L’amore ti salverà
E’
una giornata bellissima, come se il tempo volesse prendersi beffe di me, del mio
dolore, del nostro dolore. Il cielo è terso, azzurro carico, il sole splende
rendendo tutto brillante, nitido. Siamo tutti qui, tutti quelli che sono
rimasti. Mi giro lentamente, socchiudendo gli occhi nella luce accecante di
giugno, guardandomi attorno, scrutando i volti dei presenti.
Incontro lo sguardo di Tonks, quando mi vede si porta le mani sull’addome, come
a difendere la vita che le sta crescendo dentro dalle sofferenze del mondo. E’
sola, Remus è al San Mungo, sta male, ma è vivo e forse avrà la fortuna di veder
crescere suo figlio, il piccolo Sirius James Lupin. Vi sembrerà patetico che
Tonks e Lupin abbiano scelto di dare il nome dei due malandrini al loro primo
figlio, ma per me non è così, so perché lo hanno fatto, so perché Remus lo ha
fatto. E’ il suo personale modo di chiedere scusa per essere l’ultimo rimasto,
per essere ancora vivo ed essere riuscito, alla fine, e non senza difficoltà, a
voltare pagina. Naturalmente appena Fred e George hanno saputo il nome del bimbo
hanno iniziato a chiamarlo “ il Malandrino ” e ho l’impressione che si porterà
dietro quel soprannome per sempre. Vedo che Tonks tenta di sorridermi, anche lei
è distrutta, lo siamo tutti d’altra parte, ma cerca di farmi capire che la vita
va avanti lo stesso. Concediamoci un giorno di lutto e poi via, si riparte. Le
faccio una smorfia, che nelle mie intenzione è un sorriso, e sposto lo sguardo
altrove.
Ci sono Neville e Luna, il
primo pallido, stralunato, sembra non rendersi neanche conto di quello che gli
sta succedendo intorno talmente è sconvolto; la seconda ha sempre lo sguardo
perso nel nulla, quasi sognante, sembra che sia l’unica a cui non importa
niente, ma non è così. La conosco ormai, tutti noi la conosciamo; so che sta
soffrendo, quello è il suo modo di essere e noi l’abbiamo accettata per quello
che è. Entrambi erano presenti quel giorno, hanno visto tutto; Neville sente la
forza del mio sguardo su di lui e si gira, ricambiandolo, poi torna a fissare
davanti a sé, passando un braccio attorno alla vita della ragazza e
stringendola, quasi impercettibilmente, in un gesto che mi commuove.
Poco più in là c’è il corpo docenti, almeno quello che è stato il corpo docenti
di Hogwarts, quando ancora la scuola esisteva. Forse la riapriranno a settembre,
forse aspetteranno ancora un anno. Non lo so, non mi interessa più ormai.
Qualcuno di loro singhiozza, qualcuno ha gli occhi lucidi, altri fissando solo
davanti, sapendo che questo è solo un altro funerale, uno dei tanti a cui hanno
preso e a cui prenderanno parte in questo periodo. Cerco con lo sguardo la
figura massiccia di Hagrid, prima di ricordarmi che anche lui non c’è più, è
stato ucciso da un gigante. Ironico non trovate? Tre... no, ormai quattro mesi
fa.
Dopo di loro ci sono alcuni miei compagni, suoi compagni, quelli che la
conoscevano meglio, quelli che hanno ottenuto il permesso di allontanarsi da
casa da genitori meno apprensivi, quelli che il permesso se lo sono preso lo
stesso, come Dean e Seamus.
E
infine, una piccola folla di chiome rosso fuoco, i Weasley, tutti insieme,
vicini, stretti nel loro dolore. Tutti tranne Percy, morto qualche mese fa, per
sbaglio. Volevano colpire il Ministro, e lui si è trovato in mezzo, non voleva
essere un eroe ma in un tempo in cui c’è bisogno di punti di riferimento, lo
hanno reso tale. E’ stato sepolto con tutti gli onori, e adesso un suo ritratto
svetta nello studio privato del Ministro della magia, sempre pronto a parlare,
anche quando non interrogato, e a sommergere l’attuale ministro di consigli non
chiesti. Molly è stretta tra Arthur e Charlie, Bill tiene per mano Fleur, che
guarda impassibile davanti a sé, Fred e George sono attorniati da ex-compagni di
scuola, Angelina, Lee Jordan, Alicia Spinnet. Ron singhiozza, con Hermione al
suo fianco, lei gli passa una mano tra i capelli, finendo per fermarsi sulla sua
nuca e tirarlo verso di sé, cercando di consolarlo in qualche modo, anche se
anche lei sta piangendo.
Io
non trovo neanche più la forza di piangere.
Nessuno di loro mi guarda, nessuno di loro mi ha più rivolto la parola, neanche
Ron. So che non mi ritengono responsabile, ma non hanno la forza di guardarmi in
volto.
Sono stato uno stupido, ho capito, ma troppo tardi.
Silente mi ha sempre detto che la mia arma contro Voldemort sarebbe stato
l’amore, nel mio egoismo ho sempre pensato si riferisse al mio amore.
Non
avevo capito niente, eppure adesso mi sembra così semplice. Così…giusto.
Mentre il pastore parla non lo ascolto, la mia mente comincia a vagare tra i
ricordi dell’ultimo anno. Ho lasciato Ginny, convinto di proteggerla in questo
modo, di tenerla lontano dal pericolo; forse se l’avessi portata con me tutto
questo non sarebbe successo, forse ci sarei io adesso in quella bara, forse
sarei potuto intervenire, forse…
Dopo il matrimonio di Bill e Fleur sono partito con Ron e Hermione, abbiamo
passato mesi alla ricerca di quei maledetti Horcrux, noi tre da soli. Li abbiamo
trovati uno per uno, e uno per uno li abbiamo distrutti. Ho mantenuto il segreto
che Silente mi aveva affidato fino quasi alla fine, facevamo sapere che eravamo
vivi, ma non abbiamo mai detto a nessuno dove eravamo, né cosa stavamo facendo.
Solo alla fine, quando l’unica traccia dell’anima di Voldemort rimasta era
quella che si portava in corpo, ne abbiamo parlato tra di noi e abbiamo deciso
di dirlo a tutti.
Sapevo che alla fine sarebbe stato uno scontro tra Voldemort e me, da soli, come
quella volta al cimitero, ma i suoi mangiamorte ci sarebbero stati e ritenevo
giusto che anche i membri dell’Ordine ci fossero. Molti di loro avevano conti in
sospeso da regolare, e io so quando può essere difficile vivere con il bisogno
di vendetta; così li abbiamo avvertiti.
Rivedo, come se stesse succedendo in questo momento, Voldemort davanti a me,
Colui-che-non-deve-essere-nominato contro il Bambino-che-è-sopravvissuto.
Bambino appunto, ragazzo adesso, ma pur sempre ancora troppo giovane, troppo
inesperto per poter vincere contro un mago come lui.
Mi
disarma e rimane davanti a me, la sua bacchetta puntata al mio cuore, vedo le
sue labbra muoversi, e decido che non posso più scappare, questa volta non ci
sarà mia madre a salvarmi, né il fantasma dei miei genitori, siamo solo noi due.
Chiudo gli occhi e aspetto.
Aspetto.
Aspetto.
Qualcosa è andato storto, li riapro lentamente, la prima cosa che vedo è
Voldemort che ride, la seconda è Ginny a terra, gli occhi aperti sbarrati, gli
arti scomposti in una posizione innaturale.
Morta.
Mi
chino su di lei, non mi accorgo di stare urlando, me lo hanno raccontato dopo,
non mi accorgo delle lacrime che mi scendono, rigandomi le guance, non mi
accorgo di Voldemort che pronuncia di nuovo la maledizione senza perdono. Non mi
accorgo di nulla, solo di lei a terra, morta per salvare me.
Ed
è a quel punto che capisco.
Alzo lo sguardo in tempo per vedere un raggio verde colpirmi, chiudo gli occhi,
accecato dalla luce, dura un attimo, quando li riapro Tom Riddle è a terra.
Morto.
Sono stato acclamato come colui che ha ucciso il grande Voldemort; la verità è
che la prima volta mi ha salvato l’amore di mia madre, la seconda l’amore della
mia ragazza. La maledizione è rimbalzata su di lui, ma questa volta non c’erano
parti di anima nascoste da qualche parte a salvarlo, questa volta Voldemort era
mortale.
Questa volta è morto.
Per
sempre.
Vengo strappato dai miei pensieri dal pastore che si è interrotto, si alza e
tira fuori la bacchetta, ci alziamo tutti in piedi osservando la bara levitare
nella fossa. Molly si avvicina con Arthur, gettano un fiore bianco che spicca
sul legno scuro, poi la terra la ricopre, lentamente, racchiudendola per sempre.
Non
un segno indica che qui giace la persona che ha veramente ucciso Voldemort. Al
Ministero ritengono che i maghi e le streghe di tutto il mondo abbiano bisogno
di un simbolo per riprendersi, una persona che li inciti a continuare, ad andare
avanti e a ricostruire quello che i Voldemort e i suoi mangiamorte hanno
distrutto.
Vogliono me, un ragazzo piacente, campione di Quiddich, con una tragica storia
alle spalle, il Bambino-che-è-sopravvissuto, eroe ancora prima di sapere il
significato di questa parola, eroe di nuovo adesso, nella seconda grande guerra.
Ma
non ci sto.
Renderò giustizia a coloro che in questi anni hanno combattuto, sofferto, sono
morti nella lotta. Saranno ricordati, non permetterò che la gente dimentichi,
non questa volta.
Non
permetterò che succeda di nuovo.
E’
una promessa.
Fine.
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