PLAY
Passeggiavo per le
strade
di Quemado, senza alzare lo sguardo dal marciapiede grigiastro,
tenendo le mani in tasca senza curarmene più di tanto. Le
case
nei dintorni avevano le pareti scrostate e parecchi cancelli avevano
la serratura forzata, come se qualche ladro avesse tentato di
entrare: forse ero finito in un postaccio per un ragazzino di dieci
anni, uno di quei vicoli malfamati presenti in ogni città,
ma
non me ne importava un accidenti. Ero accerchiato solo dal buio, ma
non era affatto inquietante: per dirla tutta, mi sentivo a mio agio
immerso nelle tenebre.
Era mattina
presto, circa
le tre e qualcosa, perciò le strade erano deserte.
Non sapevo esattamente
perché mi trovassi in Texas, probabilmente era il primo
posto
abbastanza lontano dalla Grande Mela che mi fosse venuto in mente.
L'ultima cosa che ricordavo era di stare vagando nel Labirinto con
Minosse, perciò come mi fossi ritrovato a Quemado era un
mistero. Sapevo solo di dover trovare un posto distante da New York,
non ce la facevo a vivere nella stessa città di Percy, non
dopo che aveva infranto la promessa di proteggere mia sorella Bianca.
Il ricordo di come gli
scheletri si fossero fermati ai miei ordini e di come il terreno si
fosse spaccato a metà per un mio desiderio era vivido nella
mia mente. Tutto era accaduto perché era quello che volevo
fare, sprofondare sottoterra e restarci, senza più mettere
piede sul suolo del mondo in cui mia sorella aveva perso la vita.
Non capivo perché
tutto dovesse essere così ingiusto con noi: eravamo
orfani...
o meglio, ero orfano. Bianca ormai era morta. E tutto questo
perché
quell'idiota figlio di Poseidone non l'aveva impedito.
La rabbia non ci mise
troppo ad impadronirsi di me al solo ricordo di quel traditore
incapace di mantenere uno straccio di promessa. Aveva promesso di
fare del suo meglio per proteggerla.
Probabilmente se n'era
altamente infischiato ed aveva pensato a mettere in salvo il suo
fondoschiena, altroché! Va bene tutto, ma non ero mica
scemo:
se avesse voluto salvare Bianca ci sarebbe riuscito. Era il figlio di
uno dei Tre Pezzi Grossi, per il posteriore di Chirone!
-Se ci fossi stato io...-
mi maledii prendendo a calci un povero sassolino, senza rendermi
conto più di tanto di quello che dicevo.
-Se ci fossi stato tu
cosa?- mi domandò un tizio, appoggiato con la schiena ad
muro
in mattoni che dava su un vicolo cieco.
I
found God
on the corner of 1st and Amistad
Where the
West was all but won
All alone,
smoking his last cigarette
I said,
"Where've you been?". He said, "Ask anything.".
Era
un tipo decisamente
singolare: portava una camicia grigia con i polsini sbottonati e dei
pantaloni in denim
tutti
strappati, come se si fosse azzuffato con un barboncino. I capelli
scuri erano tutti arruffati e gli occhi, di un colore indescrivibile,
emanavano un'aura decisamente minacciosa. Non sembrava ricco, ma si
atteggiava come se lo fosse, tenendo una sigaretta nella mano
sinistra con ostentato charme. Non mi curai
più di
tanto del fatto che, in effetti, fosse spenta.
-E tu chi sei?- gli
domandai. Probabilmente non avrei dovuto rivolgere la parola ad un
estraneo, ma a quel punto non m'importava più di niente e
nessuno.
-Un po' di rispetto,
ragazzino!- mi frenò il tizio. -Ti pare questo il modo di
rivolgerti a qualcuno che non conosci?
Avrei potuto comodamente
rispondergli a tono, ed ne avevo una voglia immensa, ma l'espressione
nei suoi occhi mi invitava vivamente a non provarci nemmeno. Avevo
come l'impressione di averlo già visto, ma le
probabilità
rasentavano la soglia del due per cento: non ero mai stato in Texas
prima di allora e, di sicuro, se avessi incrociato un individuo del
genere a New York me lo sarei ricordato.
-No.- gli risposi, senza
smettere di fissarlo.
-E non è educato
fissare la gente in questo modo.- aggiunse lui, con aria annoiata.
-Scusi.- risposi in tono
pacato, distogliendo lo sguardo. Qualcosa, anche se non sapevo bene
cosa, mi diceva che era meglio non contraddirlo.
Il tizio sorrise
soddisfatto, poi indicò il marciapiede, come invitandomi ad
accomodarmi. Per quanto avessi guardato per terra, non mi ero reso
conto di quanto sporche fossero le strade secondarie: bucce di banana
qua e là e macchie oleose di sostanze non ben identificate
dappertutto. Gli ecologisti si sarebbero accapponati la pelle. Pareva
che nessuno si curasse minimamente di quella porzione di mondo. Un
po' come me, quella parte di Texas era rimasta sola.
-Vuoi sederti?- mi chiese
il tizio, senza però dimostrarsi eccessivamente confidente.
Forse mi stava ancora scrutando come io stavo scrutando lui,
decidendo se fidarmi o meno.
Lanciai un'occhiata
disgustata al marciapiede tutto macchiato, dopodiché
replicai:
-No, stavolta passo.
Il tizio sorrise. Non era
un vero e proprio sorriso, per dir la verità, era
più
una smorfia di divertimento.
-Bene, allora faremo
quattro chiacchiere stando in piedi.- concluse il tipo.
Mi chiesi perché
stessi ancora a sentire quel tizio che sembrava non avere tutte le
rotelle al loro posto. Avrei potuto comodamente andarmene a zonzo per
i cavoli miei, eppure ero là a dar retta a quell'individuo
bizzarro che aveva voglia di fare quattro chiacchiere con il primo
passante che gli capitava a tiro. Di cosa
avrebbe potuto voler parlare con me, poi? Ci eravamo appena
incontrati per la prima volta!
Invece, contrariamente a
quanto sembrava, lui sapeva di me molto più di quanto ne
sapessi io.
-Di che vuoi parlare?-
gli chiesi, togliendo le mani dalle tasche e lasciandomi cadere
pigramente le braccia lungo il corpo.
-Ebbene, Nico, vorrei
proprio sapere la risposta a quello che dicevi prima.- rispose il
tizio, con aria pensierosa.
-Oh, beh, credo che
dovrei raccontarti tutta la storia e...- d'un tratto mi bloccai,
accorgendomi di un particolare inquietante che mi fece sbarrare gli
occhi. -... tu come sai il mio nome? Io non te l'ho detto...
Il signore sbuffò.
-A quanto pare non hai ancora capito chi sono... ma davvero non mi
riconosci?
Si guardò camicia e
pantaloni un po' preoccupato, come se fosse per colpa loro che non
avevo capito chi fosse.
-Ehm... dovrei?
-Direi proprio di sì.-
rispose il tipo. Ok, era ufficiale, credevo che fosse appena scappato
da una casa di cura per malati mentali o da un manicomio, ma questo
non spiegava come facesse a sapere il mio nome.
-Mi dispiace, non la
conosco...- mi scusai, iniziando non so perché ad utilizzare
una forma più rispettosa, rivolgendomi con il
“lei”.
-Oh, poco male, lo so che
hai perso la memoria.- fece lui, stringendosi nelle spalle mentre
fissava con aria poco convinta la sigaretta. -Ehi, per caso hai da
accendere?- mi domandò.
Ero letteralmente basito.
-No, mi spiace.
-Oh, allora credo che
dovrò ricorrere ai vecchi metodi.- minimizzò lui,
facendo spallucce e schioccando le dita. Come per magia, dal suo dito
indice si attizzò una piccola fiammella rossa, che ardeva
giocosa e si muoveva con il leggero venticello di quel giorno.
-Ma... ma cosa
cavolo...?- balbettai, stupito.
Lui guardò dapprima
la fiammella poi la sigaretta, rivolgendo ad entrambe sguardi
estremamente critici. Poi si scocciò e gettò via
la
sigaretta. -Oh, che vada al Tartaro, io non fumo! Persefone mi
ammazzerebbe.
Solo allora parve
accorgersi del mio sguardo pietrificato.
-Ah, sì, i mortali
non sono soliti fare questi giochini con il fuoco.- si
ricordò con un ghigno,
soffiando sulla fiammella e spegnendola di conseguenza.
-Come ha fatto? E,
aspetti un attimo, ha detto mortali?- lo incalzai, strabuzzando gli
occhi. -E poi Persefone? Quindi lei è...
-Ade, il Signore degli
Inferi.- concluse il tipo, pulendosi un po' di polvere dai pantaloni,
come se affermare di essere una divinità fosse una cosa
all'ordine del giorno.
Normalmente, un comune
essere umano avrebbe chiamato la polizia o chi di dovere per
segnalare un pazzo scatenato che diceva e credeva di essere Ade.
Tuttavia, io sono Nico Di Angelo e sono un mezzosangue, o semidio,
che dir si voglia, quindi la cosa non m'impressionò
particolarmente. Anche mia sorella Bianca lo era, ma è morta
perché un figlio di Poseidone non aveva adempiuto alla
promessa fattami prima della loro partenza in missione. Io cercavo
ancora di capire di chi potessimo essere figli io e Bianca, dato che
non somigliavamo minimamente a nessuno dei ragazzi del Campo
Mezzosangue, ma non ero giunto ad uno straccio di conclusione. Fino
ad allora.
-Certo, allora... ehm,
divino Ade, cosa la spinge qui ad... ehm, all'angolo tra 1st
e Amistad?- gli domandai, dopo aver letto, con molta
difficoltà
dovuta alla dislessia, l'insegna stradale.
Ecco, vedo di spiegarvi
anche questa bizzarria: essendo figlio di uno degli Olimpi, il mio
cervello è programmato per leggere il greco antico,
causandomi
dislessia. Oltre a questo ho anche un disturbo all'attenzione, quella
simpatica cosina dell'iperattività e via dicendo, quindi se
pensavate che l'essere un mezzosangue fosse semplice... beh,
scordatevelo immediatamente!
Ade mi scrutava con la
stessa aria critica che aveva riservato alla fiammella, poi disse
semplicemente: -Sei cresciuto.
Pensai che avesse
incrociato Dioniso al pub.
-Ehm... davvero?-
domandai, chiedendomi se ci fosse una via di fuga. Tuttavia, per
quanto potesse essere un individuo bizzarro, la compagnia di Ade era
piuttosto gradevole.
Ade annuì. -Mi
ricordi tanto tua madre, Maria Di Angelo¹.
Il mio sguardo si
rattristò. Non sapevo praticamente nulla di mia madre,
neppure
il suo nome fino a quel momento. L'ultimo ricordo che avevo di lei
era solo un fascio di luce azzurra, null'altro. Sapevo solo che ormai
non c'era più. Come Bianca.
Ma come faceva Ade a
conoscere mia madre? Che l'avesse incontrata giù negli
Inferi?
-Come fa a conoscere mia
madre, signore?
-Gran bella domanda!
Diciamo che eravamo più di semplici amici...- rispose Ade,
un
po' in difficoltà. Sapevo che non si doveva mai mettere in
difficoltà un adulto, ancor meno se questi era il Signore
dei
Morti, ma non riuscii a trattenermi.
-Eravate fidanzati o
cosa?- gli chiesi, con la curiosità che sprizzava da tutti i
pori.
-Non solo fidanzati.-
rispose Ade, schioccando le dita.
Sulle prime non capii cosa
fosse successo, ma vidi che lui fissava qualcosa sopra la mia testa,
così alzai lo sguardo: una sorta di palla di fumo nero era
comparsa sopra la mia testa. In quella sfera c'era anche una sorta di
disegno in rosso, che però non riuscii a mettere a fuoco per
colpa della dislessia. Quando questa... chiamiamola palla di fumo ci
volatilizzò, tornai a puntare gli occhi su Ade.
-Che significa quella
palla di fumo?- gli chiesi, incredulo. -Non vorrà mica dire
che...
-Tu sei mio figlio,
Nico.- disse Ade. -Credo che anche il figlio di Poseidone se ne sia
reso conto.
Mi ci volle qualche
secondo perché il mio cervello registrasse le nuove
informazioni: gli scheletri che mi obbedivano, il terreno che si
apriva a seconda della mia volontà... tutto tornava!
Ironico che la statuina di
Mitomagia per cui Bianca aveva perso la vita fosse quella di nostro
padre ed anche l'unica che mi mancava.
-Quindi... io sono il
figlio del Signore degli Inferi?
-Sì.
-Tu sei mio padre?
-Sì.
-Lo sapevi da tanto?
-Sì.
-Mi stai prendendo in
giro?
-No.
-Bene.- conclusi, sempre
però con un'aria sospettosa sul volto.
-Adesso sei convinto,
Nico?- mi domandò.
-Diciamo di sì.-
risposi. Ormai non mi stupivo più di nulla, nemmeno di un
individuo che, di punto in bianco, si presentava dicendo di essere
Ade e di essere mio padre. Tutto stava diventando monocromatico.
Bianca non era più
con me, tutto sembrava aver perso ogni importanza per me. Persino
quella stupida guerra tra dèi e titani: noi mezzosangue
potevamo restare tranquillamente a guardare il tutto in disparte,
scommettendo su chi avrebbe vinto.
Mio padre non sarebbe
dovuto andare a combattere, tanto era stato esiliato dall'Olimpo. Ma
non per questo non poteva venire a vederci almeno una volta...
-Posso farti una
domanda?- gli domandai.
-Chiedi tutto quello che
vuoi.- rispose mio padre, invitandomi a porgli il mio quesito con un
gesto della mano.
-Dove sei stato per tutto
questo tempo?
Where
were
you, when everything was falling apart.
All my days
were spent by the telephone that never rang
And all I
needed was a call that never came
To the
corner of 1st and Amistad.
-Come?-
fece Ade. Ebbi la sensazione che quell'invito a chiedergli
tutto
quello che volevo non comprendesse questa domanda nel tutto.
-Dove sei stato per tutto
questo tempo?- ripetei, con uno sguardo di sfida che celava quella
che, in realtà, era malinconia. -Dov'eri quando la mamma
è
morta? Dov'eri quando io e Bianca eravamo soli e cercavamo un
conforto, mentre tutto il mondo sembrava crollarci addosso? Dov'eri
quando ci ha attaccato la manticora?- lo incalzai, con le lacrime
agli occhi. -Dov'eri quando Bianca è morta? Dove?
Mio padre rimase in
silenzio, a guardarmi. Materializzò dal nulla una panchina
laccata di verde smeraldo, come quelle di Central Park, e vi si
sedette sopra, invitandomi a fare altrettanto.
-Mi dispiace.- disse Ade,
senza tradire alcuna emozione nella voce.
-Un “mi dispiace”
non è una risposta!- protestai. -E poi, io non...
Dubitavo seriamente che
gli dispiacesse. Se avesse voluto salvare la mamma o Bianca lo
avrebbe fatto senza problemi! Era uno dei Tre Pezzi Grossi,
accidenti! È inutile, era esattamente come Percy: bugiardo.
-Non sono un bugiardo.-
disse Ade, quasi come se mi avesse letto nella mente. -E nemmeno il
figlio di Poseidone lo è. Sarà stupido, ma non sa
mentire. Si è seriamente impegnato per tua sorella.
Storsi il naso in una smorfia sarcastica.
-Sciocchezze. Lui è il figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi,
è
molto potente! Se avesse voluto salvarla, ci sarebbe riuscito!
Ade scosse la testa. -Una
volta che si tocca qualcosa nella discarica di Efesto, non
c'è
modo di uscirne a meno che il ladro non sconti la sua pena con la
morte.
-Vedo che Zeus non è
l'unico paranoico all'Olimpo...- constatai, incrociando le braccia.
-Se gli dèi sono tutti così siamo presi bene...
Sul volto di mio padre
ricomparve nuovamente quella smorfia di divertimento. -Hai ragione,
Nico.
-Sarà, ma tu non
mi hai ancora risposto!- replicai, evitando che la conversazione
sviasse dall'argomento che io volevo trattare. -Dove sei stato per
tutto questo tempo? Che facevi? Almeno ti è mai importato
qualcosa di noi figli?
-Ovvio che mi è
importato di voi!- esclamò Ade con prontezza. -Ho fatto
tutto
il possibile per aiutarvi, nei limiti dell'accordo che abbiamo preso
con Zeus.
-Mi chiedo come mai
ancora ti ostini ad ubbidire a tuo fratello!- esclamai. Allora non me
ne resi conto, ma stavo perdendo il controllo. -Ti hanno esiliato,
tecnicamente potresti fare quello che ti pare e piace!
Perché
bisogna sottostare allo Spara-Fulmini-e-Saette? Anche Poseidone lo
definisce Dio del Teatro! Tu vorresti farti comandare da un tipo
così?
Ade si accigliò.
-Quindi?
-Non hai voglia, che ne
so, di vendicarti?- gli domandai. -Saresti più potente di
tutti gli altri! Stai soffrendo in silenzio?
-Ah-ah!- mi bloccò
Ade, scuotendo la testa. -Zeus, per quanto stupido, è sempre
mio fratello. Malgrado le ingiustizie alle quali sia sottoposto, loro
rimangono la mia famiglia. Non combatterò al fianco di mio
padre Crono solo per vendetta. Durante la battaglia finale, io
sarò
dalla parte dei miei fratelli. Per quanto se ne dica, tengo alla mia
famiglia.
-E noi non tieni?- gli
domandai di nuovo.
-Ti ho già detto
di sì, Nico.
-Sarà, ma non ti
credo!
-Ragazzino, sarò
anche tuo padre, ma sono pur sempre un dio!- protestò Ade,
mentre gli occhi gli si accendevano. -Ti ho già detto che
tenevo a te e a Bianca, ma non ho potuto fare nulla per lei,
così
come non ha potuto fare nulla il figlio del vecchio Barba d'Alghe.
-Non è solo per
quello!- replicai. -In tutti questi anni avresti potuto, che ne so,
chiamarci una volta ogni tanto! Percy ha telefonato a suo padre e non
è successo nulla!
-Lo so, ma dagli Inferi
la situazione è un po' più complicata.-
ribatté
mio padre.
-Se avessi voluto ce
l'avresti fatta!- contestai. -Tutto quello di cui avevamo bisogno io
e Bianca era sapere di non essere soli! Ci bastava un segno, uno
qualunque, da parte tua!- sbottai balzando in piedi. -Giusto per
sapere di non essere completamente soli e dimenticati...
Ade non mosse un muscolo.
Di certo non mi aspettavo che mi abbracciasse con fare paterno e mi
chiedesse scusa per essere comparso solo allora, ma mi sarei
aspettato una qualche reazione da parte sua. Mi sarebbe andata bene
anche una sfuriata di qualunque tipo. Ma volevo che reagisse in
qualche modo, che non restasse indifferente ai racconti delle
sofferenze mie e di Bianca.
Invece, quando parlò,
sembrò tirare in ballo tutt'altro argomento.
-Sai, Nico, quando mi
hanno confinato negli Inferi credevo che i miei fratelli volessero
condannarmi in solitudine e dimenticarsi della mia esistenza.- disse
Ade, alzando lo sguardo al cielo. -Però non avrebbero potuto
scordarsi di me nemmeno se l'avessero voluto.
-Okay, e questo che vuol
dire?
-Vuol dire esattamente
quello che vuol dire.- rispose pacato Ade. -Le storie di vita passata
non sempre hanno una morale.
-E allora, se non ha una
morale, perché devo star ad ascoltarle?
-Invece, questa storia ha
una morale.- replicò il Signore degli Inferi. -Sai
perché
non sarebbero riusciti a dimenticarmi tanto facilmente?
Ade spostò lo
sguardo dal cielo su di me, lanciandomi un'occhiata indagatrice come
se fosse sicuro che io sapessi la risposta.
-Non lo so.- risposi
francamente.
-Dovresti.- mi
contraddisse Ade.
-Ho detto che non lo so.
-Bene.- disse, mettendosi
le mani in tasca. -Allora te lo spiego io.
Mi sedetti nuovamente al
suo fianco, a guardarlo in attesa di una spiegazione che mi potesse
soddisfare.
-Sai, quei dodici
bacucchi sull'Olimpo sono pur sempre miei parenti. Non ci si
può
dimenticare completamente dei partenti e dei familiari, è
proprio impossibile.
-Perché è
impossibile?- gli chiesi.
-Perché in una
famiglia ognuno segna permanentemente la vita degli altri e
viceversa.- spiegò. -Anche se praticamente nessuno lo sa, io
e
Poseidone facciamo delle conversazioni a suon di terremoti marini e,
quando piove e l'acqua penetra nel sottosuolo, è come se
Zeus
mi stesse parlando. Mia moglie Persefone è sempre al mio
fianco e sua madre Demetra, che per inciso è anche mia
sorella, viene a farmi visita ogni equinozio per riprendere con
sé
la figlia. Certo, che questo mi faccia piacere è un discorso
a
parte, ogni volta mi costringe ad ingozzarmi di cereali...- Ade
sospirò. -Poi c'è Ermes, che mi recapita posta in
continuazione intasandomi la buca delle lettere, Ecate che viene a dar
da mangiare ai segugi infernali
di tanto in tanto, Melinoe² che qualche volta esce dal suo
antro e
viene nel mio palazzo... non sono stato dimenticato, non sono
riusciti a farmi uscire dalle loro vite. Come io non sono riuscito a
far uscire Maria, te e Bianca dalla mia.
Rimasi in silenzio, con lo
sguardo basso e la testa china, a fissarmi le scarpe con più
minuzia ed attenzione di quanta ve ne avrei dedicata abitualmente,
riflettendo.
But
in the
end everyone ends up alone
Losing her,
the only one who's ever known
Who I am,
who I'm not and who I wanna to be
No way to
know how long she will be next to me.
-Luke
si è
dimenticato di Ermes, però.- gli feci notare.
Ade scosse la testa. -Non
si è dimenticato di suo padre. Gli ha voltato le spalle, ma
non lo ha dimenticato.
-Beh, non vedo tutta
questa gran differenza.- sbottai.
-Invece c'è.-
ribatté mio padre. -Anzi, forse è passato dalla
parte
di mio padre solo perché si ricorda ancora di Ermes.
-Cosa?- esclamai,
sgranando gli occhi in preda alla sorpresa. -Ma non ha senso!
Perché?
-Lo sai, no? Per
ricordargli che lui esiste e così via.- rispose Ade, con un
gesto noncurante della mano. -Anche se in realtà Ermes non
si
è mai dimenticato né di lui né di May
Castellan.
Tornai alle mie scarpe,
riflettendo mentre osservavo con aria critica, la stessa che aveva
mio padre fino a qualche secondo prima, tutti i difetti delle
calzature. I lacci erano sporchi, ingrigiti e odoravano di fragole,
le fragole del campo del Signor D. La suola era rigida e ancora
umida, prima di incontrare Percy ero finito con i piedi nel lago. La
tela era logora, scolorita e sporca, di solito era Bianca che mi
lavava le scarpe: da quando era diventata una delle Cacciatrici di
Artemide non le avevo mai nemmeno strofinate con un po' di sapone.
Non era una cosa molto da
mezzosangue, ancor meno da figlio di Ade, ma mi veniva quasi da
piangere ripensando a mia sorella. Prima, seppur soli, sapevamo di
poter contare l'uno sull'altra, quindi almeno noi ci facevamo
compagnia. Dopo la sua morte, invece, io ero veramente solo.
-Però, alla
fine...- mormorai, attirando su di me l'attenzione di mio padre.
-Mh?
-... alla fine tutti
rimangono soli.- conclusi, con tono piatto.
Ade inarcò un
sopracciglio, con un'aria confusa. -Che intendi dire?
Alzai lo sguardo fino ad
incrociare i suoi occhi. L'espressione dipinta sul mio volto era la
più convinta che riuscivo a sfoderare.
-Tutti rimangono soli,
alla fine!- ripetei. -Luke è rimasto solo, senza l'appoggio
di
Ermes. Tutti quei ragazzi indeterminati della casa 11 sono rimasti
soli, mentre i loro divini genitori non si curano minimamente di
riconoscerli e se ne fregano completamente. Io sono rimasto solo.
Strinsi le mani a pugno
con così tanta forza da arrivare quasi a farmi sanguinare i
palmi. Il ricordo di Bianca stava accompagnando le lacrime all'uscita
dai miei occhi, ma non dovevo piangere. Non potevo piangere, non di
fronte ad Ade.
Scostai bruscamente la
testa, chinandola nuovamente verso il basso. Strizzai gli occhi,
impedendo alle lacrime di sgorgare fuori. Io dovevo essere forte
anche per Bianca, specialmente perché lei non c'era
più.
-Lei... lei era l'unica
su cui avessi mai potuto contare!- urlai, in preda al rimorso.
-L'unica volta che ho provato a fidarmi di un'altra persona, come
conseguenza mia sorella è morta! Avrei potuto fare qualcosa
per aiutarla!
-Che cosa?- domandò
Ade, secco.
Scossi la testa, mentre
una lacrima mi rigava la guancia sinistra. -Non lo so. Mi sarei
inventato qualcosa, ma l'avrei salvata!
-Perché?
-Perché è
mia sorella!- urlai, con il dolore che mi lacerava l'anima. -Tu non
daresti la vita per tua sorella?
Ade non avrebbe nemmeno
dovuto fare quella domanda, era terribilmente stupida. Insomma, la
risposta era ovvia: ogni fratello avrebbe sacrificato se stesso per
la propria sorella!
Mio padre lasciò
cadere di peso il capo su una mano, con aria pensierosa ed un po'
annoiata.
-Voi mezzosangue avete
tutti uno strano modo di pensare.- constatò Ade. -Comunque,
per rispondere al tuo quesito, credo proprio che sia impossibile che
io dia la mia vita per un mio fratello o per una mia sorella.
-Che?- lo guardai con
occhi sgranati. Non riuscivo a credere che fosse così
cinico.
Se non sarebbe stato disposto a dare la vita per un familiare, allora
per chi?
Ade annuì.
-Ragazzino, io sono immortale!- osservò Ade.
Ritiro tutto, ecco svelato
l'arcano.
-Ma, in ogni caso, ci
sarebbe qualcuno per cui valga la pena morire, secondo te?- gli
domandai, con tranquillità, ignaro che quella fosse la
domanda
più dolorosa che avrei mai potuto porgli.
Ade ci pensò su, ma
il suo sguardo aveva perso un po' della luce infuocata che gli
brillava negli occhi sino a poco prima.
-Di sicuro io sarei stato
disposto a morire per tua madre.- rispose alla fine, concludendo con
un sospiro quasi impercettibile. -Ma dimmi,
perché
questa domanda?
-Volevo sapere se ci
fosse mai stato qualcuno di importante per te.
-Ti ho già detto
che volevo bene a te, a Maria e a Bianca.- ripeté Ade. -Se
solo quello stupido fulmine non avesse portato via vostra madre...-
mormorò, serrando la mano sinistra a pugno.
-Tenevi tanto a lei,
vero?- gli domandai, senza rifletterci più di tanto.
Per tutta la risposta, mio
padre strinse le mani ancora più forte. Capii che quella
domanda era destinata a non ricevere alcuna risposta da parte del
Signore dei Morti.
-Nico.- borbottò
Ade.
-Sì?
-Hai detto che avresti
sacrificato te stesso per salvare Bianca, giusto?
-Sì.
-Perché avresti
fatto una cosa del genere?
-Ho già risposto a
questa domanda.
-Sì, d'accordo.-
borbottò Ade, cercando di farmi capire dove volesse
arrivare.
-Ma non dirmi solo “perché è mia
sorella”!
Cosa rappresentava lei per te, oltre che una sorella?
Onestamente dovetti
rifletterci con attenzione. Possibile che considerassi Bianca solo
come una sorella? No, decisamente no. Ma allora che cosa
rappresentava Bianca e tutta la sua esistenza per me?
-Bianca avrebbe potuto
lasciarmi in disparte, anche se sono suo fratello, e frequentare ben
altra gente con una buona posizione nella società eccetera
eccetera. Però ha preferito starmi accanto, difendendomi da
chiunque tentasse di farmi del male, anche se non ho mai saputo
ripagarla in alcun modo.- riflettei, senza rendermi conto di star
parlando ad alta voce. -Mi ha sempre aiutato quando ne avevo bisogno,
anche quando era lampante che pure lei aveva una fifa blu. Lei ha
preso il posto della mamma quando è morta. Lei...- esitai,
abbassando nuovamente lo sguardo, mentre sentivo lo sguardo di mio
padre ancora fisso su di me. -Lei era l'unica che sapesse chi ero e
chi sarei diventato! Lo diceva che avevo la stoffa dell'eroe!-
conclusi, con le lacrime che lottavano contro la mia forza di
volontà
per uscire dai miei occhi e rigarmi le guance.
-Beh, aveva visto giusto,
no?
Io annuii, senza rivolgere
la benché minima occhiata all'uomo seduto alla mia destra.
Ade fece un piccolo
movimento con il capo, come se stesse soppesando la mia affermazione
e non sapesse come porre la sua critica in merito.
-Diciamo che aveva
ragione sulla parte dell'eroe, ma nemmeno lei avrebbe potuto intuire
chi fosse vostro padre.- puntualizzò Ade.
-Questo perché non
ce n'è stato il tempo!- la giustificai. -Lo avrebbe scoperto
stando con le Cacciatrici o rimanendo al Campo Mezzosangue anche solo
per un altro po'!
Credevo fermamente in
Bianca. Lei era perspicace, coraggiosa, intrepida, sagace e con un
ottimo spirito d'osservazione: avrebbe di sicuro capito il nostro
rapporto con l'Oltretomba se fosse rimasta in vita e non avesse
gettato la sua vita per una stupida statuina.
-Probabile.- constatò
Ade.
-Però...- esordii,
prima di essere bloccato da un singhiozzo giunto nel momento meno
opportuno che soppressi a fatica. -... non sapevo che sarebbe rimasta
con me solo per così poco... non potevo averne alcuna idea...
Imprecai
sui denti cariati
di Cerbero, ma non mi sentii affatto meglio. In quel momento avrei
voluto soltanto che Bianca fosse stata lì con me, a
consolarmi
e a dirmi che sarebbe andato tutto bene. D'altro canto, non avevo
nemmeno preso in considerazione di poter ricevere una consolazione da
mio padre: avevo fatto bene a non illudermi, perché si
limitò
a distogliere lo sguardo da me con l'aria di essere un po' a disagio
ed a puntarlo verso il cielo ancora scuro.
The
early
morning, the city breaks
And I've
been calling for years and years and years
And you
never left me no messages
You never
sent me no letters
You got
some kind of nerve taking all I want.
Era
passato un bel po' di
tempo, ma non saprei dire esattamente quanto. Sapevo solo che il
mattino stava per giungere anche a Quemado. La città si
stava
aprendo al sorgere del Sole, apparendomi sotto tutt'altra luce e
tutt'altra prospettiva. Tuttavia, senza Bianca quel mondo non
assumeva alcun significato per la mia esistenza. L'ho detto, no?
Senza di lei io non sapevo chi fossi e che cosa rappresentassi per la
Terra. Ma, se non altro, quell'oggi avevo scoperto di essere figlio
di Ade.
-Sono certo che Bianca
l'avrebbe capito!- esclamai. -Avrebbe scoperto di sicuro che siamo
figli tuoi anche continuando in quel modo.
-Di che modo parli?- mi
chiese Ade.
-Senza che tu ci dessi un
minimo segno della tua presenza.- risposi. -Insomma, continuando a
vivere con un padre dal volto nell'ombra, per farla breve.
Avevo la
certezza di
starmi spingendo un po' troppo in là: dopotutto era pur
sempre
mio padre e, oltre a questo, era pure il Signore dei Morti. Non
sarebbe stato un granché saggio mettersi a discutere con
lui,
altrimenti avrei rischiato di fare veramente una gran brutta fine.
Tuttavia, era più che logico che reagissi così,
dopo
aver visto mio padre per la prima volta in dieci anni.
-Ti ho detto che non è
dipeso da me, se non erro.- replicò Ade, sbuffando. -Ma guai
a
chi contesta il mio caro fratellino, a dargli contro si rischia di
venire fulminati, altroché...- borbottò con aria
cupa.
-Ehm... sì...-
decisi di sorvolare sulla sua ultima frase, era meglio che non ci
dessi troppo peso.
-Nico.- mi chiamò.
-Mh?
Che voi ci
crediate o
meno, in quel momento Ade, il potente Signore degli Inferi, si
trovava in difficoltà nel formulare una frase. Il che lo
faceva risultare ancora più spaventoso, dato che ad ogni
tentativo che non andava in porto si arrabbiava e malediceva lo
stipendio di Caronte.
-Senti... io...- ritentò,
farfugliando qualche parola difficilmente comprensibile.
Avrei
voluto aiutarlo ad
esprimersi, ma non avevo la più pallida idea di quello che
stesse cercando di dire. Malgrado tutta la mia volontà,
tutto
quello che recepivo erano dei borbottii poco chiari e ben confusi.
-Non vorrei che mi
giudicassi troppo male, ecco.- sbottò Ade.
-Per che cosa?- gli
domandai, non capendo.
-Per non esservi stato
presente materialmente in tutti questi anni.- rispose, girandosi i
pollici. Pareva sinceramente dispiaciuto di non aver potuto
trascorrere con me e Bianca il periodo della nostra infanzia.
Io scossi
la testa,
cambiando argomento. -Però sono felice.
Ade si
accigliò.
-Perché?
-Per aver scoperto che
mio padre è il Signore degli Inferi!- esclamai.
-Minosse³
diceva la verità! Ora potrò riportare indietro
Bianca
e...
-Mi dispiace, ma questo
non è possibile.- replicò Ade, secco.
Sbarrai gli
occhi. La mia
ultima speranza stava per essere annientata senza alcuna
pietà.
-In che senso?
Ade scosse
il capo,
desolato. -Mi dispiace, Nico, ma per Bianca non posso fare
più
nulla.
-Com'è possibile?-
mi alterai, non capendo. O, per meglio dire, non volendo capire. -Tu
sei il Signore dei Morti! Devi poter fare qualcosa!
-Se fosse possibile,
Maria sarebbe nuovamente qui. Ed anche Bianca.- rispose, piatto.
-No... no!- esclamai,
furioso. -Non può finire così! Deve esserci
qualcosa
che puoi fare per riportarle in vita!
Ade scosse
la testa. Non
accettavo di vedere le mie speranze distruggersi così, in
modo
tanto crudele quanto inesorabile.
-Non ci credo! Non può
finire così! Io rivoglio Bianca e la mamma!- protestai. Non
m'importava se stessi dando l'impressione di un bambino viziato a cui
hanno appena negato qualcosa, sinceramente era l'ultimo dei miei
pensieri. Mio padre mi stava dicendo che non c'era più
alcuna
speranza che Bianca e mia madre tornassero a vivere con me, ma che
avrebbero dovuto starsene buone buone nel sottosuolo di Los Angeles
per l'eternità.
-Nico, ora calmati...-
tentò di calmarmi mio padre. Se avesse voluto mi avrebbe
tappato la bocca con un solo gesto della mano, ma forse sarebbe stato
controproducente.
-Calmarmi?- urlai,
saltando in piedi. -Come faccio a calmarmi? Hai appena distrutto le
mie ultime speranze di riavere mia madre e mia sorella! Invece no,
dovranno stare lì sotto con te per tutto il tempo! Hai una
bella faccia tosta a prenderti tutto quello che mi è caro,
sai? Non è giusto!
-Datti una calmata!- urlò
Ade, perdendo quella maschera di pazienza che aveva avuto sino a poco
prima.
Mi
paralizzai sul posto,
improvvisamente incapace di muovermi. Vedere Ade perdere la pazienza
era un evento a dir poco spaventoso. Anzi, terrificante. Ripetere
l'esperienza non sarebbe stato in cima alla lista delle mie
priorità.
Lost
and
insecure, you found me, you found me
Lying on
the floor, surrounded, surrounded
Why'd you
have to wait? Where were you? Where were you?
Just a
little late, you found me, you found me.
-Non
sai quello che stai
dicendo!- tuonò Ade. -Perciò, stai zitto e non
dire più
simili assurdità in mia presenza!
Mi ripresi
dallo shock
dovuto alla sua reazione. Lo fissai, con un'espressione tra la truce
e la dispiaciuta, restando in piedi. Non sapevo più cosa
pensare, ormai.
-Che cosa credi, che
abbia fatto morire apposta tua madre e tua sorella perché
stessero negli Inferi con me?- mi domandò, arrabbiato.
-No, io...- farfugliai.
Non credevo affatto che Ade fosse quel genere di persona, non avrebbe
mai fatto morire la mamma e Bianca.
-Non hai idea di quanto
abbia sofferto per tua madre e per Bianca.
-Papà... avresti
potuto fare qualcosa per loro?
-No, Nico. No.- rispose
Ade. -Il fulmine contro il vostro hotel non è stato affatto
casuale.
Sbarrai gli
occhi. -Vuoi
dire che... è stato Zeus?
Ade
annuì. -Voleva
uccidere te e Bianca, ma l'unica a pagarne le conseguenze è
stata Maria.
-Ma come mai noi...?-
iniziai, ma Ade intuì cosa stavo per chiedergli e mi
precedette.
-Vedi, Nico, alla fine
della Seconda Guerra Mondiale, l'Oracolo di Delphi emise una
profezia.
-Quella secondo cui il
figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi avrebbe avuto nelle mani la sorte
degli dèi ed il potere di decidere se questi dovessero
continuare o meno ad esistere?
-Esatto.- confermò
mio padre, annuendo. -Così io, Zeus e Poseidone giurammo di
non generare più figli al fine di non far scoppiare un'altra
guerra mondiale e di evitare la distruzione dell'Olimpo.
Fino a
lì conoscevo
anch'io la storia, me l'avevano raccontata in molti al Campo
Mezzosangue. Perciò, stando alla profezia, né
Percy, né
Talia che io e Bianca saremmo mai dovuti nascere. Ma, stando a
sentire mio papà, c'era dell'altro.
-Tuttavia, quando
giurammo, tu e Bianca eravate già nati.- disse Ade. -Anzi,
per
dirla tutta, voi siete nati il giorno stesso in cui l'Oracolo si
è
pronunciato.
In quel
momento ero certo
che stesse dicendo la verità. Ma perché mi
suonava come
una realtà talmente reale da non sembrarlo nemmeno? Un
piccolo
particolare di quanto aveva detto mio padre iniziò a
lampeggiarmi in testa, sovrastando qualunque altro pensiero.
-Ehi, aspetta un attimo!-
esclamai, arrestando il suo racconto. -Avrai pure cinquecento punti
di attacco se il tuo nemico attacca per primo, ma mi stai dicendo che
io sono nato appena dopo la Seconda Guerra Mondiale?
-Sì, esatto.-
rispose Ade, sbalordendomi ancora di più. -E che cosa avrei
io?
Non iniziai
nemmeno a
spiegargli vita, morte e miracoli della Mitomagia, ero sotto shock!
Quindi, facendo quattro calcoli, arrivai alla folle conclusione di
avere più di settant'anni o giù di lì.
-Cioè io avrei
settant'anni e più?- domandai, a dir poco incredulo.
-Com'è
possibile?
Ade
sospirò.
-Immagino di doverti raccontare tutto... spero di non metterci
troppo.- disse, schiarendosi la voce. -Allora, per farla breve, dopo
che il fulmine di Zeus colpì il vostro hotel, tu e Bianca
andaste a vivere al Casinò Lotus, il covo dei Lotofagi.
All'interno dell'edificio il tempo scorre più lentamente
rispetto al mondo esterno, quindi, anche se hai vissuto settant'anni
convenzionali, tu ne dimostri dieci proprio per questo motivo.
Misi a
fuoco piano piano
ognuna di quelle informazioni. Alla fine, l'unica cosa che riuscii a
dire fu un: -Oh...- parecchio stupito.
-Già, nessun altro
mezzosangue potrà raccontarti una cosa del genere, te lo
assicuro.- disse Ade. -Ti conviene credermi.
Annuii
convinto. -Sì,
non fa una grinza. Anche se mi riesce un po' difficile credere di
avere settant'anni...- aggiunsi, guardandomi le mani.
-Beh, tu e Bianca siete
un po' come Talia: è diventata un pino a dodici anni, ma i
suoi tempi di crescita erano diversi da quelli degli altri
mezzosangue. In pratica lei, che dovrebbe avere diciannove anni o
giù
di lì, ne ha in realtà solo quindici proprio per
la sua
crescita rallentata nella forma arborea.- proseguì Ade,
mentre
io lo ascoltavo rapito. -Perciò rimane la
possibilità
che tu sia il mezzosangue in grado di spodestare l'Olimpo citato
nella profezia.
-Oh!- fu l'unica cosa che
riuscii a dire. Tutto sembrava così perfetto da sembrare
quasi
fantascienza. Ogni particolare andava al suo posto. Nessuna azione
precedente era stata compiuta invano.
-E perché Zeus non
ha cercato di uccidermi, una volta uscito dal Casinò Lotus?
-Perché lui ti
crede già morto dal giorno in cui ha scagliato quella
folgore.- rispose Ade. -Così crede di dover tenere sotto
controllo solo il più stupido dei mezzosangue.
-Percy?
-Esatto.
È
estremamente
strano quando vieni a sapere di poter distruggere l'Olimpo, e lo
è
ancor più se hai dieci anni. Mi sentivo parecchio
frastornato:
ci credevo, ovvio, ma quello che non capivo era che cosa dovessi
fare. Dalla mia decisione sarebbe dipesa la sorte dell'Olimpo e,
conseguentemente, quella della Terra.
Non ero
affatto dalla
parte dei Titani, non dopo l'imboscata del dottor Thorn, ma nemmeno
gli Olimpi mi stavano tanto simpatici allora come allora. Certo, mio
padre era il Dio degli Inferi, ma era stato bandito a vita
dall'Olimpo; inoltre, per colpa della paranoia di Zeus, mia madre era
morta; se Percy non avesse fatto il codardo, Bianca sarebbe ancora
viva.
-Però io non so da
che parte stare.- ammisi.
-Non sta a me deciderlo
al tuo posto, Nico.- disse Ade. -Ma, sempre che t'interessi saperlo,
io combatterò al fianco dei miei fratelli.
-Come puoi ancora stare
dalla loro parte dopo che hanno fatto questo a Bianca e alla mamma?-
sbottai, aspro. -Ti hanno pure segregato negli Inferi!
-Onestamente, non
m'interessa. Forse stai pensando che mi abbiano emarginato, dato che
non c'è una casa per te al Campo Mezzosangue, ma pensandoci
bene non ci sono nemmeno quelle di Eolo, Ecate, Nike, Dike, Tiche...
molte divinità non hanno una casa.- mi spiegò
Ade.
-Nemmeno Melinoe, Iris, Hypnos, Morfeo...
-Questo non cambia le
cose.- replicai. -Non hai mai voluto vendicarti per la morte di mia
madre?
Ade si
gettò la
testa tra le mani con quella che doveva essere frustrazione. Non
l'avrei mai ritenuto possibile, ma nei suoi occhi c'era dolore puro.
Doveva amare molto mia madre per soffrire in quel modo della sua
perdita.
-Mi sono già
vendicato.- disse mio padre. -Ho maledetto l'Oracolo di Apollo, la
cui profezia ha avuto come risultato solo la morte di tua madre.
-Perché l'hai
fatto?- gli domandai, non capendo.
-Perché lo spirito
dell'Oracolo di Delfi risiede nel corpo di una donna mortale.- disse,
come se questo spiegasse tutto. -Siccome la donna che ospitava
l'Oracolo è morta, questo mi dà una sorta di
vantaggio
sugli altri dèi. Capisci?
-È
tutta colpa dell'Oracolo, quindi?
Dovevo
trovare qualcuno da incolpare per la morte di mia sorella. Non potevo
lasciar correre e perdonare il mondo intero per la sua fine.
-Il
Fato si diverte a giocare con dèi e mezzosangue. Le Parche
sono
molto crudeli ed il futuro lo è ancor più.- disse Ade.
Gli
occhi di mio padre s'illuminarono, come se del fuoco vivo vi danzasse
dentro.
-So
cosa stai cercando di fare, Nico.- disse, cogliendomi in contropiede.
-Anche se troverai Dedalo, il tuo piano non funzionerà.
Io
aggrottai le sopracciglia, sentendomi ribollire dentro. -E
perché
no, scusa? Bianca tornerà in vita!
-Io,
Poseidone e Zeus dobbiamo giocare ad armi pari.- spiegò,
scuotendo la testa con disappunto. -Solo un figlio per ciascuno di
noi potrà concorrere per essere l'eroe della Profezia.
-E
solo per questa stupidaggine Bianca è dovuta morire?-
tuonai,
più in collera che mai. -Era già diventata una
Cacciatrice, non avrebbe raggiunto comunque i sedici anni!
-Immagino
che le Parche non si siano soffermate tanto su questi dettagli.-
suppose Ade. -Però ormai quel che è accaduto a
Bianca
non si può cambiare. Lascia perdere il piano di Minosse ed
esci dal Labirinto.
Quella
richiesta era estremamente folle. Era la mia ultima speranza. Io
dovevo tentare di salvarla.
-No.
-No?-
Ade inarcò un sopracciglio.
-No.-
ripetei. -Minosse mi ha assicurato che avrei potuto fare uno scambio.
Ade
scosse la testa. -Mai fidarsi dei fantasmi. Sono esseri
imprevedibili, suscettibili, infami e doppiogiochisti. Un po' come le
profezie.
-Ma
Minosse mi ha promesso che Bianca avrebbe potuto tornare in vita. Il
piano può funzionare.
-Ho
detto che non funzionerà.- ripeté Ade, secco.
-Dedalo è
scappato dalla morte da troppo tempo, e Minosse questa se
l'è
legata al dito. Ecco perché lui si aggira sotto forma di
fantasma, non potendo entrare nelle Praterie degli Asfodeli: ha un
conto in sospeso con Dedalo per la morte che, per mano sua e di
Aelia, gli è toccata.
Iniziai
a capire, ma scacciai da subito quel pensiero. Non volevo che finisse
così. Bianca non
poteva finire così.
-Mai
fidarti dei fantasmi.- continuò. -Presto incontrerai
Melinoe,
dea dei fantasmi, e capirai quanto
la morte possa giocare brutti scherzi. Smetti di fidarti di Minosse
ora, prima che il suo piano si compia.
-Io...-
iniziai, ma un groppo in gola m'impedì di continuare.
-E
non serbare rancore per il figlio di Poseidone, per quanto anche io
possa detestare quell'individuo.- aggiunse. -Gioca dalla parte
vincente della battaglia ed onora tuo padre, il dio degli Inferi.
A
quelle parole, tutto attorno a me cominciò a roteare
vorticosamente, risucchiandomi nel buio.
***
Lost
and
insecure, you found me, you found me
Lying
on
the floor, surrounded, surrounded
Why'd you
have to wait? Where were you? Where were you?
Just
a little late, you found me, you found me.
Mi
svegliai di soprassalto, madido di sudore. Minosse era al mio fianco
e strillava “Padrone!” come una calandra. Sarebbe
stato
comunque impossibile non svegliarsi con un frastuono del genere.
Mi
stropicciai gli occhi, cercando di tornare alla realtà e
capire dove mi trovassi. Avevo utilizzato il mio zaino come cuscino e
vicino a me c'era un mucchietto di cenere, tutto ciò che
restava delle figurine di Mitomagia. Ciò mi
riportò
alla mente anche il tentativo – fallito miseramente
– di
contattare Bianca evocandola dal mondo dei morti.
Minosse
svolazzava sopra i resti del Cheeseburger di McHale e dell'Happy
Meal, gurdandosi intorno con nervosismo.
-Che
vuoi?- gli domandai, dato che poco prima stava strillando come una
femminuccia isterica.
-Nulla,
ero solo preoccupato per voi, Padrone.- rispose zelante lo spettro.
-Perché?-
chiesi, un po' seccato.
-Vi
muovevate nel sonno come se aveste avuto una tarantola sulla schiena e
continuavate e bofonchiare frasi senza senso a ruota libera.-
spiegò
Minosse.
Mi
passai una mano tra i capelli neri, asciugandomi del sudore dalla
fronte. Alla fine era solo un sogno.
-Che
sognavate, Padrone?- domandò Minosse, curioso.
-Non
ricordo.- mentii spudoratamente. -E non sono affari in cui devi
impicciarti, Minosse.
Mi
ricordavo eccome di quel sogno, ma non mi fidavo di Minosse.
Già
la mia fiducia nei suoi confronti vacillava, dopo il sogno di mio
padre ero ancora meno convinto di lui. Gli davo retta solo
perché
aveva promesso di aiutarmi a far tornare in vita mia sorella, non per
altro.
-Era
un brutto sogno, comunque?- m'incalzò, deluso e risentito
dalla mia precedente risposta.
Questa
domanda non me l'aspettavo.
-Non
lo so... penso di sì, però...- bofonchiai,
riflettendo.
Quella
volta ero sincero. In sogno, mio padre mi aveva detto di smettere
d'incolpare Percy per la morte di Bianca e di abbandonare la ricerca
di Dedalo, gettando al vento tutte le sperane di riportarla in vita.
Le sue argomentazioni erano forti, certo, e poi avevo bisogno di
Minosse per portare a compimento il mio piano, il che non
m'entusiasmava particolarmente.
D'altra
parte, però, avevo bisogno di riportare i vita mia sorella,
ed
un sogno che mi dissuadeva dal mio intento poteva benissimo essere
definito un incubo.
-Ah.-
fece Minosse, ancora più deluso di prima. -Beh, muoviamoci.
Prima troviamo Dedalo, meglio è.- disse.
Un
sorriso pericolosamente sadico gli illuminò il volto.
-Un'anima per un'anima, no?
Un
baratto. Uno scambio.
Annuii.
Mi sistemai lo zaino su una spalla e battei le mani sui jeans per
rimuovere la polvere del corridoio dal tessuto.
-Da
che parte?- gli chiesi.
Minosse
si guardò attorno e puntò l'indice verso il
cunicolo
che si diramava a sinistra.
-Di
là, ne sono certo!- esclamò.
-Bene.-
dissi, imbracciando lo zaino anche sull'altra spalla.
Mossi
qualche passo nella direzione indicatami da Minosse e mi trovai
davanti una sorta di fattoria di mucche rosse. Un'insegna in legno
probabilmente recitava il nome di quel luogo a dir poco bizzarro e
puzzolente, ma non riuscii a decifrare la scritta per via della
dislessia, una delle belle seccature dell'essere mezzosangue.
Due
tizi stavano in piedi davanti al cancello dello steccato che dava
nella fattoria. Era buffo vederli l'uno accanto all'altro, erano uno
l'opposto dell'altro: il primo era alto più di due metri e
mezzo, con il fisico del giocatore di football. I capelli bianchi
erano spettinati e la barba bianca intrecciata, perciò
somigliava a Padre Tempo o a qualcosa del genere. Indossava un paio
di jeans, una maglietta con una scritta che non decifrai benissimo,
ma era una sorta di NON DAR
ROGNE AL TEXANO
– cosa che mi
riportò alla mente il mio sogno – ed una giacca in
denim
con le maniche strappate, in modo da far vedere i muscoli. Sul
bicipite destro erano tatuate due spade incrociate, l'emblema del
duello, per intenderci. Stava accarezzando un simpatico cagnolone a
due teste, probabilmente cercando di dissuaderlo dall'idea di
azzannarmi le gambe.
L'altro
tizio, invece, era ancora più strano: fortunatamente aveva
solo una testa, ma questa era la sola cosa normale. Aveva tre corpi.
No, sul serio, era tre persone complete! Il collo teneva collegata la
testa al busto centrale come sarebbe normale, ma aveva altri due
busti, uno a destra ed uno a sinistra, attaccati per le spalle.
Indossava tre camicie, ognuna di colore diverso, cosa che lo faceva
assomigliare ad un semaforo vivente. Era abbronzato dagli anni
passati al sole, ma questo stonava con i capelli scuri impomatati con
la brillantina e con i baffi tipo quelli dei Villani nei vecchi film.
Sorrideva, ma più che amichevole sembrava divertito, cosa
che
mi parve ben poco rassicurante.
-Benvenuto
al Ranch Tripla G, signor Di Angelo!- mi salutò il tipo a
tre
corpi, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
-Chi
siete?- chiesi con diffidenza.
-Io
sono Gerione, mentre lui è Eurizione, figlio di Ares.-
esclamò
il tipo, presentando anche lo spilungone. -Invece il cane, qui, si
chiama Ortro.
Ortro
ringhiò, pronto a balzarmi addosso in qualunque momento.
-Ah,
posso chiamarti Nico?
-No.
Gerione
sembrò deluso, ma il sorriso non scomparve dalla sual faccia.
-Che
ci faccio qui?- domandai, rivolto più a Minosse che a
Gerione.
Con mia sorpresa, non era più accanto a me. Diceva che la
luce
solare gli fosse nociva, ma avevo l'impressione che utilizzasse
questa scusa per darsela a gambe ogni qualvolta fiutava pericolo in
vista. In più, era notte fonda, quindi altro che
“luce
solare”!
-Vieni,
Nico!- esclamò Gerione, lisciandosi i baffi compiaciuto.
-Vorrei parlarti d'affari.
Esitai
qualche istante. Potevo veramente fidarmi? Inutile tentare di
negarlo, quell'incubo mi aveva insinuato una pulce nell'orecchio. Ma
io dovevo
riportare indietro Bianca.
Lanciai
un'ultima occhiata al Labirinto dietro di me e seguii Gerione,
gettando alle ortiche tutti i buoni propositi formulati in sogno.
Morfeo
si era divertito un po' troppo con me.
***
Lost
and
insecure, you found me, you found me
Lying on
the floor, surrounded, surrounded
Why'd you
have to wait? Where were you? Where were you?
Just
a little late, you found me, you found me.
Nel
medesimo istante, solo qualche centinaio di metri più sotto,
Ade si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore.
Scostò
le coperte ricamate in malomodo, mettendosi a sedere sul letto,
ansimando.
Persefone,
la dea della primavera nonché sua moglie, non era al suo
fianco poiché era estate: durante quel periodo, Persefone
andava a trovare sua madre Demetra e suo padre Zeus sull'Olimpo,
lasciando il Signore dei Morti preda della sua solitudine. Ade si
guardò attorno, senza dare a vedere il senso di smarrimento
che quel sogno aveva lasciato dentro di lui.
Schioccò
le dita e le candele del lampadario che pendeva sulla sua testa
s'accesero. Sbuffò.
Quel
sogno lo aveva letteralmente scombussolato: aveva cercato Nico in
tutta segretezza, ed era certo che suo figlio non si trovasse a
Quemado, Texas. Se fosse stato così lo avrebbe saputo.
-Ma
che accidenti significa?- protestò Ade, battendo il piede a
terra con frustrazione.
Il
suo “me stesso” del sogno aveva fatto molte
promesse a
Nico ed aveva mostrato la situazione sotto un'altra prospettiva, una
che nemmeno Ade in persona aveva mai considerato.
Sapeva
che non avrebbe potuto mantenere la parola data. Non avrebbe mai
pensato di combattere al fianco egli altri dèi, coloro che
lo
avevano esiliato negli Inferi. Nessuno credeva in lui e a nessuno
importava di lui.
Aveano
problemi con Crono e Tifone? Affari loro, non era un suo problema.
Lui se ne sarebbe stato buono buono negli Inferi con Persefone e
Demetra, anche se questo avrebbe significato ingozzarsi di cereali
ogni giorno.
Perciò
cos'era quel sogno? Un incubo? Ade non ne aveva la minima idea.
TOC
TOC! Qualcuno bussò
alla porta in ossidiana della camera.
-Mh?-
grugnì Ade, chiedendosi chi mai gli rompesse del divine
scatole a quell'ora di notte.
-È
permesso, mio signore?- chiese una voce di donna oltre la porta.
Ade
la riconobbe all'istante. -Vieni avanti, Melinoe.- borbottò.
La
dea dei fantasmi aprì la porta e mosse qualche passo verso
Ade, senza curarsi più di tanto dello strascico del suo
vestito dorato che segnava i suoi passi dietro di lei.
La
metà destra del suo corpo era pallidissima, circa del colore
del gesso, come se il sangue avesse smesso di circolare. La
metà
sinistra, invece, ricordava la mummia rinsecchita del Campo
Mezzosangue. Le orbite erano vuote, ma Melinoe riusciva comunque a
vedere tutto come se avesse avuto gli occhi. Teneva le labbra ben
chiuse, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
-State
bene, mio signore?- chiese Melinoe. -Poco fa un terremoto ha scosso
una città del Texas ed ha iniziato a tuonare.
“Quemado,
è chiaro.” rifletté Ade.
Melinoe
rimase a fissarlo per qualche secondo.
-Sì,
Melinoe, sto bene.- tagliò corto Ade.
Conosceva
da tempo Melinoe, ma non sapeva quanto potersi fidare di lei: i
fantasmi sono esseri imprevedibili, suscettibili, infami e
doppiogiochisti. Un po' come le profezie. E così era la loro
dea.
Inoltre,
tutte le divinità minori stavano passando dalla parte di
Crono, ed Ade non riusciva a trovare un solo motivo per cui Melinoe
non dovesse seguire l'esempio di Morfeo, Ecate e compagnia bella.
-Siete
sicuro, mio signore?- lo incalzò Melinoe, chiaramente
incuriosita dal suo atteggiamento evasivo e scostante. -Non mi pare
che...
-Ho
detto che sto bene!- ripeté Ade, secco.
Melinoe
indietreggiò e fece un inchino. -Certo, mio signore.
Ade
rifletté. In sogno diceva a Nico che presto avrebbe
conosciuto
Melinoe, ma se Melinoe fosse passata dalla parte di Crono, Nico si
sarebbe trovato in guai seri.
E,
per quanto bene riuscisse a nasconderlo, il Signore dei Morti teneva
a suo figlio.
Perciò,
Ade avrebbe dovuto tenere Melinoe il più possibile vicino a
sé, sperando che questo non suscitasse gelosia alcuna in
Persefone. Tuttavia, Ade avrebbe dovuto sapere che il destino non
può
essere manipolato.
-Melinoe.-
la chiamò.
La
dea, che aveva già una mano sulla maniglia d'oro della
porta,
si voltò.
-Sì,
mio signore?
-Ehm...-
Ade non riusciva a formulare la frase. -Torna a riposare.
Avrebbe
voluto dire “grazie”, ma non era nel suo stile. Non
era
nemmeno certo di aver mai ringraziato qualcuno in temila e passa
anni di vita.
Tuttavia
Melinoe conosceva bene Ade e sapeva che quello era il suo modo di
dire grazie a qualcuno.
-Di
nulla, mio signore.- rispose la dea.
Facendo
bene attenzione allo strascico del vestito, Melinoe uscì
dalla
stanza e si chiuse delicatamente la porta alle spalle.
Quando
il suono dei passi della dea si perse nel corridoio, Ade si
gettò
di peso sul letto, restando a fissare le fiammesse che bruciavano sul
candelabro.
Continuava
a pensare a quel sogno e a tutte le vane promesse che il suo io
aveva fatto a Nico e a se stesso. Che cosa poteva voler significare?
A
furia di pensare e rimuginarci sopra, per poco non diede fuoco al
libro che Persefone leggeva la sera prima di addormentarsi e che
aveva lasciato sul proprio comodino. S'intitolava Le
mie prigioni o
qualcosa del genere.
Al
che, Ade perse la pazienza ed imprecò contro i sogni, le
profezie, gli oracoli, il futuro & affini. Scelse di non pensar
più a quell'incubo, gettando alle ortiche tutte le promesse
ed
i buoni propositi formulati quella notte.
Morfeo
si era divertito un po' troppo con lui.
N.d.A:
1
- Maria Di Angelo è la madre di Nico e Bianca ed era
l'amante di Ade.
Nata a Venezia, andò a vivere a Washington D.C. a causa del
lavoro di suo padre in politica. Fu proprio lì dove Ade e
Maria
s'incontrarono. Maria morì colpita da un fulmine scagliato
da
Zeus. Il personaggio compare per la prima volta nella storia Percy Jackson e la Spada di Ade, contenuta nel libro "The Demigod Files", quando Melinoe assume le sembianze di Maria agli occhi di Nico. Viene menzionata anche nel quinto libro.
2 - Melinoe è la dea dei fantasmi. Vive in una caverna negli
Inferi e vi esce di tanto in tanto per confondere i mezzosangue che si
avventurano nel regno di Ade mostrando loro i fantasmi di coloro con i
quali non trovano pace. Passa dalla parte dei Titani e rallenta Percy,
Nico e Talia nell'inseguimento di Ethan Nakamura alla ricerca della
Spada di Ade, contente una delle Chiavi di Ade, mostrando a Nico e a
Talia le loro madri, morte entrambe. Non riesce invece a confondere
Percy, poiché lui non aveva fantasmi nel suo passato.
Melinoe
compare per la prima volta nella storia "Percy Jackson e la Spada di
Ade", contenuta nel volume "The Demigod Files", un intermezzo tra il
quarto ed il quinto libro.
3 - Minosse, figlio di Zeus ed Europa e re di Creta, compare
nel
quarto libro sotto forma di fantasma. Offre a Nico un baratto: l'anima
di Dedalo, per il quale nutre rancore, per quella di Bianca. Cerca di
servirsi di Nico per risorgere.
My
little corner:
Salve a tutti, rieccomi qua!
Ultimamente scrivo song-fiction a raffica, ci sto prendendo gusto! ^^
Non potevo non scrivere qualcosa su Nico: è un personaggio
troppo interessante, così ho provato a ricamare una vicenda
con
lui ed il caro Ade come protagonisti sulle note di "You Found Me".
Originariamente, questa canzone è cantata dai The Fray, ma
vi
propongo quella di Matt Giraud (cliccate sulla scritta play in alto per
il reindirizzamento alla pagina di YouTube), perché a parer
mio calza meglio.
Non credevo di poterla utilizzare per una fanfiction, dato che l'ho
scoperta solo quando la mia insegnante mi ha dato lo spartito per
pianoforte, invece ci ho provato e questo è il risultato...
spero che non sia proprio così
male.
C'è parecchio spoiler, lo so, ma mi sono letta il quarto
libro
in un'ora e mezza e l'ispirazione ha risposto alla mia chiamata. Tanto
per darvi un'idea, ho iniziato a scrivere alle quattro di notte...
°-°"
Vi ringrazio tanto per essere giunti fin qui (meritereste una medaglia
d'oro alla tenacia!) e mi piacerebbe ricevere qualche opinione su
questa storiella.
Io ora la smetto di cianciare e tolgo le tende.
Grazie ancora!
Aly.
Credits:
Characters © Rick Riordan
Song © The Fray, "You Found Me"
Il materiale utilizzato appartiene ai leggittimi proprietari
sopracitati: nulla mi appartiene se non la storia. Tutti i personaggi
appartengono a Rick Riordan e questa storia è ispirata alla
sua
saga di libri, Percy Jackson. La canzone non è opera mia:
s'intitola "You Found Me" ed è cantata dai The Fray. Non ho
scritto questa fanfiction a scopi di lucro.
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