"Okay
like this?"
"Yeah, it's perfect, honey. Very
comfortable. This lawn is my favorite,
you know that."
"That's why I've brought you here."
Volto la testa verso di lui e gli
sorrido piano, allungando la mano per
accarezzargli il volto, liscio e senza neanche l'ombra di barba.
Annuisco a me stesso e lui se ne accorge.
"That too."
"I know..."
Abbasso gli occhi e cerco la sua
mano, trovandola dopo solo due
tentativi. Lui non me la prende, sa che voglio farlo io e non affretta
le cose. La solita, leggera scossa di emozione pervade entrambi quando
infine le nostre dita si intrecciano. Lo sento cercare di deglutire, il
più piano possibile, per non farsene accorgere. So che gli
fa male. Fingo di non averlo notato.
"How long till...?"
"Damn, Robert, we've just arrived!"
"I know, genius. Just, how long?"
Trattiene il fiato prima di
rispondermi ancora, lui non vuole che
arrivi quel momento, non importa quel che dice a voce alta.
"A couple of minutes, that's all."
"Okay..."
Ogni anno veniamo quissù a
celebrare il nostro anniversario,
in ricordo di quella prima, indelebile notte di ventisei anni fa,
quando tornammo a casa dopo la festa e passammo tutta la restante parte
della notte con il naso all'insù a guardare le stelle, come
in un melenso film romantico. Solo che noi ci credevamo davvero.
"Is it here yet?"
"Almost..."
"Okay."
È stato bello vedere come
questo scorcio di terra rimanesse
lo stesso nel tempo, mentre tutto il resto attorno a noi cambiava,
ruotava, diventava inevitabilmente più tecnologico,
più complicato, più fuori dalla nostra portata,
giocatori tiratisi fuori da una scacchiera che sentivano non voler
più sfidare. La nostra ritirata è avvenuta con
naturalezza, senza bruschi cambiamenti o senza che fosse stato
necessario parlarne. L'abbiamo entrambi intuito, agendo di conseguenza.
Nessuno ci ha rimpianti, allo stesso modo in cui noi non abbiamo
rimpianto quel mondo pazzo e frenetico che pian piano ci stavamo
lasciando a.le spalle.
"Robert?"
"... Yes?"
"It's here, baby."
Istintivamente mi raggomitolo ancor
più contro di lui,
cingendogli il busto e appoggiando la guancia sulla sua spalla. E come
se fosse una regola non scritta, lui mi tiene stretto a sé,
tenendomi entrambe le mani e lasciando quei piccoli baci sulla testa
che sanno di conforto, e che mascherano i primi, soliti attimi di
tremore. Lo stesso che vibra nella mia voce quando mi decido finalmente
a parlare.
"Tell me, Jude..."
"... It's... beautiful, honey. I
mean, r-really, really beautiful. The
sun is... so big, and... g-gloriously red, yes... And there isn't a
cloud, not at all, in the sky, all... all is clear, and... the Ocean is
so p-peaceful, and calm, that you can see the sun perfectly reflected,
so it's like... like it isn't cut in two halves, but... but it's...
it's o-one, and..."
La sua voce si perde nell'aria,
leggera e allo stesso tempo pesante per
quell'improvvisa assenza, che dopo solo qualche secondo appena si
trasforma in bagnato, piccole lacrime che giungono alla mia guancia
lasciata scoperta rendendomi tristemente partecipe di un copione che
puntuale si ripete ogni anno in questo giorno da ormai tre volte. Il
tempo è passato senza mai essere davvero trascorso, il
paesaggio davanti a me riesco a vederlo grazie alle sue parole,
sì, ma lo ricordo perfettamente. Ricordo la scogliera a
picco sull'oceano e il suo prato brillante, che d'estate sa di sole e
di giornate lunghe e notti fresche, e d'inverno si ricopre di un manto
di neve soffice e quasi immacolata, finché non decidiamo che
è un peccato non sporcarlo e ci camminiamo sopra; ricordo il
faro che troneggia l'isola, alla nostra destra, con quel suo rosso
impeccabile che ogni due anni viene rifatto, perché
risplenda sempre come nuovo nonostante sia lì da almeno tre
quarti di secolo, e a dirlo non ci crederesti; ricordo la strada
serrata che conduce a questo punto, e il grande albero di pino proprio
fuori alla nostra casa; ricordo la prima barchetta che comprammo per
andare e venire dal continente, qualche anno prima che imparassimo a
riparare da noi le cose; ricordo quasi tutte le stanze della nostra
casa probabilmente troppo grande per due sole persone, e la spiaggia
proprio fuori alla veranda, con la sua sabbia così fine e
dorata; ricordo ogni posto in cui abbiamo fatto l'amore, in cui ci
siamo baciati e in cui ci siamo scambiati patti d'amore eterno. Ricordo
questo e tutto il resto, ricordo i suoi occhi di sfumature indicibili e
le loro mille espressioni, e un po' mi sento morire dentro,
perché ricordare a volte non è sufficiente,
è solo la tua ultima ancora di salvezza, neanche tanto
affidabile. Qualche anno ancora, e il tempo si porterà via
anche quella, lasciandomi niente in mano, solo sensazioni vuote. Di
essere stato amato e di aver amato a mia volta. Di essere stato felice,
di essere stato ammesso in paradiso, quello terrestre, l'unico a cui io
possa aspirare di accedere.
Stringo le sue mani ancora
più forte, per cercare di
reprimere quella morsa disperata che mi sta facendo sanguinare il
cuore. Vorrei dirgli qualcosa, qualsiasi cosa pur di calmarlo, ma
è ben che andato il tempo in cui riuscivo a farlo, in cui mi
bastava guardarlo negli occhi e sorridere per farlo stare meglio. Il
destino me ne ha tolto la possibilità, lasciando entrambi a
raccogliere i cocci appuntiti delle nostre emozioni. Nessuna
possibilità di appello, nessuna pietà. Avevamo
avuto troppo, senza mai pagare niente. Così
arrivò il giorno in cui ci si presentò il conto.
Da saldare da quel momento fino alla fine.
"... I can see it, baby... You're
right, it's beautiful, so...
beautiful it takes your breath away. Can... Can we stay here, for
tonight?"
Lotta contro le lacrime, lotta per
poter trovare il coraggio di parlare.
"It's... It's gonna be c-cold out...
out there, what if you... you
c-catch a c-co-"
"I wanna see the stars."
Lo sento scostarsi leggermente da me,
avverto ogni suo più
piccolo movimento, so che mi sta guardando, anche se non lo posso
vedere. Il labbro inferiore gli trema mentre parla, lui non
può far nulla per fermarlo. Deglutisce ma non gli serve a
niente, sta per soccombere definitivamente al dolore.
"R-Robert, what... what you t-talking
a-about, you... you c-can't...
you can't... y-you c-"
"I wanna see the stars, Jude. Like
that one night. The most beautiful
night."
Le sue lacrime continuano a rigarmi
il volto mentre mi prende tra le
sue braccia e ci distende insieme sull'erba fresca, tenendomi stretto a
sé mentre intorno il sole pian paio tramonta e lascia spazio
alla luna, alle stelle, alla notte. E una volta ancora, come tante
prima d'allora, ce ne rimaniamo svegli, gli occhi rivolti al cielo,
come fossimo gli ultimi sopravvissuti ai confini del mondo.
AUTHOR'S
CORNER: ...
Aaaaangst ç___ç Lo so, ma non è colpa
mia (disse come al solito)! No, stavolta è vero
è_____é La colpa è di Paulie,
e indirettamente della Tipa che mi ospita, perché siamo
rimaste insieme a guardarlo ç_____ç (per fortuna
dopo ci siamo riprese con la visione di Chris Evans
Captain America, che tra qualche ora andiamo pure a rivedere, giusto
perchè non basta mai u___u). E niente insomma, io dovrei
star scrivendo altro ma questa la dovevo per forza fare, capite il mio
bisogno impellente di angst ç_____ç (chissà
con chi sto poi parlando, boh.)
That's all, folks. Peace out.
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