quel briciolo di soddisfazione...
Passarono gli anni. Minerva tornò a Hogwarts come insegnante,
proprio
come aveva sempre sognato. Il professor Dumbledore, il suo eroe, aveva
sconfitto Grindelwald (come aveva capito già allora, non era necessario
aver frequentato l'Accademia per essere il migliore) e anche il mondo
Babbano era tornato in
pace.
Non si pentì mai della sua scelta. Lavorare accanto al più grande mago
del mondo era non soltanto un onore, ma la gioia più grande che avesse
potuto desiderare; con la sua nomina a Preside il suo umorismo, le sue
piccole stranezze, la sua saggezza diventarono parte integrante di
Hogwarts, di quel mondo in cui Minerva aveva deciso di vivere.
E lei lo amava. Segretamente, teneramente, in un modo che non c'entrava
nulla con la passione, un amore costante più che intenso. Fedeltà, al
limite dell'adorazione.
Albus, il bianco, non Alastor, il
vendicatore.
Ormai una donna matura, non poteva fare a meno di provare dentro di sé
un duplice sentimento, ogni volta che l'Auror più famoso del Regno
Unito compiva una nuova impresa. Era sinceramente ammirata, anche se di
certo non
stupita; e d'altro canto... sollevata. Alastor Moody era stato il suo
primo amore, ma non l'ultimo, e non il più grande.
Scritta in risposta alla sfida di Lily_Snape,
con i seguenti prompt: gioco di sguardi, profumo d'erba, occhi rossi
(il quarto non voglio e non posso mettercelo!) + la canzone Turning Tables di Adele e il suo
verso "Close enough to start a war", rating alto e almeno 1000 parole.
Alastor è abbastanza OOC, lo so, ma non lo segno tra gli avvertimenti
perché a diciassette anni non aveva vissuto ancora nulla di ciò che lo
avrebbe reso il tizio misantropo e guardingo che conosciamo. Idem per
Minerva, insomma, ci siamo capiti.
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Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I
♥ Shipping è un'idea del « Collection of
Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 » |