E
quel giorno sarebbe arrivato
Ran
si sistemò i capelli dietro le orecchie e indossò
un
paio di orecchini.
“Conan,
sei pronto?”, chiamò.
Il
bambino dai capelli scuri e gli occhi azzurri annuì, felice,
e
prese la mano della giovane donna.
“Bene”,
sorrise tristemente lei, “allora possiamo andare.”
Aprirono
la porta della loro stanza e salutarono Kogoro, poi uscirono di casa.
“Andiamo
anche oggi...?”, azzardò Conan. Ran
annuì lentamente.
“Conan!”,
esclamò Ran, abbracciando il suo piccolo, che aveva un
grosso
taglio sulla guancia. “Cos'è successo?”
Ai
era arrivata sul posto e si era avvicinata a Conan e a Ran.
“Mi
spiace”, disse fredda, “ma Shinichi è
morto.”
Ran
sentì gli occhi inumidirsi al ricordo di quelle parole.
“Tutto
bene?”, domandò il piccolo, osservandola con
ingenuità.
“Certo,
tesoro”, abbozzò un sorriso lei, è
tutto a posto,
sta' tranquillo.”
“Dai”,
insistette il bambino, “dimmelo!”
“Niente,
niente. Davvero, non ha importanza.”, continuò a
sostenere
la giovane.
Conan
si arrese e guardò il cielo.
“M...morto?”,
ripeté Ran, mentre la sua stessa voce le sembrava lontana.
“Sì.
Stavolta non continuerai ad aspettarlo, vero?”, chiese Ai,
col tono
di voce di chi sa di star facendo la cosa giusta.
Conan
guardò Ran con uno sguardo tristissimo. Illuderla, come
aveva fatto sin dall'inizio di quella lotta contro l'Organizzazione, le
avrebbe fatto solo del male.
“Ci
sono ancora io”, mormorò, con le lacrime agli
occhi.
“Scusami,
Conan”, singhiozzò la giovane, “non
avrei mai dovuto
lasciarti andare con lui...non è giusto che tu abbia
assistito
alla sua morte...perdonami!”
“Torniamo
a casa”, fece Ai, voltando loro le spalle e guardando
l'edificio
davanti a lei bruciare.
Ran
avrebbe sempre creduto che il corpo di Shinichi fosse lì, ed
era giusto così.
Conan
oltrepassò il cancello del cimitero.
“Vieni”,
disse a Ran, “andiamo.”
Entrare
in quel cimitero era sempre difficile, per lei. E così, era
sempre Conan a entrare per primo in quel luogo triste, e poi a
convincerla a fare lo stesso.
“Sì”,
annuì la ragazza, lasciandosi alle spalle il cancello.
Camminarono
per qualche minuto, in silenzio.
Ran
pensò che Shinichi, forse, avrebbe voluto sentir loro
parlare.
“Ai
ha ragione”, disse Conan, facendosi forza.
“Dobbiamo tornare a
casa. Stare qui è inutile, ormai.”
Ran
tirò su col naso. Il suo piccolo Conan era proprio la copia
esatta di Shinichi, sia nel corpo che nella mente.
“Dove
sono gli occhiali?”, domandò. Era l'unica cosa che
riuscisse
a dire.
“Credo
di averli persi là dentro”, rispose il bambino,
indicando
l'edificio in fiamme.
Ricordava
ancora i volti di quegli uomini vestiti di nero, mentre cercavano di
ucciderlo.
“Ci
vedi lo stesso?”, chiese ancora Ran, asciugandosi gli occhi.
“Sì”,
annuì il piccolo, “anche se sono un po'
astigmatico, non
faccio molta difficoltà.”
Come
faceva ad essere così tranquillo?
Forse
stava semplicemente seguendo un consiglio di Ai...
“Siamo
arrivati”, annunciò Ran, davanti alla lapide del
suo amato.
Conan
annuì. Quella scena si ripeteva da quasi un anno, ormai.
Certo,
Conan non avrebbe mai potuto voler bene a Shinichi come gliene voleva
lei. Magari era per questo, che sembrava riuscire a trattenere le
lacrime senza troppa fatica.
A
differenza di lei.
“Ran”,
chiamò Ai, distogliendola dai suoi pensieri, “fra
poco le
fiamme arriveranno fin quaggiù. Non è saggio
restare
qui.”
Ran
annuì, ma non si mosse. Restò a terra , seduta
sulle
ginocchia, ancora troppo scioccata per riuscire a muoversi o a
parlare con altri che non fosse Conan.
“Ti
mancherà?”, domandò, rivolta a lui. Il
bambino annuì,
i suoi occhi divennero lucidi e, finalmente, una piccola lacrima
scivolò anche sul suo volto.
Ai
sembrava fatta di pietra. Non una sola emozione dipingeva il suo
viso, non una sola parola di conforto quelle labbra riuscivano a
pronunciare.
Ran
pensò che fosse un'insensibile. Non era giusto...Ai era
stata
così tanto tempo accanto al suo Shinichi prima che
ritornasse,
eppure ancora non lo apprezzava per quello che era...o meglio, che
era stato.
Perché,
ormai, non era nient'altro.
Solo
un mucchio d'ossa bruciate in quell'edificio che cadeva a pezzi.
“Vado
a prendere l'acqua per innaffiare i fiori”,
annunciò Conan.
“Torno subito.”
“Va
bene”, acconsentì la giovane, “non
allontanarti troppo,
però.”
Il
bambino annuì e la lasciò sola.
“Ciao,
Shinichi”, sussurrò piano lei, carezzando la foto
del
ragazzo che amava, la quale si trovava sulla lapide. “Mi
manchi
tanto, amore mio.”
Aspettò
inutilmente che lui rispondesse.
“Conan
cresce forte, sai? È un bambino molto dolce, e non si lascia
rattristare dagli eventi che accadono intorno a lui. Per questo ha
reagito così bene alla tua morte.”
Fece
una pausa.
“Beh,
in realtà...ogni tanto scopro che piange. Sembra molto
triste,
credo che pensi a te in quei momenti. Ma...tutte le volte che sono io
a piangere, si mostra sempre dolce, premuroso e forte. Somiglia tanto
a te, Shin.”
Per
un attimo le tornò in mente il viso del bambino rigato di
lacrime, e anche lei sentì gli occhi lucidi.
“Mi
dispiace che voi due siate potuti stare insieme così
poco...è
ingiusto! Io sono stata con te molto più tempo di lui. Io
sono
con te da quando sono nata, Shin. E invece, lui...”
Ai
sentiva anche lei un profondo vuoto dentro. Nonostante sembrava
indossare una maschera inespressiva, nel suo cuore ardevano mille e
più emozioni.
Voleva
anche lei bene a Shinichi, e nello stesso tempo provava pena per Ran.
Non
era giusto che, anche stavolta, non venisse a conoscenza della
verità.
Shinichi
non era morto a causa dell'incendio.
Conan
arrivò accanto a Ran, teneva in mano una bottiglia piena
d'acqua.
“Tieni”,
disse, porgendo la bottiglia alla ragazza.
“Grazie,
tesoro”, sorrise lei, nascondendo il viso per non far notare
le
lacrime che le rigavano le guance. “Sei stato
veloce.”
Il
piccolo annuì, mentre la giovane innaffiava i fiori e le
piante.
Poi
le posò una mano sulla spalla.
Lei
si voltò a guardarlo.
“Mi
ha detto di dirti che ti ama tantissimo.”
Ran
era seduta sulle ginocchia, il piccolo era in piedi.
Si
potevano guardare negli occhi, e illudersi di essere entrambi alti
allo stesso modo.
“E
che, ogni volta che avrai bisogno di lui...che ti sentirai
giù...che
ti sembrerà che il mondo ti stia crollando
addosso...”
Una
lacrima scivolò silenziosa dagli occhi del piccolo.
“...dovrai
parlare con me, perché ti sentirà anche
lui.”
Ran
non riuscì più a trattenere le lacrime.
Iniziò a
piangere a dirotto e strinse Conan in un abbraccio quasi disperato,
anche lui lasciò scivolare le lacrime giù dai
suoi
occhi e bagnargli le guance.
Avevano
trattenuto entrambi quel dolore per troppo tempo.
“Cos'è
successo, Ai?”, domandò Ran, con un filo di voce.
“Dimmi
la verità.”
“Shinichi
è morto a causa dell'incendio”, ripeté
la giovane,
stupita da quella domanda a cui aveva già risposto poco
tempo
fa.
“No”,
fece l'altra, a occhi bassi, “lo so che non è
andata così.”
Ai
restò in silenzio. Conan la guardò, preoccupato.
“Dimmi
la verità!”, insistette Ran, piangendo.
“Lui...è
morto per salvare Conan...”, disse la ragazza, mentre anche
la sua
voce iniziava a tremare.
“Smettila
di nascondermi la realtà di questa faccenda, Ai! Ho il
diritto
di sapere la verità!”, esclamò l'altra,
con tutto il
fiato che aveva in gola.
“L'hanno
ucciso!”, gridò Ai, in risposta.
“L'hanno ucciso, ecco!
Questa è la verità!”
Ran
terminò improvvisamente di singhiozzare, Conan
fissò la
ragazza ad occhi sbarrati.
Anche
Ai stava piangendo.
“Perché
non me lo hai detto prima?”, chiese Ran, con un filo di voce.
“Non
lo so”, singhiozzò Conan, “forse non ne
avevo la forza.”
L'abbraccio
si sciolse.
“Oppure,
non era giusto che fossi io a dirtelo.”
Ran
fissò il suo bambino negli occhi.
“Perché
dici così?”
Il
piccolo iniziò a tremare. Di nuovo, stava cercando di
trattenere le lacrime.
“Mi
ha detto di essere forte, di non piangere mai”,
mormorò a
bassa voce, “e io non ne sono stato in grado!”
La
ragazza sbarrò gli occhi, stupita del senso del dovere del
bambino. “Ma no, amore”, gli disse piano,
accarezzandogli la
schiena. “Sei stato bravissimo, invece!”
“No,
non è vero!”, esclamò lui, scoppiando
in lacrime.
“Sto piangendo anche in questo momento!”
“Perché
mi fissate in quel modo?!”, fece Ai, sentendosi come un
fenomeno da
circo. “Credete che io non sia capace di provare sentimenti
come
tutte le persone normali?!”
Ran
si sentì in colpa per aver pensato di lei che fosse
un'insensibile.
“No,
Ai”, scosse la testa Conan, “è solo
che...”
“Torniamo
a casa.”
Stavolta
furono gli occhi di Ai ad essere puntati su Ran.
“Non
vuoi sapere altro?”, chiese, asciugandosi le lacrime.
La
ragazza scosse la testa. “Ci sarà tempo, per
farlo. Adesso
non è necessario, siamo ancora tutti molto scossi
dall'accaduto.”
Conan
e Ai annuirono, poi quest'ultima sorrise.
Ran
stava cercando di essere forte per lei.
“Tesoro”,
disse dolcemente
Ran, “lui ti guarda sempre, e sa che tu ce la metti tutta per
mantenere la promessa che gli hai fatto. Sono sicura che apprezza
moltissimo tutto ciò che fai...sono certa che sia anche
molto
fiero di te.”
Conan
alzò il viso, e
scrutò Ran con occhi lucidi e stupiti.
“Lo
pensi davvero?”, chiese,
speranzoso.
“Assolutamente
sì!”,
sorrise la ragazza. “Adesso torniamo a casa, però.
Non sarà
felice di vedere che stai morendo di fame!”
Il piccolo
sorrise, colto nel
fatto. “E così te ne sei accorta...”
“Certo!
Dopotutto, ti conosco
da quando sei nato...”, disse la giovane, prendendolo per
mano e
iniziando a camminare.
Poi,
però, si fermò
e osservò la fotografia sulla lapide di Shinichi.
Sentiva che
Conan aveva qualcosa
da dire.
“Ti
manca?”
Ran
prese per mano Conan e sorrise ad Ai.
“Resti
a pranzo da noi?”, domandò gentile.
“No,
grazie”, rispose lei, scuotendo la testa. “Come se
avessi
accettato, d'accordo?”
La
giovane annuì e poi entrò nella sua auto, accanto
a
quella della ragazza.
“Ciao,
Ai!”, salutò Conan per entrambi. Lei
agitò la mano in
segno di saluto, mentre rispondeva al sorriso che Ran le aveva fatto.
Un
giorno le avrebbe detto tutta la verità. Le avrebbe
raccontato
tutto, sin dall'inizio.
Fino
ad allora, Conan avrebbe fatto come sempre la sua parte...
E
poi, quel giorno sarebbe arrivato.
Il piccolo
annuì.
“Tanto”, aggiunse. “E a te?”
“Sì.
Tantissimo”,
ammise la ragazza.
I due
restarono in silenzio, poi
lo stomaco di Conan brontolò e Ran rise.
“Dai,
andiamo. E stavolta
senza fermarci!”, sorrise.
“Aspetta!”,
fece però
il bambino, trattenendo la giovane per la mano.
“Cosa
c'è?”, chiese
quella, curiosa.
“Mamma,
domani torniamo a salutare papà?”
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