Note:
ambientata in un ipotetico futuro, all'incirca nel 2140. Gli esseri
umani sono tornati alla tecnologia che avevano nei primi anni del
2000 dopo la Rivoluzione robotica del 2087, nel quale la popolazione
robotica del pianeta si rivoltò contro l'umanità sotto il comando
di un super computer degli uffici governativi, evolutosi senza
controllo. Il governo bandì dunque ogni tecnologia riguardante robot
e affini, concedendo solo di tornare ai computer e agli
elettrodomestici di più di 100 anni prima.
In
campo medico ciò ebbe effetti devastanti: tutte le protesi bioniche
presenti furono distrutte, così come tutti gli studi sulla
biotecnologia. Tuttavia un medico, un tale dottor Mason, ottiene il
benestare del governo per ricominciare l'utilizzo di protesi bioniche
grazie ai suoi agganci altolocati: tra i primi umani a riceverne una
c'è Bellatrix Pencrow, ragazza vittima di un incidente stradale che
le ha causato la perdita del braccio destro oltre alla morte dei
genitori e della sorella.
Ma la paura
nei confronti dei robot è ancora viva nella
gente della Terra, e anche il braccio bionico di Bellatrix incute
terrore.
Non aveva nulla di
strano.
Bellatrix strinse i pugni
e li sbatté con forza su tavolo di legno, stringendo i denti.
Si guardò la mano
destra, sfiorandola appena con le dita di quella sinistra, per poi
accarezzare distrattamente tutto il braccio bionico.
Non aveva nulla
di diverso, dannazione.
Erano sempre stati amici,
dacché lei ricordasse.
Il suo nome, lei, lo
aveva sempre saputo.
«Ehi, Bella!»
La bambina alzò lo
sguardo, sorridendo appena, poi si alzò spolverandosi gli abiti dal
terriccio e aspettando paziente che l'amico la raggiungesse ai piedi
del salice.
Lui una volta
raggiuntala si fermò un momento poggiando le mani sulle ginocchia e
respirando affannato.
«Mi-mi dispiace del
ritardo. M-mamma voleva che l'aiutassi nelle faccende.» Arrossì,
imbarazzato, prima che Bellatrix lo prendesse per mano e lo
conducesse sulle radici dell'enorme albero.
La bambina si sedette
su di esse, imitata dal compagno.
«C-cosa vuoi fare
oggi?»
Bellatrix sorrise di
nuovo, radiosa.
«Tutto quello di cui
abbiamo voglia. Come sempre.»
Lee ridacchiò piano.
«C-come preferisci.»
Lui però non aveva
capito lo stesso.
E sentire pronunciare il
proprio nome dalle labbra di un amico in quel modo, nello stesso modo
di chiunque altro, aveva fatto male.
Non aveva capito nemmeno
lui.
Nemmeno lui.
«M-mi dispiace,
B-Bella.»
Balbettava di più,
quando era agitato.
«Lee...»
Lui arretrò di
qualche passo, lo sguardo che continuava a fissare la gente che
passava intorno a loro: non guardava lei. Forse non ne aveva il
coraggio.
«M-Mi dispiace.
D-davvero.»
Nel cortile
dell'ospedale non c'era molta gente, l'orario di visite era quasi
finito: un infermiere in camice bianco li osservava da lontano,
pronto ad intervenire in caso di bisogno.
Bellatrix allungò il
braccio destro, in un gesto automatico, nel vano tentativo di
afferrargli una manica.
Lee si ritrasse e i
suo occhi si posarono per un istante sull'arto meccanico dell'amica
per poi spostarsi subito altrove, come scottati.
Arretrò ancora,
sempre più in fretta.
«M-mi dispiace, mi
d-dispiace...»
Corse via e Bellatrix
lo seguì con lo sguardo, triste.
Aveva visto bene Lee
in viso, anche se lui aveva cercato di voltarsi per non farsi
scorgere: aveva la stessa espressione orripilata di chiunque l'avesse
vista in quel mese dopo l'incidente, dopo l'operazione.
Bellatrix flesse il
braccio bionico, lo sguardo perso nel vuoto.
Lei
non aveva nulla di diverso.
Era
per questo che si era arrabbiata.
Dopo
quell'incidente maledetto nessuno l'aveva più guardata nello stesso
modo; tutti prigionieri di quella stupida e irrazionale paura della
tecnologia, causata dalla Rivoluzione dei robot nel 2087.
Da
quando il governo aveva deciso di abolire ogni forma di tecnologia
avanzata, a causa della Rivoluzione robotica, si era ricominciato da
zero.
Ma la
gente aveva ancora paura.
Paura
di svegliarsi una mattina e trovarsi schiavi delle macchine che
avevano creato loro stessi.
Bellatrix
strinse i pugni, di nuovo, avvertendo il liquido colarle fra le dita
della mano meccanica.
Lo
osservò brillare alla debole luce del sole, scuro come inchiostro.
Non
aveva capito nemmeno lui.
Era
per quello che lo aveva ucciso.
Lui e
tutti gli altri.
«Mi dispiace, Lee.»
Mentre si avvicinava a
grandi passi, Bellatrix gli aveva detto quelle parole, facendogli il
verso.
Lee era con le spalle
contro il tronco del grande Salice piangente.
Dove era cominciato,
tanti anni prima, tutto era destinato a finire.
«S-sei stata t-tu!»
Sembrava incredulo, le
mani tremanti che artigliavano la corteccia dell'albero.
«E chi altri avrebbe
dovuto essere?»
Bellatrix ghignò,
afferrando il collo del giovane con la mano destra: lui si agitò
quando avvertì il freddo metallo a contatto con la pelle e tentò
invano di togliersela di dosso.
Bellatrix stringeva
piano la presa, le dita che affondavano facilmente nella pelle
tenera. Rivoli di sangue cominciarono a scorrerle fra le dita.
«Tutti, uno per uno.
Erano come te.» Lo fissò, inespressiva. «O forse tu eri come loro.
Ma ciò non ha importanza, ora.»
Sorrise.
«Farai la loro stessa
fine.»
«M-ma il dottor Mason
t-ti aveva salvato la v-vita!» Riuscì a dire Lee, con voce rauca.
«No, anche lui mi
guardava nello stesso modo. Lui e l'infermiera Jodi avevano paura di
me, come Ami e Jason, come Isabelle e Clare, come Mike e Sarah...»
Bellatrix aggrottò la
fronte, fissandolo dritto negli occhi.
«Non capisci, Lee?
Non riesci a capire?»
Lui rantolò, aprendo
e chiudendo la bocca in cerca dell'aria che ormai era venuta a
mancare.
«È per questo che li
ho uccisi. È per questo che vi
ho uccisi tutti. Perché non avete capito.»
Lasciò la presa,
mentre il corpo del ragazzo cadeva a terra senza vita.
«Non avete capito...»
Seduta
al tavolo da picnic situato sotto il salice piangente, i gomiti
appoggiati al tavolo e la testa fra le mani, Bellatrix osservava
assorta il corpo di Lee abbandonato contro il tronco.
Sentì
le sirene e le portiere che sbattevano, il rumore di passi e le voci
degli agenti.
«Ferma
dove sei!»
«Alza
le mani e mettile dietro la testa, dove possiamo vederle!»
Si
voltò lentamente, sorridendo appena, ed eseguì, lasciandosi andare
ad una risata liberatoria.
Fissò
i poliziotti negli occhi, senza paura.
«Non
avevano capito.»
La
mano bionica si mosse appena, come a voler annuire e darle ragione.
Inclinò
il capo, ridendo ancora.
Li aveva uccisi, sì.
Perché loro non
avevano capito che lei non aveva niente di diverso.
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