Lo shock era stato immenso.
Rimase immobile e con gli occhi sbarrati forse per un
minuto, forse per cinque. Poteva essere passata anche un’ora, ma non se ne rese
conto.
In quel momento niente importava, semplicemente non ci
poteva credere. La verità era crudele, travolgente, niente di più semplice, in
fondo… perché si era stupito tanto quando l’aveva saputo? Ci sarebbe potuto
arrivare anche lui, ma era una cosa troppo orrenda anche solamente da sfiorare
col pensiero.
Dopotutto, aveva imparato che al male non c’era mai limite.
Aveva imparato, che la fortuna si era accanita contro Harry Potter. Aveva
imparato, che essere il bambino sopravvissuto voleva dire essere scampato alla
morte fisica diciassette anni addietro, per perire lentamente e con molto più
dolore.
Prima pian piano consumandosi nell’animo e poi, infine,
ricevendo il colpo di grazia, l’ultima e definitiva rivelazione che il suo
cuore non poteva reggere. Lui stesso non avrebbe permesso che il suo
cuore la reggesse. La beffa aveva voluto che, dopo aver superato pericoli
mortali ed aver combattuto all’ultimo colpo di bacchetta, proprio quando la
vittoria era così vicina… tutto cambiasse. Parole pronunciate da labbra maligne
che sorridevano con uno sguardo, falsamente ed ironicamente, colmo dal dispiacere.
Parole che gli avevano rovinato la vita, e non era un modo di dire.
Harry Potter, il-bambino-che-è-sopravvissuto, il prescelto,
quanti nomi erano stati dati per indicare sempre e solo un ragazzo, un giovane
uomo che era solo spaventato ed oppresso dalla sua storia. Oppresso dagli
sguardi e dai bisbigli della gente al suo passaggio, oppresso dalla fiducia che
quella gente riponeva in lui. Era l’unica speranza di salvezza per tutti ed ora
lo sapeva. Non erano solo teorie o favole, che parlavano di un eroe bambino che
avrebbe distrutto con il suo amore il male.
E l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno
dei due può vivere se l'altro sopravvive... mai come adesso quelle parole
gli erano sembrate più chiare. Adesso era lì, ad Hogwarts, lì nel luogo dove
tutta la sua storia era iniziata e dove si sarebbe conclusa. Era stato quello
il luogo dello scontro finale e come tutti si aspettavano, o per lo meno
speravano, Harry Potter aveva compiuto il suo dovere. Aveva sconfitto il
Signore Oscuro dopo averlo privato della possibilità di tornare, distruggendo i
suoi Horcrux uno per uno. Dell’ultimo, Nagini, se ne erano occupati Ron ed
Hermione, mentre lui andava incontro al suo destino. Li aveva lasciati a finire
quel serpentone, avviandosi dove sapeva esserci Lord Voldemort ad attenderlo.
Tuttavia il suo compito non era ancora finito. Per
assicurare che Lui non avrebbe più fatto ritorno, Harry Potter doveva fare
un’ultima cosa, doveva annientare l’ultimo Horcrux. Sì, non era vero, non li
aveva distrutti tutti perchè mancava l’ultimo, il più pericoloso.
“Allora Harry mi vuoi uccidere? Vuoi uccidere una parte
di te?” la sua voce era più arrochita del solito a causa dell’affanno e della
ferita che, sul suo petto, Harry Potter era riuscito a procurargli. Tenendo una
mano all’altezza dove quel muscolo chiamato cuore avrebbe dovuto battere, Lord
Voldemort lo guardava con sguardo folle e divertito.
“Tu non sei una parte di me, io non sono come te anche se
tra noi c’è un legame! E farò quello che è giusto fare…” si era avvicinato con
passo lento a quell’uomo, la cui carnagione chiara contrastava con il nero del
abito che indossava. Anche lui era ferito e stanco, tuttavia aveva ancora in
pugno la sua bacchetta, a differenza del suo avversario.
Si era allenato molto per quello scontro, era diventato
abile, potente ed esperto in quel periodo di guerra. In tutta sincerità, non
aveva mai avuto la certezza che sarebbe riuscito a infliggere anche un solo un
graffio a Lord Voldemort… ma ci aveva comunque provato e ci era riuscito. Harry
era sicuramente diventato più forte, ma non si poteva sbagliare, Lui era
diventato più debole. Adesso però stava per finire tutto. Gli anni di terrore
sarebbero terminati, tutti sarebbero potuti tornare ad essere felici… i suoi
amici, la sua famiglia. Erano stati provati tutti quanti molto da quella
guerra. La povertà si faceva sentire, il malumore e la tristezza erano
diventati compagni che quotidianamente li accompagnavano in ogni loro azione e tutto
questo, Harry lo poteva vedere anche solo guardandoli negli occhi. La vitalità
che prima caratterizzava lo sguardo della sua Ginny, era scomparsa ormai
da tempo. Hermione non leggeva più i suoi adorati libri per il piacere di
farlo, ma solo per saperne il più possibile sulla difesa e su qualunque cosa
potesse aiutarli.
Profonde occhiaie ed un’espressione abbattuta le segnavano
il volto nei momenti in cui la poteva scorgere sola e persa nei suoi pensieri,
quando credeva che nessuno la stesse osservando.
Ron era divenuto così serio che stentava a riconoscerlo come
l’amico di un tempo, gli argomenti trattati erano lugubri e tristi. Soffriva
molto vedendo i suoi genitori sempre così indaffarati, stanchi ed in costante
pericolo di vita. Inoltre ogni giorno sempre di più il suo pessimismo aumentava.
Sapeva però che Ron ed Hermione, gli stessi che litigavano
dodici ore al giorno per qualsiasi sciocchezza, in questo momento più che mai
potevano contare l’uno sull’altro.
Quel periodo drammatico li aveva fatti avvicinare ancora di
più ed un giorno di qualche mese prima, finalmente, quella linea immaginaria
che divideva l’amicizia dall’amore era stata superata.
“Io ora ti spedirò all’Inferno e dopo mi assicurerò che
non ci sia un solo altro Horcrux in giro che possa riportarti in vita.”
“E così, tu pensi di avermi annientato privandomi della
mia anima?”
“Si, ogni parte. Non hai una sola possibilità di
sopravvivere, questa volta.”
“Ma davvero? Sei così sicuro di averle distrutte tutte?”
“Tutte. Il diario, l’anello, il medaglione di Serpeverde,
la coppa di Tassorosso e Nagini. La parte che è in te sarà l’ultima.
In realtà, secondo i calcoli di Silente, avresti dovuto
dividere l’anima in sette frammenti, ma in fondo questo numero era troppo
scontato. E’ per questo che non l’hai fatto, giusto? ”
“Harry… Harry… quante cose devi ancora imparare…”sorrideva
mentre gli parlava e poi fece qualche passo avanti.
“Da te sicuramente nulla.”
“Silente aveva ragione, i frammenti della mia anima erano
sette. Io ho lanciato una sfida ed ho vinto,” Harry tese ancora di più la bacchetta
quando vide che l’uomo gli si faceva sempre più vicino..
“Non ti avvicinare! Immagino sia inutile chiederti quale
sia l’ultimo frammento della tua anima.”
“Ancora non l’hai capito, Harry?”
“Cosa dovrei capire?”il tono con cui Lord Voldemort parlava
non gli piaceva. Si rendeva conto intanto che ,minuto dopo minuto, la sua
sicurezza vacillava sempre più.
“Gli Horcrux erano sei… ma non lo sono sempre stati, non
dall’inizio. Io ho voluto vedere se qualcuno sarebbe stato in grado di
individuare l’ultimo Horcrux, il più prezioso, ma
nessuno ci è riuscito. Neanche Silente” rise con
soddisfazione prima di continuare.
“Una parte di me, della mia anima… Sai che ci vuole un
sacrificio umano per creare un Horcrux? Si lo sai… il tuo preside ti ha
istruito a dovere. Volete uccidere Nagini, ma non credo che sarete in grado di
uccidere anche quest’ultima parte di me, sono eterno Harry. Ho vinto io.”
“Quale altra bestia è?” Lord Voldemort sorrise
sarcasticamente prima di rispondergli.
“Una speciale…”
“E’ un animale magico…?”
“No, non essere così banale. Non fermarti alle sole parole…”
Harry aveva alzato la bacchetta in aria, era ora. Aveva
fatto trascorrere fin troppo tempo e quel parlare era stato inutile, di certo
non gli avrebbe mai detto quale fosse l’ultimo Horcrux. Però aveva saputo che
esisteva e già era qualcosa.
“Avada-”
“Non ti interessa sapere” disse Voldemort, sovrastando la
voce del ragazzo con la propria “quale sia l’ultimo frammento della mia anima?
Non ti interessa sapere che in realtà l’ultimo Horcrux potresti essere tu?”
Le parole gli morirono in gola e la mano ferma a
mezz’aria, dopo aver compreso il significato di quelle parole, iniziò a
tremare.
“E si, Harry! Nessuno credeva che addirittura un essere
umano potesse diventarlo, ma è così. Oh ma non preoccuparti, non lo sei sempre
stato. Nel cimitero, tre anni fa… è stato allora. Io sono risorto grazie al tuo
sangue e, con l’uccisione di quel ragazzo, l’opera è stata completata. Io
finalmente potevo toccarti. ”
Harry lo fissò, shockato ed incredulo.
“Scioccante rivelazione, vero? Non te lo saresti mai
aspettato, lo so, ma è proprio per questo che la mia decisione di farti
divenire un Horcrux è stata così geniale.”
“Non è possibile, questo non è possibile! Un Horcrux
serve per darti l’immortalità ma io sono una persona e sarei morto prima o poi…”
“Si infatti, ma vedi in realtà tu eri un Horcrux
speciale. In fondo pensai che cinque frammenti della mia anima fossero più che
sufficienti per assicurarmi l’immortalità… ma evidentemente mi sbagliavo.
Comunque tu, ragazzo mio, tu saresti stato oltre che un mio Horcrux, il mio
alleato. Tra noi si era già creato un legame quel giorno di diciassette anni fa
e così, divenendo un mio Horcrux, questo legame si è rafforzato. E’ divenuto
così forte, a tal punto che io sono potuto entrare nella tua mente e farti
vedere ciò che volevo e tu sei riuscito a vedere cose dai miei occhi.”
Con quel pretesto, Harry si rese conto che Voldemort
stava annullando quel piccolo vantaggio che lui aveva nei suoi confronti. Doveva
ucciderlo o non ne avrebbe più avuto la possibilità. Sollevò ancora la
bacchetta, con gli occhi fissi e sbarrati, verso il suo avversario.
“Avada-”
“Oh sì uccidimi Harry!” Voldemort ora rideva mentre
parlava e lo guardava con i suoi occhi rossi, sapendo quello che stava provando.
“Uccidimi, ma io ritornerò grazie a te e quando sarò tornato, sta certo che non
rimarrai tu l’unico mio appiglio alla vita.”
Harry si buttò sulle ginocchia, incredulo ed inorridito
da quella verità. Guardava il pavimento e tramava mentre la sua bacchetta
scivolava lentamente verso terra. Un’altra risata fredda riempì il grande
salone in genere riempito da quattro lunghi tavoli, ma ora solo spoglio e
teatro di morte.
“Io… io non diverrò mai un tuo alleato!”
“Certo, certo, lo so. La mia parte di anima dentro di te
avrebbe dovuto contaminarti, Harry. Pian piano saresti sempre dovuto essere
più propenso al male, all’odio, ma qualcosa è andato storto. Sapevo che ci
sarebbe voluto un po’ di tempo però l’anno scorso, dopo la morte di Silente, il
mio lavoro mi si è rivoltato contro. Non sei stato tu quello ad essere
contaminato, non in parte sufficiente almeno, ma io. Alla morte del tuo adorato
preside ti sei molto arrabbiato, Harry, lo sentivo così come tu potevi sentire
me, non sei un ottimo occlumante, lasciatelo dire. In ogni caso, oltre a
provare odio, tu eri assetato di giustizia e questo non andava bene, non
secondo i miei piani. In oltre nell’ultimo periodo più che mai l’amore verso le
persone che ti stavano accanto cresceva e più cresceva più io mi indebolivo.”
Silente l’aveva sempre detto, l’ amore era il suo grande
potere. Ma una parte di Lord Voldemort era dentro di lui, l’odio cresceva in
lui.
“Capirai bene quindi, che non mi serve a niente un
Horcrux che mi porti alla morte anziché assicurarmi la vita eterna.”
Aveva di nuovo la sua bacchetta in mano ed Harry vide
accanto a lui Nagini, che serpeggiando attorno al suo padrone, lo guardava.
Nagini aveva riportato al suo padrone la sua arma, ma se quel serpente era lì,
dove erano Ron ed Hermione?
“Avada…” Lord Voldemort gli puntava la bacchetta contro
e stava pronunciando le parole mortali. Harry era ancora seduto a terra come
privo di qualsiasi volontà, se lui era l’ultimo Horcrux allora era meglio che
fosse eliminato.
“… Kedav-” ma poi pensò che non poteva morire adesso,
avrebbe prima ucciso Lord Voldemort e dopo avrebbe impedito il suo ritorno.
Pensava a Ron, ad Hermione, alla famiglia Weasley, a Remus, a Sirius, a
Silente, ai suoi genitori, a Ginny… pensava a loro mentre prendeva la bacchetta
ed alzandola di fronte al viso, gridava un “Protego”.
In quel momento stava proteggendo sè stesso ma anche e
soprattutto la sua famiglia. Il moto d’amore che aveva provato colpì Lord
Voldemort, che si piegò come avesse avuto una fitta all’altezza del cuore,
mentre lo scudo che avvolgeva Harry proteggeva e allo stesso tempo rifletteva
la maledizione.
Sentì solo un grido roco e attraverso gli occhi chiusi scorse
un bagliore verde, poi silenzio.
Aprì lentamente gli occhi ed abbassando di poco la
bacchetta, vide che davanti a lui non c’era più Lord Voldemort, ma solo un
vestito nero abbandonato a terra.
Colui-che-non-deve-essere-nominato si era dissolto nel nulla,
l’amore insieme all’anatema mortale l’avevano ucciso. Sentì un rumore alle sue
spalle, come qualcosa di molto veloce che si muoveva e poi una voce serpentina
che gli parlava.
“Il mio padrone tornerà” si voltò e vide Nagini saettare
verso l’uscita, ma poi proprio da quella porta apparve un’ombra.
-“Avada Kedavra.”
-“Ron!Hermione!” i suoi due amici erano sotto l’arco del
grande portone. Ron aveva ancora la bacchetta puntata contro il serpente, ora immobile
davanti a loro e riverso su di un lato.
Hermione era invece appoggiata alla spalla destra
dell’amico con una gamba leggermente piegata, come se non potesse poggiarla a
terra, i capelli arruffati e il viso graffiato come quello del rosso. Era
enormemente felice di vedere che stessero bene e questo valeva anche per loro,
che avendo visto quel nero vestito a terra, pur non sapendo esattamente cosa
fosse successo, gli sorridevano felici.
Ora era ancora lì, di fronte a quello che restava di Lord
Voldemort, solo con i suoi pensieri. Aveva deciso, l’avrebbe fatto perché era
giusto così e perché non c’era altra scelta.
“Ragazzi, vi prego, lasciatemi un po’ solo, vi raggiungo
tra poco” Ron ed Hermione lo guardarono con comprensione e poi annuirono. Li
vide voltarsi piano ed andar via, bisbigliavano qualcosa felici, mentre Ron
sosteneva la ragazza.
Si sedette a terra e richiamò a sè una pergamena e una
penna, era bello poter usare la magia così liberamente ora che era maggiorenne.
Sarebbero bastate poche parole, giusto per far capire la ragione del suo gesto.
Se avesse dovuto realmente scrivere tutto quello che voleva per ognuna di quelle
persone meravigliose che gli erano accanto, allora non sarebbero bastate
nemmeno cento pergamene.
“Ero l’ultimo Horcrux, la settima ed ultima parte della
sua anima era incorporata dentro di me. Ho resistito, ho lottato e l’ho
battuto ma adesso… è giusto così. Lord Voldemort non tornerà più. Voglio solo
ringraziarvi tutti, uno per uno e dirvi che vi ho amato.
Harry”
Sarebbe stato un Grifondoro fino alla fine, perché c’era
bisogno di coraggio per fare quello che aveva deciso di fare, e lo sapeva.
Tuttavia non si sarebbe tirato indietro. No, non lo avrebbe fatto neanche ora
che l’ansia e la paura lo assalivano, neanche ora che alla mente salivano
ricordi, colori e immagini ben conosciute.
“Harry” tutti lo chiamavano, poteva distinguere
quelle voci una per una.
“HARRY!” voci festanti gridavano il suo nome: aveva
afferrato il boccino d’oro e fatto vincere la sua squadra di Quidditch.
“Harry…!” era una Hermione disperata che lo sgridava
perché non seguiva mai i suoi consigli saggi e si arretrava sempre con i
compiti.
“Harry?!” era la voce di Ron che lo chiamava,
complice, oppure spaventato da una delle tante situazioni assurde in cui si
erano ritrovati almeno una volta all’anno.
“Harry… Harry” era Silente, che nel suo ufficio lo
guardava da sotto gli occhiali a mezza luna e, sospirando, commentava le sue
bravate o si preparava fargli un discorso serio ed importante.
“Harry” era la dolce voce di Ginny. Lo chiamava, allegra
come sempre, con i suo occhi limpidi e vispi che lo facevano perdere e, a causa
della sua sbadataggine, gli procuravano anche delle enormi figuracce.
Sentiva Sirius, felice di poterlo rivedere dopo tanto tempo.
Remus, che si occupava di spiegargli i dubbi che non lasciavano riposare la sua
mente. La Signora Weasley che, affettuosamente, gli comandava di mangiare. Fred
e George che gli mostravano, felici e diabolici la loro nuova invenzione, e
ancora tante, tante altre voci… .
Harry stava per lasciare tutto questo, e non poteva negarlo:
era spaventato.
Aveva avuto amore dalla vita, era vero, ma gli era stato
tolto molto ed ora, ora non poteva far altro se non assicurare a tutte le
persone che si erano prese cura di lui, una vita migliore e più serena.
La causa della sua infelicità , e quella di molte altre persone,
era stata eliminata. Solo Lui il colpevole di tutto. Lo odiava, oh si, ma non
voleva lasciare questo mondo con l’odio nel cuore. Chiuse gli occhi e pensò a
tutti i momenti più belli che aveva condiviso con le persone che non avrebbe
più rivisto, ma anche a quelli, che forse se esisteva davvero qualcosa là su,
avrebbe vissuto con vecchie e nuove conoscenze.
Sentiva un peso sul cuore ed un fastidioso formicolio
intorno agli occhi, ma posò deciso la pergamena accanto a sé e prese la
bacchetta.
E l'uno dovrà morire per mano dell'altro… perché
Harry Potter aveva ucciso Lord Voldemort ma Lui l’aveva ucciso lentamente negli
anni, facendolo soffrire ed infine spingendolo al suicidio.
Perché nessuno dei due può vivere se l'altro
sopravvive... perché Harry Potter non poteva vivere sapendo che in lui
albergava l’anima della morte e Lord Voldemort veniva intanto, pian piano,
consumato dall’amore che il Bambino Sopravvissuto provava.
Il macabro finale di questa triste storia che era la sua
vita, poteva essere uno solo.
“Avada Kedavra.”