New - Selena
1: SREC
“Vada al commissariato di Storyville e
cerchi Mac e la sua squadra di fusi di testa. Loro sapranno sicuramente qualcosa
di questa storia.”
Certo! Stronzate.
Come se in tutta la maledetta New
Orleans ci fosse davvero qualcuno in grado di dare una risposta alle sue
domande. Avrebbe fatto molto prima a consultare una cartomante, la quale, a quel
punto, gli sarebbe sembrata persino più credibile di tutti i poliziotti che
aveva interpellato in quel giorno
senza fine. John Vance aprì la portiera, scese dalla Camaro asmatica e rugginosa
che gli avevano dato in prestito alla Centrale e si guardò intorno.
Gesù, che cesso di posto.
Storyville era un quartiere
famoso in ogni angolo del mondo per la sua cattiva fama: in quella sera di caldo umido e
insopportabile, sotto un cielo ormai buio gravido di vapore paludoso e
indigesto, raggiungeva l’apoteosi della miseria e dell’abbandono. E che rumore!
Una cacofonia di suoni e rumori incredibile, come se ogni maledetta persona di
quel maledetto quartiere si fosse messa in testa di suonare una propria
maledettissima melodia. Sfido io che in
questa città siano tutti pazzi, pensò Vance infilandosi la mano in tasca per
prendere il fazzoletto stazzonato con cui si asciugò il viso e un foglietto su
cui era scritto un indirizzo. Lo consultò cogitabondo, alzando dubbioso lo
sguardo sull’edificio di fronte
lui. L’indirizzo era esatto, anche se risultava improbabile che un organo
di polizia si trovasse nel bel mezzo del quartiere più malfamato della città
dentro ad un palazzo decrepito che sembrava voler crollare da un momento
all’altro, possibilmente provocando morti e feriti. La porta d’ingresso verde
sbatacchiava esausta contro l’intelaiatura consunta mossa da chissà quale
impalpabile brezza serale. Già, a proposito: ormai erano le nove passate,
figurarsi se c’era ancora qualcuno al lavoro in quel buco dimenticato da Dio! Se
andava bene, pensò Vance con cupo autolesionismo, si era fatto tutti quei
chilometri affogato in quella sauna ambulante della Camaro per poi trovarsi da
solo in compagnia di qualche delinquente creolo pronto ad ammazzarlo come un
gambero del Mississipi. Con rinnovato ed entusiastico pessimismo, dopo essersi
di nuovo guardato intorno, Vance si decise a salire le scale, imbronciando la
faccia sudata in una smorfia indomita. Oltre la porta verde, su un pianerottolo
disgustosamente umido e sporco, facevano bella mostra di sé due porte marroni
scrostate quasi quanto la porta d’ingresso verde: sulla prima a sinistra,
opportunamente chiusa, penzolava un foglio di carta attaccato con due puntine
gialle su cui era scritto
Arwin McKinney, responsabile SREC
Di fianco, come a titolo
esplicativo, era appeso il diagramma di flusso della sezione “Criminal
Investigation” della polizia di New Orleans. Scritti a computer e diligentemente
divisi per sezione, c’erano i nomi dei responsabili delle varie divisioni
riguardanti i reati sulla persona: Omicidi, Furto, Crimini Sessuali, Sequestri,
TVOP…in mezzo a loro, scritto con una biro con l’inchiostro sbavezzante, era
stato infilato a forza anche “SREC”. Magnifico, pensò Vance, ringhioso.
Tranquillizzante. Come dire, dopo un giorno intero passato tra commissariati e
reparti investigativi, si ritrovava ad essere stato sbattuto a calci verso
questo fantomatico SREC che persino il computer non riconosceva. E ‘fanculo a
chiunque sapesse cosa diavolo volesse dire quella sigla.
Sulla porta di destra,
leggermente socchiusa, il foglio di carta attaccato con le puntine era
leggermente più prolisso.
T.J. Jones – Area 1
B. Brancousie – Supporto Area 1
S. Thorpe – Area 2
R. Mendez – Area 3
M. Mancuso – Supporto Area 2/ 3
Alcuni di quei nomi non gli erano
nuovi: per esempio, aveva parlato al telefono con Samuel Thorpe, il tizio che
gli aveva detto come raggiungere il distretto SREC. Un genio del computer, gli
avevano detto in Centrale. Che altro gli avevano riferito?
Chieda direttamente di Mac, il capo. Ignori
gli altri: tutti piantagrane.
Aveva davvero bisogno di
piantagrane, a quell’ora di sera? Vance stava quasi pensando di no quando, dalla
porta socchiusa, arrivò della musica in sordina, accompagnata da alcune voci.
Magnifico, pensò Vance, depresso. Magnifico!!
“Ma dico, l’hai sentito?” stava
dicendo una voce maschile con un inconfondibile accento ispanico “Quel tizio
suona la tromba come se ce l’avesse infilata su per il culo! Che razza di musica
sta suonando?”
“Quello è Louis Armstrong!”
rimbeccò una voce femminile, doverosamente scandalizzata.
“Armstrong? Quel tizio che è
andato sulla Luna?”
Silenzio attonito.
“Già, proprio lui” rispose alla
fine la voce femminile, rassegnata “Credo tra l’altro che l’abbia trovata là,
quella tromba.”
“Adesso si spiega quel suono
fesso.” borbottò divertita la voce dall’accento spagnolo. Silenzio assoluto da
parte della voce femminile.
“Eddai, Marria” proseguì
sghignazzando la prima “Con te non si può nemmeno scherzare!”
“Mendez, guai a te se mi chiami
ancora Marria. Per quanto riguarda i tuoi scherzi del cavolo, vista la tua
abissale ignoranza, non si capisce mai quando scherzi o quando fai sul
serio.”
“Uffa, querida, quanto sei noiosa! Con te tutto
diventa una questione di stato, anche i lamenti di un tizio con la tromba che
suona il blues!”
“Sta suonando del jazz,
troglodita” rispose un’altra voce maschile, bassa come un tuono in lontananza ed
altrettanto inquietante “Lo sai o no che ci sono cose su cui uno straniero a New
Orleans non può permettersi di scherzare?”
“Certo che lo so, hermano” rispose la prima voce,
evidentemente incurante delle critiche testé ricevute “Jazz, gamberi, zanzare e
Mardì Gras. Che barba. Preferivo quasi il tizio sulla Luna. E poi, sono qui da
dieci anni, ormai, non sono più uno straniero.”
“Sì che lo sei, finché ti ostini
a parlare con quel merdoso accento di Miami.” ribatté piccata la voce femminile
“E poi, continui a confondere il jazz con il selz, il che la dice lunga sul tuo
stato mentale.”
“Io so benissimo che cosa è il
jazz” rispose la prima voce, divertita “Quello che non so è a che cosa serve una
musica che non si può ballare, se non agitando la testa ad occhi chiusi come un
deficiente in trance. E senza nessuna donna tra le braccia.”
“Che assurdità, eh?” lo canzonò
la voce femminile, sarcastica “Eppure, esistono davvero cose a questo mondo che
non riguardano i metodi di abbordaggio per psicopatici allupati…”
“E tu le conosci tutte este cose,
vero Marria?” rispose la voce maschile, maliziosa.
“Piantala di chiamarmi Marria”
ringhiò la voce femminile, decisamente arrabbiata “Sai che non lo sopporto.”
“Marria…Marria Marria Marria…”
canticchiò la voce maschile sulla falsariga di West Side Story, stonando
ignominiosamente.
“Che stronzo.” decretò la voce
femminile, piena di sacro livore.
“Piantala, Rafe” sentenziò una
nuova voce autorevole “Chiudi quella fogna.”
Rafe la piantò, senza smettere di
mugugnare la canzone a bocca chiusa.
“Uno di questi giorni pagherò
Mama Dubois per farmi un Ouangas come si deve” sibilò la voce femminile,
minacciosa “Te lo aizzerò contro finché non rimarrà un solo brandello delle tue
stupide, inutili membra.”
“Purchè rimanga il brandello che
dico io, si può anche fare.” sentenziò la voce ispanica, per niente
scalfita.
“Se tanto mi dà tanto, con un
Ouangas Rafe ci ballerebbe la samba.” teorizzò la voce più bassa, scatenando un
involontario rivolo di risatine nascoste.
Vance sarebbe stato ad ascoltare
ancora i placidi insulti che provenivano dalla stanza, sempre chiedendosi che
diavolo poteva essere un Ouangas, se non si fosse accorto, in quel momento,
di avere qualcuno alle spalle. Per poco non gli prese un colpo quando,
voltandosi, vide un tizio di colore dall’aria davvero poco raccomandabile che lo
stava fissando con vivo interesse.
“Buonasera” disse il tizio
sorridendo magnanimamente quando capì che Vance stava quasi per farsela sotto
dallo spavento per averlo visto “Sono l’agente T.J. Jones, della squadra SREC.
Posso aiutarla?”
Vance riprese a respirare, quasi
sprizzando sudore di sollievo dai pori della pelle congestionata. Si concesse un
attimo di smarrimento, mentre osservava il nuovo venuto con sincero dubbio.
“Agente?” chiese, sottovoce.
L’agente Jones si lasciò guardare
rassegnato: effettivamente, sembrava tutto fuorché un agente di polizia. I suoi
capelli erano acconciati in una allegra massa di treccine rasta lunghe fino alle
scapole mollemente trattenute sulla nuca da un laccetto di cuoio, aveva un
piercing ad anello ad una narice e un pizzetto incolto e mefistofelico che quasi
non si notava contro il bruno uniforme e levigato della sua pelle. I suoi occhi
nerissimi erano curiosamente dolci e benché masticasse con indolenza una gomma e
fra le dita piene di anelli agitasse una sigaretta, la sua faccia irradiava solo
innocua e solare curiosità. Gli sorrise, facendo scintillare maliziosamente un
brillantino incastonato in un incisivo laterale e la cosa, per qualche assurdo
motivo, fece ritrovare la favella a Vance.
“Sì” rispose infatti
immediatamente “Cercavo il capitano McKinney. Mi hanno mandato qui dalla
Centrale.”
“Oh.” commentò Jones, per niente
impressionato “Mac sarà qui di sicuro. Prego, si accomodi.”
Gli fece educatamente cenno di
entrare e Vance spinse la porta da cui stava beatamente origliando, fingendo
indifferenza e dignità. Nella stanza il brusio si era quietato e la musica era
cessata: cinque paia di occhi si posarono su di lui, assolutamente consapevoli
della sua presenza già da qualche minuto e Vance si decise ad arrossire. La
stanza illuminata da due neon ballerini, era larga e bassa: dalle finestre
aperte entrava una leggero alito di vento che non si permetteva di asciugare il
sudore dalla pelle ma che faceva muovere con bisbigli da cospiratore i mucchi di
scartoffie appoggiati sui ripiani. Tutte le pareti erano ingombre di fotografie,
poster, carte di varie forme e misure, in una cacofonia di colori simile al
carnevale; una radio dall’aria depressa dondolava lentamente da un ripiano
ingombro di documenti. Cinque scrivanie, piazzate alla rinfusa in mezzo alla
stanza, erano più o meno occupate da una colorita serie di personaggi
pittoreschi. Vance si permise di dare un’occhiata alla gente nella stanza ed
individuò subito McKinney: il capo, ovviamente. Aveva il suo ruolo scolpito
nella ruga orizzontale sulla fronte, nei radi capelli rossi che si arruffavano
sulle tempie e che si confondevano con la pelle lentigginosa del collo, nei
pungenti occhi azzurri che sembravano sapere tutto prima ancora di posarsi sul
suo interlocutore. Non doveva avere più di cinquant’anni, ma la sua era una di
quelle facce senza tempo, scolpite nel marmo duro e indomito della rettitudine
morale. In mezzo alla sua squadra, sembrava una persona quasi normale: era
l’unico ad essere vestito con una semplice camicia bianca con le maniche
arrotolate sui gomiti e normalissimi pantaloni marroni. Eppure, era su di lui
che cadeva lo sguardo, quasi senza volere, come se la sua forza invisibile
attirasse l’inconscio prima ancora dell’occhio.
“Buonasera” disse con voce
gradevolmente ferma andando incontro a Vance per stringergli la mano “Lei deve
essere il signor Vance. Ha parlato con Thorpe al telefono; la stavamo
aspettando.”
Mentre parlava, gli indicò un
tizio che salutò con un fiacco movimento della mano, senza accennare ad alzarsi
in piedi. Chissà perché, Vance si era immaginato Samuel Thorpe come un tizio
ebreo dalla barbetta caprina, la schiena curva e gli occhi stupefatti e assenti
dei veri geni del computer. Thorpe, invece, era un armadio di colore con le dita
grosse come salsicce, il naso schiacciato tipico dei pugili e lo sguardo più infido che si potesse
trovare a New Orleans. Sedeva davanti al computer e strimpellava sui tasti con
difficoltà, la faccia così concentrata che sembrava addirittura lucida di sudore
dallo sforzo. Vance pensò fuggevolmente che l’avrebbe visto più a suo agio con
la tuta arancione dei detenuti piuttosto che con quel completo giacca e cravatta
che sembrava voler cedere nelle giunture da un momento all’altro. Sorridendo del
suo evidente stupore, Mac presentò anche gli altri collaboratori presenti.
“Jones l’ha già conosciuto; loro
sono gli altri agenti della SREC. Ragazzi, salutate il signor Vance, per
favore.”
“Buonasera, signor Vance.”
belarono in gruppo i tre interpellati, senza scomporsi.
Vance, leggermente offeso, alzò
il mento indispettito.
“L’agente Brigitte Brancousie.”
presentò Mac con accademica noia e Vance si girò per salutare.
La ragazza era una sventola di un
metro e ottanta, con due gambe chilometriche e un formidabile seno su cui era
impossibile non ancorare lo sguardo, fosse anche solo per pura ammirazione. I
capelli autenticamente biondi e gli occhi di porcellana azzurra sembravano il
marchio di fabbrica del prototipo della modella svedese che regnava sui giornali
di moda. Eppure, c’era una nota gelida nel suo sguardo e una certa insolita
rigidezza nella postura che la rendevano scostante anche se ancora non aveva
mosso un muscolo. Non rispose al suo saluto: si limitò a fissarlo ben bene con
quegli occhi azzurri e calcolatori e Vance sentì la fastidiosa sensazione di
essere etichettato e archiviato in un posto non troppo privilegiato ai bordi
della percezione di quella formidabile ragazzona bionda.
“Lui, invece, è il tenente
Mendez.” proseguì Mac sorvolando sulla evidente freddezza dell’agente
Brancousie.
“Ola, amigo.” mormorò indolente
un tizio seduto sul davanzale della finestra e Vance lo squadrò per bene.
Rafael Mendez era un autentico
chico messicano, non c’erano dubbi in proposito. A prima vista, sembrava un
ragazzino dai capelli incolti, il corpo flessuoso di un ballerino di salsa e gli
occhi un po’ troppo latini per non capire immediatamente che il loro padrone era
un autentico guaio ambulante. Lo salutò sventolando le dita e sorridendo con un
sacco di sfacciati denti bianchi, guardandolo dritto negli occhi con arrogante
sicurezza. A Vance non piacque: la sua faccia da teppistello, per qualche
curiosa alchimia, glielo rese immediatamente antipatico. C’era qualcosa di
indisponente in quel suo sorrisetto storto e nel modo che aveva di guardarlo,
come se sapesse esattamente il colore delle mutande che portava quel giorno.
“Buonasera.” rispose sostenuto,
distogliendo immediatamente lo sguardo da lui.
“E questa è l’agente Mancuso.”
terminò Mac con evidente sollievo.
Maria Mancuso fu una autentica
sorpresa: Vance si aspettava di vedere uno di quei poliziotti italo americani
dal naso spaccato e dalle braccia enormi, una specie di Toro Scatenato a colori
con l’accento del Bronx e la puzza d’aglio nell’alito. E invece, Mac gli indicò
una ragazzetta seduta sul bordo della scrivania non più alta di un metro e
sessantacinque con due enormi occhioni bruni, capelli neri arruffati e
l’espressione diffidente di un animale selvatico. Un improbabile giubbotto da
motociclista copriva un corpicino esile da adolescente, ma non riusciva a
nascondere del tutto la protuberanza della pistola sotto l’ascella e la
rotondità di un seno che Vance giudicò a prima vista quanto meno dignitoso.
Ancora sbalestrato, Vance fece un fiacco saluto con la mano, ricambiato da un
saputo sopracciglio alzato e da un sorrisetto curioso che girò tutti gli angoli
del viso della donna all’insù, facendola somigliare ad un improbabile elfo
dispettoso.
“Benvenuto alla SREC.” gli disse
con voce leggermente roca ma opportunamente neutra e Vance capì che, volendo, si
sarebbe anche potuto istantaneamente prendere una cotta per lei, in un frangente
opportuno.
“Bene, ora che ci conosciamo
tutti ci racconti perché l’hanno mandata qui.” decise Mac, ficcandosi ben bene
le mani in tasca.
Vance si guardò intorno in cerca
di una sedia, che non trovò. In mancanza di meglio si accoccolò con precauzione
sull’angolo della scrivania come Mancuso e inspirò a fondo per cominciare a
parlare.
*
*
*
“Sono il tenente Vance, della
polizia di Fulton, Wyoming” dichiarò Vance, piuttosto pomposamente “Nella mia
giurisdizione siamo solo in tre e devo ammettere che non abbiamo un gran che da
fare….”
“Wyoming, la favolosa terra delle
praterie, delle vacche e del tasso di criminalità più basso di tutti gli Stati
Uniti d’America.” enumerò Jones, non senza una punta di sarcasmo.
“Noi del SREC abbiamo ventilato
l’ipotesi che negli escrementi di vacca sia presente un sedativo naturale.”
informò Mancuso con piatta professionalità.
“Magari è proprio così” confermò
Vance, indispettito “A Fulton la cosa più grave accaduta, fino alla settimana
scorsa, è stato il furto della statua equestre di George Washington, davanti
alla scuola…”
“Statua equestre?” lo interruppe
Mancuso, sinceramente sorpresa “Ce ne sono anche in America?”
“Ce ne sono solo con cavalli
femmine” rispose compunto Jones “Così non viene offesa la sensibilità delle
signore americane.”
Mendez fece una seriosa faccia
sospetta.
“Dici sul serio? Caramba! E io
che credevo che i cavalli americani fossero tutti poco dotati!”
“Ragazzi” berciò Mac con uno
sguardo circolare di riprovazione “Fate parlare Vance, per favore.”
Tutti gli occhi si puntarono su
Vance, pazienti.
“E’ successa una cosa strana”
scattò questi in fretta, per paura di nuove allucinanti interruzioni “Qualcuno
ha violato una tomba del nostro cimitero; non una, ma per ben due volte. E non
si tratta di semplice vandalismo in stile Halloween…qui abbiamo una tomba
profanata in maniera molto grave.”
“Interessante.” disse Mendez,
trattenendo a stento uno sbadiglio.
“Nessuno ha visto niente?”
domandò Thorpe, schiodando finalmente gli occhi dal computer “In genere nei
paesi piccoli ci si guarda le spalle l’un l’altro ed è molto difficile
commettere un reato senza essere visti.”
“No, nessuno ha visto niente”
rispose Vance, stizzito “Il cimitero è fuori dal paese e non è che tutti gli
abitanti abbiano la mania di visitare ogni giorno le dimore a vita dei loro
defunti.”
“Dimore a vita” ripeté Mancuso,
assaporando quasi le parole “Senti che lessico, Mendez, e impara.”
“Ci spieghi le dinamiche dei due
atti di vandalismo.” disse Mac, ignorando i suoi subalterni.
“La prima volta, si è trattato di
una cosa da niente” rispose Vance, imperterrito “Come polizia, non abbiamo
ritenuto necessario piantonare il cimitero per così poco. Ma la seconda volta….è
stata ben più grave.”
“Il cadavere violato era un morto
fresco o uno scheletro?” domandò Brancousie parlando per la prima volta con una
voce sorprendentemente bassa e gradevole.
“Un…ehm….morto fresco.” rispose
Vance rabbrividendo per quel lessico così poco professionale.
“Maschio? Giovane? Sposato?”
domandò Jones prendendo appunti su un consunto taccuino.
“Maschio, sì. Era il signor
Raymonds, proprietario della locale fabbrica di supporti metallici per
l’edilizia. Aveva 52 anni, vedovo, senza figli. Viveva solo nella sua casa con
un paio di domestici.”
“La sua era stata una morte
sospetta?” chiese Mac, interessato.
“No. Era morto in ospedale in
seguito alle complicanze di un intervento al cuore. Aveva avuto un infarto e i
medici tentavano di salvarlo. Assolutamente tutto nella norma, insomma.”
“Allora, che è successo la prima
volta?” chiese Thorpe, appoggiando la poderosa schiena allo schienale della
sedia, rischiando di sbriciolarla in mille pezzi.
“A segnalarci la profanazione è
stata la signora Tyler, la ex domestica di Raymonds” proseguì Vance, più spedito
“Era molto agitata, poveretta. E’ stata la governante dell’uomo per oltre
vent’anni ed era molto affezionata al suo padrone.”
Gli scappò un’occhiata veloce
verso Jones, poi si affretto a correggersi “Al suo datore di lavoro.”
“Cosa era successo al cadavere?”
chiese Mac, spiccio.
“Assolutamente niente” si
imbronciò Vance, sulla difensiva “Qualcuno aveva aperto la bara e ci aveva
buttato qualche seme di sesamo dentro.”
La sua dichiarazione cadde in
un’atmosfera di blando interesse.
“Sesamo, ha detto?” domandò
Brancousie, cogitabonda.
“Sì. La signora Tyler era
sconvolta: è venuta al commissariato ed ha tentato di convincerci che il povero
signor Raymonds stava per essere rapito da uno stregone. Da non crederci quanto
sembrasse convinta di quello che diceva.”
“Infatti lo era” si intromise a
sorpresa Mancuso con tranquilla professionalità “Dunque, dopo la prima
profanazione non avete fatto nulla. Di conseguenza, si è arrivati alla seconda
profanazione. Che tipo di lesioni aveva il cadavere violato, questa volta?”
Vance spalancò la bocca,
sospettoso.
“Io non ho detto che il corpo
aveva delle lesioni” mormorò dopo un attimo di smarrimento “Come fate a
sapere…?”
“Deformazione professionale”
rispose Mendez con una smorfia buffa “Se non ci sono lesioni in giro, Mancuso
non si diverte.”
“Rafe, insomma” sospirò Mac,
esausto “Lo scusi, lo ributteremo al più presto in clinica psichiatrica, se
riapre bocca. La prego, prosegua.”
Vance tentennò: si grattò la
sommità del capo, incerto, ricordando il raccapriccio provato nel vedere il
cadavere del signor Raymonds ridotto in quello stato.
“Vediamo se indovino” mormorò
infine Brancousie con voce neutra incrociando le braccia sul petto “Il cadavere
aveva un coltello ficcato nel cuore e la testa decapitata. Dico bene?”
Vance lasciò che la mandibola
della sua bocca andasse in caduta libera a schiantarsi contro il suo petto dalla
sorpresa.
“Come…?” ansimò esterrefatto
“Come fate a saperlo…?”
Mendez e Jones si scambiarono uno
sguardo d’intesa mentre Brancousie quasi sbuffava, irriverente. La descrizione
dell’efferato crimine non sembrava aver scosso particolarmente nessuno dei
presenti. Ognuno di loro sembrava tranquillamente immerso nei propri pensieri, a
parte Jones che scribacchiava sul taccuino e Thorpe che aveva ripreso il suo
doloroso lavoro al computer.
“Non avrebbe dovuto scomodarsi
tanto nel venire fin qui” suggerì Mac con un sorriso gentile a Vance “Avremmo
potuto benissimo risolvere il problema per telefono.”
“Come?” domandò Vance, spiazzato
“Che problema?”
“Il problema della profanazione”
rispose pazientemente Mendez “E’ tutto talmente tipico! Per caso il signor
Raynolds…”
“…Raymonds” rettificò Mancuso con
aria di rimprovero.
“Giusto” sorrise Mendez a denti
stretti “Come la mia eminentissima collega dice, dunque, il signor Raymonds
aveva anche ciocche di capelli e le unghie tagliate?”
“Ehm….sì…” rispose sempre più
meravigliato Vance, girando lo sguardo dall’uno all’altro poliziotto “Ma voi
come fate a sapere queste cose?”
Mancuso si alzò in piedi,
sorridendogli in maniera quasi sfacciata.
“Cose del genere sono il nostro
pane quotidiano, signor Vance” disse con leggerezza “Avreste dovuto dare ascolto
alla signora Tyler la prima volta. Era logico che, essendo lei affezionata al
signor Raymonds, sarebbe successo quello che poi è successo.”
“Come?” balbettò Vance, incredulo
“Come fate a dirlo? Non….non sapete ancora niente! Perché dite questo?”
“Esperienza.” rispose telegrafica
Brancousie, sollevando un indolente sopracciglio.
“Scommetto che la signora Tyler è
una donna di colore, anziana ma arzilla.” dichiarò Thorpe con estrema
sicurezza.
“S-Sì” mormorò Vance, sbalestrato
“Era venuta nel Wyoming a lavorare per la moglie di Raymonds, che era originaria
del sud. Ma non nutro nessun sospetto sulla signora Tyler e il figlio Isaiah:
erano davvero profondamente affezionati al loro pa…. Al signor Raymonds.”
“Naturalmente.” sorrise Jones,
molto dolcemente “E’ proprio per questo che lo hanno decapitato. Gli volevano
bene: lo hanno voluto proteggere.”
Vance si alzò bruscamente in
piedi, d’un tratto serio e anche leggermente arrabbiato.
“State dicendo che è stata la
signora Tyler a fare quel macello?” rombò a voce alta, incredulo.
“Ma certo” rispose Mac, con un
gran sorriso sicuro “Cioè, probabilmente l’ha fatto fare a suo figlio, anche se
l’idea è partita sicuramente da lei. Ma l’ha fatto in buona fede, mi creda.
Voleva solo proteggere il ti-bon-ange del signor Raymonds.”
“Il…cosa?” mormorò Vance, di
nuovo incerto.
I sei della SREC si scambiarono
uno sguardo indagatore.
“A chi tocca stavolta?” domandò
Thorpe con piglio molto severo.
“Io l’ho fatto l’ultima volta.”
replicò immediatamente Jones, sulla difensiva.
“Io quella prima.” aggiunse
Brancousie con convinzione.
“Io quella prima ancora.” esultò
Mancuso, di buonumore e Mendez cominciò a rannuvolarsi in viso.
“Io posso andare in bagno?”
domandò lamentoso, ma Mac scosse il capo, e indicò con convinzione Vance.
“Vai e colpisci, Zorro.”
ridacchiò Jones, esilarato.
“Uffa, que flojera. Non gli sono nemmeno
simpatico.” borbottò Mendez, depresso.
“Non lo sei a nessuno, tappo” lo
rimbeccò Thorpe “Adesso sbrigati, non possiamo stare qui fino a domattina.”
Mendez si esibì in un sospiro
esagerato e si staccò dal suo amato davanzale per piazzarsi davanti a Vance, che
rimaneva in attesa di una qualsiasi spiegazione.
“Vede, signor Vance, quello che è
successo nel suo cimitero…”
“…non è il suo cimitero,
deficiente” lo interruppe Mancuso, petulante “E’ un poliziotto, non un
becchino.”
Mendez sospirò, esasperato, prima
di riprendere a parlare con molta pazienza.
“Quello che è successo nel
cimitero della sua città, signor Vance….”
“…non è nemmeno la sua città!” lo
interruppe di nuovo Mancuso “Il signor Vance non è mica il sindaco di
Fulton.”
Brancousie sbuffò platealmente e
Thorpe nascose una risata dietro alla mano grossa come un prosciutto.
“La vuoi piantare di interrompere
sempre come se fossi una delle mie maledette ex mogli?” ringhiò Mendez,
furioso.
“Se tu imparassi ad infilare un
vocabolo giusto ogni trenta, non avresti bisogno del mio supporto linguistico,
caro Mendez.” rispose Mancuso, indifferente.
“Vete a la Chingada, Marria.” ringhiò
Mendez, con profonda convinzione.
“Callate el hocico, ritardato mentale.”
rispose Mancuso con scioltezza.
“Che stanno dicendo?” domandò
Vance, sempre più immerso in una sensazione di estemporanea irrealtà.
“Oh, qualche aulica frase
d’amore, niente di che” sogghignò Jones ridanciano “Fanno sempre così, quei
due.”
“Mancuso” si intromise Mac prima
che Mendez si girasse verso la collega e la accoltellasse senza rimpianti
davanti a testimoni “Piantala di fare la so-tutto-io. Sei insopportabile.
Rafael, tu prova tagliare corto, per favore: Vance deve ritornare in Wyoming
prima della prossima glaciazione e non ha tempo per le vostre guerriglie
verbali.”
“Va bene, capo” si arrese Mendez
girando le spalle a Mancuso “Ma se quella apre bocca di nuovo, troverò un modo
per me molto piacevole di chiudergliela. Magari per sempre.”
“Aggiudicato.” concesse Mac con
un sorriso mentre Mancuso si imbronciava, tornando a sedersi sul suo angolo di
scrivania.
Mac si girò verso Vance, con la
faccia tornata seria e quasi dolcemente comprensiva. Inspirò leggermente prima
di parla re e dare la buona notizia al collega.
“Quello che stiamo tentando di
dirle, signor Vance, è lei si è trovato nel bel mezzo di un rito voodoo.”
*
*
*
Vance girò lo sguardo sui
presenti, cercando di capire se qualcuno lo stesse prendendo bellamente per i
fondelli, ma le facce della squadra SREC erano sinceramente serie e sincere.
“Voodoo?” domandò quindi
educatamente, pensando al modo migliore di fuggire da quel covo di matti senza
dare nell’occhio.
“Sì” rispose Mendez, di buonumore
“Vede, secondo la credenza voodoo, quando una persona muore la sua anima, detta
anche il ti-bon-ange, si distacca ma rimane accanto al corpo per un breve lasso
di tempo. Durante questo tempo, è possibile che uno stregone voodoo, detto anche
bokor, si impossessi del ti-bon-ange del defunto e lo utilizzi per scopi
malvagi, trasformandolo in uno zombie-astral. Tutto chiaro fin qui?”
Vance lasciò scivolare lo sguardo
sulla faccia ansiosa di Mendez: stregone? Zombie? Per chi l’avevano preso quei
sei mentecatti? Per uno che si poteva bere quell’ammasso informe di guano senza
protestare?
“Certo” disse con voce gioviale
“Prosegua pure.”
“Dunque, uno dei modi che ha il
bokor di impossessarsi del ti-bon-ange, è quello di cospargere semi di sesamo
dentro la bara, oppure di utilizzare le unghie e i capelli del defunto.
Evidentemente, la signora Tyler sa di questa cosa e quando ha visto i semi di
sesamo dentro la tomba del signor Raymonds, ha capito che c’era qualcuno che
voleva impossessarsi del suo ti-bon-ange. E’ venuta da voi per spiegarvi il
problema, ma siccome non le avete creduto, ha fatto quello che qualsiasi devoto
voodoo avrebbe fatto: ha tentato di proteggere il ti-bon-ange di Raymonds. E per
farlo, ha dovuto decapitarlo e trapassargli il cuore con una lama. Semplice,
no?”
Mendez gli sorrise, sfacciato e
Vance provò brevemente l’impulso di mollargli uno schiaffo su quella faccia
impertinente.
“Semplice?” disse, trattenendosi
a stento “Mi faccio tutti quei chilometri dal Wyoming fino a qui, passo l’intero
giorno sballottato da un ente all’altro della polizia di New Orleans, vengo
sbattuto alla fine nel bel mezzo del quartiere più malfamato di tutta
la
Louisiana…. Tutto per cosa? Per farmi raccontare da sei
mentecatti qualsiasi una storia di Zombie e stregoni?”
Incredibilmente, i sei della SREC
non sembrarono prendersela più di tanto: Brancousie sorrise e allungò una mano
verso Thorpe, il quale schiaffò con rabbia una banconota da dieci dollari sul
suo palmo.
“Dovevo capirlo che non se la
beveva” mugugnò l’uomo “E poi, che speranze avevo con Mendez come Cicerone?”
“Io sono stato bravissimo” si
difese Mendez, compunto “E’ che si vedeva subito che questo era un osso duro. E
poi, mi ha deconcentrato Mancuso.”
“Povero, piccolo Mendez” lo
canzonò Mancuso con ferocia “Un piccolo cochino messicano tutto solo contro il
mondo: sembri tanto Babe, maialino coraggioso.”
“Attenta a come parli, Marria”
sibilò Mendez, imbronciato “O questo cochino ti farà vedere come si chiude la
bocca alle donne, dalle mie parti.”
“Non vedo l’ora: avrei finalmente
la scusa per frantumarti i denti con una pallottola.”
“Ragazzi, basta!” si intromise
Mac, esasperato “Signor Vance, capisco i suoi dubbi e la sua titubanza, ma le
assicuro che quello che le abbiamo raccontato è tutto vero.”
“Vero!” proruppe Vance, allibito
“Volete dire che credete davvero che esistano stregoni e Zombie tanto da
autorizzare la gente a decapitare tutti i cadaveri che gli aggrada?”
I sei si scambiarono uno sguardo
sorpreso.
“Bè, certo che no” sorrise Mac,
alla fine “Ma non è importante quello che crediamo noi, quanto quello che crede
la gente. Le cose che noi riteniamo più aberranti possono risultare normali se
non addirittura necessarie, dal punto di vista di una fede o religione a noi
sconosciuta. E’ per questo che, qui in Louisiana, è stata creata la SREC: qui da noi sappiamo bene
cosa può sviluppare la potenza di una credenza e quanto sia importante
conoscerne i risvolti. La
SREC è nata perché si occupi appunto di tutti quei casi a
sfondo religioso, con preponderanza voodoo. Il suo era un caso tipico, per noi:
come il suo, ne risolviamo a centinaia, durante l’anno. Se non vuole crederci,
chieda in giro. Dopotutto è lei che è venuto qui. Lei sa cosa significa, SREC,
vero?”
Vance, preso in contropiede, non
rispose subito: vergognoso, lasciò che sulla faccia di Jones si dipingesse un
largo sorriso canzonatorio prima di scuotere il capo in segno di dissenso.
“SREC significa Section Religious
and Ethnic Crimes: ci occupiamo di crimini a sfondo etnico e religioso e
fungiamo anche da consulenti su questi argomenti per gli altri organi di
polizia.”
“In poche parole, siamo dei
moderni esorcisti” di intromise Mendez, sorridendo “La religione applicata al
crimine! Lei non ha idea di quanto si lavori in questo campo, soprattutto qui a
New Orleans.”
“Vodoo, vodun, cattolicesimo,
santeria...” elencò Mancuso “Brancousie si è addirittura sparata un corso di
aggiornamento sul Wycca, il mese scorso. Che maledetta, sfacciata fortuna.”
“Perché, l’ultimo meeting Yaruba
chi se l’è fatto?” protestò la bionda, con calma “Comunque, non credo che il
signor Vance voglia essere convinto della nostra credibilità professionale,
quanto piuttosto della nostra e sua sanità mentale.”
“A me sembra ancora sconvolto.”
borbottò Thorpe, dubbioso “Vuole una birra?”
Vance decise che ne aveva avuto
abbastanza: si erse in tutta la sua notevole altezza e si concesse un lungo
sguardo ammonitore a quei personaggi che stavano tentando in tutti i modi di
farlo passare per scemo.
“Ho capito” disse con voce
incolore “Quindi, secondo voi è stata la signora Tyler a decapitare Raymonds.
Dico bene?”
“Giustissimo!” approvò Thorpe con
un sorriso bianchissimo sulla faccia nera come l’inchiostro.
“Certo, non è stata una bella
cosa” tentò di giustificarla Brancousie “Ma se posso darle un consiglio…ci vada
piano, con lei. Era sicuramente convinta di fare del bene.”
“Piuttosto, c’è in giro qualcuno
che si crede un bokor, dalle sue parti, ed è questo tizio che dovrebbe cercare
al più presto” si intromise Thorpe, serio “Che sia reale o no il rito che ha
compiuto, l’intento era sicuramente criminale.”
“Volete dire che devo compatire
una vecchia che taglia la testa a un defunto e devo invece sbattere in galera
un tizio che ha buttato qualche
seme di sesamo dentro ad una bara?” berciò Vance, decisamente oltraggiato “Ma
che avete fumato tutti quanti? Incenso avariato?”
“Le sembriamo tipi da incenso
avariato?” protestò Brancousie, col naso altezzosamente alzato.
“Non lo abbiamo mai provato,
gente: è un’idea.” propose Jones, interessato.
“Scherzi a parte, io ho ancora un
dubbio” mormorò Mendez, solare “Lì a Fulton, avete poi scoperto chi l’aveva
rubata? La statua equestre, voglio dire.”
“Voi siete pazzi.” decretò Vance,
con profonda convinzione, dopo un lungo e attonito silenzio.
“Naturalmente” approvò Mac,
serissimo “D’altra parte, solo dei pazzi potevano accettare questo lavoro e
farlo bene come lo facciamo noi. Dico bene, squadra?”
“Hoy!” risposero in coro i cinque
rimanenti.
Vance non attese oltre: girò loro
le spalle e, senza una parola di commiato, col respiro che quasi gli mancava nei
polmoni, si buttò fuori dalla stanza, poi in strada ed infine dentro
la Camaro
arrugginita. Pochi secondi dopo, l’auto era sparita nei meandri di viuzze di
Storyville e i sei della SREC si scambiarono uno sguardo di incoraggiamento.
“Bè, insomma, non è andata poi
così male.” provò a dire Thorpe, poco convinto.
“Se almeno quelli della Centrale
si decidessero a spiegare chi siamo, prima di mandarci qui della gente.” si
infervorò Brancousie “Non è piacevole passare sempre per una mezza medium fuori
di testa. Sono laureata in teologia e scienze storico-religiose, io.”
“E prendi lo stesso stipendio di
me, che non ho nemmeno finito il liceo” ghignò Jones, mefistofelico “Che vita
grama, povera BiBi!”
“E, visto che stasera hai vinto
ben dieci dollari, sei obbligata ad offrirci da bere, ahora!” esclamò Mendez, trascinandola
con decisione verso la porta d’uscita.
“Dieci dollari non basteranno
nemmeno per pagare il primo giro” protestò Brancousie, riottosa “E poi devo
andare a casa ad accudire i miei gatti.”
“Sciocchezze” decretò Jones,
sbrigativo “Ho mandato il mio cane a farli fuori tutti, stamattina, così non
dovrai più preoccuparti di croccantini, lettiere e robaccia affine. Dovrai solo
ripulire dal sangue dalle pareti: Skip è un pastore tedesco piuttosto
sanguinario…”
“Quanto sei scemo.” decretò
Brancousie, cupamente.
“Benvenuto nel club, amigo!”
sorrise Mendez, abbracciando le spalle di Jones.
“Non sperare che Jones riesca ad
eguagliare il tuo abisso di ignoranza cosmica, Mendez.” lo avvisò Mancuso, col
naso per aria.
“Tu continua pure a provocare,
Marria: lo so che non aspetti altro che ti salti addosso per davvero…”
“Esatto. Per ucciderti meglio,
bambino mio.”
“Andiamo, Mancuso” rise Thorpe,
incamminandosi a sua volta verso la porta “Tu e Mendez fareste una così bella
coppia…”
“Come la Strega di Biancaneve e Jack lo
Squartatore.” constatò Mac placidamente.
“Fidanzarmi con Mancuso?” valutò
Mendez squadrando ben bene la donna “Perché no. Ci starei solo dopo averle
tagliato le corde vocali, però.”
“Io invece ci starei solo dopo
averti tagliato la gola.” ribatté Mancuso, inviperita.
“E con questa, tu paghi il
secondo giro, Marria.” decise Mendez, già fuori dalla porta.
“Chiamami ancora Marria e ti
spappolo i bulbi oculari come se fossero tortillas, maledetto puto!” strillò Mancuso, offesa.
“Ragazzi!” sospirò Mac,
rassegnato.
*
*
*
Uno dopo l’altro, chiassosamente,
i sei componenti della SREC uscirono dall’ufficio. Per ultimo, Mac spense le
luci e chiuse la porta.
La stanza rimase al buio, ancora
piena degli umori e degli odori dei suoi occupanti. La radiolina dondolava
mollemente, appesa al suo ripiano. Qualche foglio, ogni tanto, si agitava
debolmente, investito da un invisibile alito di vento. Sarebbe sembrata una
stanza qualunque, un po’ disordinata e caotica e umida….
non fosse stato per la striscia
compatta di polvere di mattoni rossi che contornava la porta d’ingresso e la
finestra aperta.
FINE
Note dell’autrice:
Questa è una piccolissima storia
che è nata in maniera molto “atipica”: prima ho immaginato i personaggi, poi ho
immaginato come sei ceffi del genere potessero interagire tra di loro. Spero che
il risultato non abbia provocato a voi, cari e amatissimi lettori, fastidiosi
attacchi di bile.
Un grazie di cuore a chiunque
passi di qui e conceda un piccolo commento: mi farebbe oltremodo felice.
Ed ora, qualche dettaglio
tecnico:
1) La polvere di mattoni rossi
serve per tenere lontano gli spiriti maligni (tratto dal film “The skeleton
Key”)
2) Il rito voodoo qui descritto
non è frutto della fantasia dell’autrice: è stato ripreso da “Urban Voodoo.
Introduzione alla magia afro-caraibica” di Black e Hyatt
3) Storyville è davvero il
quartiere “a luci rosse” di New Orleans, Louisiana
Piccolo glossario Ispanico
(messicano, per la precisione):
querida: dolcezza
hermano: fratello
caramba: accidenti
que flojera : che noia
vete a la chingada : vaffan…
callate el hocico: chiudi il becco
cochino: maiale
ahora: adesso
puto: omosessuale (in termini più
dispregiativi…)
Tutti i personaggi menzionati
sono di proprietà della creatrice, L_Fy. Ogni riferimento a fatti o persone
realmente esistite è assolutamente casuale (ma se qualcuno conosce Mendez, mi
mandi l’indirizzo, grazie.)
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