Nascita e morte
Severus Piton non era mai stato così felice. Ci aveva messo
sette anni, da quando lui era caduto.
Aveva cercato mille modi, e qualche giorno prima ne aveva trovato uno. Bastava
averla, bastava trovarla. Ci aveva messo quasi tre giorni per trovare i
sotterranei di quella scuola in cui una volta insegnava, ora ridotta a cumuli
di macerie. Ma i sotterranei…i sotterranei erano intatti, e per fortuna anche
lei. Ce l’aveva tra le mani, l’oggetto che aveva causato miriadi di morti nel
mondo dei maghi e non. La bacchetta…la bacchetta di Voldemort.
Harry Potter si alzò preso quella mattina. Era fresco,
riposato, e felice. Erano passati sette anni da quando era tutto finito, i
sette anni più felici della sua vita. Si guardò allo specchio. Le cicatrici
sulla faccia, segno della sua lunga battaglia contro Voldemort, stavano piano
piano guarendo. Quella a forma di saetta, sulla fronte, era definitivamente
sparita. Si vestì in fretta e si recò all’agenzia, a Diagon Alley. Lui e il suo
socio avevano deciso di metterla lì, vicino ai Tiri Vispi Weasley, che per
fortuna erano ancora sempre pieni di gente, gente che facilmente notava la loro
attività. Ogni giorno Harry faceva lo stesso tragitto. Usciva di casa, da
Private Drive n°4, dove un tempo abitavano i suoi zii, uccisi dalla bacchetta
di Bellatrix Lastrange; poi andava a Diagon Alley, passava davanti al negozio
di Fred e George, e finalmente l’aveva di fronte. Una grande insegna ivi era
scritto: “P&P: Auror Privati”.
Sorrise, pensando a quando il suo socio aveva bocciato l’idea di aggiungere in
piccolo: “Il Ministero fa schifo!”.
Aprì la porta, e fu subito investito da urla di gioia.
“Harry!
Harry! Finalmente!” gridò Neville Paciok, il suo socio.
“Cosa succede, Neville? Abbiamo un nuovo caso? Ho ancora la
schiena dolorante per quell’ultimo evaso di Azkaban! Quel diavolo di Ministero
che non sa neanche tenere a bada i suoi prigionieri!”.
“No! No! Niente di tutto questo!” esclamò Neville, saltando,
e trasportandolo al piano di sopra.
Il secondo piano consisteva in una grande stanza, piena di
fogli di maghi oscuri ricercati. Quelli che non avevano ancora preso danzavano
nelle foto, in assoluta libertà. Quelli che avevano spedito ad Azkaban, invece,
piangevano afflitti, dietro le sbarre. Sopra le loro teste penzolavano una
miriade di gufi, che in passato avevano portato messaggi di aiuto.
“Luna! Ma non li hai ancora mandati via questi uccellacci!”
la rimproverò Harry, infuriato.
Ogni singolo gufo gli ricordava Edvige, morta, uccisa da
Nagini.
“Cosa…Harry?” chiese Luna, la segretaria, distratta, mentre
faceva capitombolo dall’ennesimo numero de Il
Cavillo.
Suo padre era diventato miliardario, da quando si era
scoperta l’esistenza degli Snorticoli Cornuti.
“Luna, dov’è la lettera, appena arrivata?” gli domandò
Neville.
“Oh, quella! Che notizia fantastica! Quasi quanto quella dei
Castorini Inflitti!”.
Harry scosse il capo. Ormai non sapeva più se crederlo o no.
Luna continuò: “Stavamo giusto aspettando te, Harry! Ah,
vedo che sei arrivato…bene!” esclamò Luna, e gli porse una lettera.
Harry riconobbe subito la scrittura di Ron. Felice, aprì la
lettera.
Cari Harry, Neville, e
Luna
so che gli affari
vanno bene, e che siete molto impegnati…ma il bambino sta per nascere. Qui ci
sono già tutti…ce la fate a venire? Siamo al nostro ospedale.
Ronald Weasley
Una grande sorriso si stampò sulla faccia di Harry. Era
tanto che non vedeva i suoi migliori amici, da quando erano intenti ad aprire
il loro ospedale.
“Allora? Che aspettiamo?” disse, fremente, ai compagni.
Senza indugio, Neville e Luna si smaterializzarono, seguiti
a ruota da Harry.
Severus Piton era tornato a casa, saltando di gioia. Da
quando lui era caduto era stato
costretto a rifugiarsi in una baracca abbandonata, poco lontana dal castello di quel vile traditore di Draco
Malfoy. Non riusciva a sopportare di dover vivere lì, vicino a uno dei quattro
vili (anche se nel mondo dei maghi li chiamavano eroi) che avevano causato la
caduta dell’Oscuro Signore.
Ma ora quella vita stava per finire. Aveva trovato la sua
bacchetta, e l’avrebbe fatto ritornare, come una fenice, come la fenice che
aveva dato vita a quella bacchetta.
Preparò la Pozione Resuscitante, e aspettò che diventasse
verde, e poi…poi lui sarebbe tornato,
Voldemort sarebbe resuscitato.
CRACK!
Harry, Neville e Luna si smaterializzarono nell’ingresso
dell’Ospedale Albus Percival Wulfric Brian Silente, per Purosangue, Mezzosangue,
Maghinò e Babbani, chiaramente i Babbani che conoscevano il mondo della
magia, costruito da Hermione e Ron. Harry ammirò quell’ampia sala, dove una
miriade di Guaritori salivano e scendevano, pronti a dare una mano a chiunque.
Quello era il frutto della lotta contro Voldemort, era la conseguenza che il
male aveva provocato su lui e i suoi due migliori amici. Ron ed Hermione
avevano iniziato a dare una mano ai feriti e alle famiglie che avevano perso i
familiari, appena l’Oscuro Signore era stato annientato. Solo dopo qualche
anno, dopo che si erano sposati, decisero di aiutare il mondo intero dei maghi.
Salirono in fretta all’ultimo piano, in sala parto. Ci
trovarono Molly e Arthur, Bill e Fleur con il piccolo Remus, che aveva sei
anni, Charlie, Percy, che aveva lasciato il Ministero della Magia per aprire l’
M.B.S.P. (Manufatti Babbani Senza Pericolo) con il padre, Fred e George, con i
loro nuovi scintillanti giubbotti di pelle di drago, dovevano essere appena
arrivati, Hagrid e gli ex-professori della Scuola di Magia e Stregoneria
Hogwarts, ormai distrutta nell’ultima battaglia contro Voldemort, e il fratello
di Silente, Aberforth, il barista della Testa di Porco. Con malincuore Harry
notò la mancanza dei membri dell’Ordine, sterminati anch’essi sette anni prima.
Salutò subito tutti, con gioia, e chiese alla McGrannit come
stavano andando i lavori per la Nuova Hogwarts.
“Abbiamo quasi finito! Presto nuovi maghi potranno venire a
studiare da noi!” esclamò eccitata la professoressa.
“Allora, dove sono?” domandò Harry.
“Oh, sono nati!” esclamò una voce, familiare.
Madama Chips uscì da una stanza e, sempre con quel volto
impassibile, disse: “Uno alla volta!”.
Ma nessuno l’ascoltò, probabilmente perché poi lei scoppiò a
ridere e invitò tutti ad entrare.
Harry era rimasto un po’ intontito. Madama Chips aveva
detto: “Sono nati?”.
Sul letto c’era un’Hermione Granger, sudata e stanca, con in
braccio due gemelli, un maschio e una femmina. Ronald Weasley, li accarezzava,
seduto accanto alla moglie.
Tutti corsero a salutarli e a dargli le congratulazioni.
“Allora, come li chiamerete?” domandò Hagrid, curioso.
“Oh, lui è il piccolo Sirius – disse Ron, strizzando
l’occhio ad Harry – e lei è…Ginny”.
Tutta la stanza si ammutolì. Harry sapeva che tutti lo
stavano guardando, ma abbassò il capo, e con una scusa scappò in bagno.
Si guardò ancora una volta allo specchio, mentre si lavava
la faccia. Una croce ad X solcava la sua guancia destra, la cicatrice che gli
aveva inflitto Severus Piton, prima di uccidere Ginny.
Era da sette anni che Harry aveva giurato vendetta. Aveva
cercato Piton per tutti quegli anni, ma non era riuscito a trovarlo, era troppo
furbo. Li aveva illusi tutti e ora si nascondeva da qualche parte del pianeta,
facendo a credere a tutti di essere morti, compreso il Ministero della Magia,
ed era soprattutto questa la causa principale che aveva indotto Harry a
diventare Auror Privato.
Ma lui sapeva che non era morto…sapeva che Severus Piton era
ancora vivo.
Uno scintillio verde si accese negli occhi di Piton. La
pozione era pronta. Bastava solo buttare la bacchetta, e l’antica magia che
aveva scoperto si sarebbe avverata, facendo ritornare l’Oscuro Signore, dopo
sette anni.
“Ed ecco che il male ritorna!” esclamò, con un’espressione
di pura follia, mentre gettava la bacchetta nel calderone.
“Noooooo!”.
Un grido risvegliò Harry dai suoi pensieri, e lo attirò
fuori dal bagno.
Peter Minus, appena arrivato, affannato e terrorizzato,
stringeva in mano un’Edizione Straordinaria della Gazzetta del Profeta.
Tutti i presenti se la passarono, sussultando ogni volta,
mentre leggevano la tragica notizia.
“Cosa…?” mormorò Harry, mentre agguantava il giornale dalle
mani di Percy, leggendo ad alta voce:
LA DIMORA DELL’EROE…DISTRUTTA
Pochi minuti fa ci è
giunta la tragica notizia. Il castello di Draco Malfoy, uno dei quattro eroi
che portò la caduta di Voi-Sapete-Chi, è stato trovato distrutto. Tutto il
mondo dei maghi è in lutto, per il povero…
Harry non riusciva a crederci. Draco…morto? Sapeva chi
l’aveva ucciso, sapeva chi aveva distrutto la sua casa.
Ad un tratto un forte dolore lo fece cadere a terra.
Hermione mandò un gridolino di terrore.
“Harry! Harry!” sentì gridare, ma non gliene importò.
Il dolore era troppo…si precipitò di nuovo in bagno,
lavandosi la faccia, come per cacciarlo via.
Piano piano il dolore si affievolì. Si guardò allo specchio.
Una nuova cicatrice era comparsa sul suo viso. Una cicatrice molto familiare…a
forma di saetta.