Ricordatevi che le
recensioni sono sempre gradite.
Spero vi piaccia.
Alida
Nickname: alida
Titolo: Dimmi ancora che
la magia esiste.
Personaggi: Dudley Dursdley
Genere: One-shot
Rating: verde
Avvertimenti: ambientato
dopo la fine della seconda guerra
magica
Introduzione: Dudley
è ricoverato in una clinica psichiatrica perché
si ostina a credere
nell’esistenza della magia. Il suo equilibrio sembra essere
precario perché
basato su una verità a cui nessuno crede. La
realtà lo condurrà a liberarsi in
modo drastico dall’ipocrisia dei suoi genitori, pur rimanendo
sempre fedele
alle sue convinzioni.
NdA: Scrivendo questa
one-shot ho cercato di mantenere un
certo distacco emotivo con il fine di mostrare tutto nel modo
più razionale
possibile. Certamente i personaggi provano emozioni forti, ma
né Dudley, né
Harry, né tantomeno Vernon e Petunia (assenti
ingiustificati) hanno una
soluzione per vivere serenamente con un piede nel mondo babbano e uno
nel mondo
magico. Da qui nasce il testo come è stato scritto.
Il materasso era morbido
come sempre, e le molle facevano
uno strano suono mentre mi giravo e rigiravo nel letto. Forse si
lamentavano
per il peso che dovevano sopportare: il mio peso.
Alle volte il loro cigolio
sembrava un discorso, una
confessione bisbigliata nella notte. Era come se per magia …
oh, no! Scusate,
la magia non esiste.
Eppure la magia
è stata una nube scura che mi sono portato
dietro per tutta la vita. Ah, ah, ah! Mi viene da ridere, ma non posso
farlo.
Almeno non troppo forte, altrimenti mi sentiranno, ed io non voglio,
non voglio
che vengano.
Quando arrivano, mi
stringono troppo forte, mi fanno male.
Mamma e papà dicono che fra pochi giorni mi porteranno via,
ma intanto io sono
qui e, se anche continuano a dire che la magia non esiste, io non posso
fare a
meno di ricordare…
Mamma piangeva tutte le
sere, diceva che non era possibile
che fosse capitato proprio a noi, proprio a lei. Affermava che aveva
già dovuto
sopportare zia Lily, e che non avrebbe permesso che io mi sentissi
trascurato o
inferiore. Evidentemente lei si era sentita così.
Quelle volte avrei voluto
stringerla a me e dirle che sapevo
quanto mi volesse bene, ma non lo feci mai. Papà cercava di
rassicurarla, e
mentre la rabbia e l’incomprensione ci facevano ingrassare,
la mamma scompariva
un po’ alla volta perdendo peso e sorrisi.
Io non potevo parlare
liberamente, confessarle che mi sarebbe
piaciuto avere una bacchetta per sollevare gli oggetti, oppure
semplicemente
avvicinarmi i popcorn senza dovermi alzare dal divano. Cose stupide,
certo, ma
io ho sempre avuto tutto e in fin dei conti la magia è
l’unica cosa che mi è
mancata.
Credo davvero che mi
avrebbe fatto sentire migliore di ciò
che ero: un ciccione viziato che andava in giro a picchiare i bambini
piccoli
assieme ad altri sfigati come me.
Papà
dice che non
siamo sfigati, che siamo ragazzi normali, ma io non ci credo
più; non dopo la
sera in cui Harry mi ha salvato dai Dissennatori.
L’aria era
gelida ed io ero sicuro che sarei morto. Non
saprei descrivere la consistenza di quegli esseri, però so
che le mie forze
erano pressoché inutili, mentre Harry, lo sgorbio, il debole
e insignificante
Harry, con una forte luce mi salvò la vita senza chiedere
niente in cambio.
Oggi mi chiedo se questi
ricordi siano dotati di poteri
magici, perché ogni volta che ci ripenso la stanza inizia a
girare, a diventare
prima sempre
più piccola, poi sempre più lunga, per
ultimo si riempie di strane voci che bisbigliano ed io mi ritrovo a
saltare sul
letto, gridando.
“Ah! Ah!
Ah!”. Salto e grido. Gli uomini bianchi entrano e
mi tirano giù con forza. Slegano le cinghie e cercano di
legarmi, ma io sono
forte e mi dimeno con tutto me stesso. Ricomincio a ridere a pieni
polmoni.
Ahahah! Forte quanto mai, senza magia non riuscirò mai a
difendermi.
La magia che non esiste
è l’unica cosa che potrebbe
salvarmi! E vai! Yuppi-yu! Continuo a strillare. Poi gli uomini bianchi
mi
fanno un’iniezione, ma io riesco a sentire ugualmente
ciò che si dicono a bassa
voce: “Questo non uscirà mai più da
qui”.
Le mie risate si fanno
più deboli, si trasformano in un
accenno di pianto, ma non ho la forza per piangere perché la
medicina comincia
a fare il suo effetto e tutto sfuma nel niente più assoluto.
Al mio risveglio trovo
Harry vicino al letto. Non
è strano, lui viene sempre a farmi
visita, ma non passa per le vie ufficiali perché mamma ha
detto ai dottori che
è pericoloso. Perciò viene come solo lui sa fare:
con la smaterializzazione.
Dice che non è granché, che le prime volte gli
veniva voglia di vomitare, ma
che comunque è sempre meglio di sbucare fuori da un
caminetto e ritrovarsi
sporchi di fuliggine.
“Che ore
sono?” domandò confuso.
“Le tre del
mattino”.
Cerco di sollevarmi, ma
sono ancora legato e il mio sforzo è
inutile. Harry prende la bacchetta e con un incantesimo mi slega.
“Quando andrò
via, dovrò legarti di nuovo” mi dice dispiaciuto.
“Fa
niente” rispondo io.
Ogni volta ci sentiamo in
imbarazzo perché nessuno dei due
sa di cosa parlare. Questa volta però, dopo che gli racconto
dell’ennesima
iniezione, lui sbotta. “Non possono farlo, non possono
tenerti in un manicomio
solo perché credi nella verità! Insomma Dudley,
tu non sei pazzo! La magia
esiste davvero!”.
Inizio a singhiozzare. “Esiste, Harry?
Dimmelo ancora. Dimmi ancora
che la magia esiste”.
Harry mi tiene le mani e
ripete: “La magia esiste. Come
farei io a essere qui, se
la magia non
esistesse?”.
Sorrido, pur continuando a
singhiozzare. Non voglio fare la
fine di mia madre che ha perso la voglia di sorridere di cuore solo
perché ha
rifiutato la verità, ma la domanda continua a ronzarmi in
testa e sento che
questo è il momento di chiedere.
“Perché
la magia non esiste anche per me? Perché io non
posso fuggire da qua e smaterializzarmi come fai tu?
Perché?”.
Harry si alza dalla sedia
e si avvicina alla porta. Tende
l’orecchio per assicurarsi che nessuno sia nelle vicinanze.
“Gli infermieri
ripassano alle sei del mattino” lo informo.
Lui si avvicina e, dopo
avermi stretto forte, sussurra: “Non
gridare e tieniti forte”.
Lo stomaco comincia a
girare e girare, molto più veloce
della mia stanza quando i ricordi mi tornano alla mente. Ho quasi
voglia di
vomitare e, quando tutto si ferma, sono fuori dall’ospedale. Mi guardo attorno spaesato,
non riesco a
credere che Harry abbia fatto questo per me.
Siamo in un parco, il
cielo è pieno di stelle e si sentono
dei gufi. Adesso che ci penso anche Harry aveva un gufo.
“Harry, dov’è il tuo
gufo?” domandò incuriosito.
Lui volta la faccia dalla
parte opposta alla mia, si fa
triste e risponde: “Non era un gufo, era una civetta. Si
chiamava Edwige. E’
morta per proteggermi”.
Non so cosa dire, e dico
soltanto: “Ti voleva bene”.
“Già”
risponde lui: “Anche io le volevo bene”.
Chiudo gli occhi per
sentire l’aria fresca della notte sul
viso, e la natura mi fa la grazia di un delicato venticello.
“Se io fossi in
te, mi odierei” dico, a occhi chiusi, rivolgendomi a Harry.
Lui ride.
“Allora fortuna tua, che io non sono te”.
Apro gli occhi e lo
guardo. La cicatrice a forma di saetta è
ancora sulla sua fronte. Certi segni non si cancellano neanche con
mille
guerre.
“C’è
un motivo per cui lo fai? Un motivo per cui vieni a
trovarmi così spesso?”.
Lo vedo titubante, non sta
cercando di inventare una scusa.
Sta cercando un modo per dire ciò che pensa. E’
sempre stato così dannatamente
sincero. Le sue bugie erano talmente chiare che papà e mamma
si accorgevano dal
suo sguardo quando stava per dirle.
Sospira. “Lo
faccio perché ho combattuto la guerra per amore
della magia, perché tutto ciò che avevo non
andasse perso. E adesso non posso
lasciarti combattere da solo, perché forse non lo sai, ma
anche tu stai
combattendo per lo stesso motivo per cui sono morti tanti maghi e
streghe. Stai
combattendo per la magia”.
“Sto
combattendo? Non me n’ero accorto. Ho l’impressione
che
la mia guerra sia già persa”.
Ancora una volta guardo
Harry, e dai suoi occhi posso vedere
che anche lui è piuttosto sfiduciato.
“Vorrei che
fosse diverso, vorrei poterti aiutare. Perché
non vieni con me?” mi propone entusiasta.
Io sghignazzo.
“Dove? Nel mondo magico?”.
Harry china la testa
rendendosi conto dell’impossibilità di
realizzare la sua proposta. Mi dispiace vederlo triste, non
è colpa sua se io
non sono un mago.
“La prossima
volta ti insegnerò a volare. Verrò a prenderti
con una scopa volante. Ti va?”.
Sorrido di cuore.
“Sì, mi va”.
Harry si avvicina a me, mi
stringe le braccia e, come siamo
venuti, così torniamo in ospedale. Mi saluta, mi fa
promettere di stare calmo e
poi scompare. Dopo cinque minuti passano gli infermieri, mi slegano e
m’invitano
a non fare pazzie altrimenti sarebbero costretti a legarmi nuovamente.
Le giornate scorrono tutte
uguali: sveglia, colazione,
attività ricreative, pranzo, sonnellino, merenda,
passeggiata all’aperto,
visite dei parenti, doccia, cena, film e tutti a nanna.
Harry mi ha detto che non
potrà venire per un paio di
giorni, io penso alla sua scopa volante. Papà la chiudeva in
cantina per tutta
l’estate, quando Harry tornava per le vacanze. Io scendevo
giù a darle
un’occhiata quando i miei non erano in casa e sognavo di
usarla.
Adesso mi sembra di
vederla davanti a me. Il legno è
possente, non è leggera come potrebbe sembrare. Sono sul mio
letto e faccio
finta di cavalcarla, ma le molle iniziano a parlare. Non voglio
ascoltarle. Che
stupido! Le molle non possono parlare.
Papà e mamma
dicono che fra pochi giorni mi porteranno via. Veramente
me lo dicono da molto tempo, mentre gli uomini bianchi affermano che io
non
uscirò mai più da qui. Ah! Ah!Ah! Devo stare
calmo o verranno a prendermi.
Scendo dal letto ed esco
dalla mia stanza. E’ quasi l’ora
della passeggiata all’aperto. Gli infermieri mi guardano con
circospezione.
“Buon pomeriggio” saluto io. Loro fanno finta di
non aver sentito.
Dopo pochi minuti,
finalmente usciamo. Anche oggi l’aria è
fresca come l’altra notte. Forse avrei dovuto dire a Harry
che sì, mi sarei
trasferito volentieri nel mondo magico, e pazienza se non sono un mago.
Avrei potuto
smaterializzarmi con lui, e poi avrei potuto
volare. Mi guardo attorno, gli infermieri sono tutti impegnati con
altri
pazienti. Davanti ai miei occhi ho ancora la scopa volante, sul suo
bastone c’è
scritto: Firebolt.
Wow. Forse Harry non si
adirerà se ci faccio un giro sopra.
Senza che nessuno se ne
accorga, rientro dentro l’istituto.
Prendo l’ascensore e salgo fino al terzo piano. Non
c’è quasi nessuno in giro
perché tutti sono in cortile. Passa un medico per andare nel
suo ufficio. Lo
lascio fare e poi sgattaiolo sulle scale di servizio.
Arrivo fino al sesto
piano, nelle finestre non ci sono le
grate. Guardo giù: è bellissimo. Prendo la scopa
immaginaria, la cavalcò
facendo finta di non sapere che le mie mani non stanno stringendo
niente. Le
lacrime iniziano a scendere sul mio viso, ma non voglio che di me
restino solo
quelle e così me le asciugo velocemente con il palmo della
mano.
Non so perché
non sia diventato un mago, però una cosa la
so: la magia esiste. Salgo su una sedia e mi ritrovo
all’altezza della
finestra. Faccio un profondo respiro e mi lancio nell’aria,
pronto a volare.
Per un breve attimo sento
tanta gente urlare. Non faccio in
tempo ad aprire gli occhi per vedere dove sto atterrando che mi rendo
conto che
non vedrò mai più niente. La magia esiste ma solo
per i maghi. In un micro
secondo penso che se forse ci fosse stato quel mago, il preside di
Hogwarts,
forse avrebbe potuto salvarmi.
Ma è morto
anche lui, e di magico in me non c’è niente.
L’ultima cosa
che ho visto è stata il cortile dell’istituto
con tanto verde e tante panchine. L’ultima cosa che ho
sentito sono state le
grida dei pazienti.
Eppure se mi concentro, vi
posso assicurare che, come per
magia, mi sembrava che Harry fosse con me.
Questa storia ha
partecipato al contest "Five Days" indetto da Erica Weasley.
Si è
posizionata 13^ su 18 storie.
Ha vinto il premio
"Brividi".
Tredicesima classificata
Dimmi ancora che la magia esiste di alida
Totale: 38,90/45
Grammatica e sintassi: 9,30/10
Scrivi: “Era come se per magia …”
staccando i tre puntini di sospensione dalla parola che li precede, il
che è errato. Poi nel periodo: “«
Che ore sono? » domandò confuso”
invece che “domando” (stai parlando al presente).
Nella frase: ““Già”
risponde lui: “Anche io le volevo bene””
è errato l’uso dei due punti; dovrebbero essere
sostituiti da un semplice punto fermo.
Pt.: -0,05 per spazio errato; -0,50 per uso di un tempo verbale
scorretto; -0,15 per errato segno di punteggiatura.
Lessico e stile: 8,60/10
Per quanto riguarda il lessico, usi tre volte il termine “smaterializzazione”,
ma quando se ne parla in generale, si dice
“Materializzazione”. Nessun altro appunto da farti
in questo campo, il lessico scelto è vario e mai ripetitivo;
non cade nello scontato, ma si adatta bene al testo e alla situazione
descritta.
Invece, lo stile, è un po’ penalizzato. A volte
è poco curato, con frasi inframmezzate più volte
da un ampio uso di virgole, e questo deve andare un po’
rivisto. Niente di grave; essenzialmente si legge bene e senza troppi
problemi, la lettura scorre abbastanza fluida e non riporta particolari
pecche, se non che deve esserci una leggera limatura qua e
là.
Pt.: -0,90 per lessico errato; -0,50 per uno stile che a volte richiede
maggiori attenzioni. Totale: -1,40 pt.
Caratterizzazione: 7/10
Io ti consiglierei di mettere un avvertimento che possa andare a far
capire la trasformazione così radicale e sensibile di
Dudley. Non so se l’AU possa adattarsi a questo caso, ma
almeno un What if? dovresti inserirlo. Lo dico perché io ho
avuto dei problemi a credere che Dudley, da bulletto quale era, fosse
diventato così instabile e talmente pazzo da dover essere
richiuso in manicomio e credere che le molle del letto parlino con lui.
Questo comunque l’ho attribuito ad un AU che non hai
segnalato, ma che si legge tra le righe. Ho avuto
perplessità anche sulla caratterizzazione (di sfondo, ma pur
sempre c’è) di Petunia e Vernon. Non credo che
sarebbero andati a dire al personale del manicomio di tenere Harry
lontano da loro figlio; per quanto siano crudeli, è sempre
suo cugino,e non possono impedirgli di vederlo, soprattutto in una
situazione così grave.
Ed infine – lo troverai strano, ma non posso mentire
– nemmeno Harry mi ha convinto tanto. Capisco che sia
avventato, lo è, ma fare una Materializzazione Congiunta con
suo cugino, fargli rischiare la vita (ricordo che sono frequenti i
fenomeni in cui le persone si Spaccano) e poi promettergli addirittura
di insegnargli a volare mi sembra quasi surreale.
Tanto, davvero, tanto ho cercato di farlo passare sotto l’AU
non inteso, ma non ho comunque potuto non penalizzare il resto.
Originalità: 10/10
Su questo, però, non ci piove. Un 10 pieno, che mi ha
colpita. Di sicuro non ho mai letto niente di simile, e non sono
nemmeno sicura che esistano storie che possono avvicinarsi a
quest’idea. In ogni caso, mi hai colpito. Un argomento
delicato, trattato con distacco ma allo stesso tempo con amore.
Io non ho parole. Di certo il finale lascia un amaro in bocca non
indifferente, ma ti giuro che fino all’ultima parola ho
sperato che arrivasse Harry e che lo salvasse in qualche modo.
L’ho sperato, e non è successo. Brava, saresti
caduta nelle aspettative del lettore, e invece mi hai sorpreso ancora
di più. Punteggio pieno.
Gradimento personale. 4/5
La storia mi è piaciuta. Hai trattato di una situazione
molto delicata e particolare che ho letto con un nodo alla gola. Mi
dispiaceva per Dudley e mi sentivo partecipe della sua pazzia, sperando
in continuazione che qualcosa volgesse per il meglio. Invece, quel nodo
me lo sono portato fino alla fine. E ti dico, l’unica cosa
che mi ha fatto abbassare il voto qui è stata la
Caratterizzazione non del tutto centrata. Ma questo non toglie che la
tua sia un’ottima storia.
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